Hard work

Hard work

 

Togliamoci subito il pensiero : Lui balla come un orso ubriaco e lei con quella redingote canarino un po’ saccocciona se la batte in sobrietà solo con il cappello di Aretha Franklin. Sull’abito bianco con applicazioni bomboniera indossato nelle feste dell’insediamento , invece stendiamo un vel pietoso.

Ovvero : e chi se ne frega. Ci sarebbe mancato altro che – protocollo a parte – uno che sta per annunciare al Paese e al mondo, di voler ricondurre parte della produzione in USA, esibisse una moglie in abiti francesi o italiani.

Evasa la pratica “troviamo un difetto ad Obama e alla sua famiglia”, possiamo compiacerci di pensarla, per  una volta almeno, come i tre quarti della stampa planetaria : il discorso è stato, per la parte programmatica, ineccepibile. Chi cercava elementi di discontinuità con l’amministrazione precedente, non ha durato fatica a trovarne in un differente modo di concepire il tema della sicurezza, nelle intenzioni dialoganti con il mondo islamico, in quel porre l’accento sull’uguaglianza come origine di civiltà e di progresso.

Saltati a piè pari i  passaggi retorici – che sono come la redingote sciovinista : inevitabili –  la richiesta nemmeno troppo insistente, dell’intervento divino – ma quella è una nazione che il potere temporale non sa nemmeno cosa sia e  dunque se lo può permettere – si può dire che Obama abbia tirato le fila dei temi trattati nella lunga campagna elettorale.

Tutto qui ? Si domanda l’unico Editoriale italiano in controtendenza. Certo sono mancate le barzellette e le battute un po’ grossier, allusioni e ammiccamenti nemmeno l’ombra. Parterre di belle donne, non pervenuto. E pure nella cosidetta squadra, solo persone d’esperienza e comprovata capacità. Manco una star. Tutto qui?

Tutto qui  : in quanto detto e nei provvedimenti già assunti, e in quell’ hard work ( il cospicuo versante calvinista di colei che qui scrive, ha tanto apprezzato). Un duro lavoro ci attende.

E qui non si può far a meno di tornare con la mente agli sciampagnoni nostrani, quelli che un paio di punti di Pil in meno o in più…e fa lo stesso, quelli che è Natale!! …e consumate, mi raccomando e infine quelli che ce la faremo anche se, a tutt’oggi,  non si è capito bene come.

Obama senza doppiopetto Caraceni a tutte le ore, senza sorriso a mille denti stampato perennemente sulla faccia, senza trucco e senza inganno (e con una cravatta a fiocco per la sera, da passare per le armi chi gliel’ha annodata), impartisce lezioni di stile. Stile in Politica s’intende. Il resto delle considerazioni dal tutto qui? in poi,  se non fossero gravi, sarebbero fuffa. Anzi noia.

 

12 pensieri riguardo “Hard work

  1. chi avrebbe mai detto che avremmo guardato agli usa con speranza?!

    …e speriamo!

    k.

    però sei cattiva sulla mise della First, no non è Jakie, per fortuna!

  2. Invece sono deliziata, in realtà Aretha è la migliore rappresentazione di entusiasmo e appagamento afroamericano, mai visto.

    E anche la sora Michelle..l’ho trovata molto se stessa.

    (Ti prego di annotare l’orecchino di Aretha delle dimensioni di un’oliva ascolana, per i tuoi prossimi impegni mondani )

  3. fa un po’ regina madre, Aretha, ma va bene così. Il volto dell’America, un po’ cafonal se vogliamo, ma meglio che Chanel, che Jackie lo portava anche al funerale. Altri tempi, ora rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare, questo il messaggio.

    Da noi no, c’è aria strana…

    e la gente rideva e cantava

    e parlava di calcio nei bar.

    Sai com’è, l’importante è Kakà che è rimasto al Milan, il resto cosa vuoi che sia

  4. E mica ce l’hanno da Chanel la taglia di Aretha…e manco gliela farebbero…Madamoiselle C. si catapulterebbe fuori dalla fossa schizzando veleno.

    Del resto era inevitabile che l’attenzione si appuntasse sull’esteriorità e che si applicassero criteri europei come europei sono gli stilisti che li hanno invasi.

    Invece hanno fatto bene a rivendicare la loro identità e i loro coutourier un po’ saccoccioni.

    Se devono rilanciare il mercato nazionale…

  5. in effetti anche Laura Bush aveva scelto questo registro, un po’ minimal, con la sua mise grigio pirla.

    Il passaparola evidentemente era l’american fashion.

  6. E’ la regola.

    Questo è uno dei motivi per cui Diana Spencer ha cominciato a sembrare una persona normale dopo che ha smesso di fare la principessa del Galles.

    Prima era obbligata allo stilista nazionale, infatti andava in giro vestita da marinaretta o da meringa, sorvolo sui cappelli. La modista di sua maestà britannica ha un negozio che pare Disneyland ( molto bello peraltro)

  7. Ma chi se ne frega degli abiti.
    quegli sguardi innamorati e quel sorriso ahhhhhh
    la signora G. che nonostante gli anni si è sentita tanto romantica.

  8. Alla fine della fiera, una Lady non è mai First, fa parte anche lei del disegno presidenziale.

    Michelle incoraggia l’autarchia esattamente come Farah Diba sostenne la causa dell’occidentalizzazione dell’allora Persia, indossando Dior alle nozze.

    E noi che avevamo sperato di vedere finalmente un First Gentlemen, dovremo aspettare….

  9. In effetti, per le nostre esportazioni, la chiusura in se stesso, prevista da parte del mercato americano non sarà una bella prospettiva, ma del resto…è normale che agiscano così!!

    Eh eh, Aretha spaccava lo schermo!!! Bellissima….;-)

    E giusto la redingote giallo-canarone poteva competere….

    Il commentatore Un damascato in punta di dorato…” ( ah ah ah).

    Comunque, in bocca al lupo al nuovo Presidente ( e speriamo che il peso dell aspettative non sia soverchio!)

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