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Categoria: La fabbrica del cinema

Contropanettone (nel segno di Cronenberg)

Contropanettone (nel segno di Cronenberg)

Londra senza Big Ben, Trafalgar, Millennium Dome, lady Diana e senza inglesi, così è chiaro da subito che la famiglia della mafia  russa Vori v Zakone (ladri della legge) vi si è trasferita armi (è il caso ) e bagagli senza  lasciarsi contaminare dal  mondo esterno,riproducendo in terra straniera lo  stile di vita patrio ed eleggendo a  quartier generale, nella gestione di affari criminali, un ristorante.Via dunque l’oleografia londinese ma via anche i tratti stereotipizzati dei mafiosi russi, cari al cinema di maniera . Ciò detto, la scena è pronta per essere invasa da magnifiche ossessioni. Quelle di Cronenberg e cioè ancora una volta la carne, la violenza , il  delitto nelle rappresentazioni più brutali ed  estreme che tali sono perchè sia interdetta ogni possibilità di  compiacimento ed automatica ne derivi , la presa di distanza.


L’apparizione dell’ostetrica Naomi Watts squilibra gli uomini della gang come è giusto che sia quando un corpo estraneo s’introduce in una dinamica consolidata,producendo esplosioni di sensulità animale e cuori in tumulto da ambivalenze strutturali , personificate soprattutto da Viggo Mortensen  e da Vincent Cassel , attivo per il versante psicotico. Raramente il cinema ha raccontato con tale forza la volontà di non morire.E di affrancarsi dal Male.

Contropanettone come antidoto non tanto ai film di Natale ma alle atmosfere precotte di pastorellerie struggenti in qualunque salsa o antagoniste alle medesime.Contro lo Spettro dei Natali Precedenti.Comunque si manifesti. Per il cinema che mantiene le promesse.

La promessa dell’assassino è un film di David Cronenberg con Viggo Mortensen,Vincent Cassel e Naomi Watts.Distribuito dalla Eagle

Quei ragazzini sulle tavole volanti

Quei ragazzini sulle tavole volanti

Il prototipo è Dogtown and Z – Boys, documentario che raccontò lo skateboard e la sua filosofi affascinando gente del calibro di Sean Penn e David Fincher nonché le
giurie del Sundance Festival e degli Independent Spirit Awards, il regista invece è  Gus Van Sant , tra i narratori più convincenti del disagio dei giovanissimi. Paranoid Park si avvale di una linea narrativa continuamente spezzata che crea un doppio effetto di suspence e straniamento fornendo a poco a poco allo spettatore, elementi di ricostruzione della trama mentre cresce l’empatia con il protagonista, un adolescente borghese appassionato di skateboard che ha compiuto una bravata dalle drammatiche conseguenze.Nessun giudizio etico accompagna la storia ma un senso di malessere dato da inquadrature che indagano i giovani con manifesta ed intensa curiosità .Alex è solo un adolescente di fronte ad un punto critico della sua vita mentre guarda  il mondo adulto come una giungla dal quale difendersi. Per rendere il tutto – empatia, malessere, giovani scatenati,delitti senza Dostoevskij –  efficace quanto mai , Gus Van Sant passa alle vie di fatto : cinepresa super 8 montata sullo skate  mentre disegna spirali sequenze mixate con sequenze girate in 35 mm , immagini di fantastici (veri)  ragazzini volanti a suon di musiche by radio Portland, il tutto suggellato dalla fotografia di Chris Doyle che molto del suo talento ha profuso in opere di cineasti cinesi dai nomi irricordabili.Interprete principale angelico arruolato su my space e tanto per essere in tema ,strizzate d’occhio qb ai nuovi media e ai videogame.Sfida al presente armati di uno skate. Centesimo film dell’anno per me (compresi corti documentari e tour de force romano venete.Escluse home vision)

Per piacere non chiamatela icona

Per piacere non chiamatela icona

..perché  è   viva e senza languori o cedimenti verso il passato, diva  antagonista e non riconciliata. Marianne Faithfull non è stata . E’ ancora . E non puzza di naftalina come i miti ribolliti  dei 60th e dei 70th che non conoscono rassegnazione ne’ pudore . E a sessant’anni manco le passa per il capo di continuare a cantare come quando ne aveva diciassette As tears good bye  ammiccando al pubblico nostalgico, ma è ancora in gioco interpretando film pregevoli in ruoli congeniali al suo temperamento e alla sua estrema duttilità di attrice, A chi dunque affidare  l’interpretazione di Maggie, una casalinga solitaria, una  nonna che ha bisogno di soldi per curare il nipotino e che all’uopo ,dopo essersi trascinata alla ricerca di un lavoro che nessuno le offre , diventa pornostar ? A lei, a Marianne Faithfull che conferirà al personaggio tutte le perplessità, la rabbia ,la determinazione e l’ironia che occorrono. Nessuna vicenda al limite del sordido e dello scellerato può sembrar tale se è lei a porgerla, a  maneggiarla al punto di renderla delicata e per niente melensa, storia di quasi amore.Irina Palm è tra i migliori film della stagione, grazie anche ad un regista bravo e intuitivo  Sam Garbasky e ad un efficace coprotagonista , Miki Manoilovich.

