Sfogliato da
Categoria: La fabbrica del cinema

Sotto il tappeto ( aspettando le palme)

Sotto il tappeto ( aspettando le palme)


Domanda fondamentale  –  C’est party !  è stato il polemico titolo con cui  la une de Libération ha annunciato l’apertura del festival e – nonostante l’esigua  presenza di film americani in cartellone –  l’invasione hollywoodiana della Croisette, del Palais e del Marché. Dive, divi, produttori, distributori in parata e soprattutto film di qualsiasi nazionalità  in cui predominano cast provenienti da Hollywood e in cui gli attori parlano inglese. Domanda di Libé :  Cannes si sta trasformando in una festa del cinema globalizzato? (la risposta è nel vento)

Cionondimeno ad attenuare le ansie,  apre  il patriottardo  Tête Haute edificante e celebrativo del sistema giudiziario e rieducativo francese, film forse poco adatto all’inaugurazione del festival più importante del mondo – mantra della manifestazione che viene salmodiato in ogni circostanza – nonostante l’impegno  di Deneuve e  Bercot, l’una nei panni di un giudice minorile, commossa per l’entusiastica accoglienza e l’altra regista e già attrice con Tavernier disinvolta e  assai prodiga di sberleffi e linguacce al photocall  come alla montée. Illazioni come se piovesse sul nuovo passo che Pierre Lescure, presidente del festival  giornalista, uomo d’affari, fondatore di Canal Plus ed ex della Deneuve, avrebbe impresso al festival ma a parte ciò,il film rispetto al panorama della produzione francese è convenzionale,la fa troppo facile e soprattutto troppo buona. In una parola : deludente.E comunque anche rispetto alla massiccia presenza dei (qui li chiamano così) partnerariati – anche quella attribuita a Lescure – , togliamoci subito il pensiero: questa immane baracca con circo annesso non starebbe in piedi senza il consistente contributo degli sponsor la cui presenza, a conti fatti, potrebbe essere assai più invadente di quel che realmente è. Dunque finché non sarà provato che Mastercard  abbia scelto i film alla Quinzaine, Renault quelli della Semaine e Chopard  quelli del Concorso, finiamola di parlare di mercificazione.Questo festival è troppo importante per il cinema per poter precipitare nell’oblio pauperistico dei Quaresimali invocati dai cinefili col pedigree. Tanto più importante e necessario per il cinema di qualità, quello meno visto, acclamato e recensito che qui trova uno spazio altrove impensabile 

Tapis rouge – Prima  si sono messi a misurare il tappeto – sessanta metri –  e poi  a scrivere quanto è costato al metro e quanto sarebbe potuto costare se solo l’avessero comperato da un’altra parte (e non fossero gli spreconi che sono).Gli appassionati degli scontrini sono sbarcati anche sulla Croisette, solo che qui dell’impegno ragionieristico si incaricano i deputati UMP scatenando su twitter l’inevitabile pubblicazione di fatture e scontrini dei generi più svariati da parte di esponenti dell’instancabile e irriverente stampa francese.

Palma etica, solidale, equa, sostenibile e molto altro ancora– Lo racconta un documentario  regia di Alexis Veller prodotto dalla Chopard  e sobriamente titolato La leggenda della Palma d’oro  in cartellone a Cannes Classic  dove, se non t’addormenti prima, ti viene spiegato che l’oro massiccio con cui è confezionata la palma viene estratto da una miniera colombiana che non maltratta l’ambiente e paga regolari stipendi, contributi e assistenza sanitaria agli addetti.(che usufruiscono anche di una specie di dopolavoro)

Maladresses – Veli, spacchi, trasparenze, piume, papillon male annodati,  gran fiocchi sul sedere, tatuaggi e ciaffi di ogni genere sono, assieme a rutilanti ed improbabili gioielli – in prestito dallo sponsor – un ormai tradizionale, consolidato e assai divertente pezzo dell’arredo urbano.Come le panchine,le palme, gli ombrelloni e  il Carlton pavesato da Mad Max e presidiato da Charlie Brown and co grandezza naturale, tipo nani da giardino.Il tutto in modalità cospicua ma assai meno molesta delle centomila rubriche impegnate a distruggere l’abito di questa e di quella.La raffinatezza non (sempre) abita qui.E nemmeno la raccomandazione d’antàn del vero chic di passare inosservate. Facciamocene una ragione, qua si viene per farsi vedere più che per vedere. Oh divine e velenose custodi dell’eleganza e del glamour, deponete le armi.

