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Il più amato

Il più amato

Brunetta

 

Non si capisce bene perchè la notizia dei nove licenziati ATM ( tutti per giusta causa, anzi sacrosanta ) debba essere contrabbandata come indizio di rinnovata  severità  ed efficienza, nonchè merito indiscusso delle magie di un governo che da quando è  in carica, tutti sollecita a diventare migliori. E meno male che il sindacato avverte che l'ATM, anche governando esecutivi più mollaccioni, abbia fin qui viaggiato ad una media di 35 risoluzioni contrattuali l'anno. Parecchie in verità, se fossero tutte per giusta causa comincerei a preoccuparmi. Che fa il Responsabile aziendale, invece di governare la risorsa umana, dorme? Non ha letto il Piano Industriale ? Trentacinque licenziati l'anno, sono un discreto fallimento sul terreno dell' Organizzazione del Lavoro , anche  in costanza di bilanci in attivo,  come da precisazione velenosetta del vice sindaco di Milano. Ma queste sono ipotesi destinate ad essere definite con disprezzo di scuola. E che  la scuola sia poi quella che tira avanti le grandi imprese nel mondo, poco importa. Ad ogni buon conto, il più amato dagli italiani, in questo momento, è Renato Brunetta che ancor prima di mettere mano alla ristrutturazione l'aveva pur detto di contare sul sostegno del 95% degl'italiani e che si è dato  un anno di tempo per rimettere in sesto la Pubblica Amministrazione e siccome lo spot d'insediamento si è risolto in due parole chiave :  licenziamenti e fannulloni, i cittadini hanno tirato un respiro di sollievo : era ora. In realtà   il Piano Industriale presentato a fine maggio non dice niente di nuovo di quel che è già stato annotato dai predecessori, qui, a  parte l'abuso di aziendalese, tra customer's satisfaction ( i can get no…) e project financing o common assessment framework, oltre  l'ennesima ridefinizione del ruolo dei dirigenti, si apprende che lo stop del tourn over rimarrà, come (insostituibile) fonte di  finanziamento per gl'incentivi ai meritevoli, non unica per la verità, le altre deriveranno dal risparmio dei materiali di consumo e nella vendita degl'immobili. Più che  oh finalmente ci sarebbe di che dire, speriamo bene. Vedremo come tutto questo empito di buoni propositi verrà travasato nel Decreto di prossima uscita. Al momento vien solo fatto di rammentare un po' a tutti  che il settore pubblico non è fatto solo di impiegati ma di medici, infermieri, vigili del fuoco, insegnanti e che la tipologia di servizio fa la differenza quando si tratta di affrontare organizzazione, economia e ottimizzazione. Sono curiosa di vedere come se la sbroglia Brunetta, in questi casi, con la misurazione e valutazione delle organizzazioni pubbliche . Intanto il contratto degli statali che sarebbe stato doveroso affrontare, subisce un curioso trattamento : prima la trattativa sulle misure antifannulloni ,con tanto di introduzione del reato di truffa aggravata per i malati immaginari ( sennò come fa a rimanere nel cuore di noi tutti?) poi in un secondo momento l'avvio del negoziato ma solo dopo un serio impegno del sindacato  a collaborare nel programma di ristrutturazione della macchina statale. Sempre che il ministro riesca a mantenere il  tavolo in entrambe le fasi. Magari qualcuno si alza e se ne va, come è già successo . Al momento siamo ancora alla richiesta  di Epifani di chiarimenti in merito agli orientamenti precisi che intende assumere .In seguito vedremo se Brunetta è destinato a rimanere nei nostri cuori o a essere soppiantato dal Guardasigilli o dal Ministro degl'Interni magari per qualche nuova trovata sull'immigrazione o sui Rom. Ho idea che dopo la luna di miele, bisognerà aspettare la crisi del settimo anno per vedere luce.Sempre che non si tratti di amore eterno.

