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Mese: Agosto 2009

Il ritorno di Michelle ( Thank heaven for little boys)

Il ritorno di Michelle ( Thank heaven for little boys)

Hollywood, per mano di Vincent Minnelli,  si era già presa la briga di trasformare quel demi-monde parigino raccontato con magistrale crudeltà da Colette ,  in pluridecorato musical. Cast stellare, canzoni di successo – una su tutte Thank heaven for little girls –  regia elegante, coreografie armoniose e costumi ricchissimi, furono gl’ingredienti che ne decretarono il trionfo.

L’incessante chiacchiericcio belle epoque del quale Colette, impeccabile ed esperta conoscitrice delle cose di questo mondo,  si era servita per definire l’universo di Gigi – la protagonista –  divenne così  un affresco color pastello in cui il libertino e la quasi donna, si ritrovano solo nel vero amore e non nella relazione alla quale sembrerebbero destinati per convenzioni sociali,  ma che Gigi reputa, pur senza moralismi,  degradante.

Rispettare gli autentici colori di Colette del resto, non è impresa di poco conto, comunque non da Hollywood 1958. Ne risultò  tuttavia – Chevalier a parte – un film gradevole, divertente, vivace ed evocativo  pur nella sua essenza di giocattolone ben confezionato.

Con Frears che rivisita la Colette di Chéri,si profila un’operazione del tutto differente anche se la difficoltà di rendere il clima belle epoque attendibile al di là della meticolosità scenografica, resta. Ed è forse questo l’unico neo del film. Per cui : belli i valenciennes, la boiserie, le collane di perle, i sofà,i cognac, eleganti i movimenti di macchina che ce li raccontano ma… tutto ciò non è sufficiente a definire la Parigi d’inizio novecento e il desiderio tutto avveniristico di libertà e indipendenza  che spingeva alcune donne dell’epoca  a diventare cortigiane.

Poco male se una sceneggiatura ben scritta riesce a soccorrere le piccole defaillances date da eccesso di armamentario liberty e abuso di calembours. Sia lode quindi a Christopher Hampton per il tentativo riuscito di rimettere al centro del racconto il Dramma. L’operazione sarebbe piaciuta anche a Colette.

Storia dell’educazione sentimentale, in vista di un matrimonio d’interesse, di Chéri giovanottino fatuo coi capelli dai riflessi blu come le penne dei merli  e con un carattere che non è un carattere, ad opera della bellissima ancorchè cinquantenne  Lea de Lonval, cortigiana danarosa e buona figliola a cui la vita aveva risparmiato le catastrofi fascinose e i nobili dolori .

Su espressa richiesta della madre di Chéri, il training sarebbe dovuto durare qualche settimana ma poi..

Ma poi succede che l’irruzione del ragazzo nella vita di Léa tocca corde segretissime, restituendole in una sola storia,  quanto le era stato risparmiato fino a quel momento.

Coprotagonisti silenziosi il Tempo – elemento che compare anche in Gigi – nel suo ruolo infaticabile di corruttore dei corpi ma anche la consapevolezza del maggior rischio che corre un giovane uomo nella relazione con una donna matura.

Ciò rende più sopportabile questa Cronaca di un Declino Annunciato che Frears spia in ogni passaggio con la stessa precisione con la quale ha realizzato le Relazioni Pericolose o The Queen.

Michelle Pfeiffer regina brillante ed indiscussa di elegante spregiudicatezza, lievemente invecchiata dal trucco che però non scalfisce  la sua vera e luminosa bellezza . Kathy Bates travolgente nell’ irriverenza delle sue battute.

Chéri è un film di Stephen Frears del 2009, con Michelle Pfeiffer, Kathy Bates, Rupert Friend, Felicity Jones, Frances Tomelty, Anita Pallenberg, Harriet Walter, Iben Hjejle, Toby Kebbell, Rollo Weeks. Prodotto in Francia, Germania, Gran Bretagna. Durata: 100 minuti. Distribuito in Italia da 01 Distribution

…ma la domanda che preferisco resta l’ultima

…ma la domanda che preferisco resta l’ultima

Ovvio che non finisce qui e che per un bel pezzo si continuerà a ragionare di alta politica come in questi giorni. Ergo, dopo gli omosessuali attenzionati è possibile che tornino in auge le scarpe, le barche, le aziende, gli appartamenti e le fidanzate segrete di tutti quelli che hanno avuto l’ardire di stigmatizzare il comportamento del Premier quanto a frequentazioni, feste di compleanno, veline e farfalline.

Del resto il Teorema della Vendetta, come pure insegna la vicenda che ha coinvolto Dino Boffo, poggia su un unico  postulato : un Direttore di quotidiano sta al Premier come le preferenze sessuali stanno al mercimonio.

Come se non bastasse,  considerato che la crociata in atto, si combatte contro il falso moralismo – e il cielo sa quale versione elasticizzata della morale circoli a Palazzo –  il capo del governo, può essere giudicato solo da eterosessuali doc in perfetta armonia con gli/le ex delle proprie fidanzate/i.

