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Ansiolitico di massa

Ansiolitico di massa

In attesa di capire quali macchinazioni inventerà il nuovo governo per aggirare una legge (la Bossi Fini), nei casi di individui privi di permesso di soggiorno (quindi clandestini oggi e futuri delinquenti tra breve ) ma egualmente occupati nel nostro paese (quindi con lavoro nero), prendiamo per buone le parole di Tremonti che vorrebbero questa prima attività legislativa  volta a togliere un po’ d’angoscia alle famiglie, in presumibile affanno per problemi di carattere economico con aggravio di  senso d’insicurezza da immigrazione clandestina delinquente e incontrollata. Resta inteso che per le famiglie preda di angoscia data da un uso sempre più disinvolto dello strumento penale e della misura detentiva, non resta che l’assunzione di un ansiolitico, atteso che in aperta contraddizione con il Principio Guida di sicura efficacia elettorale – Padroni in casa nostra –  gli stranieri irregolari,  più che scacciarli, si tenda a farne ospiti  di carceri o strutture assimilate, introducendo  il reato di immigrazione clandestina. E passi che gl’istituti di pena  siano sovraffollati e le Corti non abbiano affatto bisogno che decine di migliaia di processi, ancorchè per direttissima, vadano ad aggiungersi al già complicato esistente, ma solo un alieno può pensare che affidando un’espulsione al nostro sistema giudiziario, l’attuazione ne risulti agevolata. Se poi si pensa che tutto questo trambusto di forze dell’ordine, istituti di pena, tribunali e direttissime, si creerebbe per colpire individui considerati pericolosi a prescindere, si ha un’idea esatta dell’utilità sociale di queste trovate. Va detto, che l’intero pacchetto denominato di Sicurezza, è tutto intriso di questo spirito risolutivo delle complicanze. D’altronde che razza di provvedimento è, quello che trasforma una condizione personale in reato? E  le aggravanti per i reati commessi da stranieri? Che ne sarebbe della parità di trattamento riferita alla responsabilità personale? Certo,  come dice Maroni, in altri paesi il reato di immigrazione clandestina c’è, ma differenti sono i contesti costituzionali e le modalità che regolano l’ accesso al sistema giudiziario, due condizioni dalle quali il legislatore non  può prescindere. Come pure resta attivo, equo ed infinitamente più rassicurante di mille inasprimenti,  il principio costituzionalmente valido che mette in guardia lo stesso legislatore dall’assumere provvedimenti che prescindano da accertata o presunta pericolosità dei soggetti responsabili  introducendo sanzioni penali  tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con i principi di eguaglianza e proporzionalità. Insomma in uno Stato Democratico carcere e strumenti penali non sono utilizzabili ad libitum dal legislatore. Resta da capire se l’attuale governo è davvero convinto di poter porre rimedio all’immigrazione clandestina e alla problematica afferente, attraverso provvedimenti impraticabili oltre che a serio rischio di essere rispediti al mittente dopo l’esame di compatibilità costituzionale, ovvero si serva delle maniere spicce per farne materia di annunci roboanti in chiave ansiolitica. Se così fosse, non sarebbe una buona notizia per la democrazia, tantomeno per il superamento delle numerose problematiche . Non rimane che sperare nelle preoccupazioni dei datori di lavoro di badanti asiatiche e sudamericane prossime alla trasvolata oceanica regolarizzatrice e nei giudici costituzionali ( ai quali si deve il bel linguaggio della sentenza n. 22 del 2007, alcuni passaggi della quale sono citati in corsivo)

Sessanta !

Sessanta !