Ma che bello che è…

Ma che bello che è…

Il Manifesto esce oggi con edizione completamente rinnovata, bello rassettato, pulito ed elegante e con i caratteri leggermente ingranditi perchè …beh perchè la presbiopia avanza e la cura dei lettori impone… ma niente che non si possa superare con qualche accorgimento. Chi scrive è una lettrice assidua e conflittuale, di quelle che ogni giorno , dopo averlo letto, ripiega il giornale e giura che sarà l’ultimo. Ma poi il giorno dopo ricomincia, un po’ perchè la notte porta consiglio e un po’ perchè con le dipendenze è così che funziona. E poi una passione senza conflitto.. ma che cavolo di passione è ? Io non posso scrivere, come vorrei, semplicemente  "Leggete il Manifesto!" o meglio " Comperate il Manifesto !" . E questo per il fatto che so bene che trattasi di un giornale che da solo non basta, per gli appassionati delle news e della completezza, ce ne vuole almeno un altro e i tempi sono quelli che sono. Ma…se si ha a cuore una visione differente delle cose, se si apprezzano letture altre della realtà, ecco a voi diciotto pagine scritte da persone capaci, oneste e in buona fede cui non fa mai difetto l’intelligenza. E il coraggio .  Tanto basta per avere un’informazione con la quale (eventualmente anche)  litigare senza che ciò diventi mai un esercizio inutile. Il migliore augurio che si possa fare ad un lettore, è di affezionarsi a pagine scritte così : con la testa e con quello che chiamano cuore (ma di tanto altro si tratta) . Bene hanno fatto dunque Quelli del Manifesto a sfidare la sorte o quel che è,  proponendosi in una veste rinnovata e a rilanciare, così ..tanto per essere pronti ad affrontare un prosieguo che certo roseo non si configura. Bene faranno i lettori che vorranno premiare questa fatica diventando assidui  :  Un gentiluomo deve essere sempre in condizione di incontrare il suo amore, la sua morte, il suo re, un motto che mi è molto  caro e che mi ha fatto piacere ritrovare nell’articolo di  Rossanda e Parlato Avviso d’incendio, sul numero di oggi e che introduce la nuova veste. Con la piccola avvertenza – variante che si vuol essere pronti ad incontrare l’amore, scalzare il re e che per morire c’è sempre tempo, il motto è  anche il mio. Auguri di cuore a chi non si arrende.

Respiro impresa

Respiro impresa

La malattia del paese è la bassa crescita ma l’occasione – un esecutivo con una solida maggioranza e un’opposizione dialogante – è irripetibile e pertanto non bisogna lasciarsi sfuggire  l’opportunità di liberare le imprese dall’oppressione fiscale, da quella burocratica e  – come ti sbagli ? -  anche da quella giudiziaria. Emma Marcegaglia è stata molto deludente, da lei, così capace, fiera e concreta si sperava arrivasse un segnale di maggiore autonomia e invece la sua modalità di donna alla guida della Confindustria risulta complessivamente  indebolita, soprattutto  per il gioco di specchi che il discorso tenuto all’assemblea annuale di ieri,  ingaggia col Programma di Governo, dal capo del quale, non a caso,  riceve alla fine,  appalusi e abbracci. Qualcuno ha scritto che è stata arrogante, che a ognuno ha consegnato un compito e ad ognuno ha assegnato un voto . Magari. Invece niente, adattando il suo disegno a quello del Governo ha compiuto esattamente l’operazione contraria : gran docilità, nella richiesta costante dell’investitura ufficiale. Come se non fossero stati sufficienti i consensi plebiscitari che l’hanno portata alla Presidenza.  Quanto al merito, non che ci si aspettasse qualcosa di diverso da una visione del mondo  marcatamente liberista, attribuire però, le responsabilità della scarsa crescita ad un sistema che va sicuramente riformato e alleggerito ma che sottende una serie di garanzie per i lavoratori e la collettività, significa banalizzare, e di molto, l’analisi. Insomma a sentir lei, Marcegaglia, le imprese di questo andamento poco brillante dell’ economia hanno responsabilità sfumate , nemmeno quelle di amare, per esempio, i mercati protetti, le agevolazioni, gli aiuti statali, l’essere in certi casi poco versati al rispetto delle regole ed infine mancare di coraggio negli investimenti per formazione e ricerca. Il prosieguo è in tono e realizza una specie di crescendo rossiniano :  ridefinire  i rapporti industriali oramai obsoleti, indicizzare le pensioni all’attesa di vita liberando risorse per il lavoro delle donne e dei giovani e i salari alla produttività, rivedere contratto collettivo nazionale e regole del mercato del lavoro puntando sulla flexicurity. Per realizzare ciò, mano tesa al sindacato nella stagione che vede il superamento della contraddizione tra capitale e lavoro. Certo che se però è l’impresa e non lo sviluppo, il fine ultimo di tutta questa nuova stagione di concordia, se agl’impenditori prospererà sotto agli occhi il fatturato e ai  lavoratori non rimarrà che la flexsecurity, sarà difficile archiviare del tutto l’aborrito conflitto. Il resto va, nella noia dello smantellamento delle municipalizzate, dei costi della politica da abbattere e di rifritture varie: dai pantaloni Fendi ai grazie a mammà e papà imprenditori  – se non si è discepole inappuntabili, si è figlie, non si scappa –  per la formazione ricevuta e per averle consentito di respirare Impresa fin dai primi anni di vita. Il fatto, ahimè, è che con i suoi discorsi, anche i presenti, respirando, hanno sentito lo stesso odore .