A questo punto le variabili possono essere infinite.  Al posto del direttore può esserci tanto il Capo dell’Opposizione quanto la Sora Camilla. Di qualsiasi natura o entità siano gli scheletri nell’armadio – a detta dei Vendicatori chiunque ne  custodisce  un bel po’ – faranno sempre da ottimo contrappeso alle Imprese del Premier. Ne consegue che nessuno al mondo ha i titoli giusti per criticare Silvio Berlusconi.

Applicare un criterio logico a tutta questa partita sarebbe operazione di un avventurismo sfrenato . Del resto quale scopo avrebbe dovuto sottendere, tutto quel movimentare direttori di testata a inizio stagione?

 Vero è che la fedeltà non basta più. Se il gioco si fa duro – cioè se la verità viene a galla – serve anche quel tipo di protervia e d’aggressività disposta a tutto. A colpire ma anche a minimizzare  quando non ad occultare. Sfido chiunque a vedere un tiggì amico, controllato o di diretta proprietà del premier e a cavare , sulla vicenda in questione, un ragno dal buco. Sono molti coloro i quali, in questi giorni , si dichiarano preoccupati per le sorti della libertà di stampa e bene fanno a firmare tutti gli appelli possibili. Ma ho paura che non sia sufficiente.

Domani o dopo, la Procura di Terni chiarirà i termini esatti della eventuale querelle giudiziaria. Nelle  more, il racconto del Giornale sarebbe già sufficiente a stabilirne i contorni :  seppure tutto corrispondesse a verità, si tratterebbe di un modesto ristoro a fronte di un patteggiamento – che non significa  affatto ammissione di colpa – per un reato di molestie, tutt’altro che sessuali –

Niente al confronto dei bimba io farò di te una stella, cioè di  sesso in cambio di favori di stato. Se ne facciano una ragione tutti quelli che pensano di menare il can per l’aia con la storia dell’idoneità  o peggio del nuovo moralismo che si abbatte sul capo dell’innocente : si dimetta Silvio Berlusconi e nessuno avrà a che ridire sul tenore delle sue serate. Non è difficile.

 

You sold your soul to the devil when you put on your first pair of Jimmy Choo’s, I saw it.

You sold your soul to the devil when you put on your first pair of Jimmy Choo’s, I saw it.

Tu hai venduto l’anima al diavolo quando hai indossato il tuo primo paio di Jimmy Choo. Ti ho vista. Dice Emily ad Andrea in The devil wears Prada.

E in effetti dietro questa polacchina – che definirei da diporto – della collezione invernale, coda, forcone e zoccolo un po’ s’intravedono.

Siamo grati alla commedia americana ( in genere) per l’intelligente divertimento e gli utili consigli di stile. Le scarpe poi –  io me lo ripeto da sempre –  sono un significativo emblema del costante desiderio dell’Umanità di andare da qualche parte.

Non so se la teoria sia accreditata ma potrebbe. E comunque funziona benissimo per tacitare i sensi di colpa post incursione nel settore calzaturiero o per sostenere le incertezze dell’essere spesso  in desperate need of ...( scarpe, borse, cinture)

Volendo, le divine commesse ti rifilano anche la borsa nello stesso suede con frange e perline. Un po’ troppo da diporto  per una che con queste ai piedi andrà al lavoro. Magari di pomeriggio.( ma comunque stanno sotto la scrivania…chi le vede? E vabbè )

Cattivi ( due )

Cattivi ( due )

ponte dei sospiri

I numeri parlano di condizioni umilianti per mancanza di spazi vitali  e degrado degli ambienti, ma nonostante l’ansia securitaria che tutto sembra dominare da qualche anno a questa parte, non si riesce a stabilire –  in un’idea di sicurezza meno becera e più funzionale del semplice ammassare  criminali veri e presunti nelle celle – un nesso tra dignità della condizione detentiva e possibilità riabilitative.

E se la sorte dei settantadue cittadini eritrei dispersi in mare non riesce a suscitare sentimenti di umana pietà, figuriamoci le proteste dei detenuti nelle carceri.

Nel migliore dei casi, l’Immaginario alimentato da rappresentazioni mediatiche compiacenti, lavora considerando disagi e malfunzionamenti come una sorta di pena accessoria da scontare e zitti. Nella peggiore,  affidare in via esclusiva la gestione di qualsivoglia problema di civile convivenza all’irrazionalità della repressione, è considerata l’ipotesi resolutiva per eccellenza.

Amministratori pavidi e politici privi di scrupoli nel manipolare e speculare sull’insicurezza sociale, hanno così buon gioco infilando, uno via l’altro, provvedimenti assurdi, buoni solo ad incrementare il flusso nelle carceri.

La Bossi Fini sull’immigrazione, La  Fini Giovannardi sugli stupefacenti e l’ ex Cirielli sulla recidiva – e non l’Indulto che ha registrato una bassa percentuale di rientro per delitti commessi dopo la liberazione – sono le leggi responsabili del sovraffollamento. A queste vanno aggiunte tutte le ordinanze  delle varie emergenze in città – lavavetri, mendicanti  etc – che se pur realizzano pochi giorni di permanenza in galera, in compenso assicurano un andirivieni a getto continuo.

