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Categoria: libri

La parola più bella della lingua inglese

La parola più bella della lingua inglese

indignation

 

Penultimo libro – l’ultimo è in fase di elaborazione – di Philip Roth che qui risolve  i temi tradizionali della sua letteratura – angoscia esistenziale, senso di disfacimento – in disperata ribellione verso una vita che sembra riservare solo ingiustizia e dolore. Indignation è, secondo Roth, la parola più bella della lingua inglese, suggerendo il termine un moto disincantato, un ammorbidimento non annacquato, forse un’evoluzione dei termini  rabbia, vendetta, astio, assai frequenti nei suoi scritti.

Attraverso le reminiscenze indotte dalla morfina, la storia di disperazione ed inesperienza di Marcus Messner, gravemente ferito nella guerra di Corea e prossimo alla morte. Figlio di un macellaio Kasher del New Jersey,  per sfuggire alla personalità opprimente del padre, ad una famiglia iperprotettiva e alla propria stessa identità ebraica, decide di frequentare il Winesburg College, in Ohio.

 L’allontanamento  si rivelerà un’ inutile fuga con esilio da se stesso, ne’ Marcus riuscirà a comprendere il senso dell’insegnamento paterno, in cui, al netto di atteggiamenti ossessivi ed isterici, era contenuta una verità nella definizione del  modo terribile e incomprensibile in cui anche le scelte più banali, occasionali e comiche, ottengono il risultato più sproporzionato. Marcus Messner  molto somiglia a Roth: dolorosamente intelligente, consapevole di sè e controllato, esteta di natura. Sempre alle prese con le proprie scissioni nevrotiche :  tra mente e corpo, sesso e ragione, desiderio e dovere. Tra la famiglia e se stesso, tormentato, inoltre  da donne impossibili, genitori protervi, e per finire, dalla sua cattiva coscienza.

Del resto, di che altro si potrebbe scrivere? Tuttavia, con la sua prosa così naturale, agile,  forte, Roth, a torto definito romanziere intimista ed egotico, particolarmente per l’andamento dei suoi lavori dalla fine degli anni 90 in poi, non tralascia mai di restituirci un ritratto ben confezionato del proprio paese . Sotto questo aspetto Indignation romanzo della crescita come frattura e del dolore di vivere, non fa troppo rimpiangere ne’ Pastorale ne’ Portnoy ne’ la Controvita.I suoi capolavori.

Indignation è un libro di Philip Roth edito da Houghton Mifflin Company. Boston  2008

 

 

La sua cattiva strada (dite a mia madre che non tornerò)

La sua cattiva strada (dite a mia madre che non tornerò)

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La cattiva strada nasce in collaborazione con Francesco de Gregori, nel 1975. Ma come luogo deputato del proprio sistema etico e di valori, Fabrizio de Andrè l’aveva concepita già da tempo. Anzi era proprio lì che aveva cominciato, dalle cattive compagnie – mia madre mi disse: non devi giocare con gli zingari del bosco ma il bosco era scuro l’erba già alta, dite a mia madre che non tornerò – Nei versi di Sally,  che ovviamente non alludono ne’ agli zingari ne’ alla mamma di De Andrè,  &egraveNB; indicata con nettezza, la  scelta  di chi abbandona i privilegi di una condizione borghese con il suo bagaglio di regole e proibizioni, per adottare una filosofia di vita meno agevole ma più libera. Una strada che è cattiva ma solo perchè impervia.  

Quel tragitto prosegue  nel segno di  François Villon e, attraverso l’ascolto delle sue canzoni, di una vera e propria presa in carico dell’ Universo Brassens, in una sorta di educazione sentimentale distante appena un soffio da quella politica. Tutto ciò sospingendo De Andrè ad un approdo che ben definiva la sua visione del mondo : il pensiero anarchico di Bakunin, Stirner, e Malatesta.

Tutta la sua produzione viaggerà su questa direttrice. Dalla Città Vecchia a  Preghiera di gennaio fino ad Anime salve, De Andrè non abbandonerà mai la cattiva strada. Più che per un tratto di coerenza, per caparbietà nella convinzione che solo quella zona fosse davvero franca, inibita al Potere.

Diverse iniziative, nel decennale della sua scomparsa, sono già in cantiere, sollecitate da una memoria viva e  vitale che continua a produrre  un atipico fenomeno di diffusione della sua musica, anche tra i giovanissimi.

Tra queste – presentato in anteprima al Festival di Roma, il documentario di Teresa Marchesi  Effedià sulla sua cattiva strada.

Un lavoro di paziente (ed amorevole) collazione di stralci tratti da interviste, clip, concerti, in cui l’assenza di una voce narrante lascia molto spazio alla manifestazione in proprio della  personalità cordiale, aperta di un musicista colto, versatile e con un grande talento per la ricerca e la divulgazione.

