No Diritti No Oscar

Mi scervellavo per trovare trame originali ma non ero in vena a quanto pareva e le trame non erano abbastanza originali.O forse lo erano troppo.Fatto sta che nessun produttore le voleva
Joe Gillis – William Holden bello che morto mentre galleggia nella piscina di Norma Desmond. Incipit di Viale del tramonto
Se la trasmissione dei Golden Globe ieri somigliava più ai Quaresimali che alla consueta, fiammeggiante parata, se gli studios sono deserti e non c’è verso di avviare le lavorazioni di colossi quali Demoni e Dei, sequel del Codice da Vinci o Nine, musical ispirato a Fellini Otto e mezzo, se David Letterman e Jay Leno , look insolitamente antagonista e militante con lunghe ed incolte barbe ,vanno in onda col permesso in deroga,rilasciato dal tosto, tostissimo, Writers Guild of America, se le serie televisive più amate nel mondo (Desperate, Lost, Doctor House) rischiano di bloccarsi sul più bello, se non c’è candidato in corsa per White House che non inauguri il caucus, le primarie , la grigliata con gli elettori, senza dichiarare la propria solidarietà agli scioperanti , il motivo è da ricercarsi nell’ultima puntata di un match tra Creativi e Majors, le cui conseguenze squisitamente glocal, stanno bloccando,indotto incluso, l’intera macchina dello spettacolo americana.Tra perdite secche e mancati introiti, una partita in rosso questa, che supera tranquillamente una delle nostre Finanziarie.

Gli sceneggiatori non sono nuovi a queste levate di scudi non solo sul fronte economico ma anche per ritrovare una misura di controllo sulle proprie idee. Già nel 1988 lo scontro durò mesi accendendosi sui diritti d’autore derivanti dalla vendita degli homevideo. Una bazzecola se si pensa ad oggi e a quanto Internet con tutti gli annessi, dagli Ipod ai videofonini, in assenza, ora come ai tempi dell’homevideo, di un model businness, complichi i termini della vertenza.

Di questa complicazione si fanno scudo le Majors impegnate ad assicurarsi un futuro lucroso sulle piattaforme emergenti.Gli studios sono divisioni in mano a colossi globali come Time Warner, Paramount, News Corp di Murdoch (Fox) , imperi dediti all’ibridazione: news ,editoria, new media,viedeogame, cuore pulsante della fabbrica dello spettacolo, officina di format, serie, miniserie, e telefilm. Internet ,che ha già archiviato la sua funzione sperimentale di incubatore democratico di controcultura, è il ricco veicolo per accedere ai mercati globali giovanili,vedi i recenti acquisti di network come My Space da parte di Murdoch,o Facebook che è partecipata di Google e Microsoft. Senza contare che Internet è la nuova frontiera della Pubblicità Mirata e su misura, come mai prima era successo. Un ‘operazione delicata da gestire possibilmente senza interferenze da parte della manodopera. Contemporaneamente anche la creatività si confronta con le incognite di un terreno inesplorato dove lo sceneggiatore deve adattarsi all’universo virale di You Tube ma anche a quello polimorfo di Guitar Hero.Ecco perchè sul Sunset Boulevard si gioca una partita importante che coinvolge l’intera sfera della comunicazione infotainment, i quotidiani e l’intera nebulosa della cultura. Dunque, dopo aver messo al tappeto i Golden Globe Awards e incassato la solidarietà di moltissimi attori di Hollywood, i writers si preparano a boicottare la notte degli Oscar – scrittissima – chi non ricorda i duetti tra palco e platea tra Woopy Goldberg e Roberto Benigni ,le battute tra Steve Martin, pronto a contenere le proteste delle star per Iraqui Freedom e un parterre senza smoking e con poca voglia di fare una vera festa.? Se l’Oscar venisse sospeso , sarebbe un evento senza precedenti. Del resto questi eredi di Faulkner, Scott Fitzgerald, Wilder ma anche di Lang, Lubitsch, Brecht e tanti altri della diaspora ebreo austro tedesca, considerati bassa manovalanza, chiamati da Jack Warner, schmucks – cretini, in yiddish – hanno ragione da vendere. E mentre il temporaneo black out di entertainment rischia di mandare in onda una valanga di produzioni senza copione ( lo sciopero del 1988 coincise con l’avvento dei reality) è ancora da capire cosa determinerà l’attuale vertenza e il riallineamento epocale che l’ha determinata. Per ora : no Diritti , no Oscar. E così sia…
Nelle illustrazioni : corteo di novembre scorso a Hollywood Boulevard, Ben Stiller picchetta gli stabilimenti della Universal e uno dei classici e transnazionali simboli di ogni protesta (gonfiabile)