Gli articoli della Costituzione che proprio oggi compie sessant’anni, si  rivelano sempre più  uno strumento potente ed efficace per affrontare e risolvere problemi più complessi dell’organizzazione sociale, della stessa vita quotidiana. Gli esempi sono davanti a noi :  Un semplice articolo della Costituzione che è poi quello che, riconoscendo il diritto alla salute, vieta di imporre trattamenti che contrastano con il rispetto della persona umana, proscioglie l’anestesista del caso Welby  . Successivamente la Corte di Cassazione, riprendendo indicazioni della Corte Costituzionale, ha poi ribadito che il diritto alla identità sessuale è fondato sull’articolo 2, che tutela la libera costruzione della personalità. Nella discussione sulle coppie di fatto è sempre l’articolo 2 a ricordarci che devono essere tutelati i diritti derivanti dal far parte di una formazione sociale.Ultima in ordine di tempo arriva l’ordinanza, con valore di sentenza, che contraddice la legge sulla fecondazione assistita. Il giudice ha accolto il ricorso di una coppia e ha stabilito che le linee guida che vietano la diagnosi preimpianto degli embrioni sono inapplicabili perché contro la legge stessa e contro la Costituzione. È possibile quindi la diagnosi preventiva se c’è il rischio di trasmettere una grave malattia genetica, è lecito rifiutare il numero obbligatorio di tre embrioni se una gravidanza gemellare può compromettere la salute della donna. Questi casi che, insieme a molti altri, smentiscono la tesi di una Costituzione inattuale anche nella sua prima parte. Invece La Costituzione si conferma sempre più capace di guardare lontano, tanto che sono proprio i problemi posti dai mutamenti culturali e dalle novità tecnologiche a trovare risposte nelle norme costituzionali, senza che sia sempre necessario ricorrere a nuove leggi. Ed è la forza dei valori in essa riconosciuti che smentisce anche la tesi di una società priva di riferimenti forti, prigioniera ormai di derive relativistica. Ma ci sono anche altre conferme dell’attualità del modello costituzionale italiano. Analizzando qualche tempo fa i problemi delle identità nazionali e dell’integrazione, Jean-Paul Fitoussi ha scritto  L’uguaglianza di fronte alla legge è certamente un principio essenziale, ma debole; che andrebbe quindi completato con una concezione più esigente dell’ uguaglianza, grazie a un impegno della repubblica proporzionale all’entità dell’handicap di ogni suo cittadino, per liberarlo dal peso della sua condizione iniziale. Ma questo è esattamente lo schema che si ritrova nell’ articolo 3 della Costituzione che, ribadito il principio dell’eguaglianza formale, lo integra appunto con l’obbligo della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Un’indicazione, questa, particolarmente importante per cogliere la dimensione complessiva dell’eguaglianza, non riducibile alla parità delle condizioni di partenza. Proprio le innovazioni scientifiche e tecnologiche impongono la considerazione dell’eguaglianza come risultato. Ad esempio, per garantire effettivamente l’accesso alle cure e ai farmaci, l’accesso alla conoscenza reso possibile da Internet non basta affermare in astratto il pari diritto di ciascuno, se poi le condizioni materiali e culturali creano condizioni di disuguaglianza e di esclusione. La Costituzione rivela così una specifica virtù. Obbliga a fissare lo sguardo su un orizzonte largo, a valutare l’intero contesto in cui si collocano le questioni da affrontare. A qualcuno, tuttavia, questo contesto appare incompleto, amputato da una adeguata considerazione del mercato e della concorrenza, che meriterebbero una più adeguata dignità costituzionale. Ma è davvero così? La libertà dell’iniziativa economica privata è affermata esplicitamente in apertura dell’articolo 41, e questa formulazione dovrebbe essere ritenuta soddisfacente da chi vuole che il mercato abbia un suo spazio costituzionale. Certo, quell’articolo afferma poi che l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con la sicurezza, la libertà, la dignità umana: e qualche avventato riformatore ha proposto di riscriverlo eliminando ogni vincolo o limite all’attività d’impresa.

Ma i nuovi interventi legislativi sollecitati dal dramma delle morti sul lavoro confermano l’attualità e l’essenzialità, dunque l’ineliminabilità, del riferimento alla sicurezza. É il limite rappresentato dal rispetto della dignità è un segno ulteriore della lungimiranza della Costituzione. Due anni fa la Corte di giustizia delle Comunità europee, un organo certo non sospetto di ostilità al mercato, ha adottato proprio la linea indicata dall’articolo 41 fin dal 1948, affermando che il principio di dignità deve essere sempre tenuto presente nel valutare la legittimità delle attività economiche. Ancora. La vita quotidiana ci parla del precariato. Ricordiamo, allora che l’articolo 36 stabilisce che la retribuzione deve garantire al lavoratore ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Questa norma è già servita per respingere la tesi di chi pretendeva che la legittima misura della retribuzione fosse solo quella che si limitava a garantire la mera sopravvivenza del lavoratore. Oggi ci ricorda che nessuna esigenza produttiva può giustificare la miseria salariale alla quale sono costretti tanti lavoratori; e che le tanto invocate politiche della famiglia non possono consistere solo in interventi pubblici, ma esigono pari attenzione per il modo in cui si configurano concretamente i rapporti tra dipendenti e datori di lavoro. Questa lettura della Costituzione non serve soltanto per sottolineare l’attualità della sua prima parte (altra questione è la buona «manutenzione» della seconda parte). Ne conferma la vitalità nelle aree più sensibili della vita sociale, nelle materie in cui più acute si manifestano le esigenze individuali. Una progressiva e crescente vicinanza della Costituzione ai cittadini può divenire una via per riconciliarli con le istituzioni. Una impresa che sembra troppo spesso disperata, ma che non può essere abbandonata, a meno che non ci si voglia rassegnare ad una definitiva regressione culturale e politica, ignorando anche la nuova penetrazione nella società dei principi costituzionali.
Ma l’auspicabile consapevolezza culturale e politica esige un’attenzione intensa per un’interpretazione della Costituzione che ne utilizzi le potenzialità per dare risposte alle nuove domande ininterrottamente poste dalle diverse dinamiche che percorrono la società. Che cosa diventa la libertà di circolazione in un mondo sempre più videosorvegliato? La libertà di comunicazione quando si conservano tracce di ogni nostro contatto elettronico? La libertà di manifestazione del pensiero nell’era di Internet? La libertà personale quando si moltiplicano le forme di controllo del corpo? E bisogna guardare alla conoscenza come bene comune, alla Rete come il più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto, ai nuovi intrecci tra genetica e costruzione del corpo, alla questione ambientale che in Italia fu possibile affrontare proprio partendo dalle norme costituzionali su paesaggio e salute. Questioni ineludibili. Se libertà e diritti non vengono considerati nel nuovo ambiente tecnologico, si rischia una drammatica riduzione delle garanzie costituzionali. Le capacità prospettica della Costituzione deve essere utilizzata per mettere a punto una agenda dei diritti consapevole di un futuro che è già tra noi. L’annunciato rinnovamento della politica deve guardare in questa direzione.

