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Spettabile bouganvillea

Spettabile bouganvillea

 

 

Le bouganvillea del terrazzo sono di due varietà, questa è quella che fiorisce per ultima. Comincia dopo la metà di agosto e se la stagione regge, può tirare avanti fino ai primi di novembre.

 

 

L’eterno colore d’estate delle facciate romane, ben si addice  al magenta della bouganvillea spectabilis. (Sullo sfondo Sant’Andrea della Valle )

Autodistruttivi, letargici e piagnoni

Autodistruttivi, letargici e piagnoni

Mucillagine

Posso dire che odio la parola opinione, figlia di processi culturali che mirano a far opinione con l’emozione. Mai con la coscienza. (Giuseppe De Rita –  Repubblica del 19 agosto 2008 pag 11)

Al triangolare Moretti, Scalfari, Veltroni, protagonisti, in questi giorni, di un dibattito articolato tra egemonia culturale, perdita dello spirito pubblico e rimozione della memoria, si è aggiunto ieri su Repubblica il contributo – prezioso come sempre  –  di Giuseppe  De Rita, presidente del Censis, ed estensore di interessanti quanto veritieri, rapporti sullo stato delle cose di questo Paese. Mesi fa De Rita, aveva definito mucillagine la frantumazione di singole realtà, incapaci di integrarsi, di fare sistema.
Questo fenomeno disgregativo trova ragion d’essere in un recente passato, da quando cioè, finita di colpo l’era dei partiti d’opinione contrapposti ai partiti di massa – una delle nostre anomalie più eclatanti è questa trasformazione radicale del quadro politico, avvenuta senza una rivoluzione, ne’ una guerra, praticamente un inedito sulla faccia del pianeta -   l’opinione pubblica ha incontrato  Berlusconi e trovato in lui, ovvero in un sistema di non valori che è un  misto di emotività e pulsioni tese all’ indivudualismo, la propria piena  identificazione. Un fenomeno così importante – Berlusconi è, vuoi o non vuoi, la biografia di questo Paese – non può non condizionare anche l’operato di coloro i quali, in quel complesso di ragioni, non s’identificano affatto.
E qui, più che prendersela con Veltroni per le indubbie difficoltà di oppore una risposta efficace alle sollecitazioni di Moretti e Scalfari, forse varrebbe la pena  di ricordare le responsabilità enormi – da peccato originale – della sinistra.
Responsabilità che risalgono ad anni addietro e che non coinvolgono solo l’incapacità a disporre un provvedimento sul conflitto d’interessi, ma soprattutto l’aver sempre caparbiamente sottovalutato l’importanza del potere mediatico. Questa costante ha accompagnato tutto l’ agire politico degli ultimi anni :  dall’epoca in cui tramite Consob si sarebbe potuto limitare l’ascesa delle aziende di Berlusconi, che tra l’altro non navigavano nemmeno in ottime acque, fino al periodo delle ultime campagne elettorali, laddove il potere dato dalla connessione media – destra, di determinare un clima d’insicurezza, è stato contrastato con un tardivo gioco, per di più, di rimessa.
Oggi il PD è a dibattersi in problemi identitari – come da vent’anni a questa parte, del resto, accade nella principale formazione che ne ha determinato la nascita – e nel difficile compito, stante i rapporti di forza, di dar vita ad un’ Opposizione visibile.
Ma l’Opposizione non si fa solo in Parlamento, se così fosse, basterebbe lo scarno bollettino dei Lavori tra Camera e Senato, ne’ si può pensare che le manifestazioni di piazza o le raccolte di firme possano sostituire l’azione di contrasto data dalla protesta che deve nascere nella società civile : sindacati, associazioni, movimenti, fondazioni  e quant’altri avvertono l’esigenza di un cambio di rotta.
Di opinioni, noi di sinistra, ne abbiamo tante e narcisisticamente ce le rimiriamo e rimpalliamo – ma quanto siamo bravi, colti, preparati, fichi e incazzati –  mentre galleggiano – come dice De Rita – nella mucillagine. Anche noi siamo tanto emotivi e tanto incapaci di fare sistema.  
Solo il ritorno della Coscienza può fare da collante alle particelle sparse nel blob  e determinare il miracolo di una vera ed incisiva opposizione. Ma per mettere insieme la pletora di realtà e di persone che si distanziano dalla poltiglia di massa,  serve quella che De Rita chiama  la Macchina. Liquida, solida o spray che sia l’organizzazione a venire, Veltroni non può pensare di fare senza. Ne’ di affidare il suo-nostro pensiero alle lettere aperte sul recupero della memoria.Tutto sacro e santo ma noi, tanto per dirne una, avremmo urgente bisogno di dibattere sui guasti – se ce ne sono –  del federalismo fiscale e di capirne le ricadute. E i cittadini che in maggioranza hanno votato contro la devolution, hanno invece da capire che nesso c’è tra quel diniego e la nostra attuale convergenza di massima sul progetto. Siccome è un argomento complesso in cui non mancano buone ragioni  ma che importa concretamente il futuro di ognuno, non sarebbe male avviare una discussione seria.  Diversamente, dalla fase  letargica, per dirla con Moretti, si passerebbe immediatamente a quella  piagnona e, francamente, nonostante la protervia dell’avversario e l’inevitabile senso di frustrazione che questa sconfitta si è tirata dietro, vorremmo arrivare vivi, quantomeno alla fine della legislatura.

