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Categoria: La fabbrica del cinema

Un festival normal (et la recherche du cinéma perdu)

Un festival normal (et la recherche du cinéma perdu)

 

 

 

 

On trouve  tout à la Samaritaine (Aimez-vous Carax?)

 

 

Gli chiedono dei riferimenti – il film ne è pieno – e lui risponde che li odia. Lo incalzano con la tiritera dell’essere compreso e lui ribatte che vuol essere solo “visto” –  essere amato lo rende lieto ma insomma non è quello il punto – se non ci fosse stato Denis Lavant a parlare del rapporto privato che s’instaura tra un cineasta e il suo pubblico sarebbe finita a monosillabi seguiti da imbarazzanti silenzi.Non va tanto meglio con le note di regia.Né col press book, forse è meglio non sapere nulla prima di avere visto. Forse è meglio godersi questo viaggio (al termine della notte? L’autista casualmente si chiama Celine) C’è una limousine -bodoir – camerino –  office, dalla quale Oscar, un uomo d’affari con nove appuntamenti in agenda , esce ogni volta con un travestimento differente e che ad un certo punto entra in collisione con un ‘altra limousine dove c’è una donna impegnata in analoga attività.Si ritroveranno a la Samaritaine – grande magazzino nei pressi di Pont Neuf chiuso per ristrutturazione – ai piedi dell’imponente elegantissima scalinata art nouveau tra manichini avvolti nel cellophane o buttati in terra come cadaveri. Le cinéma – sostiene Carax – est comme une île, une belle ile, avec un grand cimetière. Quand on fait un film, on fait du cinéma.  Se la domanda fosse : dove va il cinema? La risposta potrebbe essere nell’opera mirabolante di questo artista a tutto tondo. Palma d’oro per giurie molto coraggiose.

 

 

 

 

Ex Dogma

 

 

Suonerà strano ma la storia di Klara, bambina di cinque anni  che sentendosi respinta dal proprio insegnante si vendica   accusandolo di molestie è meno inusuale di quanto sembri.  Genesi di una psicosi collettiva che resiste ai chiarimenti processuali alimentando comportamenti violenti e persecutori nei confronti  di una persona della quale si è stabilita l’innocenza e di come i bambini condizionati da certe atmosfere malsane tendano a mentire e a comportarsi secondo le aspettative degli adulti. Film profondamente danese del regista di Festen  e seguace di Dogma Thomas Vintenberg. Titolo italiano : la Caccia (qualche difficoltà nelle vendite ma poi è andata)

 

 

 

Saluti Vulcaniani ( Cronenberg grande anche quando sembra lo sia un po’ meno)

 

 

Si conferma la tendenza planetaria (oltre che dell’uso di limousine come camper)  delle trasposizioni letterarie – il che significa un cinema sempre più parlato –  è il caso di Cosmopolis  fondamentale, non fosse altro per i tratti  premonitori di scenari apocalittico finanziari, testo di Don De Lillo – presenza oltretutto emozionante accanto a Cronenberg in conferenza stampa –  che gli sceneggiatori hanno poco rimaneggiato – brani alla mano, ci sono dialoghi riportati pari pari – e sul quale lo stesso De Lillo poco ha eccepito,non avendo messo mano allo script e trovando il film  perfetto così com’è. Anche qui c’è una limousine con a bordo un giovane tycoon e un viaggio da tregenda per raggiungere il proprio barbiere all’altro capo di una New York proprio nel giorno in cui il Presidente è in città e sta succedendo di tutto tra masse di diseredati in marcia,scontri  e  lanci di topi morti.La limousine nel frattempo è una specie di piccolo mondo all’interno del quale il miliardario governa un avvicendarsi in entrata e uscita di mogli, clienti, collaboratori, amanti, medici per un ecodoppler al volo e via dicendo – rappresentiamo un mondo che non ha alcun senso e che ha bisogno di essere purificato, aveva precisato Cronenberg più generoso nelle spiegazioni di tanti altri – Evocazione in grande stile dello spettro del Capitalismo con citazioni dirette dal Capitale di Marx.

