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Categoria: Palazzi di Giustizia

In croce

In croce

crocefisso Mathis Gothart Grunenwald

Quanto chiasso. Se in un’ aula scolastica gli orientamenti religiosi sono molti – o inesistenti – e il simbolo uno solo, quale potrà essere il responso di una Corte di Giustizia che si rispetti? Avallare la tesi della religione o della cultura prevalente, emarginando i diritti delle minoranze?

Impossibile che un organismo internazionale possa esprimersi in tal senso. Nemmeno qui da noi del resto potrebbe esistere legge che impone il crocefisso nelle scuole, tant’è  che per giustificarne la presenza, spesso si ricorre all’escamotage del simbolo culturale arcaico. Ma non funziona lo stesso, se la religione di stato è un istituto obsoleto ( oltre che abolito) figuriamoci la cultura.

La Corte si è pronunziata sul ricorso di una privata cittadina insoddisfatta – è un suo diritto –   delle sentenze emesse in Italia, deliberando sulla scorta di quanto disposto dalla Convenzione e dai Protocolli. Inutile far passare quei giudici per laicisti assatanati.

E comunque stiano tranquilli i fanatici dei simboli dell’appartenenza culturale, già pronti a dar battaglia su futuri presepi e recite scolastiche alla porporina. Risarcimento della ricorrente a parte, nulla può accadere, i crocefissi non saranno rimossi d’autorità.

Tuttavia, ogni occasione sembra buona per affermare una supremazia religioso- culturale che vista la temperie, pare semplicemente ridicola. La risoluzione dei problemi andrebbe affidata al buon senso degl’interessati –  insegnanti, famiglie, studenti –  senza avere la pretesa  del Dettato Universale e soprattutto senza conflitti, animosità e guerre sante. La vera laicità risiede nelle regole che, nel rispetto delle Leggi, una comunità può darsi.

Le scelte del cuore come le chiama Fo sul Manifesto di oggi, mal si adattano alla protervia. Converrebbe lasciar libere le classi di trovare ciascuna  la propria soluzione. Altrimenti si sa quanto siano puntigliosi i magistrati, leggono nei loro libri, poi traggono via via conclusioni che non possono non apparire tranchant. Non sempre ci azzeccano ma, direi, che non è davvero questo il caso.

Parole grosse

Parole grosse

perry mason

Mi dispiace per Crozza e per la sua divertente copertina dell’altra sera a Ballarò,  ma gli sceneggiatori di Perry Mason erano affiancati da fior di consulenti. Per cui, data la proverbiale pignoleria americana, difficilmente avrebbero consentito la messa in onda di  castronerie del tipo la legge è uguale per tutti ma non nelle sue applicazioni o peggio che il Premier, grazie ad un po’ di latinorum e qualche giravolta …oplà, potesse tramutare la sua identità segreta e da primus inter pares, diventare primus super pares, senza passare per il Via. Cioè senza i dovuti correttivi costituzionali. Roba da scompigliare la permanente al fil di ferro della immutabile Della Street. Ergo, non è a quella scuola che possono essersi formati i legali del premier. Siamo seri.

Ma ora che grazie alla Consulta, la legalità è ristabilita, dove abbiano studiato i fidi difensori della Corona poco conta. Al momento sono di scena i Défilé dei caudatari con le dichiarazioni indispettite – la bocciatura del Lodo, nulla cambierà –  è la più diffusa, seguita a ruota dalla recita di antiche litanie :  toghe rosse, fumus persecutionis, complotti di poteri forti, sentenze politiche e via salmodiando.

Da ultimo, poichè il Presidente della Repubblica ha lasciato intendere di non essere disponibile a pasticci – vedi ricorso anticipato alle urne –  ne’ a tollerare nuove leggi  ordinarie che blocchino alcune fattispecie di processo, la rabbia investe anche il Quirinale. Altro che Lodo Alfano, nei confronti del quale Giorgio Napolitano ha sempre dimostrato gran serietà istituzionale e moderazione. Qui si attacca il Presidente per aver sbarrato diverse vie di fuga.

