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Anno: 2008

Fin du Régime

Fin du Régime

 

 

Arugula eating elitist  lo ha definito  McCain , un elitario mangia rughetta, ma non perché  come vorrebbe far credere la propaganda repubblicana, il contendente democratico,  incurante della crisi, si sia pubblicamente  lamentato dell’aumento del prezzo di un genere – la rucola appunto – che in America viene venduto a prezzi proibitivi, ma semplicemente perché arugola-eating è l’epiteto con il quale vengono definiti ironicamente i radical chic. Tanto per ribadire quanto ce ne corre tra un ex combattente in Vietnam  e un ex professore di Diritto Costituzionale presso la Chicago University. Di qui la trovata di McCain di tirare in ballo durante l’ultimo dibattito televisivo ,  Joe the Plumber ovvero  Joe Wurzelbacher, non propriamente un idraulico ma un aspirante piccolo imprenditore che dopo un comizio a Toledo in Ohio, aveva chiesto conto a Obama del tetto di 250.000 dollari al di sotto del quale il programma dei democratici prevede importanti riduzioni fiscali e che – a suo modo di vedere – penalizzarebbe l’eventuale progetto di acquisizione dell’impresa in cui attualmente  lavora. Ed è a lui, preoccupato dalla risposta di Obama sulla necessità di lanciare un piano di sostegno per la classe media attraverso la redistribuzione della ricchezza, che McCain si è rivolto nominandolo un numero imprecisato di volte  Joe, io ti aiuterò non solo a comprarti l’attività per cui lavori da una vita, ma terrò le tue tasse basse e darò a te e ai tuoi dipendenti la possibilità di avere un’assistenza sanitaria che vi potrete permettere“. Bum.

 A questo punto Obama non ha voluto essere da meno  :  Parlo direttamente a te Joe, se sei lì e ci stai guardando: sai di quanto ti alzerò le tasse? Zero” e fa il segno congiungendo  pollice e indice  E le taglierò a chi ha bisogno: l’idraulico, l’infermiera, il vigile del fuoco, l’insegnante, il giovane imprenditore. E ricordiamoci che il 98 per cento dei piccoli imprenditori guadagna meno di 250mila dollari l’anno. Sensato  (ma quanto guadagna un idraulico  ancorchè in proprio in Ohio?)

Insomma questo tirare Joe the Plumber per la manica è andato avanti un bel pezzo, tanto che l’interessato – un tipo simpatico, vagamente somigliante a Mastro Lindo – ha confessato a posteriori, non senza un pizzico di civetteria, di trovare un po’ surreale il fatto di essere nominato in una campagna presidenziale. Joe voterà quasi sicuramente repubblicano avendo trovato un po’ troppo socialista il proposito redistributivo di Obama ma, a parte non l’aver capito che se vincessero i democratici pagherebbe meno tasse di quanto crede, si è rivelato per McCain l’ennesimo boomerang: ci hanno poi pensato i media a scoprire qualche macchiolina nella condotta di colui  che voleva essere l’incarnazione del sogno americano e che invece si è scoperto avere un passato di contribuente non proprio impeccabile e che, dopo la sconfessione dell’Unione degli idraulici e dei gasisti del New Hampshire : I veri idraulici sono preoccupati per parecchie delle proposte di McCain non sembrerebbe neanche appartenere ufficialmente alla categoria.

