Vignette

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Secondo il nobile impianto (per dirla col Guardasigilli) dell’epocale (per dirla col Premier) riforma,  i magistrati posti a difesa dell’interesse pubblico e i cittadini che  attraverso i propri legali, difendono un interesse privato, devono essere sullo stesso piano.


La faccenda sarebbe meno complicata di quel che possa sembrare se solo la si vedesse come naturale epilogo di una lunga stagione che ha visto il Presidente del Consiglio alle prese con la Giustizia e questo in numerose circostanze e a vario titolo. Indagini, telefonate, scandali, rinvii a giudizio, hanno occupato cronache e dibattiti ma nei prossimi mesi, si può esser certi, tutto sarà  raccontato attraverso il filtro edulcorante di questa Riforma che di epocale, per la verità, ha solo la stortura di cui sopra.


L’ idea  del processo come competizione e non come accertamento o meno  di responsabilità penali, del resto, ci viene propinata sine die con l’immagine dello strapotere di Pubblici Ministeri persecutori la cui unica missione è chiedere condanne a prescindere. Così ovviamente non è.


Mentre invece si manifesta concretamente la volontà di scardinare l’autonomia della magistratura e di circoscrivere l’azione penale entro perimetri stabiliti dalla Politica.

Ma, violazione di Principi a parte, una Politica che da quindici anni muove solo in direzione dell’Impunità, come potrebbe, seppure fosse accertata la validità delle epocali proposte, decidere quali indagini effettuare e come o quali reati perseguire?

Questi ed altri interrogativi, promette il Guardasigilli, saranno sciolti nei mesi a venire anche attraverso un’attenta disanima dottrinale.(Che bellezza) Tempo – conclude – ce ne sarà.









Te lo danno loro il western (Wayne chi?)

Te lo danno loro il western (Wayne chi?)

The true Grit. Ed è chiaro fin da subito che il vero Grinta non è quello che  insegue  i fuorilegge al galoppo e con le redini tra i denti perchè ha le mani occupate (una dal fucile, l’altra dalla pistola)

Come è altrettanto chiaro che il  vero, l’autentico Grinta lo hanno realizzato  loro, i Coen, ricostruendo il film sul romanzo di Charles Portis  True Grit e non sui pur noti Precedenti.


E infatti, che rottura il Remake. Con tutti quegli assilli filologici,  i richiami,  i paragoni, senza poi contare il rischio concreto di farsi mettere i piedi in testa dai Monumenti (che nel caso sarebbero stati parecchi).

Così facendo si sarebbe finito per privilegiare lo sfondo, celebrando il  risaputo a tutto scapito della storia. E invece no.

Dunque via il Grinta e via John Wayne  per far largo al genere western dei momenti migliori, cioè senza redenzioni, lezioni morali, burberi benefici e donnette troppo petulanti per essere vere.


Qui abbiamo la storia di Mattie Ross, ragazzina che vuole Giustizia con tale infantile determinazione da essere lei The True Grit e non Rooster Gogburn che in fondo è solo un vecchio sceriffo con la benda, tutto carneficine ed efferatezze.

Il resto procede nella perfezione marcata Coen. Belle immagini, attori ineccepibili, musica all’altezza, frasi memorabili già sulla bocca di tutti. Il film non in concorso, ha aperto la Berlinale ma nonostante le nominations, nemmeno un Oscar.






Il grinta è un film di Ethan Coen, Joel Coen del 2010, con Hailee Steinfeld, Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Barry Pepper, Dakin Matthews, Jarlath Conroy, Paul Rae, Domhnall Gleeson, Leon Russom. Prodotto in USA. Durata: 110 minuti. Distribuito in Italia da Universal Pictures

Morire per Tripoli

Morire per Tripoli

Sanzioni e mandati di cattura internazionali a parte – siamo quasi alle ipotesi di scuola –  la sensazione  è che l’Occidente non sappia bene a quali orientamenti affidarsi mentre, con esiti incerti,   si combatte intorno ai terminali petroliferi di Ras Lanuf e Zawiyh (e Gheddafi sembra riguadagnare terreno).

Nemmeno i cronisti presenti sul campo, riescono a valutare se, per esempio,  i festeggiamenti di stamane, preceduti da un’ondata di violenze inaudite, a Tripoli siano pura propaganda o un autentico segnale di vittoria dei lealisti.

E anche le notizie sembrano avere peso differente a seconda dei Paesi in cui vengono diramate :  ieri Obama, qui da noi, era dato per interventista assai più di quanto non lo  fosse per il resto d’Europa e l’insediamento  del  National Transitional Temporary Council in Libya, praticamente ignorato dalla nostra Informazione trovava – giustamente, secondo me –   differente rilievo in Francia o in Gran Bretagna.



Nell’epoca in cui nulla dovrebbe sfuggire grazie  alle sofisticate dotazioni delle intelligence e ai mezzi di comunicazione, della questione libica s’ignora quasi tutto. Sono stati sufficienti una società ancora organizzata in tribù ed una milizia di ribelli coraggiosi ma equipaggiati alla meglio e privi di rappresentatività oltre che di una vera e propria  catena di comando, a far saltare i parametri di lettura e dunque a rendere ancora più problematico l’intervento.


In realtà a nessuno è dato sapere chi si candidi a sostituire Gheddafi. E se in Tunisia ed Egitto  la transizione può essere garantita dall’esercito, non altrettanto in Libia dove i militari, pur passati, almeno in parte, con gli insorti,  hanno peso ed organizzazione differenti.

All’epoca dei furori neocon, delle guerre sante e della democrazia d’esportazione, uno dei cavalli di battaglia dei sostenitori di Bush and co era lo stigma della Vecchia Europa, più incline all’uso della diplomazia che a quello dell’intervento militare.



E vecchi lo sembriamo sul serio al cospetto di queste masse di venticinque – trentenni (e anche meno)  che reclamano democrazia e che invece ci ostiniamo a guardare con gli occhi sospettosi del fallimento neocon. Proprio ora che l’uso della della forza risulterebbe inefficace – una delle poche cose che conosciamo è la tipologia e la quantità delle armi che, nel corso del tempo, abbiamo venduto ai libici – forse vale la pena di concentrare l’impegno sui negoziati. Ben sapendo quanto Gheddafi sia poco disposto a cedere sul terreno dell’abbandono del potere e tuttavia confidando nel fatto che ad un uomo braccato dentro e fuori del proprio paese, forse un’ onorevole via d’uscita dall’impasse, potrebbe interessare.


O così o la Libia si candida ad essere l’ennesima zona di guerra in Africa. Viste le grandi potenzialità e il sacrificio in termini di vite umane, sarebbe un delitto non tentare.





la foto  del miliziano è della Reuters da Libération