Più che eversivi quelli della PDL sembrano isterici, quanto al peronismo di Berlusconi a me pare che il premier abbia, in questi ultimi tempi, molto più di Evita che di Juan Domingo.

Archiviato il ricorso alla piazza – francamente manifestare contro una sentenza è un po’ troppo anche per il populismo più hard – annuncia gran battaglie nelle aule di tribunale che ospiteranno i suoi contenziosi, onde smascherare e irridere i nemici. E va benissimo, perchè sia ben chiaro, qui non si aspetta altro che di veder ristabilita la verità.

Perchè a ben vedere  proprio nulla nulla, la sentenza  non cambia. Magari non ci saranno scenari da tregenda, dimissioni, ne’ elezioni, ne’ governi tecnici o di salute pubblica. Tuttavia, una cosa è certa :  il premier ora dovrà farsi processare, ovvero attendere fiducioso tutta la corrispondenza che le Procure vorranno inviargli.

Userà la solida maggioranza che si è assicurato per governare e non solo come alibi magari mischiando il dato elettorale con quello del gradimento nei sondaggi. E pazienza se dovrà sottrarre un po’ di tempo all’Ufficio cui è demandato per presenziare a qualche udienza. Non è forse sereno lui, rispetto alle accuse? Non sono ferratissimi e combattivi i suoi avvocati?

Quanto a noi, più che scandalizzarci per la pessima considerazione che questo governo non fa mistero di nutrire nei confronti  delle Istituzioni – ne abbiamo ben donde, lo so, ma anche quella pratica rischia di  divenire stucchevole se rimane l’unica forma di opposizione –  abbiamo ottimi motivi  di compiacerci della vitalità dei nostri anticorpi costituzionali. 

Ci sono de’ Giudici a Berlino! aveva risposto il famoso Arnold, mugnaio di Postdam a chi lo minacciava d’esproprio, la sua fiducia fu poi premiata. E la storia si ripete ci sono dei giudici alla Consulta! Anche la nostra fiducia ha potuto  aver ragione dell’arroganza.

Cattivi ( due )

Cattivi ( due )

ponte dei sospiri

I numeri parlano di condizioni umilianti per mancanza di spazi vitali  e degrado degli ambienti, ma nonostante l’ansia securitaria che tutto sembra dominare da qualche anno a questa parte, non si riesce a stabilire –  in un’idea di sicurezza meno becera e più funzionale del semplice ammassare  criminali veri e presunti nelle celle – un nesso tra dignità della condizione detentiva e possibilità riabilitative.

E se la sorte dei settantadue cittadini eritrei dispersi in mare non riesce a suscitare sentimenti di umana pietà, figuriamoci le proteste dei detenuti nelle carceri.

Nel migliore dei casi, l’Immaginario alimentato da rappresentazioni mediatiche compiacenti, lavora considerando disagi e malfunzionamenti come una sorta di pena accessoria da scontare e zitti. Nella peggiore,  affidare in via esclusiva la gestione di qualsivoglia problema di civile convivenza all’irrazionalità della repressione, è considerata l’ipotesi resolutiva per eccellenza.

Amministratori pavidi e politici privi di scrupoli nel manipolare e speculare sull’insicurezza sociale, hanno così buon gioco infilando, uno via l’altro, provvedimenti assurdi, buoni solo ad incrementare il flusso nelle carceri.

La Bossi Fini sull’immigrazione, La  Fini Giovannardi sugli stupefacenti e l’ ex Cirielli sulla recidiva – e non l’Indulto che ha registrato una bassa percentuale di rientro per delitti commessi dopo la liberazione – sono le leggi responsabili del sovraffollamento. A queste vanno aggiunte tutte le ordinanze  delle varie emergenze in città – lavavetri, mendicanti  etc – che se pur realizzano pochi giorni di permanenza in galera, in compenso assicurano un andirivieni a getto continuo.