Ma a parte tutto questo, è proprio in questi giorni che il cavallo di battaglia di Reagan ( e dei repubblicani negli anni a seguire) il governo non è la soluzione ma il problema viene costantemente smentito. L’America ha avuto modo di sperimentare per trent’anni i fasti dell’ ideologia  della deregulation e del lasciar fare al mercato. Oggi che a causa del tracollo finanziario,  la domanda di governo,  di stato e di norme, di leggi salvataggio, si fa più pressante, McCain appare ancor più vecchio di quanto non lo sia realmente. E di questo suo essere nonostante le sue ripetute proteste – Io non sono Bush –  un esponente dell’Ancient Régime, se ne avvantaggia Obama,  arugula eating o  taxing and spending,  secondo gli avversari ma, che riconosce allo  Stato il ruolo di guida della vita e dell’economia del Paese. Un’era, il cui tracollo è idealmente sancito dal conferimento del Nobel per l’Economia a Paul Krugman, professore a Princeton e da sempre coerentemente critico verso le derive del neoliberismo di stampo conservatore, sta per finire. Spetterà al futuro presidente inaugurarne un’altra. A meno di grandi sorprese, secondo i sondaggi, questa possibilità dovrebbe essere data a Obama che dovrà fare i conti con una delle sfide più ardue dai tempi di  Roosevelt. Non è nella modalità delle campagne elettorali americane, esprimere nei dettagli i programmi, ma Obama guadagna punti perchè oggi, agli occhi dell’opinione pubblica incarna la volontà di soccorrere i più deboli. Speriamo che al di là del grande segno di cambiamento che la sua elezione produrrebbe, quelle aspettative siano premiate. Ora la sua priorità è vincere. Dopodichè dovrà rimboccarsi le maniche.

Era inevitabile che Joe the Plumber,  detto anche Joe Sixpack  ( la confezione da sei, delle lattine di birra) scatenasse la fantasia dei disegnatori satirici, soprattutto dopo la scoperta dei suoi problemi con il fisco. La simbologia più utilizzata rimane in ambito idraulico : il WC e lo  sturalavandini sono i più  in voga. Discretamente in auge  anche associare la sincerità di McCain a quella di Joe.

Marietta monta in gondola

Marietta monta in gondola

gondolaromegiftshop_2021_11089450Poichè di qui a un mese, c’è una tornata di scioperi da riempire buona parte delle caselle del calendario, ieri sera Bruno Vespa, per giusto contrappeso, ha creduto bene di celebrare le gesta del governo in carica. Convocati alla bisogna :  il ministro più mediatico e operativo che c’è ( non so se sia ancora il più amato o se sia stato soppiantato da altro personaggio) , l’esponente dell’Opposizione più educato del mondo, la segretaria del sindacato idealmente più contiguo al governo, il direttore del giornale di centro sinistra più charming e moderato del panorama editoriale e infine un attore di tutto rispetto in veste di comico, perchè un tocco d’ironia ci sta bene, ma che in quel contesto, poichè tutti i posti erano stati occupati, gli è toccato sedersi dalla parte del torto e ricoprire lui da solo, l’ingrato compito dell’Opposizione intransigente.

Ovviamente si è parlato di pubblico impiego quindi dell’unico inconveniente in materia : i fannulloni e i furbacchioni. Sono state mostrate code agli sportelli, lunghe da qui a lì e sotterranei di pubblici edifici ingombri di documenti abbandonati e sporcizia.Tutta colpa degl’inetti impiegati che invece di ripulire, vanno in vacanza al mare per curarsi l’artrosi, esibendo certificato di malattia. Dei dirigenti mai.

Mentre invece, nelle situazioni definite "di eccellenza " – asl  di Siena –  è stato intervistato un bel Capo, tirato a lustro, che con l’occasione, si è beccato tutto il merito e anche gli elogi del gentile pubblico.

Contro il malcostume, una serie d’interventi messi a punto dal ministro che  avrebbero riportato sul posto di lavoro parecchi latitanti. Come se questo di per sè bastasse a riqualificare i servizi che, qualora mal funzionanti per questioni strutturali , continuerebbero ad essere tel quel, con buona pace  dell’organico cosidetto lordo, in servizio effettivo permanente.