Altro che invenzioni di nuovi reati. Se il governo non mette mano al Codice Penale assumendo il criterio universalmente riconosciuto che non tutti i crimini sono punibili con la detenzione, non basteranno i nuovi edifici – peraltro di là da venire – previsti dal mirabolante –  ancorchè privo di copertura finanziaria – Piano Carceri.

63.500 sono i detenuti, di cui 20.000 stranieri. Più di uno su due, sconta la misura cautelare, dunque oltre il 50% è in attesa di giudizio. La capienza – ma si parla in termini amministrativi, cioè di spazi espressi in metri quadri,  non certo di strutture dignitose –  è solo per 43.300 unità.

Siamo ampiamente fuori legge, se nulla accade, il Guardasigilli che pure l’ha escluso, presto dovrà ricorrere ad un nuovo provvedimento di clemenza. Anche questo fa parte del Costume della Casa. Mai più condoni, sanatorie, indulti, ma poi anche per mancanza di adeguata programmazione, queste misure si adottano egualmente.

E del resto se non si è in grado di garantire un giusto processo o condizioni di vita degne all’interno delle carceri, non c'è altra via d’uscita che liberare i detenuti. In uno Stato di Diritto non è ammesso ne’ operare fuori della Legge ne’ consegnare i cittadini al degrado e all’autolesionismo.

Nell’illustrazione il ponte che a Venezia congiungeva  le aule dei Tribunali  di Palazzo Ducale alle Prigioni Nuove, detto dei Sospiri

  

Cattivi ( uno)

Cattivi ( uno)

Era fatale che la cattiveria, criterio guida di misure orgogliosamente annunciate, tempo addietro, da Maroni, ispirasse  articolati  che ontologicamente con la Giustizia c'entrano come i cavoli a merenda, ma che, in compenso, sembrano studiati apposta per alimentare  un generale clima di vieto cinismo.

Ed è grazie a questa temperie che tutto diventa possibile. Dal simpatico giochetto rimbalza il clandestino – in un clic ! –  al negare contro ogni evidenza che di recente, nel Mediterraneo  settantatrè  esseri umani siano morti, in buona sostanza, per omissione di soccorso.

Al cospetto di una violazione così patente dei diritti umani, si sfiora il ridicolo degli eterni battibecchi con Malta o delle giustificazioni, millimetro alla mano, a base di competenze territoriali. Insensatezze, tanto più che il dovere di prestare soccorso in mare prescinde dal regime giuridico della zona in cui dovrebbe avvenire e può praticamente esercitarsi ovunque – acque internazionali, zone economiche esclusive o contigue, acque territoriali straniere – come pure recita il disattesissimo trattato di Ginevra. A proposito di Diritto che se svincolato dalla Giustizia, genera mostri.

Come definire del resto , la finta incredulità o l’interpretazione capziosa degli accordi internazionali, se non come pretesti per dire che tutto va bene invitando ciascuno a girare la testa dall’altra parte. E che dire della totale assenza di espressioni di cordoglio o di umana solidarietà. Un Ministro della Repubblica non è un supporter qualsiasi , ahinoi, ci rappresenta. Forse la Pietà non è inclusa nei sentimenti di cui il ministro intende farsi interprete. Nemmeno quella di circostanza.

 A dire il vero c’è anche chi, come il capogruppo Lega Bricolo, elogia Maroni e l'ottimo risultato degli accordi con Gheddafi. Con i morti in mare e col gommone che senz’ombra di dubbio,  ha preso il largo dalle coste libiche, ci vuole un bel temperamento a non ammettere che il trattato sia, di fatto, un colabrodo.

Del resto anche il Capo del Governo, il prossimo 30 agosto sarà  in Libia per celebrare con l’amico Muammar l’anniversario della firma del trattato di Bengasi e già che c’è, anche  il quarantennale di El Fatah, il colpo di stato ordito dal Colonnello, che cade appunto il primo di ottobre. Festeggiamenti solenni  con tanto di trasferta per parata acrobatica delle Frecce Tricolori.

L’epilogo è tutto qui, non so che cosa si aspettino vivi o morti, i profughi eritrei. Tra loro e un riconoscimento di diritti violati, non passano solo le solite strategie politiche  rassicuranti ma anche numerosi businnes italo libici : Alenia, Aermacchi, BNL, Augusta e, come ti sbagli, un  gasdotto dal nome suggestivo Greenstream. Chissene importa se il colonnello ogni tanto chiude un occhio sulla tratta degli esseri umani. Speriamo solo che alla fine del viaggio ai sopravvissuti non tocchi l’incriminazione per reato di clandestinità. Altro rischio, a meno di chiedere (e ottenere) asilo politico.

Nell’illustrazione una barca di clandestini abbandonata sulle coste calabre. La foto l’ha scattata lixia 78