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Categoria: Palazzo

Zang tumb tumb ( c’est Fini)

Zang tumb tumb ( c’est Fini)

E’ possibile che l’incidente Saint Exupéry metta fine al saccheggio de Le Petite Prince, un bel racconto oramai ridotto dall’abuso a deposito di Massime adattabili a qualsiasi tipo di impresa. Se così fosse, sarebbe già un risultato.


Ad ogni buon conto, la Destra che vuol essere laica, repubblicana e guardare ai modelli europei,  esordisce a Perugia col Deborah’s theme da Once upon a time in America, si commuove fino alle lacrime alla lettura del Manifesto dei Valori, scatta in piedi e applaude alla richiesta di dimissioni ( del governo),  conviene su di un’analisi  giustamente apocalittica dello Stato delle Cose, del quale i crolli di Pompei, sarebbero una compiuta – e fin troppo ovvia – rappresentazione plastica . Poi di suggestione in metafora in emozione arriva al dunque :




Oltre Berlusconi ! ( sarà questa la sintesi più futurista dell’intero convegno)


Oltre Berlusconi ma senza l’apporto dell’antiberlusconismo classico. Al più con Casini. Seguono nelle retrovie congetture di scenari con possibili formule, tutte in stile Prima Repubblica, da consegnare alle edizioni del mattino assieme alle note di colore. Mai vista una Destra così. Giustamente va raccontata.


Certo che Berlusconi non si dimetterà solo perchè glielo chiede una pur volitiva platea. Ergo, tra fedeltà al patto con gli elettori dei futuristi e pervicace attaccamento a Palazzo dell’autocrate, siamo punto e daccapo. Più che col Cerino di Bersani, col Logoramento e la Paralisi dell’intero Paese.

E che, vuoi far cadere il governo sulla Legge di Stabilità? (il gioco può durare all’infinito con altre leggi tutte istituzionalmente significative)


E pensare che da più parti avvertono che la nascita di Futuro e Libertà segna la fine di un’ esperienza, di una fase, addirittura della Seconda Repubblica. Ma che cos’è uno strappo irreversibile se non produce conseguenze di rilievo?

La vera frattura è tra il chiasso dell’annuncio e la modestia delle proposte che ne sono scaturite. Meglio mettere a riposo le Petite Prince per una ventina d’anni ancora, chè infondere negli altri la nostalgia del mare aperto non sollecita in automatico la voglia di mettersi a costruire le barche per la traversata. Ci vuole passione per l’Impresa, l’idea di una meta e coraggio. Esattamente quel che, al momento,  sembra mancare ai futuristi,  più interessati ai tatticismi che a rompere col passato.

La destra che verrà

La destra che verrà

Esordiscono con Balla – o forse Boccioni, non è deciso –   nel simbolo e un ruolino di marcia,  di qui a gennaio, serrato ma da partito leggero, moderno, post ideologico,così come lo ha disegnato Fini ieri l’altro in occasione dell’insediamento del Comitato Promotore.


Prima il Manifesto dei Valori, poi la Convention di Presentazione ed infine il Congresso Fondativo.


Con  le associazioni e gl’intellettuali al lavoro e un gruppo di parlamentari determinato che sembra trapelare  entusiasmo, come di chi è stato lungamente compresso e finalmente può esprimersi liberamente .

Le loro singole storie rappresentano l’intera gamma dell’essere di destra in Italia : tra ex missini, ex socialisti, ex radicali, ex repubblichini mai riconciliati, duri e puri, centristi, rautiani dello sfondamento a sinistra, liberal del Partito della Nazione, e  prodromi della destra sociale.


Sarà interessante osservare se – ed eventualmente come – queste differenti anime giocheranno un ruolo nel futuro Partito, se da questa forza eterogenea, Fini riuscirà a costruire, com’è nei propositi, un soggetto politico sul modello della Destra Europea.


Ovvero se nell’arcipelago che vorrebbe diventare Futuro e Libertà, sarà possibile un’amalgama di stampo laico e liberale, smarcata dal ventennio con i suoi retaggi xenofobi,  lontana anni luce dal culto delle gerarchie e del capo, dal populismo, dalla retorica e da conservatorismi d’antàn.


Se così fosse, i futuristi occuperebbero il posto eternamente vacante, qui da noi, della  Destra moderna  quella dei Sarkozy o degli Aznar o dei Cameron.


Per questo guardare con interesse alla nascita del nuovo partito, significa pensare ad un futuro in cui la dinamica destra sinistra come la conosciamo noi, uscirebbe dal terreno sterile dello scontro per lo scontro – oggi degenerato in battibecco pre-politico – per  diventare qualcosa di più funzionale alla Democrazia.


Le differenze profonde rimarrebbero ma se solo si riuscisse ad eliminare il clima di frattura insanabile che oggi ne deriva, se l’idea di Stato Etico che tanto s’è insinuata soprattutto nei provvedimenti in materia di Diritti, potesse essere cancellata per sempre….ovvero se la falsa rappresentazione dell’essere vicini al popolo che Lega ed esponenti  delle Istituzioni di Roma e del Lazio hanno offerto davanti a Montecitorio per  mezzo di tavole apparecchiate e commensali ostentatamente voraci –  di pietanze che nessuno, tantomeno il popolo, mangia più dagli anni cinquanta –  potesse diventare un lontano ricordo, ci potremmo già considerare fortunati.