Io credo che qui da noi Georges Brassens, pur affidato alle intelligenti cure di Nanni Svampa e Fausto Amodei che avevano preferito tradurre quel francese così denso nei rispettivi dialetti o di Beppe Chierici, raffinato interprete ma pochissimo noto, non sarebbe sopravvissuto nella memoria di ognuno, se Fabrizio de Andrè non se ne fosse appropriato, restituendoci condensata in sei brani, tutta l’essenza della sua vastissima produzione. Così come la curiosità per Mutis, Lee Masters, Pivano, Dylan, Coen, nasceva spontanea, essendo sufficiente una sola canzone o un accenno,  per innescarne il dispositivo.  Un tratto questo di generosità intellettuale come di chi  spalanca al prossimo il suo mondo e lo rende disponibile a nuove appropriazioni.

Tutto questo è contenuto nel DVD e in due libri fotografici (ma non solo), curati entrambi da Guido Harari, uno titolato Fabrizio de Andrè Una goccia di splendore, una biografia corredata da foto inedite e appunti  e un altro Evaporati in una nuvola rock in cui interviene anche Franz di Cioccio che è invece il diario collettivo del tour con La Premiata Forneria Marconi. Entrambi davvero belli corposi ed imperdibili.

E chissà che la Fondazione non voglia anche editare le riprese video del Tributo a Fabrizio De Andrè al Teatro Carlo Felice del 12 marzo 2000. Di quell’evento alcune interpretazioni sono presenti nel dvd : Zucchero,Vasco Rossi e Franco Battiato così commosso da non poter ultimare l’esecuzione di Amore che vieni  amore che vai.

Effedià sulla mia cattiva strada è un documentario di Teresa Marchesi prodotto dalla Fondazione de Andrè 2008

Fabrizio de Andrè, Una goccia di splendore è un libro curato da Guido Harari edito da Rizzoli 2008

Fabrizio de Andrè & PFM Evaporati in una nuvola rock è un libro curato da Franz Di Cioccio e Guido Harari edito da Chiare lettere.2008

Paiono traversie…

Paiono traversie…

A nessuno veniva in mente che erano le tre di notte e che era ora di dormire .Si dice sventura , dolori – disse Pierre – ma se ora in questo istante mi dicessero vorresti tornare a essere quello che eri prima della prigionia o soffrire tutto da capo? Per carità, chiederei di nuovo la prigionia e la carne di cavallo. Noi pensiamo che quando siamo spinti fuori dal solito sentiero tutto sia finito per noi : invece è solo lì che comincia il nuovo, il bene. Finchè c’è vita  c’è anche felicità. Nell’avvenire ci sono molte cose. Molte. Questo lo dico a voi –  fece rivolgendosi  a Nataša.

Leone Tolstoj Guerra e pace

Vittorio Foa amava molto questa pagina di Tolstoj in cui Pierre, appena ritornato dalla dura prigionia francese, racconta la sua storia. Amava anche ripetere  Paiono traversie e sono opportunità, il pensiero di Vico che lo aveva accompagnato e sostenuto  per gran parte della sua giovinezza. Nei duri anni di prigionia aveva  proiettato nel futuro la sofferenza e le privazioni del presente. Le aveva vissute non come un patimento da sopportare stoicamente o religiosamente ma ritenendole possibilità quindi scelte. Vittorio Foa ci lascia naturalmente moltissimo della sua lunga esperienza politica, in documenti,  libri e articoli di giornale. Ma lascia anche un’ importante lezione esistenziale, ben sapendo che chi dedica la propria vita all’impegno politico, alle  battaglie civili, incontra sul tragitto grandi ostacoli, momenti di scoramento e disillusione :   Vorrei chiedere una cosa ai ragazzi, di non vedere tutto come un dramma, di non prestare fede a chi vede catastrofi dappertutto. Se possibile usate l’ironia e l’autoironia: esse ci consentono di essere coinvolti e distaccati, di capire e di partecipare.

Ho mischiato le sue parole alle mie, come di chi è riconoscente.