Mi piace stare sola

Mi piace stare sola

Nello spazio entro i confini stabiliti,  tra  Moro  perchè non  moro  a Morirò d’amore,  si articola  l’esperienza artistica di Giuni Russo. Concetto questo assai bene espresso nel docufilm Giuni Russo. La sua figura, da madre Emanuela della madre di Dio,carmelitana scalza e amica di Giuni. In meno di venti brani scelti dall’intero repertorio (inclusa Un’ estate al mare e Smoke in your your eyes , dunque rispettando anche il versante apparentemente più commerciale ) montati in ordine  acronologico (ma ciascuna interpretazione contiene in sè una piccola cronologia essendo a sua volta, un collage di immagini di diversi concerti), questa pregevole iniziativa curata da Franco Battiato, ci racconta Giuni studiosa, autrice, sperimentatrice, cantante in cima alla hit per una sola stagione, tuttavia mai sottomessa alle regole di mercato, quindi Libera da tutti i lacci che soffocano creatività e talento e impediscono di essere davvero padroni della propria arte . E sola .Come si conviene a chi nella severità esistenziale trova il suo modo, il suo stile.

Giuni Russo la sua figura è un docufilm di Franco Battiato prodotto da Radiofandango

Cambiare musica (tra Acerra, Giugliano, Qualiano,Torino, Vicenza..)

Cambiare musica (tra Acerra, Giugliano, Qualiano,Torino, Vicenza..)

Torino 25Qualcosa  di buono comincia ad arrivare da Torinofilmfestival, nelle sale intendo, la Stampa e le Televisioni sono stati invece un  po’ più parche, anche se Moretti  ha ringraziato i giornalisti per aver scritto di cinema e non d’altro, come puntualmente accade ai Festival. Grande assente : Filmcritica che in un suo comunicato dice cose giuste, apprezza il lavoro del Direttore ma poi lamenta l’invadenza della Politica,l’allontanamento di alcuni organizzatori storici della Manifestazione e tanto per cambiare, la perdita d’identità della sinistra.Moretti insomma, avrebbe dovuto rimanere fermo sul proposito iniziale  (gran rifiuto ) e non lasciarsi convincere ad accettare l’incarico.Ma se l’analisi è corretta, se le ingerenze della Politica aprono una falla nel sistema culturale del paese , motivo in più, per una rivista storica ed apprezzata, di esserci e documentare ogni evento.Ritirarsi sdegnati non ha mai giovato a rafforzare alcuna identità. Invece,dati alla mano, l’avere ricevuto l’impronta personalissima del Direttore , ha giovato al Festival. Moretti porta a casa un risultato di tutto rispetto in termini di affluenza e qualità dell’offerta culturale.( 70% in più di pubblico ) .Come dire che c’è un modo per contrastare la tendenza.E va bene…Wenders e Cassavetes non saranno (oramai più) epigoni di avanguardistiche ambizioni cinefile e forse un po’ inclinano a far felici i media ma a sentire certi, pare che le scelte di un uomo di cinema che va al cinema,che conosce il pubblico e che si pone il problema di far funzionare una macchina peraltro pagata con i soldi di tutti, abbiano tolto a Torino un poco dell’allure e della puzza sotto al naso del festival storico ma un po’ defilato e per pochi addetti. Ecco qui invece il bel Lascia perdere Johnny! esordio alla regia di Fabrizio Bentivoglio che racconta la storia di un piccolo musicista di provincia che dalla banda del paese ambirebbe scalare il  successo ma trovando sul suo percorso un impresario imbroglione dovrà rinunziare alla musica. Almeno per il momento. Poi c’è Biutiful Cauntry ,un gioiello di Esmelarda Calabria, Andrea D’Ambrosio,Giuseppe Ruggero, documentario che è la radiografia del massacro ecologico della Campania tra Acerra,Qualiano e Giugliano regno di discariche abusive e malavitose,del businnes  che viene da lontano,dove la diossina  e l’amianto abbandonato uccidono gli agnelli,le bufale,le acque gli alberi e gl’indigeni (ma presto non faranno bene a nessuno di noi).Spirito guida di questa discesa agl’inferi è un esponente di Lega Ambiente,la cui denunzia ancorchè urlata,colpisce perchè lascia indifferente chiunque. Infine c’è un gruppo di opere   dedicate agli operai italiani – i grandi dimenticati – quelli di cui nessuno parla,le cui condizioni di vita non interessano più. Ed è Francesca Comencini con la Fabbrica, documentario di montaggio prodotto dalla RAI, dedicato agli operai delle piccole e grandi fabbriche del nord o del sud dalle lotte degli anni 50 alla marcia dei quarantamila.Ma poi c’è anche La Mal’ombra di Andrea Segre e Francesco Cressati sulla lotta in un paese del vicentino contro una zincheria inquinante. Ecco qui ma il programma è infinitamente più vasto e variegato, il Caro diario morettiano una rassegna di successo,una direzione che sarà riconfermata anche per l’anno prossimo a premiare lo stile e l’impegno di chi vuol cambiar musica nel Cinema e nella Società

torino poster