I colori della liberazione
Se tutto si riducesse alle cronache di una stagione pur gloriosa ed esaltante, in breve tempo di questa nostra Lotta di Liberazione rimarrebbe ben poco. Ovvero se ne continuerebbe a discutere nei termini odierni, stucchevoli e superficiali di opposti schieramenti, di componenti, di ragione e di torto, quando non – il massimo dell’ignominia in materia d’indagine storica – di buona o cattiva fede dei contendenti.
Invece qui da noi, oggi si festeggia principalmente la nascita dello Stato Democratico e in particolare si rende merito a quell’assillo antidispotico dei Costituenti – liberale, più che bolscevico – che suggerì loro di porre a presidio dei Valori di Libertà, Eguaglianza, Solidarietà, Rispetto della Persona, Principi quali la divisione dei poteri, la pluralità dei partiti, la tutela delle minoranze e l’ indipendenza della magistratura. Altri spartiacque o coloriture di parti giuste o sbagliate, non sembra d’intravedere, se non l’adesione o meno al modello democratico emerso da quella stagione politica. Modello perfettibile, come ogni cosa di questo mondo ma non negoziabile nella sua struttura di Valori portanti. A meno di voler celebrare un’altra festa.
Il resto delle presunte equidistanze, equiparazioni, geometrie, pesi, misure e dosaggi dei colori della Resistenza, li lasciamo alla politica nella sua versione più deprimente dei discorsi da talk show e delle passerelle acchiappaconsensi.
( Chi nega le strutture sanitarie opponendosi all’esecutività di una sentenza dei giudici supremi, per questioni di credo religioso, non merita di essere annoverato tra i tutori delle libertà costituzionali. Ne consegue che Roberto Formigoni con la Liberazione c’entra come i cavoli a merenda, chi lo ha fischiato, ha fatto cosa buona e giusta, tanto per rimanere in tema)