 

Tutto qui? ( Martiri del Sistema )

Tutto qui? ( Martiri del Sistema )

AnnozeroNel giorno delle esequie di Enzo Biagi, Annozero ne ha ricordato la figura con una puntata dedicata all’ Informazione. Giustissimo, sebbene i microfoni spianati sul Presidente del Consiglio e sul Ministro delle Comunicazioni chiamati a rispondere dell’iter  della legge Gentiloni sulla soglia della camera ardente, non siano apparsi di grande eleganza. Del resto il giornalista se non è un po’ barbarico, che giornalista è? Ad ogni buon conto, in studio si è colta l’occasione per parlare di editto bulgaro, ostracismo,di condizionamenti,di politica invadente di lottizzazione e di Rai. Non di Qualità che pure credo, sia stato uno degli assilli di Enzo Biagi ma è sottinteso che quando in una trasmissione (o altrove) si è molto impegnati a interpretare il ruolo di Martiri del Sistema non si ha molto tempo per occuparsi d’altro.Viene da pensare che appena un mese fa dopo aver visto una delle puntate più  fumose della Saga Santoriana, siamo andati a dormire con la netta convinzione di vivere in un Paese dove i Ministri Indagati rimuovono i Giudici Scomodi con la connivenza del Parlamento Intero . Nella stessa circostanza  i magistrati presenti – Forleo e De Magistris – con o senza metafore letterarie di un certo impatto, hanno lasciato intendere di essere costantemente nel mirino di pressioni e di istituzionali inviti alla prudenza.Nei giorni successivi una bagarre giurisprudenzialpolitica ha occupato, tra dichiarazioni,chiarimenti smentite e articoli sui giornali, il dibattito nazionale.Infine si è capito che non c’era nulla da capire, atteso che il Ministro di Giustizia avesse agito senza strappi alle procedure e che ogni altra considerazione poteva essere sospesa  in attesa del verdetto del Consiglio Superiore della Magistratura al quale è stata correttamente affidata la valutazione dell’intera vicenda De Magistris . Per quanto invece riguarda Clementina Forleo ieri l’altro è stata ascoltata dalla Prima commissione del Csm  al quale ha riferito di : 

Un colloquio amichevole nel corso del quale il procuratore generale di Milano Mario Blandini avrebbe consigliato al gip Clementina Forleo di essere prudente, cioe’ di depositare, come prevede la legge, solo le intercettazioni strettamente attinenti all’inchiesta sulle scalate bancarie; facendole presente anche di essere venuto a conoscenza della preoccupazione del leader diessino Massimo D’Alema che finissero con il diventare pubbliche anche sue conversazioni personali, in cui avrebbe espresso giudizi poco lusinghieri su suoi colleghi di partito, come il segretario Piero Fassino.(Ansa)

Tanto rumore per nulla. O troppo poco per giustificare, il clima avvelenato,le manifestazioni di solidarietà,le ricadute, il senso di smarrimento che i cittadini possono aver provato di fronte al fatto che non ci si può sentire tutelati se gl’intralci alla Giustizia sono così scientifici,puntuali come si è voluto far credere.Non mi sono trovata d’accordo con il giudice Forleo per una serie infinita di motivazioni che ho già espresso altre volte ma sono altrettanto convinta che di tutta la confusione che è scaturita ( e che invariabilmente le si è ritorta contro in termini anche di evidente sofferenza ) lei abbia responsabilità assai circoscritte.Tornando all’Informazione credo che oltre alle puntate in cui si evidenziano in termini drammatici, le storture di cui siamo vittime, sarebbe doveroso imbastire un Puntatone in cui si fa chiarezza sull’intera Questione dei Giudici, nei termini in cui realmente è , abbandonando il ricorso ai toni scandalistici,sull’accaduto non sarebbe male, porgere le scuse al Ministro Mastella trattato un po’ come la pezza da piedi del giornalismo arrembante.Ma mi rendo conto che sarebbe troppo pretendere.

