Sans papiers

Sans papiers

Tre campagne elettorali  in Europa – di cui una  presidenziale, cominciata con largo anticipo – e una recente debàcle, sono troppe anche per chi ha attraversato il mare affrontando i rischi che sappiamo.


Così anche il permesso di soggiorno provvisorio concesso, negato o osteggiato, torna utile come spot. Qui da noi,  si trasforma in un modo per scaricare su altri paesi qualche migliaio di esseri umani. Altrove, le arcinote clausole – la Francia e la Germania non si sono dovute inventare nulla – contenute nel trattato di Schenghen riguardo i mezzi di sussistenza dei richiedenti l’ingresso, dovrebbero diventare tranquillizzante – per gli elettori di quei paesi – ostacolo da porre alle frontiere.


Prima di concludere con le geremiadi dell’Europa assente, diciamo che questa è soprattutto l’Europa un po’ rozza e reazionaria dei paesi governati dalla Destra, quella stessa che in altre circostanze rifiuta ostinatamente di fissare procedere valide sull’intero territorio comunitario e che subordina a problemi interni – quando non mette a disposizione della propaganda –  le poche regole che è riuscita a concordare.


Lo spirito dovrebbe essere tutt’altro, ma è difficile richiamare L’Europa ad un reale senso comunitario ed essere credibili al tempo stesso, quando in casa nostra lo spettacolo al quale si assiste è lo scaricabarile sulla pelle degli esseri umani.

Le ragioni umanitarie non sono disgiunte da quelle politiche, solo così il governo dei fenomeni diventa investimento per il futuro. E noi a quello dovremmo pensare, invece di accapigliarci su dove piazzare la tendopoli o il bagno chimico.


Qualcosa di sconvolgente gli assetti tradizionali sta percorrendo l’Africa del Nord e noi abbiamo già rinunciato all’unico ruolo che democrazie mature, quali pretendiamo di essere, possano ricoprire.

E questo solo perché riteniamo più conveniente correre dietro alla tutela del giardinetto.


Dipenderà da noi sorvegliare sul fenomeno dell’immigrazione ma non saranno certo i pattugliamenti a contenere gli espatri, né le operazioni poliziesche.


Noi possiamo solo lontanamente immaginare cosa significhi  vivere un’ esistenza interamente condizionata all’ottenimento di un pezzo di carta con timbro. A questo pensiamo mai?


D’altronde, comunitaria o meno, la politica che non ruota intorno all’essere umano, è fallimentare in partenza. Inutile pavoneggiarsi ai G8 ( 9, 10, 11 o 11.000) se non si è capaci di provvedere a ventimila esseri umani. Quegli stessi che, con qualche ottimismo, pensano di essere sbarcati nel mondo civile.


Dispersione

Dispersione


Inseguiti, senza troppa convinzione, dalle forze dell’ordine in un’ operazione che nella sola località di Manduria impegna cinquecento uomini, i migranti cercano una via di fuga nella speranza di raggiungere – si presume –  parenti e amici residenti in altri paesi europei.


Dopo un mese, della maggior parte,  non conosciamo ancora nazionalità e  status ma intanto, per non saper né leggere né scrivere, nei trasferimenti in nave,  come per i detenuti,  ritiriamo loro i lacci delle scarpe e le cinture. Il che sarebbe ancora poco se nelle tendopoli acqua, servizi igienici e cibo fossero sufficienti per tutti.



Se il Governo la smettesse di giocare alle Grandi Strategie e ai Grandi Annunci e si risolvesse a mettere in atto gli strumenti che ci sono – il permesso temporaneo di soggiorno, ad esempio –  lo spettacolo di esseri umani allo sbaraglio, in fuga nelle campagne, sui treni e alle frontiere nel tentativo di un impossibile passaggio, non ci sarebbe, mentre ciascuno Stato, dovrebbe affrontare la porzione di ricongiungimenti famigliari o richieste di asilo che gli spetta. Tutto questo  senza ricorso da parte nostra a sparate sull’inerzia dell’Europa o peggio, a guerre che oramai dovremmo considerare di campanile, contro francesi, tedeschi etcetc.


Oggi il presidente del consiglio è a Tunisi a conferire con un governo che abbiamo sufficientemente strapazzato considerando provvisoria e inaffidabile la permanenza di interlocutori che giustamente reclamano le firme in calce ai trattati – unico modo, peraltro, di stipulare con gli Stati e non con i Governi, alla faccia del provvisorio –  chiederà loro di bloccare le partenze. Non so cosa potranno convenire, so che la Grancassa governativa batterà a dismisura anche solo per i convenevoli . Speriamo che il governo tunisino almeno colga l’occasione per raccontare come è stato affrontato il transito di oltre centomila migranti nel campo di Shusha a Ras Jedir (confine libico – tunisino) con efficienza e collaborazione delle popolazioni locali ma soprattutto dignità e senza stracciarsi le vesti per una questione che uno Stato moderno, quale pretendiamo di essere, dovrebbe saper risolvere almeno senza troppo nuocere agli esseri umani.



Per come sono le cose, dai campi si può solo fuggire. Lo dice l’espressione soddisfatta di questo ragazzo che scivola via sotto la rete della tendopoli a Manduria e che spero fortemente, ce l’abbia fatta.




