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Categoria: Obama

Farewell

Farewell

 

Togliamoci il pensiero : questi due ci mancheranno. Belli, patinati, fotogenici, oratori eccezionali entrambi ma sopratutto incarnazione, in ogni loro momento raccontato o fotografato, di un autentico cambiamento.

Di qui a poco in Pennsylvania Avenue arriverà un nuovo presidente e invariabilmente per l’America e per noi tutti si aprirà tutt’altra epoca.

Quella avventurosa di Obama era cominciata così :

Niente di importante è mai accaduto in questo Paese se non quando qualcuno, da qualche parte, è stato disposto a sperare . Ci sono persone disposte a lottare quando si sentono dire «No, non potete», e loro rispondono invece «Sì, noi possiamo». È così che questo Paese è stato fondato. Un gruppo di patrioti che dichiarava l´indipendenza contro il potente impero britannico; nessuno pensava che avessero la minima chance, ma loro hanno detto: «Sì, noi possiamo». È così che schiavi e abolizionisti hanno resistito a quel sistema perverso, ed è così che un nuovo presidente ha tracciato una strada per fare in modo che non rimanessimo metà schiavi e metà liberi. È così che la più grande delle generazioni ha sconfitto Hitler e il fascismo, ed è riuscita anche a tirarsi fuori dalla Grande Depressione. È così che i pionieri sono andati ad ovest quando la gente diceva che era pericoloso; loro dicevano: «Sì, noi possiamo». È così che gli immigrati si sono messi in viaggio da Paesi lontani quando la gente diceva che il loro destino sarebbe stato incerto, «Sì, noi possiamo». È così che le donne hanno conquistato il diritto di voto, i lavoratori il diritto di organizzarsi, è così che giovani come voi hanno viaggiato verso sud per marciare, fare sit-in e andare in galera, e qualcuno di loro è stato picchiato e qualcuno è morto per la causa della libertà. Ecco, così  è  la speranza.

 

Otto anni e due mandati presidenziali dopo, il cerchio si è chiuso con lo slogan di sempre  e con un’idea di speranza e di fiducia che per funzionare deve trasformarsi in Volontà e Impegno :

 

La nostra democrazia è minacciata quando la consideriamo garantita. Quando stiamo seduti a criticare chi è stato eletto, e non ci chiediamo che ruolo abbiamo avuto nel lasciarlo eleggere.

Vi chiedo di avere fiducia, non nella mia capacità di portare il cambiamento ma in voi stessi. Vi chiedo di restare aggrappati a quella fiducia scritta nei nostri documenti fondanti, a quell’idea sussurrata da schiavi e abolizionisti… dagli immigrati… da coloro che hanno marciato per la giustizia, piantato bandiere su campi di battaglia stranieri e sulla superficie della luna. Un credo fondante per ogni americano dalla storia ancora non scritta “yes we can, yes we did, yes we can”. ( sì possiamo, sì lo abbiamo fatto, sì possiamo).

 

Despite differences

Despite differences

 

Combinati come siamo – due scandali a settimana, Parlamento sostanzialmente incapace di venire a capo di alcunché, dibattito politico ridotto a minimi autoreferenziali termini, più tutto un resto fatto di crisi e frantumazione sociale senza che se ne percepisca, in tempi brevi, l’ esito, quel che abbiamo visto la notte scorsa tra Chicago e Boston, ci sembra un irraggiungibile modello e ogni passaggio,dal sistema elettorale, alle dirette televisive, ai rituali della proclamazione, realizzato nel segno di una Grande Democrazia. Quello che, pur con inevitabili zone oscure e laceranti contraddizioni, gli USA effettivamente sono.

 

Ma al termine di una notte di incertezze e  fiato sospeso, Obama non ci ha regalato solo un legittimo momento d’entusiasmo. Nel discorso di ringraziamento – forse il migliore mai ascoltato negli ultimi anni –  ha racchiuso il senso da dare al futuro in un semplice proposito : lavorare insieme per il bene comune. Despite differences. Nonostante le differenze.

 

Al cospetto di un risultato elettorale che disegna un  paese diviso  a metà, a nulla vale inasprire le fratture, men che meno consegnarsi mani e piedi alla stagnazione, l’unica cosa da fare è coinvolgere l’ avversario nella costruzione dei programmi di governo.Come si conviene ad una democrazia compiuta.

Così e solo così può acquistare significato quel The best is yet to come che è piaciuto tanto da essere sulle prime pagine di molti giornali nel mondo.

Buona sorte a lui che ne ha bisogno e a noi che ne apprezziamo l’esempio.

