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Categoria: Palazzi di Giustizia

Vignette

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Secondo il nobile impianto (per dirla col Guardasigilli) dell’epocale (per dirla col Premier) riforma,  i magistrati posti a difesa dell’interesse pubblico e i cittadini che  attraverso i propri legali, difendono un interesse privato, devono essere sullo stesso piano.


La faccenda sarebbe meno complicata di quel che possa sembrare se solo la si vedesse come naturale epilogo di una lunga stagione che ha visto il Presidente del Consiglio alle prese con la Giustizia e questo in numerose circostanze e a vario titolo. Indagini, telefonate, scandali, rinvii a giudizio, hanno occupato cronache e dibattiti ma nei prossimi mesi, si può esser certi, tutto sarà  raccontato attraverso il filtro edulcorante di questa Riforma che di epocale, per la verità, ha solo la stortura di cui sopra.


L’ idea  del processo come competizione e non come accertamento o meno  di responsabilità penali, del resto, ci viene propinata sine die con l’immagine dello strapotere di Pubblici Ministeri persecutori la cui unica missione è chiedere condanne a prescindere. Così ovviamente non è.


Mentre invece si manifesta concretamente la volontà di scardinare l’autonomia della magistratura e di circoscrivere l’azione penale entro perimetri stabiliti dalla Politica.

Ma, violazione di Principi a parte, una Politica che da quindici anni muove solo in direzione dell’Impunità, come potrebbe, seppure fosse accertata la validità delle epocali proposte, decidere quali indagini effettuare e come o quali reati perseguire?

Questi ed altri interrogativi, promette il Guardasigilli, saranno sciolti nei mesi a venire anche attraverso un’attenta disanima dottrinale.(Che bellezza) Tempo – conclude – ce ne sarà.









Aule parallele

Aule parallele

Si ricomincia. Retrocedono al taglio basso, la morte dell’ alpino in Afghanistan ma anche il risultato del referendum Mirafiori e le osservazioni della Banca d’Italia su crisi e disoccupazione. Dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale, le battute appena accennate di una discussione da paese normale su lavoro capitale e democrazia, sono morte sul nascere e siamo riprecipitati in pieno clima da battibecco su vita e miracoli di Berlusconi.



Ma oltre il fuoco di sbarramento che accusa i giudici di parzialità, fumus persecutionis, progetto eversivo e chissà cos’altro, non è dato procedere. E poi il PDL, non essendo il Capo intenzionato recarsi dai giudici, è determinato a celebrare il processo a cielo aperto, in televisione o sui giornali. I difensori di professione ma anche i dilettanti e gl’ improvvisati sono dunque all’opera per smantellare l’impianto accusatorio, meno opportune sono le sedi e meglio è.



Ministri della Repubblica , tra i quali quello di Giustizia, si prestano ad avallare il teorema dei giudici persecutori, irresponsabili e spendaccioni mentre Principi Norme e Procedure vengono sfigurati a giustificazione di episodi che da ambigui o controversi si vorrebbero trasformare in ovvi e normali.


Di tutta questa storia, ben che vada, resterà un’idea di Giustizia che come la metti sta, adattabile cioè ad ogni tipo di esigenza, particolarmente quella del più forte e del più facoltoso. Lui infatti si sta divertendo ma soprattutto rifiuta di mettere piede in tribunale.


Non che questo sia sufficiente ad arrestare la macchina che si è messa in moto ma il Processo che ne deriverà, correrà parallelo ad altri mille, con altrettanti interrogatori, testi, capi d’imputazione, requisitorie, arringhe, consulenze, assoluzioni, condanne in un blob dove tutto è lecito, dalle telefonate di pressione in questura, alle raccomandazioni e in cui persino la maggiore età comincia quando fa comodo.


Ecco servita la rivoluzione liberale promessa quindici anni fa. Quantomeno altro non si è potuto vedere. Intanto stasera nell’Aula di Signorini esordisce Ruby Rubacuori. Sempre che lo stomaco regga, sentiremo.

Date a Cesare

Date a Cesare

Pur  di non ammettere le nostre responsabilità nell’affaire Battisti, siamo disposti a tutto. Anche a ricorrere al solito binomio Divagazioni & Propaganda. Ce la prendiamo con la Francia, con la buonanima di Mitterand, con la gauche caviar, col Brasile e con gli anni di piombo i  cui teoremi polizieschi ed investigativi , qualcuno, non più tardi di quindici giorni fa, proponeva come misure attuali e spendibili sul piano della gestione dell’ordine pubblico.


Al di là di tutte le chiacchiere, credo che Cesare Battisti debba scontare la sua condanna. E questo non perchè lo dicono occasionali manifestazioni di protesta e le più convincenti Penne  della Nazione,  ne’ potrei essere di diverso avviso  solo perchè non lo raccomandano, qualsiasi cosa mangino a colazione,  Lèvy, Pennac, Vargas o Carla Bruni (ammesso che sull’argomento si sia pronunziata, a parte il  difendersi da pettegolezzi infamanti).