nell’illustrazione Vittorio Foa ritratto da Carlo Levi nel 1935

Un libro necessario

Un libro necessario

goliarda

Sono molto felice del successo, ancorchè postumo, del libro di Goliarda Sapienza L’arte della gioia e del fatto che in virtù di questo sussulto editoriale, si sappia di lei, della sua vita, del suo tragitto, in ogni caso, fuori da tutti i tracciati. Goliarda mi aveva interessata all’inizio degli anni ottanta con un libro che poi si rivelò straordinariamente efficace (e vero) sul carcere, titolato L’ Università di Rebibbia,  racconto in presa diretta su una realtà che è condensato e specchio fedele di conflitti e storture sociali ( questo era, è , sarà, se nulla cambia, la reclusione di cui oggi si intenderebbe fare uso indiscriminato ). Ma più di ogni altra cosa, è stata la spina dorsale della sua scrittura ricca e vitale, il suo punto di vista orgoglioso e ostinatamente dalla parte delle donne a determinare in me la voglia di conoscere il resto della sua produzione artistica. Vennero altri libri, egualmente caratterizzati dall’ampio respiro di una visione del mondo straordinaria e differente e infine, nel 1988 l’Arte della gioia, un’opera costata a Goliarda dieci anni di lavoro, rimasta nel cassetto per altri venti  perchè rifiutata dagli editori e infine pubblicata da Stampa Alternativa e, purtroppo, passata quasi inosservata. Solo nel 2005 dopo essere stata tradotta in Francia per l’editore  Viviane Hamy e aver venduto, in meno di tre mesi, 72.000 copie, diventa un caso letterario. Ma Goliarda è oramai morta. Un epilogo classico. Un tipico nella sua vicenda umana.   Ora, qui da noi, grazie alla pubblicazione con Einaudi, c’è una gara entusiastica a definire il romanzo un Gattopardo o un Horcynus Orca al femminile. Ma non bisogna dar retta :  sono vezzi della critica che lasciano il tempo che trovano. Il fatto vero è che l’Arte della gioia è un’opera come nessun’ altra, talmente originale da rendere inopportuno qualsiasi paragone. Protagonisti  la grande ansia di vita e una commisurata curiosità verso il mondo di Modesta, donna siciliana forte, determinata, consapevole dei suoi desideri e del suo corpo che farà della ricerca del piacere un insostituibile strumento di conoscenza e libertà e una vera e propria Arte. Amerà uomini e donne in un ampliamento del concetto d’amore che ne vede rafforzati i contorni. Mentre sullo sfondo si avvicendano i fatti di cronaca più importanti dell’inizio del secolo scorso – eros e politica sono  connessi e tenuti insieme da un irreprimibile istinto libertario – si materializza anche il raggiungimento della gioia e la difesa della propria libertà; . Un romanzo, com’è stato scritto, che  insegna a desiderare. Dunque : un libro necessario.

La bouillabaisse di Alexandre

La bouillabaisse di Alexandre

Il cuoco di cui alla caricatura, è Alexandre Dumas padre – al quale, come si può vedere,  non vengono risparmiate nemmeno le remote origini Haitiane – rappresentato mentre si dedica alla preparazione di qualcosa che molto rassomiglia alla sua attività di scrittore. E infatti, mentre la bouillabaisse – il complicato, per varietà d’ingredienti e procedure,  brodetto marsigliese di pesce –  sobbolle, lo chef che è in lui,   estrae dalla pentola, per esaminarne il grado di cottura, uno alla volta, moschettieri –  c’è D’Artagnan nel ramaiolo  -  ma si presume anche.. abati, visconti e regali collane con puntali di diamanti, nonchè tulipani tatoo e perfidi cardinali col felino in grembo. Il risultato di quella corvée sarà un’amalgama narrativa da feuilleton, cioè una trappola perfettamente costruita per catturare il lettore. Del resto, Alexandre, un libro di cucina l’aveva pur scritto . E dev’essere stata appunto la gran mole dell’opera, l’eclettismo e quei puntuali riferimenti storici  a insinuare  l’idea,  sin nei contemporanei, che  egli altro non fosse se non il titolare di una bottega di scrittura. Tuttavia, marchio di fabbrica o autore singolo che fosse, motivi per leggerne i romanzi sopravvivono ancora nel piacere di seguire impalcature narrative ben strutturate o per la scrittura un po retrò, così densa, maestosa, fluviale o per l’ innata inclinazione al flash back o quel  talento speciale nel costruire  le attese che precedono il Coup de Théâtre,  espediente così tipico  del  romans à sensation. Tutta un’orchestrazione, insomma,  che ancora  tiene incollato il lettore al racconto, quantunque di quelle storie si siano oramai  realizzati, film, sceneggiati e riduzioni, con conseguente perdita di suspence . Capita dunque a proposito, la traduzione di due inediti – in Italia –  tratti dalla raccolta  Les Crimes célèbres  pubblicata nel 1840, opera in cui vengono ricostruiti alcuni storici delitti – i Borgia, i Valois, i Cenci, Maria Stuarda, l’uomo  della maschera di ferro etc – tutti o quasi accomunati dal tema dell’arroganza e della malvagità del potere che ogni cosa stritola, pur di perseguire i propri scopi. La narrazione di questi casi procede nella consapevolezza vagamente libertaria  e tutta  contemporanea che i grandi crimini più che gesti individuali, sono l’esito naturale di società fondate  sull’iniquità e sull’ingiustizia legalizzata. Un po’ l’appeal dell’attuale noir assurto a letteratura di un certo interesse  per certe appropriate analisi dei contesti      I Due delitti celebri  – Giovanna di Napoli e Nisida edito da Spartacus, non sfuggono a questa considerazione generale espressa peraltro dall’autore nell’edizione francese, mentre una bella introduzione di Giuseppe Montesano titolata  Città che decadono. Etica del raccontare rapido. Donne misteriose. La storia è un incubo. La bellezza è rivoluzionaria e altre divagazioni intorno a Giovanna di Napoli , affronta ripetutamente  il tema della decadenza di Napoli, riuscendo nel tentativo di offrire più di un elemento di riflessione. Una esaustiva nota ai testi di Filippo Bonfante costituisce un valore aggiunto all’insieme. Per gli appassionati del romanzo storico d’antàn, di nobile, pletorica e minuziosa fattura.

Due delitti celebri – Giovanna di Napoli e Nisida è un libro di Alexandre Dumas padre. Introduzione di Giuseppe Montesano. Edizione Spartacus