 

(foto da Libération)

 

Aye!

Aye!

L’anno si chiude con il novantaduenne senatore democratico della West Virginia Robert Byrd. Qui sopra lo vediamo all’opera, l’immagine è di qualche anno fa. Prima di Natale, esattamente nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, nonostante fosse molto malato, è stato condotto al Congresso in carrozzella a pronunziare  un voto indispensabile per battere l’ostruzionismo repubblicano e  riportare la legge sulla Sanità alla Camera per l’approvazione.
Con buona pace  dell’avversario politico che,  nella persona di Tom Coburne, senatore dell’ Oklaoma, gli aveva pubblicamente  augurato di morire quella stessa notte, quand’è arrivato il suo turno, Mr Byrd ha alzato la mano in segno di vittoria esprimendo, forte e chiaro, il suo assenso :  Aye ! Ovvero :  Si!

Se oggi  il suo paese si trova alle soglie di un passaggio epocale, lo deve anche a lui, al suo entusiasmo e al suo spirito di servizio.
Robert Carlyle Byrd, col suo curriculum ricco e importante, sebbene  non privo di errori dei quali  ha dovuto dolorosamente fare ammenda, mi fa pensare a quante energie si sono spese nel corso degli ultimi cinquant’anni nel tentativo di  migliorare il nostro paese e allo sperpero in termini di entusiasmo e volontà di cambiamento in cui si è risolto tutto quell’intenso lavorìo.

Ma il tempo che stiamo perdendo – e che probabilmente ancora perderemo –  al palo di un eterno che fare o di sfibranti diatribe intestine, difficilmente potrà essere recuperato. Poiché come si può vedere anche in America, dopo una fase involutiva, nemmeno la volontà di cambiamento espressa con nettezza dal popolo attraverso un voto a dir poco rivoluzionario, riesce a sostenere una Riforma che è stata l’asse portante della Campagna dei democratici ma che , al dunque, passata di mediazione in negoziazione, molto ha perduto del suo spirito originario. Non è perfetta ma può migliorare, ha concluso Obama. Come dire : intanto incassiamo questa, mentre ci rimettiamo in marcia. Quasi li invidio. Per avere raggiunto un obiettivo e per avere uno scopo preciso da perseguire.

Alla fine, non rimane che augurare a noi stessi, anno o non anno nuovo, di riprendere  al più presto il cammino.

 

It’s ok, we’re Americans, we’re here to help you!

It’s ok, we’re Americans, we’re here to help you!


A chi sostiene che la riforma sanitaria costa troppo, Obama – destinatario, in questi giorni, di precoci e, manco a dirlo, iettatori de profundis, per via di due staterelli in cui i democrats hanno preso la tranvata – abitualmente risponde : mai come una guerra.

Un metodo meno dispendioso delle trovate del Pentagono, vedi bestie di Kandahar e altre simili miliardarie diavolerie, tuttavia ci sarebbe. D’acchitto può sembrare più strampalato di una comune teoria del complotto – altra specialità made in USA – ma Jon Ronson autore, mai smentito,  del libro Capre di Guerra che ha ispirato il film assicura che nell’esercito degli Stati Uniti c’è  stata, probabilmente c’è e ci sarà, apposita sezione per la messa a punto di tecniche di potenziamento delle capacità di leggere nel pensiero, attraversare i muri da parte a parte, uccidere gli animali con lo sguardo e via dicendo .

Attività  paranormali dunque in luogo del più classico percorso di guerra, con l’aggiunta di quel tanto di venatura sciamanica da indurre qualche perplessità, ma  solo per un attimo. Poiché tutto è meglio  della tortura e dell’uranio impoverito, vada pure per la corrente di pensiero militar-castanediana. Magari funziona come diversivo.

 

Nel film, il giornalista McGregor, in vena di sensazionalismi da fronte bellico – siamo in Iraq – inciampa in Lynn Cassady, un militare che rivela essere del New Earth Army Usa, un corpo speciale istituito dopo la fine della guerra in Vietnam per la sperimentazione di nuove tecniche di combattimento.

 La ;base irachena di questo corpo è  un segretissimo campo pieno di capre mute, prigionieri in tenuta arancione e soldati strafatti, guidati da un ex hippy che li  addestra, nel più puro stile  New Age, a scambiarsi fiori, a pregare il Sole e a vincere la guerra con baci e tenerezze. Trattasi di individui, in grado di diradare le nuvole col colpo d’occhio e di piegare le forchette con la forza del pensiero ma soprattuttodi ridurre in cenere, qualsiasi forma di militarismo, disciplina, gerarchia, machismo. Quando gli americani sono in guerra tutto può succedere sembrano recitare il sopra, il di lato, e il sottotesto.