Altro che invenzioni di nuovi reati. Se il governo non mette mano al Codice Penale assumendo il criterio universalmente riconosciuto che non tutti i crimini sono punibili con la detenzione, non basteranno i nuovi edifici – peraltro di là da venire – previsti dal mirabolante –  ancorchè privo di copertura finanziaria – Piano Carceri.

63.500 sono i detenuti, di cui 20.000 stranieri. Più di uno su due, sconta la misura cautelare, dunque oltre il 50% è in attesa di giudizio. La capienza – ma si parla in termini amministrativi, cioè di spazi espressi in metri quadri,  non certo di strutture dignitose –  è solo per 43.300 unità.

Siamo ampiamente fuori legge, se nulla accade, il Guardasigilli che pure l’ha escluso, presto dovrà ricorrere ad un nuovo provvedimento di clemenza. Anche questo fa parte del Costume della Casa. Mai più condoni, sanatorie, indulti, ma poi anche per mancanza di adeguata programmazione, queste misure si adottano egualmente.

E del resto se non si è in grado di garantire un giusto processo o condizioni di vita degne all’interno delle carceri, non c'è altra via d’uscita che liberare i detenuti. In uno Stato di Diritto non è ammesso ne’ operare fuori della Legge ne’ consegnare i cittadini al degrado e all’autolesionismo.

Nell’illustrazione il ponte che a Venezia congiungeva  le aule dei Tribunali  di Palazzo Ducale alle Prigioni Nuove, detto dei Sospiri

  

Cattivi ( uno)

Cattivi ( uno)

Era fatale che la cattiveria, criterio guida di misure orgogliosamente annunciate, tempo addietro, da Maroni, ispirasse  articolati  che ontologicamente con la Giustizia c'entrano come i cavoli a merenda, ma che, in compenso, sembrano studiati apposta per alimentare  un generale clima di vieto cinismo.

Ed è grazie a questa temperie che tutto diventa possibile. Dal simpatico giochetto rimbalza il clandestino – in un clic ! –  al negare contro ogni evidenza che di recente, nel Mediterraneo  settantatrè  esseri umani siano morti, in buona sostanza, per omissione di soccorso.

Al cospetto di una violazione così patente dei diritti umani, si sfiora il ridicolo degli eterni battibecchi con Malta o delle giustificazioni, millimetro alla mano, a base di competenze territoriali. Insensatezze, tanto più che il dovere di prestare soccorso in mare prescinde dal regime giuridico della zona in cui dovrebbe avvenire e può praticamente esercitarsi ovunque – acque internazionali, zone economiche esclusive o contigue, acque territoriali straniere – come pure recita il disattesissimo trattato di Ginevra. A proposito di Diritto che se svincolato dalla Giustizia, genera mostri.

Come definire del resto , la finta incredulità o l’interpretazione capziosa degli accordi internazionali, se non come pretesti per dire che tutto va bene invitando ciascuno a girare la testa dall’altra parte. E che dire della totale assenza di espressioni di cordoglio o di umana solidarietà. Un Ministro della Repubblica non è un supporter qualsiasi , ahinoi, ci rappresenta. Forse la Pietà non è inclusa nei sentimenti di cui il ministro intende farsi interprete. Nemmeno quella di circostanza.

 A dire il vero c’è anche chi, come il capogruppo Lega Bricolo, elogia Maroni e l'ottimo risultato degli accordi con Gheddafi. Con i morti in mare e col gommone che senz’ombra di dubbio,  ha preso il largo dalle coste libiche, ci vuole un bel temperamento a non ammettere che il trattato sia, di fatto, un colabrodo.

Del resto anche il Capo del Governo, il prossimo 30 agosto sarà  in Libia per celebrare con l’amico Muammar l’anniversario della firma del trattato di Bengasi e già che c’è, anche  il quarantennale di El Fatah, il colpo di stato ordito dal Colonnello, che cade appunto il primo di ottobre. Festeggiamenti solenni  con tanto di trasferta per parata acrobatica delle Frecce Tricolori.