Avvitati

Avvitati

Il colpo riesce a metà e sulle prime pagine la notizia del Miracolo di Lampedusa deve battersela con quella della Prescrizione Breve, un po’ per i metodi con i quali si è inteso stravolgere l’ordine del giorno, ma soprattutto  per l’ improvvida decisione di La Russa di sfidare i manifestanti fuori Montecitorio e successivamente di vantarsene in Aula con le conseguenze che sappiamo.


Oggi non è andata meglio e dopo una seduta in cui gli esponenti del PDL hanno continuato a dare il peggio di sé al punto che non è stato possibile ottenere nemmeno l’approvazione – il colmo –  del Verbale della seduta di ieri, la Prescrizione Breve slitta a martedì, quinto posto all’ordine del del giorno. Cioè dopo il conflitto di attribuzione.


Il combinato disposto di furbizie, ricatti ed irregolarità comincia a dare i suoi risultati e mentre si affastellano le ricadute di comportamenti istituzionalmente  scorretti, l’avvitamento è inevitabile. La politica non può essere questo,soprattutto se diventasse davvero questo, sarebbe impossibile persino adempiere agli atti dovuti. Non è un paradosso.


Non è un caso che il tanto sventolato reato di clandestinità che doveva garantire sicurezza ai cittadini, oggi mostri tutti i suoi limiti nella gestione degli sbarchi, che le politiche fondate sull’ossessione securitaria di questi ultimi anni giochino un ruolo non indifferente nel rifiuto delle regioni ad accogliere parte dei migranti ed infine che la nostra scarsa credibilità internazionale ostacoli la formulazione di accordi persino con la Tunisia.


Così Lampedusa non è un problema solo per eccezionalità dell’evento o per carenze organizzative ma diventa una delle tante occasioni  in cui si dimostra come il legislatore al servizio non della collettività, ma della propaganda o dell’interesse particolare unitamente al malgoverno,all’indifferenza e all’approssimazione, producano disastri. Oggi qui, domani a Manduria e dopodomani a Pisa. Poiché il piano organizzativo ancora è assente, mentre l’arroganza di voler fare di tutto un’opportunità per confortare un consenso in piena crisi, è in costante aumento.


Qualcosa ogni tanto va  storta pure ai Grandi Comunicatori e così  l’investimento – case & pescherecci  –  che avrebbe dovuto segnare il ritorno di Berlusconi sulla scena e distrarre l’attenzione da quanto si stava verificando in Parlamento, almeno al momento, si è rivelato meno remunerativo del previsto. Non gli resta che ritentare, magari col casinò o col campo da golf.



La leggenda dice che ci so fare

La leggenda dice che ci so fare

Agiografico in tutte le accezioni del termine e per il metodo di  ricostruire vita, opere – e pertanto miracoli – di Silvio Berlusconi attraverso un ineccepibile lavoro di cucitura di materiali d’archivio. Ortografia secca e precise imbastiture  per un lavoro raffinato in cui la non interferenza degli autori con la vicenda, genera un meccanismo narrativo che mette la definizione del personaggio – peraltro arcinoto – in sottordine rispetto alle ragioni del mito e dell’ascesa . Rintracciando queste ultime  in una sintonia col popolo italiano che trascende la rappresentanza fino a sfiorare o immergersi nell’identificazione.


Dunque non un pamphlet antagonista con una serie di tesi da dimostrare ma semplicemente un film di montaggio con la storia di Silvio Berlusconi raccontata in presa diretta e viva voce dallo stesso protagonista. Supplente Neri Marcorè quando manca il titolare.



Un sollievo per chi è stanco di misfatti,  di date e indagini, di contestazioni di reato e sentenze. Sedersi in sala per credere. Magari osservando le reazioni del pubblico, deliziate per comicità involontaria o sinceramente affascinate dalla vicenda umana e politica che si  svolge innanzi ai loro occhi.

Quando si dice un film per tutti.


Oppure un modo per far prendere una vacanza al Berlusconi che è in noi.


(Nelle manifestazioni di ieri al Palazzo di Giustizia di Milano, una sorta di postfazione al Berlusconi forever di Rizzo, Stella, Faenza Macelloni :

Due sparute fazioni, una di sostenitori, l’altra di detrattori (entrambe in costume), si contendevano il Divo che, all’interno di una berlina scura e con tanto di scorta a piedi, faceva il suo trionfale ingresso per presenziare, dopo otto anni, ad un’udienza tecnica del procedimento Mediatrade. In aula è successo assai poco ma gli strepiti, i titoli, i telegiornali, le interviste gli slogan,  i predellini, gli striscioni e le note di colore sono state tali da far impallidire il rumore che producevano le udienze  dell’affaire Dreyfuss.

Il tutto preceduto al mattino, da una telefonata a Rete di proprietà, in diretta, durante una trasmissione condotta da uno dei Fedeli, tanto per ribadire la propria innocenza e lamentare le solite  persecuzioni. Silvio forever. Facciamo Silvio basta?)




Silvio Forever è un film di Roberto FaenzaFilippo Macelloni del 2011, conSilvio Berlusconi. Prodotto in Italia. Durata: 85 minuti. Distribuito in Italia da Lucky Red