 

nell’illustrazione :  mucillagine (veneta )

Sciuscià ( Shoe Shine ai tempi delle Nike)

Sciuscià ( Shoe Shine ai tempi delle Nike)

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A Vicenza un cittadino prende una multa  di 50 euro perchè legge adagiato – che c’è di più piacevole ? – sull’erba di un parco pubblico. A Roma due insegnanti di catechismo sudamericane, scambiate per prostitute, vengono identificate, ma poiché una ha lasciato i documenti a casa, passa la notte in camera di sicurezza. E non c’è creatività che soccorra il funzionario di turno – un controllo al terminale? Un bersagliere che corre a casa della ragazza a prendere i documenti?  – A Novara si passeggia nel parco dopo il tramonto ma non più di due alla volta. Banditi  i reggi -moccoli.  A Voghera, di notte, non ci si può sedere sulle panchine. Le casalinghe se ne facciano una ragione. A Rimini e a Genova, se si è in strada, è vietato bere dalla bottiglia. A Firenze dove comanda il Cioni, vietato lo strillonaggio – che a me invece piace tanto – e a Groppello – Cassano d’Adda, chiusa la spiaggia sul fiume il giorno di Ferragosto, per evitare che la programmata festa senegalese , degeneri in baccanali e i baccanali in  …annegament i-  così almeno si giustifica il creativo amministratore pro tempore – L’elenco potrebbe arricchirsi di altre brillanti iniziative, alcuni delle quali non nuove – ché di gente sbattuta in cella e trattata come La Recidiva di Parma, ce n’è sempre stata – ma questo piccolo campione sembra sufficiente a chiarire che i provvedimenti di cui sopra, più che contrastare la criminalità sono semplicemente limitativi delle libertà più elementari dei cittadini,puzzano di propaganda, di manovra diversiva, ma soprattutto di abuso. Tanto più che – come pure avvertono le cifre – i crimini sono diminuiti rispetto allo scorso anno, del 10% circa e pertanto tutto questo dispendioso presidio delle città,parrebbe quantomeno sproporzionato rispetto alle effettive esigenze . E poi dietro ad ognuno di queste iniziative, io ci trovo un’idea meschina di Decoro, quella stessa secondo la quale, magari i parchimetri vanno aboliti, il traffico può  appestare l’aria , ma l’omino seduto sull’erba a leggere un libro, fa caos e sregolatezza. Non parliamo dei poveri, la vista dei quali provoca una tale turbativa al Senso Estetico Nazionale che bisogna disfarsene, nasconderli, comunque determinarne l’umiliazione.E non stupisce che in questo clima di gara a chi trova la soluzione più efficace, anche un uomo perbene come il Prefetto di Roma, Carlo Mosca, proponga di offrire ai piccoli rom la possibilità di fare i lustrascarpe fuori dei supermercati. Evocativo di Sciuscià ( oltre che dell’eccidio di Kragujevac, a voler essere pignoli ). Peccato che le scarpe in uso oggi, difficilmente abbisognano di lucidatura e che in questa città, si sperava  proseguisse l’impegno di mandarli tutti a scuola quei ragazzini. Contrastare il senso d’insicurezza dei cittadini, dopo averne determinato scientificamente il dilagare, non sarà impresa da poco. Ci vorrà altra propaganda ed altra creatività, i mezzi non mancano, del resto, al governo in carica. In tutto ciò, si spera nella non assuefazione di coloro i quali hanno capito che la militarizzazione del territorio serve a poco e che la sicurezza consta di uno stile di vita differente da quello che ci è dato, di salari adeguati, di servizi efficienti e del diritto di pensare al Futuro come Possibilità, non come Incubo.