 

Scoop – I Coen non guardano la televisione – nemmeno quando passa Olive Kitteridge? – e sono molto perplessi sul fatto che si possa vedere Lawrence D’Arabia sull’i-phone.Il che non sarebbe una rivelazione dell’altro mondo se i trenta milioni di abbonati  statunitensi di Netflix non solo vedono Ben Hur, Titanic, i Dieci comandamenti e la Bibbia formato figurine  ma in pericolosa contemporanea pure i film in uscita nelle sale.

Chi ha paura di Netflix? Moi non…

Segreti e misteri dei sotterranei –  Non tutto si può vedere, qualcosa è stato gelosamente custodito al Marché du Film.Per esempio Microbe et Gasoil ultimo teen movie di Michel Gondry in uscita per i comuni mortali  il giorno 8 luglio. Eh si.Brutta gente quella del Marché

Cinephile bouleversé –  Il primo ministro Valls reduce da Mentone dove si è dichiarato contrario alle quote e favorevole alle polizie di frontiera dopo aver presenziato a Cannes una imperdibile iniziativa sui diritti d’autore, da  cinefilo tosto e sensibile  quale è s’è infilato lo smoking e ha visto  Mia Madre  senza passare per il red carpet (qui il politico usa di rado la passerella). Come se non bastasse, il giorno dopo,  a margine della levataccia per la proiezione mattutina di  Mon roi, di Maïwenn ha dichiarato  Difficile de ne pas sortir bouleversé après ce magnifique moment plein d’émotions que nous ont offert Vincent Cassel et Emmanuelle Bercot. I migranti niente, non l’hanno bouleversato manco un po’.

Hotel Majestic  Quartier generale di Women in motion raduno per la parità di riconoscimento artistico ed economico nel mondo del cinema  organizzato dall’imperversante Selma Hayek. Niente di strano a parte le dichiarazioni di Maïwenn a  Slate. fr  sul  mestiere di regista che chiamerebbe in causa gli ormoni maschili – cioè servono gli attributi –  salvo poi definire stupide le polemiche sull’eccesso di presenza femminile in cartellone.Le registe sono prima di tutto persone. Chi l’avrebbe detto.

Notizia Fondamentale  – Kate Blanchette non è lesbica

Pronto il camauro per il papa bello – Quanti sollecitati dalla notizia della joint venture HBO, Sky. Canal Plus  abbiano pensato ad una serie televisiva di  avvincenti intrighi vaticani, magari a metà strada tra i Soprano’s  e House of Cards, ripongano le speranze. Paolo Sorrentino girerà sì le otto puntate scritte in collaborazione con  Contarello, Rulli, Grisoni  e Jude Law nei panni del papa, ma l’argomento sarà tutt’altro.Si gira a cinecittà.Sartorie papaline della capitale già allertate.

 

Blocco creativo Anche Woody Allen ha firmato con Amazon per una serie ma non sa da che parte incominciare (dice)

 

 (segue)

 

 La bella foto qua sopra è di Romain Bernardie James da Libération

Des femmes, des jeunes, des premiers films

Des femmes, des jeunes, des premiers films


Cannes 2015 Affiche

 

 L’affiche d’abord  – Dopo il bacio fatale della Coppia  e gli occhiali da sole del Divino, il ritorno dell’Attrice di cui saranno celebrate, nel centenario della nascita , versatilità,audacia, modernità rappresentate dallo sguardo serenamente rivolto verso il futuro in questa foto di David Seymour, da cui Herve Chigioni e Gilles Frappier hanno tratto l’affiche bianco abbagliante del Festival di Cannes 2015. Dunque Ingrid Bergman : da Hollywood al neorealismo, dal cinema artigianale a quello più sofisticato,  da Hitchcock a Rossellini a Cukor a Ingmar Bergman collezionando tre oscar e una scarriolata di Nastri e David, sempre perfettamente a suo agio e in parte.Qualunque fosse la parte.

L’esprit du festival et le problèmes de timing –     Des femmes, des jeunes, des premiers films. Il criterio di selezione è presto detto. L’ha squadernato Thierry Frémaux, le délégué général  con la consueta grazia.La stessa con cui ad un certo punto della conferenza stampa ha avvisato:   Cannes n’a pas interdit les selfies, mais a juste lancé une campagne pour  ralentir cette pratique souvent extrêmement ridicule et grotesque pour des problèmes de timing. (Ed era ora)

Nous sommes là  : Del resto come già spiegato da Frémaux  &  Lescure lo scorso primo aprile  in sede di audizione  davanti alla commissione Affaires Culturelles de l’Assemblée Nationale :  Le Festival de Cannes est un Festival d’Art Cinématographique. Nous sommes là pour mettre en valeur les nouvelles écritures, les nouvelles formes, les nouvelles inventions visuelles de l’époque et le Festival de Cannes, chaque année au mois de mai, est une sorte de photographie, à la fois éphémère et durable, quand on additionne les années, de ce qu’est l’Art du Cinéma. Insomma vanno bene il glamour, l’effimero le chiacchiere e gli sponsor ma noi siamo qua per  promuovere (e vendere) cinema quindi basta co ‘ste perdite di tempo sul tapis rouge che ogni sera ci scombinano il frenetico ruolino di marcia ritardando le proiezioni.

