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Tag: Guerra e pace

Lezioni di stile (giochetti da Camera Alta)

Lezioni di stile (giochetti da Camera Alta)

afghanistanPoichè la priorità è mandare a casa Prodi, la CDL, al netto dell’UDC,  ha infine deciso per l’Astensione (che come ognuno oramai sa ,al Senato equivale ad un voto contrario), sul decreto di rifinanziamento delle missioni all’estero( Afghanistan in particolare).Comunque vada l’avvicendamento degli Ordini del giorno, inutili trappole vagheggianti mutamenti di regole d’ingaggio, tecnicamente impossibili almeno in quella sede, appare improbabile una caduta del Governo, almeno per quest’oggi.Seppure non ci fosse autosufficienza dei voti da parte della maggioranza,la visita di Prodi al Quirinale non sarebbe dovuta,potrebbe, è vero, recarvicisi l’Opposizione, stavolta con l’UDC, ma a quel punto il Presidente Napolitano non potrebbe far altro che richiamare garbatamente  i pretendenti ad una presa d’atto della realtà : uno stesso decreto che passa alla Camera con approvazione pressocchè plebiscitaria (voti favorevoli della CDL compresi) e al Senato con buon margine (voti della CDL esclusi),non si vede come possa costituire elemento di crisi.Si chiude così una settimana in cui non sono state risparmiate al Governo rampogne e lezioncine sulla Credibilità Internazionale,sul Mantenimento dei Patti,sull’inveterata abitudine della sinistra a trattare con  tagliagole e con furfanti di ogni risma (Hezbollah e Hamas) e sull’utilizzo della mediazione di ambigue organizzazioni non governative in luogo dei nostri  limpidissimi servizi segreti.L’opposizione però così prodiga di lezioni di stile, non ha il buon gusto di precisare che  se il decreto venisse respinto, tutte le missioni all’estero sarebbero annullate.Un modo singolare di concepire coerenza e fedeltà ai patti.Nel decreto di rifinanziamento sono compresi oltre che gli stanziamenti, anche elicotteri per spostamenti di truppe,aerei spia telecomandati e alcune squadriglie di velivoli da combattimento.Incrementare i mezzi non significa cambiare le Regole d’Ingaggio che a detta del comandante Nato italiano Generale Satta, in un’intervista concessa ieri al Corriere della Sera, sono sufficienti per proteggere la missione di peacekeeping, così come è stata concepita.Si da il caso però che a fronte di episodi di rottura della tregua tra Talebani e Consigli dei Villaggi – vedi incursione all’inizio di febbraio di un commando di duecento Talebani che ha disarmato la polizia locale nella regione di  Helmand,  l’impostazione difensiva del contingente italiano che controlla la prospiciente zona di Farah, va rafforzata .Il problema della sicurezza continua ad essere la principale piaga in quella regione caratterizzata da profonda instabilità ed eterogeneità etnico-tribale con alleanze a geometria variabile.Si può essere o meno d’accordo con la presenza militare in Afghanistan ma finchè ci sono truppe, va garantita loro la possibilità di permanenza in sicurezza.Ma a quanto sembra per la CDL questo è un problema del tutto secondario rispetto alla sconfitta del governo Prodi.I termini di questa complessa ed autodistruttiva strategia politica,spiegheranno agli Stati Uniti di cui si dichiarano amici fedeli ed acritici sostenitori ma soprattutto ai soldati italiani e al popolo afghano,la retorica intorno ai quali, rimane l’unica attenzione che la Destra sa dedicare.

Pericolose modalità di rilascio (A la guerre comme à la guerre )

Pericolose modalità di rilascio (A la guerre comme à la guerre )