Succede a Hillary quel che successe a Ségolène: irresistibile ascesa nei sondaggi e nella curiosità dei media all’inizio, sostanziale tenuta per mesi e mesi in testa alla classifica poi, con l’avvicinarsi delle verifiche elettorali , una lenta erosione di consensi fino alla realizzazione di un risultato insoddisfacente. Nel caso di Ségolène molto giocò la , nemmeno troppo, misoginia di molti giornali e il tiepido appoggio del Partito Socialista Francese. Quanto a Hillary , la cui candidatura , al contrario, è sostenuta con forza dal Partito Democratico, è possibile che l’essere sulla scena politica in ruoli preminenti, da parecchi anni, non favorisca la piena identificazione del personaggio con il cambiamento (l’espressione più usata di questa campagna) di cui l’America, anche su versanti opposti , sente estremo bisogno . E’ pur vero che i risultati dell’Iowa hanno sconvolto le attese anche in area repubblicana dove Mike Huckabee , l’uomo definito dagli avversari venuto dal nulla,tradizionalista,antiabortista titolare di una campagna condotta con modeste risorse , più giocata sul porta a porta che sull’uso di Internet e delle tecnologie,favorito per sovrapprezzo dall’assenza di Rudolph Giuliani, si è aggiudicato il caucus staccando Romney di ben nove punti.Supporters entusiasti per il discorso di ringraziamento del vincitore Obama Nessuno avrebbe detto che io sarei potuto arrivare fin qui. Poi ha ribadito i punti del programma : assistenza medica,ambiente,incentivi alle aziende che non delocalizzano la produzione, fine della schiavitù del petrolio.Infine Democratici e Repubblicani, dopo aver ringraziato gli elettori, sono partiti per il New Hampshire.Tra quattro giorni si replica.qui sotto tabelle elettorali del New York Times e sopra empty stage a Des Moines Iowa

Michael Moore, a Roma per presentare il suo Sicko (un termine che in slang vuol dire malato) mette in guardia le platee stracolme di fans e ministri , soprattutto dalla tentazione americanizzante.Saremo anche la più grande potenza al mondo – precisa – ma abbiamo un’attesa di vita inferiore alla vostra, a causa del servizio sanitario completamente in mano alle assicurazioni private, con tutto quel che ne consegue.E quel che ne consegue è raccontato attraverso le testimonianze dei malati respinti dagli ospedali per coperture assicurative insufficienti, dai pompieri di Ground Zero abbandonati ai propri enfisemi dopo l’11 settembre, agl’infortunati sul lavoro costretti a scegliere quale dito della mano farsi ricucire dato il costo differenziato di ciascun intervento per ciascun dito.Storie di ordinaria ingiustizia che culminano col viaggio verso Guantanamo di tre imbarcazioni nel provocatorio e vano tentativo di far curare alcuni pompieri nell’ospedale del carcere o nell’elenco, in ordine alfabetico, delle malattie alle quali le assicurazioni rifiutano la copertura, sulle note di Star wars.Iperbolico,comico,situazionista, dal ritmo narrativo incalzante, questo film ha guadagnato al suo autore oltre che la Palma d’Oro a Cannes ,anche una sequela di guai giudiziari che vanno dalla violazione dell’embargo alle numerose citazioni da parte delle case farmaceutiche. – Noi tutti – aveva detto dal palco del Kodak Theatre, ringraziando per l’Oscar a Bowling for Columbine – siamo qui per documentare la realtà ma viviamo in un’ epoca fasulla…- Allora si riferiva alla Menzogna in virtù della quale l’Iraq era stato invaso, oggi sembra ammonire che il servizio sanitario americano così brillantemente rappresentato nei telefilm ER o Doctor House, non è precisamente come viene descritto.