Baltimore rioters (mamme che menano)

Baltimore rioters (mamme che menano)

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Mi piace lui. Il cappuccio antagonista, l’aria truce e infervorata da Giusta Causa. E la rispettosa rassegnazione con cui sta per incassare gli schiaffoni materni.

Mi piace lei. La blusa gialla, la bigiotteria vistosa,  i capelli  – che fatica – lisci con qualche colpo di sole, ricercata, a suo modo, e sgargiante. Del tutto incomunicabile, nell’aspetto, con la severità militante del passamontagna di lui.Che ha visto (forse in televisione), impegnato in uno scontro con la Polizia.

Decisa ad impedire il peggio, lo ha raggiunto, colpito, rincorso, gli ha urlato contro e poi è tornata a colpirlo. Lui si è fermato per un attimo, l’ha guardata – ..eddai ma’ – e lei giù altre botte.Lui voleva vendicare Freddie, lei non voleva che facesse la stesse fine.

 Noi la vita di Toya Graham, madre single del combattente Michael e di altre cinque bambine, ce la possiamo solo immaginare ma non è tanto la singolarità della missione punitiva  a strappare il sorriso di approvazione (oramai planetaria) quanto il fatto che nonostante il drammatico contesto di fuoco, fiamme e sassaiole,riesca a non esserci ombra di violenza, né risentimento, né sopraffazione in questo scontro madre – figlio.Si mostra al contrario un evidente legame d’affetto, certificato dall’irruenza di lei.E dallo sguardo di lui. 

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