Credo che Cesare Battisti debba scontare la sua condanna semplicemente perchè lo ha stabilito un tribunale.


E per quanto il processo con condanna ad un contumace non appartenga alla mia personale idea di Giustizia, tant’è. Almeno finchè le Regole non cambiano.



Ciò premesso, proprio perchè alle ragioni delle vittime sono dovute autentiche e concrete forme di rispetto, non andrebbe nascosto loro come stanno davvero le cose.


E cioè che Cesare Battisti non viene estradato per i motivi già detti e perchè le nostre relazioni internazionali sono nelle mani di un’accolita, nel migliore dei casi, di dilettanti, capaci, per esempio, di fare la voce grossa sulle decisioni di uno stato sovrano, prima ancora che queste vengano assunte e divulgate, di chiedere alla Presidente della Repubblica (da un giorno) di sconfessare la scelta (del giorno prima) del Presidente uscente, ben sapendo non essere – almeno per il momento –  nelle disponibilità della neo-eletta,  una simile risoluzione.


Tutte queste manfrine che si risolvono in passaggi diplomatici di cui già in partenza si conosce l’inutilità, non fanno parte di alcun Protocollo, anzi, nella loro insulsaggine ed arroganza,  rafforzano nell’interlocutore l’idea di avere a che fare con soggetti inaffidabili.


Propaganda dunque, tanto più attiva e solerte, quanto  meno il lavoro del Governo e della diplomazia è riuscito ad essere efficace.


Si dirà che le motivazioni addotte da Lula per la mancata estradizione, sono strumentali e in questo può anche esserci un fondo di verità. Ma è altrettanto vero che pesano sulla nostra reputazione internazionale, oltre che un’amministrazione della giustizia inefficiente, più di 1000 ( diconsi mille) ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per trattamento inumano e degradante dei detenuti nelle carceri italiane. E che tutto ciò è già  motivo sufficiente per non concedere estradizioni.


Raccontare come stanno le cose può essere confuso con un non meglio identificato perorare la causa di Cesare Battisti ?


Nascondere la verità è un atteggiamento che forse ha a che vedere col Fare Giustizia?

Quando dalle Corti  Internazionali arriva l’indicazione di voltare pagina sugli anni di piombo, in nessun caso l’invito  è da intendersi come rimozione dalla coscienza collettiva di quella stagione ma più pragmaticamente si raccomanda l’eliminazione da codici e procedure di  tutta la normativa appositamente costruita per quella eccezionale contingenza. Solo questo.


A Cesare quel che è di Cesare…e a noi la fatica garantista e riformatrice di risollevare la nostra reputazione dall’angolo buio in cui si trova.

La foto dell’ambasciata del Brasile a Roma l’ha scattata Belen CF.




In quale stato ( siamo)

In quale stato ( siamo)

 

Berlusconi elogia Lukashenko – una sorta di pezzo da museo, si potrebbe dire,  se non fosse vivo, verde e ancora in grado di combinare guai –  dopo aver incontrato nelle settimane precedenti l’amico Putin e  aver visitato il Turkmenistan e l’Arabia Saudita insieme a Tarak Ben Ammar. Di queste visite il cui denominatore comune sembra essere la legittimazione dei peggiori regimi dittatoriali, non è del tutto chiara la ragione, a meno di voler credere alle storie degli archivi del KGB o dei soggiorni in Italia dei ragazzini di Chernobyl. Ma, in assenza del premier, il dibattito nazionale è solitamente  concentrato altrove, vuoi sull’abolizione della pausa pranzo, vuoi  sull’ennesima trovata di Brunetta, vuoi sui motivi reconditi – mai nel merito – delle esternazioni di Fini.

Certo per uno che ha fatto dell’anticomunismo il tema forte delle sue campagne, è un bel salto l’apprezzamento del governo di Minsk. Come  lo sono, una volta rientrato a casa, le bacchettate alle riunioni di partito. Parole grosse, in qualche caso obsolete:  linea politica per esempio, si parla di chi ne è dentro e chi ne è fuori, nemmeno troppo velatamente, minacciando di espulsione questi ultimi. Con buona pace delle diverse anime e del partito plurale ed inclusivo. Appunto il partito delle libertà.

Ma essendo gli schemi saltati dal dì, nessuno fa caso alle mutazioni in atto. L’organizzazione di un partito, c’insegnavano, è lo specchio del tipo di governo che quello stesso partito vorrebbe realizzare. Non sono tra quelli che strillano con facilità alla dittatura o al regime ma i venticelli autoritari – anche l’ammirazione sperticata del Capo,  il consenso cieco, al limite della sottomissione, ne sono parte  –  che spirano intorno a qualsiasi,  iniziativa o dichiarazione  del partito al governo, risultano sempre più in armonia col progetto che, a ben vedere, non è semplicemente presidenzialista.

