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Mese: Aprile 2015

Baltimore rioters (mamme che menano)

Baltimore rioters (mamme che menano)

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Mi piace lui. Il cappuccio antagonista, l’aria truce e infervorata da Giusta Causa. E la rispettosa rassegnazione con cui sta per incassare gli schiaffoni materni.

Mi piace lei. La blusa gialla, la bigiotteria vistosa,  i capelli  – che fatica – lisci con qualche colpo di sole, ricercata, a suo modo, e sgargiante. Del tutto incomunicabile, nell’aspetto, con la severità militante del passamontagna di lui.Che ha visto (forse in televisione), impegnato in uno scontro con la Polizia.

Decisa ad impedire il peggio, lo ha raggiunto, colpito, rincorso, gli ha urlato contro e poi è tornata a colpirlo. Lui si è fermato per un attimo, l’ha guardata – ..eddai ma’ – e lei giù altre botte.Lui voleva vendicare Freddie, lei non voleva che facesse la stesse fine.

 Noi la vita di Toya Graham, madre single del combattente Michael e di altre cinque bambine, ce la possiamo solo immaginare ma non è tanto la singolarità della missione punitiva  a strappare il sorriso di approvazione (oramai planetaria) quanto il fatto che nonostante il drammatico contesto di fuoco, fiamme e sassaiole,riesca a non esserci ombra di violenza, né risentimento, né sopraffazione in questo scontro madre – figlio.Si mostra al contrario un evidente legame d’affetto, certificato dall’irruenza di lei.E dallo sguardo di lui. 

Qualcosa di nuovo, di diverso (rompendo qualche schema)

Qualcosa di nuovo, di diverso (rompendo qualche schema)

Cannes 2015 Mia madre

 

Ai film di Moretti c’è sempre poco da aggiungere.Sono lì. Raccontano storie che puntualmente parlano della tua. Si dirà che il meccanismo di identificazione è tipica sindrome da sala di proiezione ma  qualcosa di ulteriore, di esatto e di forte nei suoi film svela quale sia il valore aggiunto e il tratto indistinguibile del suo talento.

Prima di tutto una visione delle cose  in cui ogni elemento convive in un sistema di connessioni logiche e una capacità di raccontare con naturalezza anche le più complicate e assurde vicende. Mostrando senza dimostrare, laddove il mostrare sottende una evidente pedanteria di scrittura,scenografia luci,recitazione e infine regia da tutto sotto controllo, ci porta al centro della storia, ce ne fa comprendere sin gli aspetti più segreti.

Dunque nell’affrontare il passaggio doloroso del distacco, peraltro annunciato – chi ha provato, sa – non ha bisogno di altro effetto se non la normalità dei gesti di cura.Tutto è lì pronto per passare ad una successiva fase chiamata con termine assai riduttivo di elaborazione del lutto .

Quindi è vero quel che è stato detto sul senso d’inadeguatezza comprimario di molti suoi film e  che in simili casi conosce una delle sue maggiori fasi di esaltazione.

Storia di una perdita e di tutto quanto sta nella cognizione del dolore e nelle dinamiche che si attivano intorno al distacco mentre,come si dice cantilenando in questi casi, è necessario che la vita continui.Grandissima Giulia Lazzarini

 

Nell’illustrazione  Buy,Moretti e la fila davanti al cinema Capranichetta. (Un’altra sala chiusa)

 

 

 

Mia madre è un film di Nanni Moretti. Con Margherita BuyJohn TurturroGiulia LazzariniNanni MorettiBeatrice Mancini Drammatico,durata 106 min. – Italia, Francia, Germania 2015. – 01 Distribution 

 

C’era anche lui (con giovane vigoria ed entusiasmo cameratesco)

C’era anche lui (con giovane vigoria ed entusiasmo cameratesco)

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 Quello che volevamo era contrapporci con forza, con giovane vigoria, con entusiasmo cameratesco a chi aveva, impunemente, dichiarato guerra all’Italia, il mio paese, un paese che mi ha tradito ma che non tradirò. Per quanto riguarda tutti voi; tranquilli, non vogliamo la pietas di nessuno. Sappiamo che siamo quelli ignoranti, scampati alla disoccupazione, lontani dai vostri salotti radical chic, dal vostro perbenismo becero, dal vostro politically correct. Siamo quelli che dopo un servizio di 10 ore dove abbiamo respirato odio, siamo pronti a rientrare nelle nostre case a dare amore ai nostri figli e alle nostre mogli. Ci troverai con una Ceres in mano, ti odieremo perchè non hai la nostra tuta da OP, ma non te lo faremo sapere. Saremo sempre al tuo servizio, anche se quando ti rubano in casa, meriteresti, e sarebbe più coerente, che chiamassi Batman

Dal post di un agente di polizia pubblicato sul suo profilo Facebook  quattro giorni fa.

