Greetings from Rome

Greetings from Rome

 

E va bene : tra via Garibaldi e via dei Panieri pare che abbiano dato la cera al pavè, pettinato gli alberi e sistemato i vasi dei fiori :  non un sacchetto della differenziata, un motorino abbandonato, una foglia secca o un bruscolo e grazie ad una particolare scelta di  filtri  l’intera città sembra immersa nell’arancione (in un eterno colore d’estate?).

 

C’è sempre qualcuno che rimprovera a Woody Allen di non essere abbastanza neo – o  post – realista, pretesa assurda visto il regista e il tipo di storie che preferisce raccontare. E che sarebbe magari improprio ambientare tra le cartacce e il degrado di Torbellamonaca. To Rome with love non sfugge al tic demolitorio  di chi vorrebbe che i fasti della creatività fossero celebrati in ogni fotogramma.Quindi, nessuna sorpresa se anche in questa circostanza non sono mancate allusioni al luogo comune, alla cartolina, alle situazioni un po’ macchiettistiche e in buona sostanza ad una mancanza d’idee che oramai da tempo affliggerebbe il Genio.

 

Allora mettiamola così : abbiamo un americano a Roma che – come ti sbagli –  ama Trastevere e il cinema italiano degli sceicchi bianchi e dei vigili in servizio a piazza Venezia,  al quale non è sfuggita affatto l’aria che tirava (e forse ancora tira) l’estate scorsa mentre girava un film che avrebbe volentieri titolato Nero FiddledBop Decameron se a qualcuno non  fosse venuto il dubbio che Boccaccio non sia abbastanza conosciuto qui da noi.

 

Visione superficiale?Stereotipizzata della città? Forse. Ma questa  è esattamente l’idea che Roma suggerisce ad un qualsiasi  americano a Roma . Basterebbe un giro tra la dilagante comunità trasteverino-newyorkese  di via dei Panieri e limitrofe per rendersene conto.

 

Largo quindi alla prostituta simpatica e di buon cuore in rosso Almodovar,al modesto impiegato colpito da improvvisa notorietà, all’Opera lirica, all’impresario di pompe funebri con voce tenorile ma solo sotto la doccia, all’americano arrivato dove voleva (proiettivo e nostalgico) e a quello che deve arrivare (vagamente pecione e con le idee confuse) ma anche largo all’ironia,al divertimento,alla bellezza, alla cialtroneria e al disorientamento di questa città, idealizzata come del resto tutte le altre, secondo Allen (non vedo perché l’eventuale cartolina  dovrebbe risultare offensiva).

 

Abile  miscuglio di stili e atmosfere – il che è bene – per una pletora di attori in gran parte italiani impegnati in parti, particine e brevi apparizioni (con gran turbamento della critica per certe scelte,come se per dire il pranzo è servito ci volesse ogni volta Meryl Streep) e bella prova di Alec Baldwin,Jesse Eisenberg e Judy Davis.Oltre che di Allen stesso.

 

E siamo anche d’accordo che To Rome with love non è Manhattan,non è Annie e soprattutto non è Interiors –  il filone europeo senza europa di cui sembra  imprescindibile avvertire la mancanza –  ma uno non può passare la vita a fare il genio, soprattutto non può lavorare perennemente condizionato da soffocanti aspettative di nuovi Interiors,nuovi Settembre, nuove Pallottole su Broadway.Come se quell’ispirazione potesse riproporsi ogni volta con facilità.


La verità è che a Woody Allen piace lavorare.Spendersi e non centellinarsi. Da questa sua ferma determinazione sono nati buoni film e qualche capolavoro.Il resto sono gradevoli visioni, in genere ben scritte e decorosamente confezionate.Avercene. Roma ha già ringraziato durante le riprese.Figuriamoci se non ringrazia adesso.