 

Ben congegnato il gioco dei flashback e brillante la sceneggiatura . Cosa c’entrino però  le capre e che fine faranno, lo si saprà vedendo questa corrosiva – una gag via l’altra –  commedia antibellica, perfettamente diretta da Grant Heslov coproduttore insieme a Clooney, per la di loro ( e d’altri amici)  Smokehouse, impresa friccicarella ( lunga vita!) che prende il nome dalla tavola calda vicina alla Warner Bros, meta abituale di Clooney ai tempi di ER.

E a proposito di Clooney che abbandonate le facce e faccette delle conferenze stampa e le risposte spiritose a certe;grossolanità di alcuni intervistatori, diventa un attore al servizio delle storie che racconta, pieno di talento, sensibilità e sfumature – qui fa un gioco d’occhi memorabile, o di Jeff Bridges – il grande Lebowski – perfetto nella parte dello Jedi – il saccheggio di  Guerre Stellari è poi accuratamente spiegato in sceneggiatura – e degli altri, da Kevin Spacey a Ewan McGregor – tutti compenetrati nel ruolo di soldati,  pronti a salvare il mondo attraverso questa sorta di guerra telepatica, strafalciona e un po’ sui generis….

L’uomo che fissa le capre è un film di Grant Heslov del 2009, con Ewan McGregor, George Clooney, Kevin Spacey, Robert Patrick, Jeff Bridges, Stephen Root, Stephen Lang, Glenn Morshower, Rebecca Mader, Nick Offerman. Prodotto in Gran Bretagna, USA. Durata: 93 minuti. Distribuito in Italia da Medusa

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Hard work

Hard work

 

Togliamoci subito il pensiero : Lui balla come un orso ubriaco e lei con quella redingote canarino un po’ saccocciona se la batte in sobrietà solo con il cappello di Aretha Franklin. Sull’abito bianco con applicazioni bomboniera indossato nelle feste dell’insediamento , invece stendiamo un vel pietoso.

Ovvero : e chi se ne frega. Ci sarebbe mancato altro che – protocollo a parte – uno che sta per annunciare al Paese e al mondo, di voler ricondurre parte della produzione in USA, esibisse una moglie in abiti francesi o italiani.

Evasa la pratica “troviamo un difetto ad Obama e alla sua famiglia”, possiamo compiacerci di pensarla, per  una volta almeno, come i tre quarti della stampa planetaria : il discorso è stato, per la parte programmatica, ineccepibile. Chi cercava elementi di discontinuità con l’amministrazione precedente, non ha durato fatica a trovarne in un differente modo di concepire il tema della sicurezza, nelle intenzioni dialoganti con il mondo islamico, in quel porre l’accento sull’uguaglianza come origine di civiltà e di progresso.

Saltati a piè pari i  passaggi retorici – che sono come la redingote sciovinista : inevitabili –  la richiesta nemmeno troppo insistente, dell’intervento divino – ma quella è una nazione che il potere temporale non sa nemmeno cosa sia e  dunque se lo può permettere – si può dire che Obama abbia tirato le fila dei temi trattati nella lunga campagna elettorale.

Tutto qui ? Si domanda l’unico Editoriale italiano in controtendenza. Certo sono mancate le barzellette e le battute un po’ grossier, allusioni e ammiccamenti nemmeno l’ombra. Parterre di belle donne, non pervenuto. E pure nella cosidetta squadra, solo persone d’esperienza e comprovata capacità. Manco una star. Tutto qui?

Tutto qui  : in quanto detto e nei provvedimenti già assunti, e in quell’ hard work ( il cospicuo versante calvinista di colei che qui scrive, ha tanto apprezzato). Un duro lavoro ci attende.

E qui non si può far a meno di tornare con la mente agli sciampagnoni nostrani, quelli che un paio di punti di Pil in meno o in più…e fa lo stesso, quelli che è Natale!! …e consumate, mi raccomando e infine quelli che ce la faremo anche se, a tutt’oggi,  non si è capito bene come.

Obama senza doppiopetto Caraceni a tutte le ore, senza sorriso a mille denti stampato perennemente sulla faccia, senza trucco e senza inganno (e con una cravatta a fiocco per la sera, da passare per le armi chi gliel’ha annodata), impartisce lezioni di stile. Stile in Politica s’intende. Il resto delle considerazioni dal tutto qui? in poi,  se non fossero gravi, sarebbero fuffa. Anzi noia.