 


 

 

 

 


Un festival normal (retour, amour, foi, espoir, charité e molto altro)

Un festival normal (retour, amour, foi, espoir, charité e molto altro)

 

 

 

 

 

 Ogni considerazione dura e coerente sulla gerontocrazia del cartellone è filata via liscia fino alle visioni di film incantevoli, opera di vecchi  autori ma con  un’idea di cinema  innovativa e seducente. Vous n’avez encore rien vu aveva promesso Resnais. E così è stato, non solo per il suo film. Ogni paragone con le nuove generazioni dopo non ha avuto più gran senso come pure le  graduatorie.Del resto era impossibile per un selezionatore rinunziare ad Haneke, Kiarostami,Resnais.Non a queste  opere :


 

 Basta maltrattare Kiarostami

…e perché non racconta storie iraniane – indovina un po’? – e perché gira in Giappone e perché qui il finale non c’è e lì manca l’inizio e perché dopo il Sapore della ciliegia e Sotto gli ulivi ci si sarebbe aspettati chessò…un delicato poema …e via dicendo. Like someone in love è un film straordinariamente elegante, una storia che in mano a chiunque sarebbe diventata: studentessa-escort orribilmente fidanzata con piccolo despota geloso incontra anziano cliente paterno.Invece no. Coup de foudre (e al cuore di chi scrive) per lo sguardo rispettoso del regista,la recitazione impeccabile e per aver appreso che il produttore per realizzare il film ha venduto un quadro di Klein.Separarsene dev’essere stato doloroso. 

 

 

Vous n’avez rien vu

La compagnia di attori di Antoine d’Anthac viene convocata dopo la di lui  morte per assistere al filmato della rappresentazione di Orfeo e Euridice. Volontà del defunto e testamento artistico – non quello di Resnais, come ha tenuto a precisare l’interessato – Venticinque attori ovvero il meglio del teatro e del cinema francesi si contendono un testo in un gioco di specchi sottile e raffinato.Il più sperimentale dei film di questa tornata viene dal novantenne qui sopra ritratto in entusiastico atteggiamento.Un uomo per cui si inventano premi speciali con motivazioni che parlano di contributo essenziale alla storia del cinema.(la palma del mio cuore)

 

 

Amore (coniugale)

Haneke – pluridecorato e favorito  nelle quotazioni degli allibratori  che mai ci azzeccano –  con il suo Amour spalanca le porte di un appartamento parigino in cui si consuma  il dramma del distacco definitivo tra due anziani coniugi. Aveva chiesto a Jean Louis  Trintignant e Emanuelle Riva che la sofferenza risultasse credibile ma non patetica nella rappresentazione antiromantica dell’ Amore Vero .Il risultato è un film emozionante – come non ci si aspetterebbe da Haneke – ben scritto e intensamente recitato da due attori sublimi .Due ore e passa di grande cinema. E chissene frega della gerontocrazia.

 

 

 

Metafora 

non è  propriamente la definizione più adatta a Reality, racconto,al contrario, esplicito, abile nel rendere Napoli senza semplificazioni passando con realistica disinvoltura  dai palazzi seicenteschi mezzo cadenti  alla sfacciataggine dei parchi acquatici o degli outlet o nel mettere in scena la parabola di certe piccole rovinose ambizioni.Garrone rispettoso della migliore tradizione cinematografica ne ripropone le situazioni adattandole al contesto e se è vero che in una fila di aspiranti attori a Cinecittà è fin troppo facile ritrovare Visconti è altrettanto vero che le atmosfere felliniane in cui è immerso il racconto sono le più adatte a definire lo spirito della città.Lieto sciamare del cast quasi al completo sulla croisette tra conferenza e photocall .Tapis rouge trionfale, allegro, elegantissimo del medesimo.

 

 

 

 

Sugar mamas

Così i  giovani africani chiamano le attempate turiste europee in cerca di erotismo un tanto al chilo.Turismo sessuale dunque per questo Paradise love, non dissimile per volgarità e arroganza da quello classicamente inteso della compravendita di ragazzini. Film intenzionalmente  repellente disgustoso e irritante dell’arrabbiatissimo – e come dargli torto – Ulrich Seidl, austriaco come le protagoniste – bravissime attrici – delle quali esibisce in egual misura solitudine,disperazione e corpi in sovrappeso.Vagamente misogino anche se questo comperarsi attenzioni è molto costruito sull’imitazione del maschio.Gran monito per chi abbia intenzione di un viaggio in Africa comprensivo di giro sulle giostre col prestante Keniota.Non lo fate, tristezza e ridicolo sono un pedaggio troppo alto da corrispondere alla disperazione. Meglio sole.

