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Categoria: La fabbrica del cinema

Star quality dittatoriale

Star quality dittatoriale

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L’Ultimo re di Scozia di Kevin Mc Donald ha l’imperdonabile difetto di essere stato girato dopo Gèneral Idi Amin Dada : Autoportrait di Barbet Schroeder del 1974,un sorprendente ritratto del dittatore che accettò di autodirigersi in un documentario di cui scelse le musiche e,narra la leggenda,visionò ogni fotogramma uscito dalla macchina da presa, ovviamente sfuggendogli la visione d’insieme data dal montaggio:l’inevitabile distillato di  patologia e delirio che  interviste, comizi con il popolo, riunioni di ministri (terrorizzati,uno di loro sarà persino ucciso qualche tempo dopo) contribuivano a rappresentare.Sentori di quella follia sono presenti anche nel film di Mc Donald che si avvale della efficacia interpretativa ( già premiata col Golden Globe e in odore di Oscar) di Forest Whitaker e che narra la storia dell’eterna malia che il potere esercita, nella fattispecie, nei confronti di un giovane medico  e del viaggio agl’inferi che egli compirà per ricredersi.Nessun particolare fil rouge con Schroeder e con il suo film – verità, quantunque anche Mc Donald sia un abile regista di documentari.Grande rilievo tra interpretazione e direzione alla star quality di Amin carismatico,iperbolico,fragile e sanguinario al punto giusto.

L’ultimo re di Scozia (The Last King of Scotland) è un film a colori di genere drammatico della durata di 121 min. diretto da Kevin Macdonald e interpretato da Forest WhitakerJames McAvoy,Kerry WashingtonGillian AndersonSimon McBurneyDavid OyelowoAbby Mukiibi NkaagaAdam KotzBarbara Rafferty,David Ashton.
Prodotto nel 2006 in Gran Bretagna e distribuito in Italia da 20th Century Fox il giorno 16 febbraio 2007.

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Lettere dal nemico

Lettere dal nemico

Quando la superiorità del nemico è schiacciante e la resa impossibile,il buon comandante è quello che sa interpretare gli ordini, mette in salvo i civili e  impegnando il nemico con intuizioni e invenzioni imprevedibili, ne rallenta l’avanzata,anche a costo di perdere tutti i suoi uomini.Un film di guerra,un po’ Fuller un po’ Peckinpah,bello e fluido con combattimenti psicologici più che con colpi di mortaio, raccontato con un linguaggio estremamente credibile  ma ,- sfida ed eresia  estrema –  : il punto di vista narrativo è quello del Nemico del quale oltretutto vengono celebrati onore ed etica.Attesissimo,applaudito e premiato intanto a Berlinale (ma poi ci sono anche quattro nominations a Los Angeles),Clint Eastwood firma questo  Letters from Iwo Jima,incentrato sulla vita del generale giapponese Kuribayashi, in cui  si smonta pezzo a pezzo,il mito dell’eroismo (a partire dallo spirito dei Kamikaze) chiudendo il dittico contro la guerra,il militarismo e lo sciovinismo iniziato da Flags of our fathers.Commovente ed emozionante nello splendore del bianco e nero e nella musicalità della lingua giapponese, naturalmente sottotitolata.

Stranger than Fiction (vero come la finzione)

Stranger than Fiction (vero come la finzione)

Che bello : Hollywood con tutti i crismi – c’è persino Dustin Hoffmann e il superdivo del  momento Will Ferrel,non parliamo poi della presenza del regista di Neverland,Marc Forster –  ma  con l’aggiunta di  Emma Thompson e di una sceneggiatura  un po’ fuori dagli schemi.Il mix non poteva che funzionare :c’è una voce narrante che perseguita unagente delle tasse un po’ scialbo,metodico  e con il tic di contare tutto,descrivendone l’esistenza e predicendone la morte.Disperato,l’agente delle tasse si rivolge  ad un professore di letteratura per  capire, attraverso la conoscenza dei meccanismi del Racconto, se stia vivendo  una commedia o un dramma e chi potrebbe esserne l’autrice.Si scoprirà che la voce appartiene a una scrittrice depressa con il problema di far morire il protagonista del romanzo che sta scrivendo.Incisiva sintesi del rapporto tra finzione e realtà,letteratura e vita raccontata attraverso  l’abbandonodi schemi rassicuranti e la conseguente scoperta e messa in gioco di se stessi da parte del protagonista.Efficace anche l’allusione alla responsabilità dell’autore nei confronti del proprio talento.Bellissime le scene surreali,l’utilizzo di segni grafici sulle immagini e la recitazione, piuttosto impegnativa visto il non semplicissimo gioco narrativo e il finale che viene più volte annunciato e sempre disatteso.