L’epilogo è tutto qui, non so che cosa si aspettino vivi o morti, i profughi eritrei. Tra loro e un riconoscimento di diritti violati, non passano solo le solite strategie politiche  rassicuranti ma anche numerosi businnes italo libici : Alenia, Aermacchi, BNL, Augusta e, come ti sbagli, un  gasdotto dal nome suggestivo Greenstream. Chissene importa se il colonnello ogni tanto chiude un occhio sulla tratta degli esseri umani. Speriamo solo che alla fine del viaggio ai sopravvissuti non tocchi l’incriminazione per reato di clandestinità. Altro rischio, a meno di chiedere (e ottenere) asilo politico.

Nell’illustrazione una barca di clandestini abbandonata sulle coste calabre. La foto l’ha scattata lixia 78

 

Espulsioni

Espulsioni

Era fatale che la cattiveria, criterio guida di misure orgogliosamente annunciate, generasse un articolato che ontologicamente con la Giustizia c’entra come i cavoli a merenda. Ora, qui da noi non ci voleva altro che questa nuova svolta culturale del Diritto svincolato dalla Giustizia per poterci definire completamente soddisfatti.

 Quanto all’efficacia del famoso pacchetto, particolarmente in tema d’immigrazione, non c’è bisogno di scomodare gli esperti : di qui a pochi mesi le ricadute di questo ennesimo capolavoro legislativo, formeranno le cifre di un bilancio fallimentare, un disastro  ben oltre il prevedibile.

La gestione di problematiche la cui soluzione altro non richiederebbe se non un potenziamento di servizi, se affidato in via esclusiva all’irrazionalità della repressione, non può che produrre disordine e violenza.

Già, i servizi. Tutta lì la bontà occorrente. E nell’idea che beneficiari eventuali di strutture funzionanti, non siano solo gl’immigrati ma l’intera collettività.

Invece niente. Caccia all’uomo e manette per tutti. A partire dalle badanti, dai lavoratori agricoli e dell’edilizia, e poi a seguire, partorienti, neonati, pazienti e scolari. Se privi di permesso di soggiorno saranno perseguibili assieme ai loro complici datori di lavoro, medici, insegnanti, padroni di casa. Un esercito di delinquenti con il quale fare i conti avvalendosi dell’ unico strumento legislativo al momento disponibile : l’espulsione.

Resta inteso che a sbrogliare la matassa non saranno i giudici ordinari, troppo impegnati con la normale amministrazione, ma i giudici di pace i quali, oltre ad essere  oberati ne’ più ne’ meno quanto altri, sarebbero chiamati ad un ufficio di natura conciliativa. Altra svolta culturale secondo cui nemmeno le definizioni  hanno più senso.

Ora qualcuno già dopo l’approvazione del famoso pacchetto di sicurezza in consiglio dei ministri s’era reso conto di aver affidato a pericolosi criminali, la nonna e il pupo, il campo, il cantiere e quant’altro. Così vorrebbe si ponesse rimedio. Ma rimedio vuol dire una cosa sola : sanatoria.

E la lega non vuole. Preferisce raccontare la favola bella della retroattività. Insomma i clandestini sarebbero criminali solo a partire da una certa data. E per gli altri, quelli cioè che restano comunque senza permesso di soggiorno? Risposta non c’è – a meno di considerare risposta l’attenzione promessa  da qualche bello spirito governativo alle lavoratrici domestiche.

E passi che il fatto di avere tribunali al collasso – e carceri che scoppiano –  invece di essere considerato per quel che è : un altro sintomo inequivocabile d’inciviltà,  viene al contrario vissuto  come una (meritata) pena accessoria, con tanti saluti al dettato costituzionale e a quell’idea concreta e non propagandistica di sicurezza basata su recupero e riabilitazione.

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