Cinque lettere che sembrano vernice fresca (Rosso)

Avete pagato caro non avete pagato tutto. Minacciosa sintesi di una deriva del Presente. Ovvero un messaggio respinto dal destinatario, ma anche sottotitolo del libro Rosso (1973 – 1979). A trent’anni dalla fine delle pubblicazioni esce la raccolta completa dell’omonima rivista che faceva capo all’area dell’ autonomia milanese , approdo di trasmigrazioni e diaspore: dal Gruppo Gramsci a Potere Operaio dopo lo scioglimento del Convegno di Rosolina. Vista la pletora di pubblicazioni commemorative su sessantotto e seguenti, vale forse la pena di recuperare i documenti, gli scritti, i periodici di una stagione , sotto questo aspetto, estremamente prolifica , non fosse altro per allontanare il rischio che mediazioni tardoromantiche, o iperpoliticizzate o nostalgiche o apocalittiche stravolgano gli eventi , li assoggettino rovinosamente al punto di vista dei vari autori, spesso invadente nell’esercizio dello spiegare più che in quello del raccontare . Quegli anni visti attraverso i linguaggi, le immagini, i disegni, gli articoli di un gruppo di intellettuali e militanti appassionati, attenti ai fenomeni, ai cambiamenti, appaiono in una luce del tutto differente rispetto alle abituali rappresentazioni . Rosso, in tal senso, è uno strumento conoscitivo ricco e sofisticato, perché, al di là di una una disinvolta enfatizzazione dell’uso della forza come elemento di ricomposizione politica, ha intuito nelle sue analisi molto di ciò che sarebbe stato del mondo a venire. Le lotte operaie contro la ristrutturazione industriale post autunno caldo, la talpa femminista che evidenziando contraddizioni , minava gruppi e partitini nati nel 68 , il proletariato giovanile in fermento nelle periferie delle città trovarono in Rosso un contenitore sensibile per essere ampiamente raccontate e analizzate. Rosso era la rappresentazione di un universo variegato, conflittuale, sulfureo con il quale il riformismo di allora aveva perso i contatti. Una lettura retrospettiva troverà un filo conduttore nella fine dell’operaismo con la conseguenziale esigenza del rapporto con un Politico da ridefinire, in quella di convogliare in una forma organizzativa (Partito non Partito ) che ;s’incaricasse della mutata composizione della forza lavoro, tutti i temi che in quegli anni animavano il dibattito all’interno di un movimento che parallelamente cercava altri punti di riferimento e li rinveniva in Deleuze, Guattari, Focault. Poi l’accelerazione della storia trascina il discorso altrove e sono l’ illegalità armata e la critica alle brigate rosse a tener banco. Un’altra stagione di esodi e trasmigrazioni, poi ancora la repressione che significherà la fine dell’esperienza e per molti redattori cattura ed esilio. Rosso era tutt’altro che una formazione combattente era solo un laboratorio in grado di leggere quello che succedeva nel mondo : la fine della centralità della fabbrica, il proletariato sociale, l’intellettualità di massa,il precariato in bianco e al nero,le periferie che si ribellano,il black out di New York.
«Rosso» dell’estraneità operaia», delle lotte in fabbrica e poi della produzione che si rovescia sul territorio. “Rosso” delle occupazioni, delle autoriduzioni, dell’illegalità di massa. “Rosso” del perché a Lenin non piaceva Frank Zappa. «Rosso di Pat Garrett e Billy Kid. «Rosso delle pellicole crepuscolari di Sam Peckinpah, nell’aurora del proletariato giovanile. «Rosso della fabbrica diffusa e dell’operaio sociale. «Rosso che sulle gradinate dello stadio Meazza, Milano, San Siro, intravede «guerriglieri e non più «foche ammaestrate». «Rosso; di nuvole e chine, caustiche come vetriolo. «Rosso delle foto in bianco e nero di Aldo Bonasia: niente distanza di sicurezza, prego, e sempre a un metro dal cordone più duro del corteo. “Rosso” del «Riceviamo e pubblichiamo». «Rosso” dell’Avete pagato caro. E anche del Non avete pagato tutto. Secondo Lea Melandri, « Rosso» giornale dentro la confusione». «Rosso”contro la metropoli, alla ricerca d’un altro Che fare? “Rosso” dimenticato, seppellito da quintali d’incartamenti giudiziari, cancellato da anni di galera e decenni d’esilio.