Diarchia giurata – Ethan e Joel Coen presiederanno la giuria del concorso, governeranno con mano ferma un parterre che da Sophie Marceau  passa per Guillermo del Toro, Sienna Miller e approda a  Xavier Dolan  in una stravaganza artistica e umana tutta da mettere d’accordo.Non prima di essersi messi d’accordo tra di loro.(abito da cerimonia obbligatorio nelle sedi ufficiali, mica come a Venezia dove lo stile scappati di casa è niente rispetto a come riescono a combinarsi i Coen)

Cartellone  – La scusa che il cinema è lo specchio della realtà e Cannes è lo specchio del cinema è sempre pronta quando Fremaux deve giustificare l’imperversare in cartellone di tematiche disperanti e situazioni senza via d’uscita.Altro grande must viene rispolverato per  i film che non si sono potuti avere :  al momento della selezione  non erano terminati.Insomma anche quest’anno su 1857 film esaminati nemmeno l’ombra di una commedia mentre vanno fortissimo  malati terminali,  amori irregolari con complicanze saffiche e incestuose. In grande spolvero anche Depressione, Istinto Suicida, Disoccupazione, Depravazione e Violenza Chi si vuol riprendere potrà accomodarsi in sala a vedere il Macbeth di Justin Kurzel con il duo Fassbender Cotillard. I partigiani di Welles, Polanski Kurosawa, Tarr, si preparino.

Les Americains – pochi ma sicuri : Woody Allen, con il solito uomo d’età e la solita fanciulla – e basta! – in Irrational men, Nathalie Portman non propriamente esordiente alla regia ma quasi  con un film tratto da un bel  romanzo di Amos Oz A tale of love and darkness e lo Studio Pixar con un’ animazione  fuori concorso in cui i protagonisti Gioia Rabbia Disgusto Tristezza e Paura interagiscono nella formazione di un’adolescente, mentre Todd Haynes con Carol una storia anni 50  di amore lesbico e  Gus Van Sant con The Sea of tree, complicata vicenda di un aspirante suicida corrono per una palma in questo caso all’insegna  di scelte  sagge e improntate al contenimento del rischio.Indipendenti ma con moderazione.

Les françaises   Minacciosi in sciovinistico dispiego. La miglior panoramica sul cinema francese risolta in quattro film  : Dheepan, di Jacques Audiard  liberamente tratto dal romanzo  Lettres Persanes di Montesquieu lo sguardo sulla società francese è di un rifugiato dello sri-lanka sbarcato nella banlieue parigina La Loi du marché di  Français Stéphane Brizé, storia di  Thierry,  che dopo  18 mesi di disoccupazione trova finalmente un lavoro di agente della sicurezza in un supermercato in cui gli si chiede di spiare i suoi colleghi. Marguerite et Julien, di Valérie Donzelli che realizza un progetto degli anni 70 e cui avrebbe dovuto lavorare Truffaut.Un un film sull’amore tra i fratelli Julien e Marguerite Ravalet giustiziati nel 1600 per adulterio e incesto. Mon roi di Maïwenn sempre amore, sempre problematico,più che mai autodistruttivo.

Les italiens – quattro : c’è anche Roberto Minervini che presidia con Louisiana la sezione Un Certain Regard. Tutti se lo dimenticano ma  la sua reputazione a Cannes non è minore di quella degli altri tre : Garrone con Il racconto dei racconti,Sorrentino con la Giovinezza,Moretti con Mia madre c’è di che essere speranzosi oltre che orgogliosi.E scaramantici.Quindi…shhhht

Les Chinoises  Moutains May Depart di  Jia Zhangke (leone d’oro per Still life), la società cinese raccontata in tre differenti periodi The Assassin (Nie Yinniang), del Taïwanese Hou Hsiao-Hsien. vita e opere di un assassino sotto la dinastia Thang 

Les Japonaises  – Our Little Sister (Umimachi Diary),  di Hirokazu Kore-Eda.  La reunion di quattro sorelle ai funerali del padre  adattamento di un manga di successo.

