Lotta di classe con garbugli in Piccardia
Quando Gustave de Kerven della premiata Delépine & Kervern arrivò al Festival di Roma – proveniente da Cannes e San Sebastian e diretto al Sundance, in un continuo mietere premi – a presentare il suo esilarante Louise Michel, storia surreale – ma non troppo – della chiusura di una fabbrica in Piccardia, nessuno avrebbe immaginato che di lì a poco, l’idea di rivalersi sui manager per i soprusi patiti e i licenziamenti , sarebbe divenuto per molti lavoratori, il metodo di lotta del futuro.
Non nuovo a dire il vero, nemmeno qui da noi, visto che quello di sequestrare i fattori mentre i latifondisti si tenevano lontani ed al sicuro, protetti nelle loro residenze cittadine, faceva parte di un protocollo consolidato nelle lotte contadine fin de siécle e oltre. Per non tacer di Valletta e d’altri.
I manager come si sa, non sono i proprietari delle imprese, come i fattori non lo erano delle terre, ma intanto – in circostanze in cui è peraltro difficile stabilire chi sia il proprietario – ne rappresentano la diretta emanazione, per di più incarnando il massimo dell’ ingiustizia: quella di essere strapagati indipendentemente dall’efficacia dell’apporto produttivo. Aggiungendo al quadro il caos e la debolezza del sindacato, avremo un combinato disposto di latitanze e disagi in cui il dàgli al manager risulta essere l’unico modo in cui rabbia e senso d’impotenza possono esprimersi.
Anche Louise e le compagne, beffate da chi prima di spedirle a casa compera loro nuove divise e con il benservito di una liquidazione da fame, decidono, dopo aver esaminato diverse opportunità, che l’unico investimento proficuo è mettere insieme il denaro per assoldare un killer e uccidere il boss che nel frattempo si è rifugiato in un paradisco fiscale, non si sa se di lista nera o grigia.
Di qui un susseguirsi di avventure incredibili si consumano sulle tracce del manigoldo. Poichè non solo Michel, il designato killer, è piuttosto maldestro e nondimeno intruppone mentre la sua coadiutrice Louise, non ne parliamo, ma come se non bastasse, in passato fu donna e meno male – poi si scoprirà – perchè anche Louise è stato uomo e da cosa può nascere cosa.
Sorta di western sociale secondo le intenzioni di Delépine & Kervern che hanno messo mano al progetto intenzionati a far sì che i più buoni potessero diventare cattivi e i cattivi fossero degl’irriducibili criminali.
Un film divertente, piacevole, paradossale, illuminato dalla presenza di Yolande Moreau, sguardo verde di rapinosa bellezza, attrice prediletta da Agnès Varda – quindi non si discute – , tre César, un vero talento al servizio di un personaggio duro, difficile e vagamente trash. Da vedere senza pensare ad improbabili istigazioni a delinquere con la consapevolezza che non c’è proprorzione tra la tragedia della perdita del lavoro e di prospettive e il chiudere a chiave un manager per mezza giornata in una stanza, il più delle volte per costringerlo ad ascoltare ragioni e richieste delle quali sembra non importare più a nessuno. Dedicato dai registi – anarchici – alla comunarda Louise Michel
Louise Michel è un film di Benoît Delépine, Gustave de Kervern. Con Yolande Moreau, Bouli Lanners, Robert Dehoux, Sylvie Van Hiel, Jacqueline Knuysen, Pierrette Broodthaers, Francis Kuntz, Hervé Desinge. Genere Commedia, colore 90 minuti. – Produzione Francia 2008. – Distribuzione Fandango