Morire per Tblisi ( e in mezzo scorre l’oleodotto)

Morire per Tblisi ( e in mezzo scorre l’oleodotto)


Sembrano nomi di granducati da operetta – la zona oltretutto sarebbe quella giusta – e invece  Abkhazia e Ossezia del sud, le due enclave filorusse in territorio georgiano, sono state parte di una tragedia più generale, le cui vittime ( morti, feriti, profughi ) utilizzate fin qui a scopi puramente propagandistici,  non hanno turbato troppo le nostre coscienze democratiche, sempre così ben disposte, quando si tratta  esecrare, condannare, manifestare contro l’aggressione di uno stato sovrano.  Si registra invece, ma c’era da aspettarselo, una grande rinascita di esponenti filorussi,  nuovi e vecchi che si danno un gran da fare a tessere l’elogio di Putin con dichiarazioni trasversalmente – da Lamberto Dini a Marco Rizzo –  rabbrividenti. Si va dal Putin che contrasta il processo di occidentalizzazione  e restituisce al paese le risorse economiche e strategiche che gli oligarchi di Eltsin gli avevano sottratto, alla teoria che vorrebbe gli USA accerchiatori della Russia con paesi  partner della Nato, fino alla speranza espressa in un comunicato di Fiamma Tricolore, di vittoria finale di Putin unico baluardo contro le interferenze statunitensi nella zona. Le pulsioni staliniste, si sa, sono dure a morire e, la Storia insegna, assumono contorni variegati, non stupisce dunque che qualcuno veda in Putin l’occasione per rispolverare vecchie glorie e che all’allegra brigata si unisca anche la Destra. Ma per tornare alle cose serie, il  conflitto, largamente annunciato – tant’è che sui due territori erano già operative le forze di peacekeaping composte da soldati russi, delle quali  il ministro degli esteri georgiano aveva, senza esito, chiesto la sostituzione con truppe di nazionalità miste – scoppia per le ragioni che ci vengono ripetute dai telegiornali : c’è un governo in Georgia ansioso di unirsi all’Europa e alla  Nato, quindi sostenuto con disinvoltura dagli Stati Uniti, ci sono i separatisti di Ossezia e Abkhazia che invece vorrebbero ricongiungersi alla madre Russia. Questioni politiche ed etniche, sicuramente sono in ballo ma poi si da anche il caso che in Georgia passi l’oleodotto che da Baku porta gas e petrolio alle nostre centrali e che l’intera vicenda si colori di ulteriori  significati. Naturalmente dalla conta delle responsabilità, il governo georgiano non risulta immacolato, ma qualunque siano le motivazioni, chi invade con i carri armati e con i bombardieri, uno stato – altro che reazioni sproporzionate come dice Bush -  un progetto imperiale sta di sicuro perseguendo , ma questo nessuno lo rimprovererà mai all’amico Putin. Se poi a tutto ciò, si aggiunge la possibilità di una sfida aperta agli Stati Uniti – con annesso monito al futuro presidente – più altri contestuali avvertimenti agli stati che, attratti dall’orbita occidentale, volessero seguire l’esempio georgiano, ecco che la guerra diventa un indispensabile stratagemma che soddisfa più di un’esigenza del Cremlino. Missione compiuta dunque, chiosa Medvedev subito dopo  l’intervento della Comunità Europea. Anche perchè di enclave russe strategicamente allocate ce n’è in Moldova come in Ucraina e la partita potrebbe continuare su altri tavoli. Gli atlantisti sono avvertiti. Del resto con il Kosovo abbiamo inaugurato l’era del Diritto Internazionale à la carte ovvero alla mercè del più forte. Così tra ricatti energetici, l’ombra della sovranità Serba annullata da istanze indipendentiste ratificate dalla comunità internazionale e la solita storiella della guerra umanitaria in difesa delle popolazoni oppresse, Putin – altro che zar – non lo ferma più nessuno. Tantomeno l’amico George Bush la cui politica subisce un’ ulteriore sconfitta, questa volta sul terreno della capacità di difendere gli alleati. Al momento, l’accordo formulato da Sarkozy è sufficiente per il cessate il fuoco ma non per costruire un processo di pace duraturo. La parola  passa ai negoziati, nella speranza che concezioni geopolitiche obsolete, chiuse entro logiche di schieramento, lascino il posto alla ridefinizione di un modus vivendi nello spazio post sovietico. Unico approccio coerente buono a sciogliere gli enigmi post imperiali. Unico modo per farsi seriamente carico del benessere di popolazioni incolpevoli. Ci mancherebbe solo di andare a morire per Tblisi o per Ossezia combattendo,  per di più,  una guerra retrodatata.

Il banjo di Luke

Il banjo di Luke

 Cool Hand Luke valse a  George Kennedy, qui nella foto con Paul Newman, l’Oscar per miglior attore non protagonista. Paul dovrà invece aspettare il 1986 – Il colore dei soldi – per quel riconoscimento che alla fine, dopo tante attese, nemmeno ritirò personalmente. La stangata per esempio aveva vinto tutti gli Oscar possibili,  meno che quelli destinati agl’interpreti. 

Con grande commozione l’altra sera, Robert Redford a Cortona, lo ha ricordato.