Ma vaglielo a dire a chi,  senza la presenza di un qualunque  nemico da abbattere, non riesce nemmeno ad emettere una circolare.   Tuttavia, non sono mancati momenti toccanti, come quando al ministro sono state mostrate le immagini – carramba che sorpresa !- di un servizio girato nella  sua Venezia, corredate da interviste ai di lui congiunti e al vecchio maestro (unico), più una serie di foto sbiadite con assorimento di care memorie  a piacere. E poichè l’attività della famiglia Brunetta era, in tempi andati,  concentrata in una rivendita di souvenirs, anche la bancarella relativa. Tutto ciò, mentre scorrevano le immagini sovrimpresse dell’interessato  (più visibilmente che mai) commosso. Con l’occhio lucido dal quale sgorgavano incontenibili,  autentiche lacrime. Eh si. Son momenti… meritevoli, come se non bastasse, di un  colpo di scena a suggello: l’ingresso in studio di una vera gondoeta (de plastica, ostrega) , con le lucine e i fregi d’oro, proprio uguale a quella che si vendeva nella bancarella di cui sopra. Il ministro ne ha sin illustrato i difetti di fabbricazione, azzardando un giudizio estetico – orribili – Che gusto impeccabile, avranno osservato gli spettatori . Sipario, applausi, titoli di coda.

Ma se le cose stanno così, perchè perdersi in inutili scervellamenti :  cioè, se dal punto di vista dell’informazione sia più efficace il docu drama, l’infotainment o lo stile minimal di Report. Porta a Porta è la sintesi al basso, di tutti questi generi: più lo spirito dei documentari celebrativi di Leni Riefenstal, della telenovela, della fiction, del noir e del fantasy. Manca l’animazione, ma il vignettista organico, è già sul posto ad annunziare altre rivoluzioni.

Un Oscar, un premio, un riconoscimento, al montatore che affianca i palmizi della vacanza  presunta a sbafo, al sotterraneo dell’ufficio ingombro, è do-ve-ro-so. Perchè quello che si vede alla sera tardi sul primo canale, è cinema, mica storie. Un altro premio, per piacere,  a chi ha redatto il servizio " Chi è davvero il ministro ", riuscendo ad omettere quella non trascurabile parte della sua  biografia, in cui è stato consulente economico dei più dispendiosi, dal punto di vista della spesa pubblica, governi presieduti da Bettino Craxi. 

 Altro che impassibili osservatori e giuste distanze, altro che separazione tra fatti e opinioni. Sbagliano quelli che pensano di poter capire l’aria che tira, anzi lo Zeitgeist, privi dell’ausilio di quell’importante strumento che è la trasmissione di Vespa. L’informazione è tale se dimostra la tesi con i fatti . Ma tutto il programma – in questa circostanza, quasi  privo di contraddittorio – è stato confezionato per far credere allo spettatore che i fatti fossero  le palme connesse all’immondizia dei sotterranei, con qualche raro esempio di buon funzionamento ( peraltro molto costoso, come è stato sottolineato, trattandosi di un ‘amministrazione di sinistra, una stoccatina ci voleva ) Mentre invece tutto ciò è solo una parte infinitesimale di una realtà che magari è assai più drammatica – chiunque munito di buon senso sa che non basteranno provvedimenti  a caso, a sanarne le storture –  ma che comunque non è quella rappresentata.

Ma il vero dramma in questi frangenti, consiste nella difficioltà di sobbarcarsi l’onere di un contraddittorio, pena la noia dei distinguo,  acuita dal  contesto ottimista, entusiasta e fringuellante o peggio l’essere  tacciati per difensori dei disonesti, da espedienti dialettici assai in uso presso gli esponenti dell’attuale governo. Mai vista la Polverini camminare sulle uova come ieri sera. Polito, piazzare un timido concetto ogni mezz’ora e l’esponente dell’Italia dei Valori offrire collaborazione su tutta la ruota. Manco fossimo alla cena della Vigilia.

Ne’  è stato sufficiente il talento di un Paolo Villaggio – troppo raffinato – per contrastare la rozzezza dell’orchestrazione . E se nemmeno la satira riesce a smontare l’impalcatura, siamo messi male.