 

 

Cul de Sac II (processi all’aria aperta)

Cul de Sac II (processi all’aria aperta)

Sarà anche una personale fissazione ma nella vicenda di Catanzaro, la fuga di notizie , che secondo Antonio Di Pietro non dovrebbe essere condannata perchè nel caso di Politici indagati, i cittadini hanno diritto di sapere, rischia di produrre effetti indesiderati, paralizzando le indagini sull’Inchiesta Why not. Proprio quello che non si voleva accadesse nell’interesse comune. Intanto a chi è giovata la bagarre? I cittadini non hanno capito granchè se non che il Guardasigilli ha probabilmente tentato di trasferire l’inchiesta quando ha scoperto, dai giornali, di essere indagato. Il che non è nemmeno detto, ne’ potrà mai dirsi, visto che oltre a non esserci con i tempi – l’ispezione è stata disposta prima che Mastella fosse indagato – nessun atto compiuto dal  Ministro  è eccepibile dal punto di vista formale o fuori dalle sue prerogative, che De Magistris era sotto ispezione anche ai tempi di Castelli , che l’inchiesta è stata avocata su iniziativa autonoma del Procuratore Capo e proprio a causa del clamore mediatico nonchè del presumibile conflito tra il magistrato titolare e il Ministro, e soprattutto che i processi alle intenzioni e le malizie servono ad alzare polveroni di cui francamente non abbiamo bisogno, tantomeno giovano alle indagini . Ciò detto non si capisce bene perchè Mastella dovrebbe dimettersi visto che a suo carico non emerge, almeno fin qui, proprio nulla.Da questo punto di vista anche l’invocazione di Cesare Salvi – o l’inchiesta torna a De Magistris o andiamo tutti a casa – appare incomprensibile. In tutto ciò, il minimo che possa fare il Capo dello Stato è preoccuparsi per le sorti dell’inchiesta che passando di mano in mano rischia di arenarsi. Alla fine della fiera, atteso che il Consiglio Superiore della Magistratura deve ancora pronunciarsi, la fuga di notizie, che impropriamente passa per diritto all’informazione, ha prodotto solo danni. I processi in piazza negano l’essenza del Diritto che è tale proprio per sottrarre il giudizio agli Umori e ai Poteri.O si corregge il tiro o questo diventa un altro gigantesco cul de sac, non tanto per il Governo quanto  per l’ interesse di tutti.

Sardus pater

Sardus pater

Mappa_SardegnaChissà cosa passava per la testa all’anziano – mi si dice – giudice di Hannover, quando ha emesso la sentenza  di condanna  con  sconto di pena,  per attenuanti etniche e culturali, nei confronti di un uomo di ventinove anni, reo di stupro. L’etnia e la cultura meritevoli d’indulgenza da parte della Corte, appartengono alla remota isola di Sardegna, terra in cui , alle fidanzate ex , e magari pure a quelle in carica, usa  imporre violenti trattamenti a suon di botte e prepotenze di natura varia . La sentenza è di un anno fa ma per motivi a me ignoti, è stata divulgata solo adesso .Non conosco in maniera approfondita il codice penale tedesco ma il fatto che la Germania abbia dato i natali ai migliori filosofi del Diritto,aumenta le mie perplessità. Appartenessi a  una di quelle associazioni separatiste i cui simpaticissimi adepti , ogni tanto vanno a ricordare ai proprietari di vascello alla rada nei vari porticcioli , che la Sardegna non è una zona franca da calpestare a piacimento, mi recherei ad Hannover per un girotondo almeno. L’armonia tra Diritto e Diritti, gran rompicapo delle  società multiculturali e materia di dispute politiche e giuridiche , non può essere risolta riconoscendo pedissequamente tutte le usanze, tantomeno inventandosele. E’ singolare poi come i giudici di tutto il mondo,  si ricordino il rispetto delle tradizioni altrui, solo quando  vittime sono le donne . Sono quelle infatti,  le migliori circostanze in cui dar segno di apertura mentale e soprattutto tolleranza  e così per motivi religiosi si giustificano uccisioni di mogli adultere e figlie scavezzacollo, infanticidi più tentati suicidi  per lo scorno di essere abbandonate dal marito, senza considerare il vasto assortimento di usanze matrimoniali penalizzanti per la sposa , in giro per il pianeta.Tutte degne dell’attenzione di magistrati, giurie e giurati.Insomma dove c’è Patriarcato c’è mitezza della pena.Non si può sbagliare.