“Rosso ” ritrovato…
Avete pagato caro non avete pagato tutto. La rivista “Rosso” (1973-1979), è un libro di Tommaso De Lorenzis, Valerio Guizzardi, Massimiliano Mita 109 pp.+DVD con la raccolta completa della rivista editore DeriveApprodi,

So poco di Muriel Barbery se non che insegna filosofia a Bayeux (patria dell’omonimo arazzo) e che il suo ultimo romanzo L’eleganza del Riccio – L’élégance du hérisson - ha vinto tutto quello che c’era da vincere in materia di premi letterari francesi e non , venduto cinquecentomila copie e i diritti al Cinema e che tutto ciò le è valso in Francia la definizione di fenomeno letterario dell’anno. Il suo editore Gallimard, ha fasciato il libro con una striscia di carta rossa, con su scritto “Le Q.I de la Concierge” E la concierge che si presenta fin da subito come l’archetipo della portinaia, è la protagonista principale del racconto. Così esordisce : Je m’appelle Renée, j’ai cinquante-quatre ans et je suis la concierge du 7 rue de Grenelle, un immeuble bourgeois. Je suis veuve, petite, laide, grassouillette, j’ai des oignons aux pieds et, à en croire certains matins auto-incommodants, une haleine de mammouth. Mais surtout, je suis si conforme à l’image que l’on se fait des concierges qu’il ne viendrait à l’idée de personne que je suis plus lettrée que tous ces riches suffisants. C’è dunque un’ apparenza che inganna e come se non bastasse, un secondo personaggio che pure non la conta giusta : Je m’appelle Paloma, j’ai douze ans, j’habite au 7 rue de Grenelle dans un appartement de riches. Mais depuis très longtemps, je sais que la destination finale, c’est le bocal à poissons, la vacuité et l’ineptie de l’existence adulte. Comment est-ce que je le sais ? Il se trouve que je suis très intelligente. Exceptionnellement intelligente, même. C’est pour ça que j’ai pris ma décision : à la fin de cette année scolaire, le jour de mes treize ans, je me suiciderai. Altre apparenze ingannevoli : un’adolescente superficiale, scioccherella che in realtà è intelligentissima, molto brillante e ha deciso di suicidarsi il giorno del suo tredicesimo compleanno. La conciergerie di Renée è un punto di osservazione privilegiato sull’andirivieni del condominio fatto di ministri, industriali, banchieri e ricchi borghesi , più i di loro servitori , resi in tutto e per tutto simili ai padroni dall’ossessionante passione per la scalata sociale. A tutti questi personaggi dei quali conosceremo via via l’ottusa volgarità, Renée ha deciso di offrire un’immagine di sè quanto più vicina a quella che ognuno si aspetta e per rendere più credibile il travestimento, non esita ad abbrutirsi, adotta un linguaggio volutamente sciatto, pur scandalizzata degli svarioni lessicali dei vari padroni di casa , tiene la televisione accesa tutto il giorno ma segretamente ascolta Mahler , cucina pietanze nauseabonde al solo scopo di inondare l’androne del tipico odore dei portierati. Insomma per niente al mondo rivelerebbe di essere una raffinata intenditrice di cinema giapponese o una studiosa appassionata de L’ ideologia tedesca di Karl Marx ma soprattutto per niente al mondo smantellerebbe quella costruzione dell’ Immaginario secondo la quale i portieri sono esseri insignificanti, figure di totale ignoranza e assoluta marginalità . Analogamente si comporta Paloma, l’adolescente che ostenta stupida mediocrità .Due esistenze clandestine espresse in forma di diario che procedono parallelamente seppur diversificate dai rispettivi linguaggi e da un espediente editoriale : nell’edizione francese, a seconda che si tratti del racconto dell’una o dell’altra, i caratteri sono diversi , in quella italiana oltre a questo, il personaggio di Paloma è affidato alle cure di una traduttrice – Emanuelle Caillat – e quello di Renée a un’altra, Cinzia Poli. Alla fine ogni segreto sarà svelato grazie all’irruzione sulla scena di un ricco giapponese Monsieur Ozu, l’unico che alla luce di sensibilità e cultura tutte orientali, saprà entrare in relazione con Renée e capire ciò che ad altri è sfuggito per indifferenza e superficialità.Così 
