Sfogliato da
Categoria: Se ne sono andati

De femme fatale qui m’fut fatale

De femme fatale qui m’fut fatale

Elle avait des yeux, des yeux d’opale,
Qui me fascinaient, qui me fascinaient.
Y avait l’ovale de son visage
De femme fatale qui m’fut fatale
De femme fatale qui m’fut fatale

(Jeanne Moreau quitte le tourbillon de la vie)

 

 

Nell’illustrazione  AFP  Libération, Jeanne Moreau dirige Lumière  (1976)

Arduo da vedere il lato oscuro è

Arduo da vedere il lato oscuro è

La piccoletta sullo sgabello osserva da dietro le quinte la mamma che ringrazia il pubblico dopo un’esibizione. Sotto al caschetto, allora detto alla bebè come del resto le scarpine e il cappotto, si intravede un’espressione compiaciuta. Anni dopo, quella ragazzina scriverà che seguire le orme materne è stato interessante.

Interessante è un aggettivo curioso se applicato alla lunga teoria di stati d’animo contrastanti che accompagnarono episodi non sempre lieti.

E infatti  la piccoletta non ci sta alla rappresentazione della madre ingombrante con relativa figlia  fragile, sceneggiatura del resto fin troppo risaputa, da quelle parti come altrove. Così, divenuta a sua volta attrice e autrice, risolverà con ironia quel che sembrava destinato ad essere uno script hollywoodiano come un altro.Ironia pagata a caro prezzo, certo, ma tant’è. Straordinaria Carrie.

E ora che anche a Debbie  è stato presentato il conto finale,  la natura di quel legame è presto detta. Come una buona sceneggiatura che si svela a poco a poco. Madri ingombranti e figlie fragili e viceversa, qualunque sia la combinazione …arduo da vedere il lato oscuro è.

Rope-a-dope (il più grande)

Rope-a-dope (il più grande)

ali defeating williams

Una volta alle corde puoi ancora scegliere di vincere. Anzi, alle corde puoi  decidere di cacciartici da solo. Per vincere.

La tecnica di sfiancare l’avversario – più forte,in quel caso,e più giovane – da una posizione solo apparentemente sfavorevole è raccontata nel dettaglio da Normal Mailer nel suo bellissimo La sfida, cronaca dell’ incontro di Kinshasa , significativo per il contesto in cui avvenne,  ma soprattutto per il confronto tra esponenti di differenti visioni del mondo,  o se si preferisce,  del diverso modo di essere  negri a questo mondo.

Alì vs Foreman. Non a caso.

Non ci era voluto molto ad Alì per diventare il simbolo del riscatto dell’intero continente africano, al povero Foreman, negro pure lui,  non rimaneva altro se non il ruolo di chi ce l’ha fatta ma s’è in qualche modo adeguato al mondo dei bianchi. L’urlo ossessivo della folla Alì boma ye  (Alì uccidilo) può essere utile a definire il clima in cui avvenne l’incontro.

Come si conviene ad ogni autentica leggenda, intorno ad Alì è stato prodotto cospicuo materiale, fiumi d’inchiostro e chilometri di pellicola tra aneddoti, virgolettati, film, documentari, libri, articoli di giornale.

La sua lezione più interessante tuttavia resta quella di Kinshasa :  il  rope-a-dope,  abilità psicologico-atletica che  mira ad indurre l’avversario in errore, schivandone i colpi. Costretto a colpire l’aria, l’antagonista perde forza, si disorienta e infine cede.

La boxe non è solitamente uno sport per signore  ma il martellante entusiasmo con cui la maschietteria di casa aveva ingaggiato la battaglia per assistere all’incontro con Frazier al Madison Square Garden – nel 1974 ci si spostava con meno disinvoltura di adesso – e gli infiniti racconti  del rientro convinsero anche noi femmine che c’era in quell’Alì qualcosa di fuori dal comune.Il che,oltre la boxe, fu vero per il resto dei suoi giorni.E con ogni probabilità dei nostri.

 

(in alto l’epilogo dell’incontro Alì vs Williams del 1966 in una foto famosa )

 

 

Grazie per il Mondo Nuovo (e per tutto il resto)

Grazie per il Mondo Nuovo (e per tutto il resto)

il mondo nuovo

Aveva deciso di non realizzare quel film di troppo che scalfisce la carriera ai cineasti più celebrati e per questo aveva smesso di girare. Ma non di esserci e di dire la sua : un bel libro a fumetti illustrato da Ivo Milazzo,un documentario su Fellini,il suo impegno, la sua parola ovunque fossero richiesti.

Leggeremo che come pochi Ettore Scola ha raccontato questo Paese. Molti lo hanno fatto, qualcuno  anche con grande efficacia, mai però  con quella capacità  speciale nel proporre un metodo di lettura che, fuori da ogni sicurezza auto-celebrativa, approdasse alla consapevolezza piena dei nostri limiti. Che poi è forse la chiave per una possibile ripartenza.

Il tema della fine di un’epoca assai presente in molti suoi film  si è rivelato un terreno particolarmente adatto a descrivere le paure,le nostalgie,le amarezze, le speranze, le disillusioni proprie delle fasi di passaggio.Sentimenti che formavano trama e ordito di vicende raccontate  in grande esattezza di contesti  con quel  talento narrativo che nella piccola storia ti lascia intravedere la Storia.

L’intero suo cinema è stato così : il piacere della visione e il divertimento poggiato su solide basi di scrittura e indagine.

Su precise istruzioni dell’Interessato si dovranno tenere a bada gli istinti celebrativi e la Retorica del Caro Estinto ma..il dispiacere è davvero tanto ed è probabile che non ci si riesca.E poi c’è il senso di gratitudine ad essere ulteriormente molesto.Grazie per Elide, per Antonietta, per Luciana, per Adelaide e soprattutto grazie per Sophie de La Bord.

Grazie per averci aperto gli occhi.