 

Ansiolitico di massa

Ansiolitico di massa

In attesa di capire quali macchinazioni inventerà il nuovo governo per aggirare una legge (la Bossi Fini), nei casi di individui privi di permesso di soggiorno (quindi clandestini oggi e futuri delinquenti tra breve ) ma egualmente occupati nel nostro paese (quindi con lavoro nero), prendiamo per buone le parole di Tremonti che vorrebbero questa prima attività legislativa  volta a togliere un po’ d’angoscia alle famiglie, in presumibile affanno per problemi di carattere economico con aggravio di  senso d’insicurezza da immigrazione clandestina delinquente e incontrollata. Resta inteso che per le famiglie preda di angoscia data da un uso sempre più disinvolto dello strumento penale e della misura detentiva, non resta che l’assunzione di un ansiolitico, atteso che in aperta contraddizione con il Principio Guida di sicura efficacia elettorale – Padroni in casa nostra –  gli stranieri irregolari,  più che scacciarli, si tenda a farne ospiti  di carceri o strutture assimilate, introducendo  il reato di immigrazione clandestina. E passi che gl’istituti di pena  siano sovraffollati e le Corti non abbiano affatto bisogno che decine di migliaia di processi, ancorchè per direttissima, vadano ad aggiungersi al già complicato esistente, ma solo un alieno può pensare che affidando un’espulsione al nostro sistema giudiziario, l’attuazione ne risulti agevolata. Se poi si pensa che tutto questo trambusto di forze dell’ordine, istituti di pena, tribunali e direttissime, si creerebbe per colpire individui considerati pericolosi a prescindere, si ha un’idea esatta dell’utilità sociale di queste trovate. Va detto, che l’intero pacchetto denominato di Sicurezza, è tutto intriso di questo spirito risolutivo delle complicanze. D’altronde che razza di provvedimento è, quello che trasforma una condizione personale in reato? E  le aggravanti per i reati commessi da stranieri? Che ne sarebbe della parità di trattamento riferita alla responsabilità personale? Certo,  come dice Maroni, in altri paesi il reato di immigrazione clandestina c’è, ma differenti sono i contesti costituzionali e le modalità che regolano l’ accesso al sistema giudiziario, due condizioni dalle quali il legislatore non  può prescindere. Come pure resta attivo, equo ed infinitamente più rassicurante di mille inasprimenti,  il principio costituzionalmente valido che mette in guardia lo stesso legislatore dall’assumere provvedimenti che prescindano da accertata o presunta pericolosità dei soggetti responsabili  introducendo sanzioni penali  tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con i principi di eguaglianza e proporzionalità. Insomma in uno Stato Democratico carcere e strumenti penali non sono utilizzabili ad libitum dal legislatore. Resta da capire se l’attuale governo è davvero convinto di poter porre rimedio all’immigrazione clandestina e alla problematica afferente, attraverso provvedimenti impraticabili oltre che a serio rischio di essere rispediti al mittente dopo l’esame di compatibilità costituzionale, ovvero si serva delle maniere spicce per farne materia di annunci roboanti in chiave ansiolitica. Se così fosse, non sarebbe una buona notizia per la democrazia, tantomeno per il superamento delle numerose problematiche . Non rimane che sperare nelle preoccupazioni dei datori di lavoro di badanti asiatiche e sudamericane prossime alla trasvolata oceanica regolarizzatrice e nei giudici costituzionali ( ai quali si deve il bel linguaggio della sentenza n. 22 del 2007, alcuni passaggi della quale sono citati in corsivo)

