Pericolose modalità di rilascio (A la guerre comme à la guerre )

Pericolose modalità di rilascio (A la guerre comme à la guerre )

AfghanistanIl rituale del post dissequestro (in questo caso ci è stata risparmiata la sparatoria al check point) prevede che, trascorse le manifestazioni collegiali di ansia, trepidazione e solidarietà ai parenti,si passi direttamente a fare il pelo all’ostaggio appena tornato in libertà. L’abito,l’espressione del volto,il backround,la necessità di prestare servizio in zona di guerra e – la più elegante di tutte – quanto possa essere costato al contribuente riavere lo scavezzacollo, la liberazione del quale, durante i giorni neri dell’attesa, tutti reclamavamo con forza. Così accadde per Simona Pari e Simona Torretta, così per Giuliana Sgrena e per altri.Ribadire  la centralità della vita umana è l’espressione più alta del fare politico ma non è una strada alla portata di tutti, vale a dire : non di tutte le Forze Politiche.Il caso Mastrogiacomo, prigioniero dei talebani,cioè del Nemico Numero Uno e liberato per di più con procedure ritenute irrituali , cioè,a dirla tutta, senza l’intervento diretto del Sismi, ma con l’apporto  determinante dell’Organizzazione di Gino Strada,non solo non fa eccezione ma è diventato subito occasione di indecenti speculazioni politiche anche su scala internazionale e per quanto possa sembrare impossibile che Karzai abbia liberato  due prigionieri senza sentire gli Stati Uniti,Washington ha dichiarato d’ignorare che da quelle parti si stesse trattando per lo scambio di prigionieri  e  bacchettato il Governo italiano quel tanto che basta per chiedere più impegno sul piano militare.A la guerre comme à la guerre ed è proprio per questo che se la guerre non la raccontassero i Mastrogiacomo a noi rimarrebbero solo i video di Alqaeda o quelli del Pentagono,I corrispondenti  svolgono un lavoro prezioso,il rischio anzi è che l’attività di reporting venga,in nome della solite sicurezza ed emergenza, incapsulata negli eserciti al seguito dei quali la libertà d’informazione non è considerata un’esigenza prioritaria.Spiace il riferimento (eterno e dietrologico ) alla gigioneria e alla smania di protagonismo (di Enzo Baldoni,il meno embedded di tutti, dissero che s’era andato a fare una vacanza elettrizzante in zona di guerra) dei civili,giornalisti o cooperatori e spiace ancor di più vedere ridotto o sminuito il ruolo di Emergency che oltretutto con l’alto prezzo dell’incarcerazione del  mediatore Rahmatullah Hanefi sconta il proprio senso di responsabilità e la propria capacità di essere interlocutore credibile presso i talebani,unico forse,come unici sono gli ospedali in zone in cui non esiste altra struttura sanitaria.A la guerre comme à la guerre.Ognuno ci va con i mezzi che gli sono più congeniali, chi con i mustang o con i mortai, chi rendendo disponibile il proprio coraggio e la propria capacità di raccontare,chi con il riconoscimento dell’umanità del nemico con il quale sarà inevitabile trattare se si ha davvero a cuore la pace.

7 pensieri riguardo “Pericolose modalità di rilascio (A la guerre comme à la guerre )

  1. Codivido quasi tutto, gran bel post, però…diciamo la verità….chi non ha pensato almeno per un istante: “ma a Mastrogiacomo chi glielo ha fatto fare di andare in quelle zone?”?

    La libertà d’ informazione e di cronaca è sacra, non discuto, ma quando uno, per fare il servizio della vita, non per aiutare qualcuno (se trattavasi di aiutare si aiutava l’ America, ci s’ informava sull’ offensiva Taleban….), s’ inoltra nelle linee nemiche rischia di fare la fine del sorcio e lo sa bene. E allora BENTORNATO, è stato giusto fare tutto quello che si è fatto ed anche di più, ma gli eroi, quelli che vanno accolti all’ aeroporto con le fanfare, sono un’ altra cosa…

  2. Non so dirti.C’è gente che considera il proprio lavoro un modo per fare la differenza.E questo non riguarda solo le professioni “nobili”.

    Immagino che dentro la professionalità di Mastrogiacomo ci stia dentro un po’ tutto, dal protagonismo all’amore per la notizia.

    A noi però che interessa?Il lavoro di Mastrogiacomo e di altri ci è servito e servirà per una migliore comprensione di situazioni estremamente complesse,dove contano non già le etnie ma addirittura le tribù, un medioevo che s’incastra con l’integralismo,i signori della guerra e quelli dell’oppio.Noi è con questi che dobbiamo fare i conti e con i migliori di loro,costruire la pace.La conoscenza mi pare fondamentale.

  3. Io però avevo capito che Mastrogiacomo stava prendendo informazioni sull’ offensiva di primavera dei Taleban, non studiando le tribù, i conflitti sociali e la guerra dell’ oppio…c’è una bella differenza, non trovi? Secondo me era in cerca di fama…e non lo paragonerei nemmeno minimamente alle due Simone, che in territorio di guerra non facevano altro che aiutare il popolo in difficoltà…Bho, non lo so, magari l’ interpreto male, cmq ripeto: meno male che si è salvato, siamo tutti contenti, ma EROE NO…..PER ME NON LO E’…ANZI…

    P.S. io non contesto il diritto e l’ utilità di fare del giornalismo arrembante e d’ inchiesta, sia chiaro….io contesto l’ artata creazione di eroi di cartone che di eroico e spropositato hanno solo l’ ambizione…

  4. credo che nessuno abbia parlato di eroi, sia nel caso di Mastrogiacomo che in quello della Sgrena.

    Lasciamo stare poi il discorso di Quattrocchi, che riapriremmo vecchie ferite.

    Sono persone che fanno il loro lavoro e sanno di correre dei rischi, così come i lavoratori rapiti in Nigeria. Per fortuna sono tutti tornati a casa e penso che salvare vite umane sia il primo obiettivo che si debba porre un paese civile.

    Poi, appena finito, tutti a scannarsi.

    Tipico del paese dei parolai.

  5. Ma infatti la mia era una critica in generale all’ onda emotiva tipica dell’ italietta, non a Sedlex….

  6. E’ difficile fare cronaca senza tener conto delle condizioni sociali ed ambientali.

    Mi viene in mente il servizio di Maria Cuffaro da Teheran in occasione dell’ 8 marzo o gli scritti di Enzo Baldoni dal Nicaragua o i reportage di Lucia Annunziata o Ennio Remondino dalla Bosnia.

    Persino per Simona Pari e Simona Torretta sarebbe stato difficile svolgere il compito di cooperatrici senza una conoscenza del tessuto sociale,attività di studio alla quale il Ponte,loro associazione,è dedita da anni.

    L’aspetto eroico non m’interessa e nemmeno l’eventuale componente narcisistica.Si tratta di sovrastrutture e spesso di manipolazioni dei media.

    Alla collettività interessa conoscere, condizione senza la quale è difficile finanche pensare a soluzioni di pace.

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