Les Autres – Massima curiosità  e attesa per il canadese  Sicario di Denis Villeneuve thriller di inaudita violenza ambientato in un territorio in cui gli unici a dettare legge sono i narcotrafficanti e per  il greco Lobster  di Yorgos Lanthimos sorta di storia satirica in salsa Rashomon dove i single vengono esiliati e se resistono a cercarsi un partner sono trasformati in animali

 

 Meglio tardi – Palme d’or d’honneur riservata a pochi – solo per Allen Bertolucci e Eastwood fin qui –  e vagamente risarcitoria ad Agnès Varda che Palma d’oro non vide mai (ma,con italica lungimiranza, il Leone si). Forse il più meritato dei premi di quest’anno a celebrare passione forza, bellezza,intelligenza del lavoro di questa definita dalla motivazione  Franc-tireuse dans l’âme.  (i francesi,si sa).

segue…

 

 

 

 

Qualcosa di nuovo, di diverso (rompendo qualche schema)

Qualcosa di nuovo, di diverso (rompendo qualche schema)

Cannes 2015 Mia madre

 

Ai film di Moretti c’è sempre poco da aggiungere.Sono lì. Raccontano storie che puntualmente parlano della tua. Si dirà che il meccanismo di identificazione è tipica sindrome da sala di proiezione ma  qualcosa di ulteriore, di esatto e di forte nei suoi film svela quale sia il valore aggiunto e il tratto indistinguibile del suo talento.

Prima di tutto una visione delle cose  in cui ogni elemento convive in un sistema di connessioni logiche e una capacità di raccontare con naturalezza anche le più complicate e assurde vicende. Mostrando senza dimostrare, laddove il mostrare sottende una evidente pedanteria di scrittura,scenografia luci,recitazione e infine regia da tutto sotto controllo, ci porta al centro della storia, ce ne fa comprendere sin gli aspetti più segreti.

Dunque nell’affrontare il passaggio doloroso del distacco, peraltro annunciato – chi ha provato, sa – non ha bisogno di altro effetto se non la normalità dei gesti di cura.Tutto è lì pronto per passare ad una successiva fase chiamata con termine assai riduttivo di elaborazione del lutto .

Quindi è vero quel che è stato detto sul senso d’inadeguatezza comprimario di molti suoi film e  che in simili casi conosce una delle sue maggiori fasi di esaltazione.

Storia di una perdita e di tutto quanto sta nella cognizione del dolore e nelle dinamiche che si attivano intorno al distacco mentre,come si dice cantilenando in questi casi, è necessario che la vita continui.Grandissima Giulia Lazzarini

 

Nell’illustrazione  Buy,Moretti e la fila davanti al cinema Capranichetta. (Un’altra sala chiusa)

 

 

 

Mia madre è un film di Nanni Moretti. Con Margherita BuyJohn TurturroGiulia LazzariniNanni MorettiBeatrice Mancini Drammatico,durata 106 min. – Italia, Francia, Germania 2015. – 01 Distribution 

 

Every thing will be fine

Every thing will be fine

 berlinale2015 wenders

Il giorno 12 febbraio  Wim Wenders – insieme a Werner Herzog ed Alexander Kluge tra i più influenti registi tedeschi – riceveva dalla Berlinale 2015  il premio alla carriera mentre una nutrita retrospettiva comprendente anche (le di fresco restaurate copie di) Paris Texas e de  Il cielo sopra Berlino occupava il cartellone del festival.L’occasione della panoramica sull’evoluzione di una carriera che non si è fatta mancare niente o quasi è stata motivo di qualche battibecco sulla differenza tra il Wenders degli esordi, venerato dai cinefili e quello attuale, annotando i detrattori o devoti del tempo che fu, una certa qual commercializzazione, appiattimento,  imborghesimento etcetc del prodotto e dell’autore.Per conto mio trovo interessante ed originale ogni sua fase artistica, non fosse altro perché non fermarsi ad un solo stile o modalità è quanto di meglio ci si possa aspettare da un Uomo di Cinema.

Dal 1967 ad oggi : Cinquantasette opere da regista,più o meno altrettante da sceneggiatore cimentandosi  inoltre  con il mestiere dell’ attore,del produttore e del direttore della fotografia,Wim ci ha raccontato comunque storie  emozionanti. Sentimenti certo ma anche luoghi e contesti seguiti da una macchina da presa puntigliosa.Rivendicando al 3D la più spettacolare delle versatilità: quella d’indagare ancora più a fondo su persone e cose, ha realizzato il suo ultimo Every thing will be fine con tecnica già sperimentata felicemente in altro  documentario dedicato al talento di Pina Baush.