AfghanistanIl rituale del post dissequestro (in questo caso ci è stata risparmiata la sparatoria al check point) prevede che, trascorse le manifestazioni collegiali di ansia, trepidazione e solidarietà ai parenti,si passi direttamente a fare il pelo all’ostaggio appena tornato in libertà. L’abito,l’espressione del volto,il backround,la necessità di prestare servizio in zona di guerra e – la più elegante di tutte – quanto possa essere costato al contribuente riavere lo scavezzacollo, la liberazione del quale, durante i giorni neri dell’attesa, tutti reclamavamo con forza. Così accadde per Simona Pari e Simona Torretta, così per Giuliana Sgrena e per altri.Ribadire  la centralità della vita umana è l’espressione più alta del fare politico ma non è una strada alla portata di tutti, vale a dire : non di tutte le Forze Politiche.Il caso Mastrogiacomo, prigioniero dei talebani,cioè del Nemico Numero Uno e liberato per di più con procedure ritenute irrituali , cioè,a dirla tutta, senza l’intervento diretto del Sismi, ma con l’apporto  determinante dell’Organizzazione di Gino Strada,non solo non fa eccezione ma è diventato subito occasione di indecenti speculazioni politiche anche su scala internazionale e per quanto possa sembrare impossibile che Karzai abbia liberato  due prigionieri senza sentire gli Stati Uniti,Washington ha dichiarato d’ignorare che da quelle parti si stesse trattando per lo scambio di prigionieri  e  bacchettato il Governo italiano quel tanto che basta per chiedere più impegno sul piano militare.A la guerre comme à la guerre ed è proprio per questo che se la guerre non la raccontassero i Mastrogiacomo a noi rimarrebbero solo i video di Alqaeda o quelli del Pentagono,I corrispondenti  svolgono un lavoro prezioso,il rischio anzi è che l’attività di reporting venga,in nome della solite sicurezza ed emergenza, incapsulata negli eserciti al seguito dei quali la libertà d’informazione non è considerata un’esigenza prioritaria.Spiace il riferimento (eterno e dietrologico ) alla gigioneria e alla smania di protagonismo (di Enzo Baldoni,il meno embedded di tutti, dissero che s’era andato a fare una vacanza elettrizzante in zona di guerra) dei civili,giornalisti o cooperatori e spiace ancor di più vedere ridotto o sminuito il ruolo di Emergency che oltretutto con l’alto prezzo dell’incarcerazione del  mediatore Rahmatullah Hanefi sconta il proprio senso di responsabilità e la propria capacità di essere interlocutore credibile presso i talebani,unico forse,come unici sono gli ospedali in zone in cui non esiste altra struttura sanitaria.A la guerre comme à la guerre.Ognuno ci va con i mezzi che gli sono più congeniali, chi con i mustang o con i mortai, chi rendendo disponibile il proprio coraggio e la propria capacità di raccontare,chi con il riconoscimento dell’umanità del nemico con il quale sarà inevitabile trattare se si ha davvero a cuore la pace.

Counterinsurgency !

Counterinsurgency !

Poichè da qualunque parte oramai viene detto che  la Prima Potenza Mondiale, nonostante l’ingente dispiego di uomini, mezzi e quattrini,non sappia fare la guerra ( a parte i bombardamenti a tappeto di centinaia di chilometri  prima e oltre l’obiettivo,le torture,la vaporizzazione di gas venefici e  le impiccagioni all’albero più alto) ma soprattutto fronteggiare la guerriglia, ecco qui servito il  pilastro militare della nuova strategia irachena di George W. Bush. E’ tutto contenuto in un libro di 280 pagine con una copertina uguale alla tuta mimetica dei soldati al fronte. Il titolo è di una sola parola: “Counterinsurgency”, Antiguerriglia. Trattasi del manuale antiterrorismo in dotazione ai capi dei marine e dell’esercito americano preparato meno di un mese fa nel quartier generale del Pentagono dalle migliori intelligenze dell’esercito americano, coordinate dal generale con laurea a Pricenton David Petraeus.Leggere il prontuario aiuta a capire che cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi a Baghdad e nella provincia di Anbar, dove i rinforzi americani (21.500 nuovi soldati) e il rinnovato impegno iracheno (altri 10 mila uomini) proveranno a spazzare via milizie scite  e sunnite da due zone distinte del paese.  Non ci saranno potenti azioni militari su vasta scala come a Fallujah, piuttosto una continua, costante e quotidiana presenza sul territorio dei militari americani, affiancati agli iracheni, in tutti i quartieri oggi in mano agli insorti. L’obiettivo è quello di liberare le zone non controllate governo iracheno e di avviare seduta stante, con la protezione dei soldati, la ricostruzione.Dev’essere  dopo la lettura di una simile notizia che Michael Moore si è risolto a scrivere una lettera aperta a Bush “Capo, dammi retta,l’unico modo per sfangarla stavolta è inondare l’Iraq con milioni di noialtri,per far fuori un paese di ventisette milioni di abitanti devi mandare laggiù almeno ventottomilioni di americani.Così ventisette milioni accoppano un iracheno ciascuno,l’altro milione ricostruisce il paese.Facile.Ma, burlonate e prontuari maculati a parte,George W. Bush è alla ricerca disperata di una nuova strategia che gli valga se non la vittoria,  quantomeno il prender tempo, quel tanto che basta a far ricadere le responsabilità del flop sul suo successore.Resta da vedere se il Congresso, oramai a maggioranza democratica e che ha il potere di bloccare i finanziamenti alla guerra in Iraq, si attesterà sul mandato conferito dagli elettori a novembre, che era con molta nettezza di contrarietà alla guerra.Nel frattempo si prepara un’ imponente mobilitazione a Washington per il 27 gennaio proprio allo scopo di rammentare agli eletti che il popolo americano non è interessato ad una nuova direzione in Iraq ma come raccomanda il cartello tra le mani della bella ragazzina dell’immagine,ad uscirne.