Pogrom ( ogni cosa ha un nome)

Pogrom ( ogni cosa ha un nome)

Varcata la frontiera che poi, ironia della sorte, frontiera nemmeno è più, tutti quelli che incontri  ti chiedono dei Pogrom (e, in secondo battuta, dei Rifiuti di Napoli). Visti da lontano i problemi italiani non riescono ad assumere,  come si sarebbe pensato (o sperato) alla partenza, contorni attenuati. Anzi. Qualcosa di molto grave è successo al senso civico di questo paese se di fronte alle devastazioni dei campi rom e alle retate, nessuno s’indigna concretamente. Lo leggi negli occhi degl’interlocutori stranieri che magari hanno già avuto a che fare con questi problemi nei loro rispettivi paesi  e che sanno come la pensi. In realtà – cerchi di spiegare –  le mancate risposte procurano ulteriori sensi di smarrimento se, la calcolata rinunzia dell’intera classe politica a porre i necessari distinguo alla Minaccia che oramai il Diverso ma, quel che è peggio, il Povero, costituisce per la gente cosidetta perbene, si traduce in esplicito avallo del pogrom. Ecco che minaccia e paura diventano una sorta di rendita politica. Che senso avrebbe, altrimenti, stigmatizzare frettolosamente gl’incendi nei campi e, nel contempo, offrire la sponda attenuante dell’esasperazione, ai cittadini che vivono in quartieri a ridosso delle baraccopoli ? Davvero si pensa che seppur alte percentuali di devianza, giustifichino la deroga al principio giuridico della responsabilità individuale? In quale modo s’intende  recare un buon servizio al ripristino della legalità se in nome di un sentimento erroneamente spacciato per popolare, si rifiutino principi elementari di convivenza civile?  Non è un caso che sia  sparita da ogni progetto ma anche dal lessico abituale di queste circostanze, ogni Misura che travalichi l’Emergenza,  non dico la Riforma Giudiziaria ma almeno quegli accorgimenti legislativi che renderebbero meno tortuoso il corso dei processi per i reati minori, non dico una politica di servizi ma almeno di strutture destinate, come è negli accordi con la Comunità Europea, mentre invece si fanno strada forme aberranti di punizione della clandestinità sulla scorta di criteri aleatori di pericolosità sociale. La sensazione è che di emergenza, in paura, in minaccia, non si risolva alcun problema. Davvero nessuno, vuol tentare un discorso veramente e interamente politico, sul fatto che il senso di sicurezza non può risiedere solo nella cacciata di centoquarantamila rom? Davvero lo sfruttamento di donne e bambini di cui i rom sono accusati e in molti casi giustamente, può essere assunto ad alibi e magari risolto spostando gli accampamenti un po’ più in là?  Se nessuno indicherà  nel razzismo e nell’intolleranza gl’istinti in assoluto più bassi con i quali una collettività dovrebbe fare i conti, che ne sarà non solo dei rom che probabilmente sopravviveranno a questo ennesimo assalto, ma di noi stessi così ridotti a ostaggi della Paura senza il soccorso di strumento alcuno : democratico, civile, solidaristico, di buon senso ed infine, umano? Per questo suona insensata la raccomandazione odierna dei Vescovi di non buttarla in politica, invece è proprio lì che dovrebbe andare a finire tutta questa vicenda. Lì o come Cristo comanda. Così ce n’è per tutti, per chi ha da guidare il Paese con strumenti non solo di propagandistica repressiva, per chi ha da fare l’Opposizione senza sfigurare la propria immagine  e anche per chi, stando a quanto afferma, avrebbe  da assolvere una missione terrena in un modo più incisivo e spregiudicatamente cristiano.