Un incidente mortale innesca, tra dolore, sensi di colpa e problemi irrisolti, concatenazioni di eventi intrecciando legami destinati a cambiare la vita di ognuno.Una trama che parla di elaborazione del lutto  ma soprattutto di perdono a se stessi come chiave risolutiva del dramma dei protagonisti.James Franco e Charlotte Gainsbourg interpreti quanto mai sensibili nel rendere con intensa sobrietà il faticoso percorso dello scrittore che s’interroga se sia più o meno lecito speculare sugli eventi  per migliorare il proprio lavoro e della madre che ha perso il figlio e che non smette di farsene una colpa.

Every thing will be fine anticipa il titolo.A quale prezzo può dirsi il cuore di questo bel racconto.

Tutto andrà bene,dunque, le braccia spalancate dell’abbraccio e il sorriso al  photocall. Come un’attesa,necessaria risposta rassicurante.

 

 Every Thing Will Be Fine is an upcoming German 3D drama film directed by Wim Wenders and written by Bjørn Olaf Johannessen. The film stars James FrancoCharlotte GainsbourgRachel McAdams and Marie-Josée Croze.[3] The film is scheduled to premiere out of competition at the 65th Berlin International Film Festival.

Who gave this son of the bich a green card?

Who gave this son of the bich a green card?

OSCAR 2015 alejandro-gonzalez-inarritu_3b8b088c4b4c8e66df29a7b9ce70171c

 

Dopo Cuarón anche  Iñarritu e giustamente qualcuno comincia a domandarsi dove andremo a finire con queste aperture agli Ispanici  ma Alejandro tira dritto sostenendo di indossare le mutande di Keaton – anche Neil Patrick del resto, e il divino Gaultier ai César ma lui per puro divertimento –  come portafortuna e nei quattro ringraziamenti, quattro quante sono le statuette che ha spazzolato il suo Birdman (o le imprevedibili virtù dell’ignoranza) , auspica una vita migliore agli immigrati e un governo più giusto per il Messico. E come disse Eva Longoria, straordinaria oratrice, alla convention di Denver pro ri-elezione di Obama :  Si.Se puede!

Kyle  contro Thompson, ovvero un redneck vendicativo contro una egotica star del box office in piena crisi identitaria. Eastwood non ce la poteva fare,il suo sniper allucinato, tra la repubblicana – Mc Caine.Ancora tu? – definizione di nobile guerriero e quella di icona contro la guerra, lasciava troppi spazi alle ambiguità dell’immaginario .Qui da noi, mentre il botteghino americano totalizzava  l’impossibile, ci stavamo già perdendo negli intelligenti arzigogoli della critica più raffinata col Doppio Mustafà-Kyle, con le obnubilanti tempeste di sabbia ma soprattutto con la macchina da presa che lavora come un’arma: inquadra, punta, spara.E lì,c’è poco da fare, a sparare siamo noi dalle nostre poltrone.Volevamo pure un Oscar?

E infatti solo gli spiccioli  di una statuetta minore : il sonoro. Ad ogni buon conto American Sniper resta uno dei film più significativi sulla dinamica della vendetta, le sue devastazioni, le sue inevitabili ritorsioni.La condanna dell’orrore non abbisogna di  una narrazione correttamente impostata, né una qualche voice over o stratagemma della sceneggiatura o del montaggio avrebbero potuto di più della tragica scorrettezza di quelle immagini.Oscar o non Oscar siamo al cospetto di un gran lavoro di cui Bradley Cooper è interprete ideale.Chi dice che è un film fascista, ri-veda.

Peccato per Timbuctu del maestro Sissako asso pigliatutto ai César per ragioni artistiche e non solo.Peccato per la sua importante tesi sull’integralismo che nega ogni frettolosa visione occidentale ma anche per l’estrema efficacia della struttura narrativa,per le immagini e per quel dato di cinema-cinema che fa la differenza.

E peccato anche per il Sale della terra del –  di recente premiato alla Berlinale –  Wim Wenders devoto e sincero omaggio alla bellezza del pianeta attraverso immagini che è difficile descrivere con aggettivi appropriati.

Insomma a dispetto di tutte le piccole trasgressioni in mutande,dei Diritti dei malati di malattie devastanti,della parità salariale – grande Patricia Arquette –  e di una certa qual propensione per il cinema un po’ meno  mainstream (con moderazione!), l’Academy rifugge dal mettere il dito nella piaga e mimetizza la tendenza premiando film di tutto rispetto ma che finiscono per scivolare nel convenzionale.Siamo alla piccola rottura degli schemi.Ignorare o quasi Boyhood o American Sniper ha un po’ significato questo.I tempi di Moore e della Bigelow sono lontani.