Infelice deriva del servizio pubblico che non riesce a darsi regole quando si tratta d’informazione ( non vale solo per Vespa) e che comunque fa della manipolazione un principio guida. Si dirà che esistono altre trasmissioni in Rai, ma il rigore della Gabanelli o di Iacona non riescono ad essere un reale contrappeso a certe forme di depravazione, oramai giunte ben oltre l’esaltazione della politica-spettacolo.

Libero di scegliere

Libero di scegliere

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D’istinto,  ognuno  vorrebbe che Roberto Saviano  restasse dov’è, cioè qui, nel suo Paese. Cedere alla prepotenza e al ricatto, ci sembra oggi  un fatto  davvero insopportabile. Esortazioni e appelli anche autorevoli si susseguiranno. E va benissimo : la solidarietà allevia il senso di solitudine e un poco rassicura.  Ma poi c’è quell’esclamazione letta su Repubblica  – ho ventotto anni ! – che ci obbliga ad altri pensieri. Uno su tutti :  difficilmente la considerazione dell’età gioca un qualsiasi ruolo, quando si parla del’autore di Gomorra. Bene ha fatto a rammentarcelo con forza, lui stesso. Lo scorso anno, un Saviano insolitamente vivace ed entusuasta, condusse sul terzo canale della radio, un ciclo di trasmissioni sul rap. Era piacevole stare a sentire le sue storie, ma soprattutto erano il piglio, la disinvoltura, la passione con la quale si veniva trascinati nell’esplorazione  di un mondo per molti semi sconosciuto, a fare la differenza  . Ecco, Saviano è poco più di un ragazzo – quella trasmissione rivelava in pieno la natura e l’età del suo conduttore – Differentemente da quel che si è potuto vedere a Cannes, luogo in cui tutti sgomitano e si divertono a guadagnare la vetrina, mentre lui si è concesso pochissime apparizioni e un soggiorno piuttosto defilato dalla mischia.  Motivo in più dunque per aver diritto a decidere della sua vita. Particolarmente se si pensa a quanto sia difficile per uno scrittore civile, sopravvivere in questo paese. A Saviano dobbiamo una visione assai centrata del fenomeno malavitoso e se oggi il fatto di essere la camorra "sistema" e non fenomeno locale, problema nazionale e non solo campano, problema culturale e non solo di gestione dell’ordine pubblico, è entrato a far parte del senso comune, sin oltre confine, è merito di  quello che è scritto in Gomorra. Lo si deve cioè, al talento del suo autore, alla sua capacità di penetrare la realtà  ma soprattutto al suo coraggio. La malavita con i suoi infiniti corollari,  è un tema succulento per uno scrittore. Come resistere alla tentazione di far letteratura con il fascino del male, denunzia con il folclore, pubblicità a se stessi speculando sul dramma ? Non è un caso che proprio i criminali , attraverso minacce,  abbiano tentato, in passato, di dettare le regole del racconto ( quello si, quello no). E non è un caso che i  comportamenti propri della malavita, spesso siano ispirati  a modelli  cinematografici o romanzeschi. Un universo che ne alimenta un altro. Operazioni letterarie di grande ambiguità ne derivano   spesso. Saviano nonostante la sua giovane età, si è mantenuto assai distante dal ruolo classico dello scrittore di noir e da quelle stesse ambiguità, ben comprendendo che se fosse stato più accattivante anche solo nel linguaggio, avrebbe vanificato il senso del suo lavoro. Un segno ulteriore di maturità  che però lo rende ancor di più esposto . E a nulla varrebbe moltiplicare le misure di sicurezza intorno a lui. Il punto è soprattutto, quanto costa in termini di autodeterminazione  – sin per eventi infinitesimali –  una vita sotto scorta.  Per questo deve essere lasciato libero di scegliere la strada che crede. E quelli che apprezzano il suo impegno, dovrebbero sostenere ogni sua decisione. Di tutto abbiamo bisogno, meno che di nuovi martiri.