 

 

 

To Rome with Love è un film a colori diretto da Woody Allen e interpretato da Woody AllenAlec BaldwinRoberto Benigni,Penelope CruzJudy DavisJesse EisenbergGreta Gerwig,Ellen PageAntonio AlbaneseFabio Armiliato.
Prodotto nel 2012  e distribuito in Italia da Medusa

 

9 pensieri riguardo “Greetings from Rome

  1. E infatti ho già letto peste e corna, a cui hanno aggiunto per soprannumero pure Midnight in Paris (che a me è piaciuto moltissimo, invece).
    Quello che rimproverano a Woody è proprio che non si ferma, che ha sempre qualcosa da raccontare.

  2. Un sacco di giovani attori hanno avuto un’occasione, credo, unica nella loro carriera.
    Per il resto della quale continueranno probabilmente a fare stupide fiction.
    Perché li dobbiamo uccidere?

  3. In effetti non capisco le critiche che sono piovute addosso al film. Si rimprovera Allen di aver dato di Roma un’immagine stereotipata, non corrispondente al vero. Ma lui ha SEMPRE fatto così: con Londra, Barcellona, Parigi ed anche la stessa New York…

  4. Escludo che ad Allen possa sfuggire di mano una situazione o uno stereotipo,inoltre le città idealizzate sono tali…diciamo perchè si prestano parecchio.
    Quindi ogni cosa è calcolata,voluta.
    Del resto anche i “genii” si prestano alle demolizioni,succedeva con Visconti,con Fellini, con De Sica quando tutti volevano rivedere, in ogni film, Rocco o la Dolce Vita o Ladri, cosa impossibile,l’ispirazione non può essere sempre la stessa,diverse sono le situazioni gli stati d’animo e anche i momenti storici.
    Oramai i critici che ti sostengono nella comprensione di un film sono quasi tutti defunti.Rimangono solo quelli che ti parlano dei loro gusti,spesso non impeccabili o che si divertono a fare i colti demolendo qualcuno che nel momento in cui è consapevole di quel che ha fatto è…”indemolibile”.
    600 copie,questa è la realtà…

  5. Esattamente. E lo stesso si può dire della colonna sonora. Davvero vogliamo pensare che Allen – il quale è un profondo conoscitore di un milione di canzoni che vanno dai primi del secolo scorso agli anni 60 – non abbia saputo scovare nulla di meno immediatamente riconoscibile che non il “Volare” di Modugno?

  6. Insomma, se ben comprendo la tua interpretazione del film di Allen, nella sua trasfigurazione di Roma c’è tutto l’immaginario degli americani per la nostra capitale…. Posso accettare tale “difesa” solo nella misura in cui da agli americani degli “stupidi” ed ignoranti: di fatti, almeno per quanto ho capito dalla recensione della Pardo, gli stereotipi sono tali e tanti da far letteralmente cadere le braccia!
    Posso capire che un artista trasfiguri la sua percezione della realtà, ci mancherebbe!, ma da qui a farne un cliché credo ce ne passi. In definitiva, ti do anche ragione, non è neppure colpa di Allen quanto piuttosto di un’immagine di Roma (e dell’Italia) ferma ad un modello antiquato.
    Ma allora tanto valeva fermarsi alla “pazza storia” di Mel Brooks….

  7. Ma…in realtà anche il nostro immaginario spesso riduce l’America ad un clichè di grattacieli, intellettuali dell’upper class o al limite di paesotti di provincia con casette e graziosi giardinetti.
    In questo, il cinema ci mette del suo.Ha responsabilità non indifferenti.
    Non intendevo offendere gli americani, secondo me non sono ne’ stupidi ne’ ignoranti ma solo condizionati come noi tutti da mezzi assai potenti come il cinema.Tanto per dire.
    Quel che volevo sottolineare è che Woody Allen è perfettamente consapevole dell’operazione “trasfigurante” e che quindi è inutile marcare come inopportuno quello che infine è uno stile narrativo.
    Nemmeno Manhattan era (è) come lui ce la racconta.Ne’ esistono in natura famiglie come quelle descritte in Interiors.
    E’ il cinema.Dove si usa l’incredibilmente finto per raccontare storie con un fondo di verità. Che bella cosa.

  8. D’accordo.
    Comunque, anche per mantenerti indenne da eventuali critiche, preciso che semmai ero io a voler offendere (” “) gli americani!

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