Vero come la finzione è un film USA di Marc Forster con Emma Thompson,Will Ferrel,Dustin Hoffman

Metti una sera a cena con Avati

Metti una sera a cena con Avati

Pupi Avati ,31 film in 39 anni, più quattro programmi televisivi,più un film a episodi come produttore, dice che il cinema è morto ,è diventato un prodotto di èlite che non è più in grado di formare opinioni e creare tendenze, mentre  la televisione dilaga  annullando le coscienze con ignobili sottoprodotti tanto da essere diventata la peggiore maestra del secolo.Di questa visione un po’ apocalittica,  sebbene smentita dalla notevole produzione e soprattutto dalla qualità creativa che la contraddistingue, risente  il suo ultimo film La cena  per farli conoscere il cui tema (facile successo/devastante fallimento) somiglia vagamente a quello di Festival ,interprete Massimo Boldi alla sua, forse unica, pregevole prova d’attore .Qui invece abbiamo Diego Abatantuono,interprete di soap televisive ,ex bellone oltre il viale del tramonto che nel tentativo di rianimare la sua carriera con i metodi tradizionalmente in uso, riesce però solo a collezionare una serie crescente di fallimenti : si fa ospitare in  talk show  abominevoli,partecipa a reality ambientati nelle fogne, si sottopone a interventi di chirurgia plastica (malriusciti) e come estrema ratio, inscena un tentativo di suicidio la vigilia di Natale,tutto per poter essere ancora una volta  in prima pagina.Tutto in un crescendo di solitudine e disperazione.Viene soccorso dalle figlie (tre), avute da unioni differenti,colpevolmente trascurate ,sparse qua e là per L’Europa, ciascuna con una sua storia.La cena alla quale allude il titolo, è appunto quella che le tre ragazze organizzano per far incontrare al padre una donna  che gli  restituisca  uno scopo nella vita. L’operazione non riuscirà ma sarà servita egualmente a riavvicinare  le tre ragazze e a produrre un effetto benefico sulle loro esistenze.Il finale non è  facile ne’ scontato, come è nello stile  di Avati, regista di commedie sofisticate ed  eleganti con attori dalla recitazione estremamente misurata, senza nulla togliere all’intensità dell’interpretazione.In questo caso il quartetto di attrici(Incontrada,Neri,Sastre e Placido) non ha nulla da invidiare ad Abatantuono naturalmente e incredibilmente bravo ma già abituato a lavorare con Avati .E se il cinema non è capace più di formare opinioni, meglio così,quello di cui c’è bisogno è un intrattenimento intelligente e non una scuola di vita,un’opportunità di riflessione offerta da quelli,non molti,è vero,che sanno ancora parlare della nostra società senza indulgere in visioni di maniera.


La cena per farli conoscere è un film di Pupi Avati con Diego Abatantuono,Vanessa Incontrada,Francesca Neri,Ines Sastre,Violante Placido.

Non Perdetelo

Non Perdetelo

Polonia, Ucraina ,Bielorussia ,Moldovia, Romania, Ungheria,lo stesso tragitto non lineare raccontato da Primo Levi nella Tregua, il suo viaggio di ritorno dal lager fino a casa in Italia.Un intreccio di parole di ieri con immagini di oggi,con un prologo che parte da Ground Zero,dal punto in cui è finita la tregua dei nostri tempi.La strada di Levi comincia da Auschwitz.La cortina di ferro però è caduta.

 

Così c’è Nowa Huta la grande fabbrica polacca orgoglio del regime, oramai ridotta al lumicino.Lì operava l’Uomo di Marmo  e Andrzej Wajda racconta il dramma del comunismo mentre la camera indugia sullo squallore del liberismo, incrociando gli sguardi degli operai disoccupati seduti ai tavoli di un bar.

 

E ancora Chenobyl che all’epoca di Levi non esisteva e nemmeno adesso se non come luogo di assurdo turismo.La Bielorussia che non ha ancora accettato il crollo sovietico,che ha ancora i funzionari preposti all’ideologia,solo che tutto oggi sembra venato di grottesco.La strada di Levi il bel documentario di Davide Ferrario diventa la sintesi di un viaggio dolente attraverso il Novecento mentre la voce narrante di Primo levi non smette mai di essere di sottofondo.In Moldavia spunta un cammello più o meno nel luogo in cui Levi racconta di averne visto uno e in Romania, una comunità di zingari accampati vicino ad una quercia,una delle pagini più toccanti della Tregua.Soprattutto c’è in questo bellissimo documentario, una ricerca del senso delle cose come amava fare Levi :

La storia è qualcosa di complicato e ininterrotto. Per questo è importante, per esempio, comprendere il consenso, anche se gonfiato, di personaggi come Lukachenko. Bisogna capire quest’Europa in transizione, fatta di movimenti incompiuti. Come Levi scriveva negli anni ’60 La tregua, in mezzo alla Guerra Fredda, noi facciamo questo viaggio nell’Europa dell’Est durante quella al terrorismo. Perché, non dimentichiamolo, anche noi abbiamo vissuto una tregua. Quella che tra il 1989 e il 2001, tra il crollo del Muro di Berlino e quello delle Torri Gemelle, fu definita “la fine della storia”. E’ quello che mi ha spinto ad accettare l’idea di Marco Belpoliti, anche se l’iniziale entusiasmo si è traformato in una certa paura, vista quant’era ambizioso il progetto. Come Levi cerchiamo di comprendere il presente, attraverso la storia. In questo senso lui è nostro contemporaneo.

Davide Ferrario