Prova ne è il nuovo –  che nuovo non è –  corso di Gianfranco Fini, uomo di destra seppur di una specie a cui non siamo abituati, il quale ribadisce da tempo che una repubblica presidenziale deve avvalersi di robusti contrappesi istituzionali di bilanciamento al potere del leader. Sottintendendo che per  un simile programma, qui da noi, bisognerebbe avere, oltre che il consenso, una volontà di rivoltare gli assetti, propedeutica ad una stagione di robuste riforme. Poi parla anche di rispetto per le istituzioni, ma questa è un’altra faccenda. Nell’un caso e nell’altro, non mi pare sia questa l’aria.

Essendo l ‘Ordinamento una specie di piramide in cui le norme al vertice producono i parametri per le sottostanti, il metodo invalso di piazzare rattoppi legislativi – in massima parte per contrastare le vicende giudiziarie del premier – può solo deteriorare situazioni già compromesse quando non incappare come pure è già successo nel rischio anticostituzionale.

La fretta di soccorrere problemi gravi ed urgentissimi – e qualcuno lo è davvero – non c’entra. Presi uno per uno questi provvedimenti, hanno il solo scopo di distruggere il nostro sistema di garanzie ed un unico leit motiv : fare carta straccia della separazione dei poteri e del principio di uguaglianza . Dalla separazione delle carriere, al processo breve passando per un tentativo strafalcione di ripristinare l’Immunità senza osservare i passaggi previsti. Ha ragione Fini a non riconoscere nella politica del governo i tratti della sbandierata, all’epoca della fondazione del PDL, cultura liberale.

Così, mentre restiamo in attesa di conoscere quale sarà la percentuale di processi che andrebbero al macero, se venisse approvata la nuova legge – dall’ uno del Guardasigilli al quaranta per cento dell’ANM e altri, non è una forbice, è la spaccata in aria di Margot Fontayn -, la settimana giudiziaria, giammai politica, del premier scorre tra la condanna al versamento di una fidejussione a garanzia dell’eventuale pagamento CIR, alla ripresa del processo Mills, all’attesa delle dichiarazioni in aula di un pentito di mafia.

Anche a voler considerare tutto ciò una persecuzione, dunque ammettendo come sacrosanto il diritto di difendersi dal processo, tutto gli sarebbe consentito fuori che di farsi le leggi ad hoc. Ma lui, a sorpresa,  sceglie d’intraprendere un ulteriore viaggio – mistero.

Panama, quella del canale e dei cappelli intrecciati con le foglie di  palma nana, è la suggestiva destinazione. Dato il calendario d’impegni che si lascia dietro, vedo remota l’ipotesi che si possa sentirne la mancanza. Ma siccome è l’ennesima boutade,  che buon pro gli faccia egualmente, ovunque si trovi.

 

Tutta l’erba del fascio

Tutta l’erba del fascio

Vorrei tanto dire che la fine di Stefano Cucchi mi lascia esterrefatta ma così non è. Superflue si rivelano sin le registrazioni – vere o inventate – su quale sia il luogo più idoneo per eseguire un pestaggio a regola d’arte, a sfatare eventuali dubbi.

Qualcuno mentre infuriava il dibattito sull’indulto scrisse che le pareti del carcere sono normalmente sporche di sangue. Non era una metafora. E non solo di autolesionismo, fenomeno comune tra i detenuti,  si tratta.

Non c’era dunque bisogno di aggiungere onta al disonore –  tanto più se ci sono indagini in corso, se autopsie sono state eseguite, se una famiglia soffre, e da ultimo, se i cittadini che avrebbero diritto ad una corretta informazione, vogliono sapere – con dichiarazioni opinabili sulle presunte cause della morte.

Anoressia, tossicodipendenza, sierpositività. Alla faccia della riservatezza, seppure fosse vero . Ma il co-autore di una delle leggi riempigalera più inutili e dannose d’Europa non si smentisce mai quanto a modalità di approccio scientifico al problema : di tutta l’erba un fascio, è la sua griffe.

E pensare che l’erba oramai la fumano solo i nostalgici, data la vasta gamma di prodotti da sballo offerta dal mercato, in pochi si rivolgono ad una variante così obsoleta. Resta inteso che quel mercato, questa legge così saggia, severa e punitiva, non scalfisce minimamente.E che secondo quello stesso articolato,  cocaina e Hashish non c’è differenza, come pure tra spacciatore e consumatore.

I risultati di una buona legge subito si vedono. Trentamilacinquecentoventotto sono i tossicodipendenti in carcere. Più, ventiseimilanovecentotrenta incriminati per spaccio. Un incremento del 6% in un solo anno. Ma magari questa è una buona notizia per i fautori della galera come misura unica di contenimento dei problemi.