 

Tremila (sinfonia dal nuovo mondo per il nuovo secolo)

Tremila (sinfonia dal nuovo mondo per il nuovo secolo)

l’Uomo dell’anno per il New York Times ha i connotati dei 3000 caduti di Iraqi Freedom : si chiamano Dustin,Down,Lee,Timoty Joseph… e tutti insieme configurano un solo volto .La foto è grave; multipla e interattiva : c’è la stringa da interrogare, oppure il mouse può percorrere, sfiorandola, l’immagine e rivelare l’identità del milite.Hanno rimandato a casa le loro spoglie nelle bandiere,legate strette perchè sembrassero intere.I media americani sembrano essersi finalmente accorti della tragedia irachena.Tuttavia mentre al link Their stories dello stesso articolo troviamo il sergente Flanagan di anni ventidue, morto in un attentato,nulla è dato sapere dei morti iracheni sepolti nelle fosse comuni,il contrasto stride ma tant’è,questa è un’altra delle pietre miliari di George W.Bush,come l’esecuzione di Saddam Hussein la cui impiccagione sembrava così asettica nel (muto) filmato ufficiale e poi è bastato aggiungere il "sonoro" per scoprire che il gentile e pietoso pubblico che ha assistito all’esecuzione,nonchè i boia volontari e  incappucciati hanno insultato ripetutamente il condannato, con invocazioni e preghiere Scite,con inviti ad andarsene all’inferno e tanto per girare  il coltello nella piaga, fino all’ultimo istante hanno inneggiato al nome dell’acerrimo nemico, Moquada al Sadr.La leggenda narra che le ultime parole di Saddam siano state “I veri uomini non si comportano così..E come dargli torto? Dice Montesquieu nelle Considerations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur decadence che non c’è tirannia più crudele di quella perpetrata sotto lo scudo della Legge e in nome della Giustizia.Quanto a questo, George W. Bush che pretende di rappresentare le vittime irachene con i suoi giustizia è fatta, ha aggiunto pietre miliari in quantità ma l’esportazione della democrazia ha i suoi prezzi e dunque da Abu Ghraib a Guatanamo, passando per le invasioni di Stati Sovrani,dimostra che non c’è differenza tra le esecuzioni sommarie e i linciaggi e le condanne comminate da Corti Regolari in seguito a Regolari Processi, i quali in tutte le culture giuridiche del mondo, si celebrano proprio per sottrarre gl’imputati alle pulsioni incontrollate e alla vendetta della folla. Il nuovo secolo si apre con una sonora sconfitta della stessa idea di Giustizia e il ripristino della Barbarie impersonata dal ritorno in grande stile dell’occhio per occhio.Il mai più (guerre,pena di morte,processi senza garanzie) della fine della seconda guerra mondiale, è diventato carta straccia sotto ai tacchi di Iraqui Freedom.Un bell’esordio  per l’anno e il secolo a venire

Iraqi freedom

Iraqi freedom

L’anno si chiude con la botola che inghiotte Saddam Hussein ,con i tremila dead men walking appena inviati da Bush in Iraq,con la recente scoperta della prigione di Bassora  dove centinaia di uomini sono stati torturati ed assassinati  e con le parole del New York Times “la condanna a morte dell’uomo di Baghdad chiama in causa la nostra capacità di creare un mondo nuovo e migliore.Nè la destituzione di Hussein ne’ la sua esecuzione otterrà questo risultato.La questione importante era quella di accertare le responsabilità del dittatore con un processo condotto in modo accurato e scrupoloso mentre è stato di parte,politicizzato e viziato.Quello che poteva essere uno spartiacque è stata un’occasione perduta.Dopo quasi quattro anni infatti è arduo vedere cosa sia davvero cambiato in Iraq”

Si prevedono  bagni di sangue dopo l’esecuzione, come se  la pulizia etnica tra Sciiti e Sunniti non insanguinasse di giorno in giorno il paese scelto per risarcire l’11 settembre.La testa di Saddam non servirà ad invertire il corso delle vendette arbitrarie,non favorirà lo Stato di Diritto in Iraq.Inquinerà ancor di più,moltiplicherà l’odio come è già avvenuto con l’integralismo religioso.La sentenza di morte appare come una affrettata e formale cerimonia per mettere una volta per sempre una pietra sopra alla storia del regime di Saddam Hussein e alle connesse connivenze americane.

Perché quel regime non avrebbe mai prosperato senza il sostegno degli Stati uniti che all’epoca dei crimini contestati a Saddam – l’uccisione di 140 sciiti a Dujail, il massacro di migliaia di curdi – erano i primi alleati del rais di Baghdad.Infine, sul destino del corpo di Saddam si gioca la residua possibilità di pacificare l’Iraq disceso ormai in una guerra civile per la spartizione del paese che fa più di cento morti al giorno. Mentre gli sciiti esultano, i sunniti covano ulteriore rancore e ingrossano le fila degli insorti. Ed esulta Al Qaeda nemico giurato del regime secolare del rais. Ora che Saddam  è stato promosso al rango di martire, il solco scavato tra le anime del popolo iracheno sarà più profondo di una ferita mortale.