 

Continua (mentre tutto  è pioggia pioggia pioggia e Francia)

 

 

 

 


 

 

Un festival normal (l’aggiornamento vien di notte)

Un festival normal (l’aggiornamento vien di notte)

 

Le président du jury, l’Italien Nanni Moretti :

Insediatosi al Gray d’Albion – niente Carlton, siamo sobri – e rilasciata un’ intervista a Libè destinata a rimanere unica almeno fino alla fine del Concorso, il presidente du jury occupa da un paio di giorni ogni tipo di cronaca per aver imposto lo stile Conclave ad un andamento spensierato che, negli anni scorsi, tra quotazioni dei bookmakers, interviste, esternazioni, balli, canti e ammicchi aveva fatto carta straccia della riservatezza, elemento indispensabile ad accompagnare ogni decisione che si rispetti. Le raccomandazioni – tre –  peraltro uguali a quelle di Venezia 2001, salvo abrogazione di una quarta sulla partecipazione alle feste delle produzioni,sono apparse troppo severe e ciò con buona pace dei soliti maligni  sempre pronti a sostenere come non sia del tutto inutile ricordare ai giurati che i film vanno visti per intero, che le riunioni non si disertano e che alle proiezioni pubbliche è  meglio non applaudire. 

C’è un giudice a Cannes.

Ouverture  :

Affidata come meglio non si sarebbe potuto a Wes Anderson e al suo tradizionale reliquiario di magnifiche ossessioni – dal cast stellare allo stile narrativo meticoloso e mai fine a se stesso – coadiuvato nella scrittura da Roman Coppola realizza questo Moonrise Kingdom ,fuga romantica dalla famiglia ( o dall’assenza della medesima) di due problem kids inseguiti, sceriffo Willis in testa,  da un’intera comunità.Tenero racconto del primo amore vissuto in un malinconico  e disfunzionale universo di adulti.

Non sarà un festival per donne..

ma Marion Cotillard mette a segno l’ interpretazione difficile, cioè a dire : intensa e non compassionevole di una donna che perde le gambe ma non la voglia di vivere in De rouille et d’os, film dell’habituee di Cannes Jacques Audiard. E Kathryn Bigelow ha presentato al Marché il suo Zero Dark thirty sui Navy Seals che fecero l’impresa (di catturare e uccidere Bin Laden).

Biografie:

A Roman Polanski  – Roman Polanski a film memoir di Laurent Bouzereau – e a Woody Allen – Woody Allen a documentary di Robert B. Weide – sono dedicati questi due belle biografie in forma di documentario. Taglio drammatico per il primo, esilarante per l’altro. Entrambi da non perdere.

Polemiche (non stucchevoli) :

Yousry Nasrallah preferirebbe che il suo  Après la bataille  non fosse venduto in Israele che considera un paese non in linea con le attuali aspirazioni del popolo egiziano.  Comprensibile – sebbene le vendite non dipendano dalla sua volontà – desiderio ma eventuale  perdita per il pubblico israeliano di un film  di grande efficacia proprio nel momento in cui  racconta lo scontro/incontro tra due universi – lealista e rivoluzionario –  incomunicabili.Quanto di meglio ci si potrebbe attendere in una sala di Gerusalemme.

Domani (oggi)

Reality !

 

 

Greetings from Rome

Greetings from Rome

 

E va bene : tra via Garibaldi e via dei Panieri pare che abbiano dato la cera al pavè, pettinato gli alberi e sistemato i vasi dei fiori :  non un sacchetto della differenziata, un motorino abbandonato, una foglia secca o un bruscolo e grazie ad una particolare scelta di  filtri  l’intera città sembra immersa nell’arancione (in un eterno colore d’estate?).

 

C’è sempre qualcuno che rimprovera a Woody Allen di non essere abbastanza neo – o  post – realista, pretesa assurda visto il regista e il tipo di storie che preferisce raccontare. E che sarebbe magari improprio ambientare tra le cartacce e il degrado di Torbellamonaca. To Rome with love non sfugge al tic demolitorio  di chi vorrebbe che i fasti della creatività fossero celebrati in ogni fotogramma.Quindi, nessuna sorpresa se anche in questa circostanza non sono mancate allusioni al luogo comune, alla cartolina, alle situazioni un po’ macchiettistiche e in buona sostanza ad una mancanza d’idee che oramai da tempo affliggerebbe il Genio.