 

Bentornati ( c’è un altro paese)

Bentornati ( c’è un altro paese)

Vediamo se con ciò, la facciamo finita con la retorica della maestrina (unica) che negli anni cinquanta teneva classi di 40 ragazzini ingrembiulati e –  usa a obbedir tacendo – sorrideva, tutta abnegazione e spirito di servizio. Con l’occasione vediamo anche chi sono e cosa pensano, tutti coloro i quali, intervistati dai sondaggisti,  hanno risposto che a loro la Gelmini non piace affatto. Checchè se ne dica , sembra esistere un altro Paese che chiede la parola e che magari andrebbe ascoltato. I tagli non sono risparmio, sfigurano gli assetti. Producono nella scuola elementare 24 ore di didattica alla settimana contro le 40 attuali, realizzano classi di 31 alunni per i quali, se va bene, dopo le 12,30 c’è  il doposcuola. Non la didattica strutturata come è adesso, ma il parcheggio. Se va male, tutti a casa. A godersi, dopo il rapporto con la maestra unica, quello  esclusivo con mammà che ovviamente non lavora e non aspetta altro che una dimunuzione del tempo scuola.  Fanno bene le famiglie a protestare. Il maggior costo di questa geniale trovata, sarà sulle loro spalle. E fanno bene anche gli universitari, per i quali si prevedono aumenti delle tasse, senza parlare del rischio di privatizzare, quanto invece dovrebbe rimanere pubblico e accessibile a tutti. E se tutto questo parapiglia dovesse servire anche solo a rimettere in discussione ciò che si vorrebbe far passare con la prepotenza e per decreto, sarebbe già un risultato strabiliante, un innesto di democrazia nella paludaccia dell’ imbarazzante consenso. Bentornati davvero.

Dentro lo scafandro

Dentro lo scafandro

 

 

 

 

 

Ho raccontato una storia vera. Il giornalismo non ha fatto il suo dovere sull’Iraq. 4.000 morti e solo quattro immagini di tombe: è il dato del New York Times. E’ la domanda di verità è sempre più forte in America. Io volevo che la gente si mettesse nei panni dei soldati al fronte. Che provasse quello che provano loro. Psicosi e dipendenze comprese.

Kathryine Bigelow

 

 

 

 

In esergo  una citazione da Chris Hedges – già inviato di guerra embedded del New York Times, premio Pulitzer e docente a Princeton –  La furia della battaglia provoca dipendenza totale, perchè la guerra è una droga. Dunque, sulla scorta di questa illuminante considerazione, Katharine Bigelow,  del conflitto iracheno ci racconta il punto di vista dei soldati americani, sfatando più di un luogo comune sui volontari, mostrando senza cinismo, persone disilluse per le quali l’esibizione del coraggio e  l’adrenalina da guerra  possono provocare dipendenza. E sono talmente atroci insostenibili e ansiogene le sequenze, che lo spettatore  si ritrova, non di rado, costretto nello scafandro del protagonista, uno specialista che disinnesca ordigni esplosivi disseminati un po’ dovunque – come lo sono gli agguati del resto –  ma soprattutto confezionati con inimmaginabile sadica fantasia . Rinunziare allo stile tradizionale del film di denuncia  o di controinformazione pacifista, significa dunque  mostrare direttamente i fatti, le operazioni, nell’analisi condotta con uno stile lucido ed estremamente diretto, di una delle più controverse ed inutili guerre al mondo. Contro e fuori campo, nascosto nell’ombra, un popolo tradizionalmente  pronto a tutto pur di resistere. La conclusione ripetuta da Bigelow,  in tutte le interviste rilasciate è che da un simile luogo, è bene andar via prima possibile. C’è un solo uomo che può riportare i soldati a casa. Non posso immaginare un ex soldato alla Casa Bianca.

The hurt locker è la cassetta che contiene gli effetti personali dei soldati morti in guerra.

 The Hurt Locker è un film di Kathryn Bigelow. Con Jeremy Renner, Anthony Mackie, Guy Pearce, Ralph Fiennes, Brian Geraghty, David Morse, Christian Camargo, Evangeline Lilly. Genere Drammatico, colore 131 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Videa – CDE –