 

Comincia con lo rifarei e  finisce con il t’ho invidiato di un collega- amico.In mezzo scorre il fiume dei commenti che tra odio, vendetta e retorica,  senza farsi mancare nulla nemmeno  in materia di distorsioni della realtà e rifritture di luoghi comuni, racconta la triste storia di come  quindici anni  di articoli, interviste, libri,dibattiti,cortei,  più chilometri di girato, interpellanze parlamentari, processi sentenze e pene comminate,  non siano bastati  a certi tutori dell’ordine per decidersi a fare i conti con i propri istinti peggiori.

Prova ne è che nel prosieguo del lungo post anche la recente sentenza della Corte di Strasburgo diventa occasione per un imprinting di particolare suggestione : torturatori con le palle vengono definiti gli appartenenti al VII nucleo, coloro che insomma  la sera del 21 luglio entrarono alla scuola Diaz  malmenando, ferendo, umiliando e trascinando in carcere inermi cittadini.Senza altro motivo plausibile che la Vendetta.

Così mentre i superiori di questo poliziotto studieranno, dopo aver indagato,  il miglior provvedimento disciplinare con cui colpire l’insubordinazione, ci si  domanda cosa s’insegni mai  nelle diverse scuole di polizia,quali sistemi di valori vengano richiamati e quali comportamenti suggeriti o imposti.E se non sia il caso, visto che ci si accinge a mettere le mani a crolli,dissesti e malversazioni ,che il Governo si occupi anche di revisionare la partita della gestione dell’ordine pubblico.

Il lavoro non mancherebbe tra numeri identificativi, testi unici o distribuzione, come se piovesse, di semplici manuali di educazione civica.Così, tanto per capire cos’è una Democrazia cosa s’intende  per Istituzioni e per Diritti e che ruolo debbano ricoprire le Forze dell’Ordine in un simile contesto.

Poiché se risulta comprensibile l’orgoglio dell’appartenenza o quello di indossare una divisa (la tuta OP), meno chiaro è come questi sentimenti debbano attivarsi solo quando si tratta  di ammazzare di botte  manifestanti definiti ancora, dopo quindici anni, nemici dell’Italia.

(Tralascio per carità di patria le affermazioni ingiuriose su Carlo Giuliani.Indecorose, comunque la si pensi, soprattutto se pronunciate da uomini dello Stato.)

Nell’illustrazione  della Reuters Fuori  dalla Diaz alcuni Nemici dell’Italia  si frappongono tra polizia e manifestanti nel tentativo di evitare il peggio.

Trent’anni dopo

Trent’anni dopo

Trent’anni ci sono voluti per approvare, per ora solo alla Camera, un testo di legge che, in ottemperanza a quanto stabilito dall’ONU e dalla Convenzione Europea, condannasse  ogni metodo di coercizione fisica o psicologica messo in atto a scopo punitivo o per estorcere informazioni confessioni o per ottenere prove e che definisse  col nome di tortura questo insieme di comportamenti.

Complice un’Opinione Pubblica che, nella migliore delle ipotesi,  s’indigna a tempo determinato  e solo sull’emergenza, i governi – eccettuato Prodi nel 2007 –  hanno avuto agio di procrastinare l’approvazione di una legge necessaria, in assenza della quale le parti lese sono state costrette al  ricorso alla Corte di Strasburgo.Così è stato per i cittadini malmenati e feriti all’interno della scuola Diaz  nel luglio 2001 : tre procedimenti di cui uno solo andato a sentenza. E la sentenza non poteva essere che di condanna al nostro paese.

Trent’anni dunque per arrivare al testo di legge che porta le firme di Manconi, Puppato, Pinotti ed altri e che rispetto all’originaria stesura ha subito  tali modifiche da presentare più di un  elemento di criticità.

La tortura da reato proprio ovvero tipico del pubblico ufficiale, è diventata reato comune ,ciò significa che se da una parte si allarga il campo di applicazione con aggravanti se l’autore indossa la divisa, dall’altra viene  meno, in parte, lo spirito suggerito dalla Convenzione che è quella di specifica tutela dalla violenza del Potere.

E anche se, a ben vedere, una simile formulazione avrebbe egualmente trovato campo di applicazione ai fatti della Diaz, un testo più piano sarebbe stato accolto con meno perplessità.

Ma siamo alle solite : emendare oggi questo disegno significherebbe rinunciare per molto altro tempo ad avere una legge, ergo: buon senso impone di votarla com’è in attesa di tempi migliori.Verrebbe da tirare un respiro di sollievo ma resta il disappunto e l’amarezza per il ritardo e per le circostanze che rendono la nostre formulazioni tecniche sempre meno all’altezza dei nostri stessi standard storici.