 

Allora mettiamola così : abbiamo un americano a Roma che – come ti sbagli –  ama Trastevere e il cinema italiano degli sceicchi bianchi e dei vigili in servizio a piazza Venezia,  al quale non è sfuggita affatto l’aria che tirava (e forse ancora tira) l’estate scorsa mentre girava un film che avrebbe volentieri titolato Nero FiddledBop Decameron se a qualcuno non  fosse venuto il dubbio che Boccaccio non sia abbastanza conosciuto qui da noi.

 

Visione superficiale?Stereotipizzata della città? Forse. Ma questa  è esattamente l’idea che Roma suggerisce ad un qualsiasi  americano a Roma . Basterebbe un giro tra la dilagante comunità trasteverino-newyorkese  di via dei Panieri e limitrofe per rendersene conto.

 

Largo quindi alla prostituta simpatica e di buon cuore in rosso Almodovar,al modesto impiegato colpito da improvvisa notorietà, all’Opera lirica, all’impresario di pompe funebri con voce tenorile ma solo sotto la doccia, all’americano arrivato dove voleva (proiettivo e nostalgico) e a quello che deve arrivare (vagamente pecione e con le idee confuse) ma anche largo all’ironia,al divertimento,alla bellezza, alla cialtroneria e al disorientamento di questa città, idealizzata come del resto tutte le altre, secondo Allen (non vedo perché l’eventuale cartolina  dovrebbe risultare offensiva).

 

Abile  miscuglio di stili e atmosfere – il che è bene – per una pletora di attori in gran parte italiani impegnati in parti, particine e brevi apparizioni (con gran turbamento della critica per certe scelte,come se per dire il pranzo è servito ci volesse ogni volta Meryl Streep) e bella prova di Alec Baldwin,Jesse Eisenberg e Judy Davis.Oltre che di Allen stesso.

 

E siamo anche d’accordo che To Rome with love non è Manhattan,non è Annie e soprattutto non è Interiors –  il filone europeo senza europa di cui sembra  imprescindibile avvertire la mancanza –  ma uno non può passare la vita a fare il genio, soprattutto non può lavorare perennemente condizionato da soffocanti aspettative di nuovi Interiors,nuovi Settembre, nuove Pallottole su Broadway.Come se quell’ispirazione potesse riproporsi ogni volta con facilità.


La verità è che a Woody Allen piace lavorare.Spendersi e non centellinarsi. Da questa sua ferma determinazione sono nati buoni film e qualche capolavoro.Il resto sono gradevoli visioni, in genere ben scritte e decorosamente confezionate.Avercene. Roma ha già ringraziato durante le riprese.Figuriamoci se non ringrazia adesso.

 

 

 

To Rome with Love è un film a colori diretto da Woody Allen e interpretato da Woody AllenAlec BaldwinRoberto Benigni,Penelope CruzJudy DavisJesse EisenbergGreta Gerwig,Ellen PageAntonio AlbaneseFabio Armiliato.
Prodotto nel 2012  e distribuito in Italia da Medusa

 

Vous n’avez encore rien vu

Vous n’avez encore rien vu

Cronenberg – padre e figlio, giudiziosamente inseriti, il primo in Concorso, il secondo in Un certain regard –   e ancora Haneke, Vinterberg, Carax, Loach, Hillcoat, Daniels ,Kiarostami, Resnais, il nostro Garrone – con Bertolucci e Argento fuori concorso –  sono  solo parte  di una generosa selezione  – ancora da rifinire avvertono Thierry Fremaux  e Gilles Jacob che in questi anni ci hanno abituati a sorprendenti inserimenti last minute –

 

Insomma, mentre altrove l’unico pensiero sembra essere quale presidente – mai quale Progetto,ovvero :chi sostenuto da quali forze politiche –  sistemare ai vertici delle principali Rassegne, a Cannes i moventi  restano mostrare il Meglio del Cinema e far funzionare il Marché du film  secondo lo slogan  efficacité, visibilité, opportunité.Anche qui si cerca di aver ragione della crisi.

 

Non a caso è questo il più importante evento cinematografico al mondo.

 

Affiche dedicata a Marilyn nel cinquantenario della morte. Solido cartellone. Prestigiosa giuria, degnamente presieduta. Titolo del post in omaggio al film di Resnais – novantenne regista del cuore – e augurale di cose mai viste, missione principale del Cinema quando è Cinema. Pronti a partire,mi sembra.

 

 

 

Nell’illustrazione il manifesto ufficiale della mostra realizzato da Bronx (Parigi) da una foto  di Otto L. Bettmann