Nell’illustrazione “Young girl running on a balcony” di Giacomo Balla 1912








Sinfonia d’autunno (con regali)

Sinfonia d’autunno (con regali)

Il fatto che La Russa  – Annozero, ieri sera –  abbia  definito i  voti del FLI   indispensabili alla tenuta del governo, se  favorevoli , ininfluenti se contrari, non significa necessariamente  che l’aritmetica, come fondamento di ogni contabilità, sia diventata all’improvviso un ferro vecchio.

Solo che in mancanza dell’apporto dei finiani,  buyers alla bisogna preparati,  procederebbero senza indugio a compensare lo sbilancio con un po’ di shopping tra i banchi di altre formazioni.


Quanto al chilo oggi ? – sintesi efficace di come stanno messe le cose –  interrogava un cartello fuori  Montecitorio. Il fixing, in questo caso, sarebbe per l’appunto stabilito dall’ essere o meno il voto indispensabile.


E infatti l’ultima tornata di acquisti non è andata del tutto a verso, acclarata  la volontà dei finiani di votare la fiducia, il mercato è precipitato. La Russa, almeno in questo rigirarsi numeri e frittate, non ha mentito. Certo però che se gli esponenti del governo continuano a mostrare simile disinvoltura, qualcuno potrebbe pensare che lo Shopping sia  nei regolamenti parlamentari con tanto di listino a quote variabili, magari come attuazione del senza vincolo di mandato, dallo stracitato, in simili  circostanze, articolo 67.


Un ulteriore segnale d’instabilità per il futuro del governo?  Certamente anche se nel settore, autosufficienza o non, poteva bastare la due giorni parlamentare a chiarirsi le idee.

Omissioni, rimozioni, frasi ad effetto, battute, promesse di cui già si conosce l’impraticabilità, scaricabarile e menzogne, ascari e peones,  insomma tutto l’armamentario da declino dell’impero. Mentre a coronamento dell’esperienza, elementi per un epilogo all’altezza,  arrivavano dai banchi dei ribelli : non mi fido affatto di te ma ti accordo il voto di fiducia. Dal punto di vista della logica narrativa funziona poco, ma tant’è.


Detto questo, il governo non meriterebbe altri regali, vedi il ritiro della mozione di sfiducia per il Ministro Bossi che buon ultimo ha stravolto l’acronimo SPQR, marchio di fabbrica della città di Roma, impresso, non a caso, su targhe, palazzi, acquedotti, statue, monumenti.

Senato e Popolo Romano. Sullo stesso piano, garantito dalla congiunzione e .Da migliaia di anni. Mica chiacchiere.


Offesi? Macchè. Ecco perchè non bastano le scuse, ne’ perchè da vent’anni a questa parte  abbiamo fatto il callo alle scemenze sui salotti, sulle terrazze, sul parassitismo, sugli intrighi di potere e sulla calata romanesca ritenuta insopportabile ed insopprimibile ( mai sentito Anna Magnani recitare nella Carrosse d’or di Jean Renoir o in The Fugitive Kind ? Ecco. Poi mi si dirà se tradisce l’inflessione)


Piuttosto nella  consapevolezza  che Bossi non sia un problema dei soli romani o dei meridionali in genere, ma del popolo italiano tutto, quella mozione dovrebbe essere messa ai voti.


Per il resto siamo autoironici a sufficienza . In una città in cui persino le statue continuano a sfottere,  che possono raccontarci di nuovo  i Goscinny & Uderzo  o i Bossi ?

E poi la migliore storpiatura resta sempre quella del Belli di prima della cura (clericale) : Solo Preti Qui Regneno. Non mi pare possa esserci altro.


Madama Lucrezia, la più misteriosa delle statue chiacchierone. Qui sopra, in pole position

Se fosse un film

Se fosse un film

 

Se fosse un film potrebbe cominciare  con l’espulsione dei Disobbedienti,  proseguire con la riunione in sala Alcide De Gasperi – come dire che alle volte di aggiungere, tirando per la manica lo spettatore, proprio non c’è bisogno – dei Futuristi di Fini con l’ MPA,  L’Api di Rutelli e l’UDC di Casini, chiudersi – almeno il Primo tempo –  con l’immagine del tabellone qui sopra.


 

Tutto ciò omettendo volutamente l’Aula che oramai ci regala solo immagini di repertorio tra risse, insulti, ovazioni, goliardate ( anche se il cameo della Santanchè  che chiama aiuto mentre Martinelli e Di Biagio provano, senza riuscirci, a darsele, tenterebbe qualunque sceneggiatore in vena di effettacci)


 

Dunque si diceva del  tabellone. Alla fine, in barba ad ogni congettura ed interpretazione della vigilia,  l’unico a funzionare davvero, resta il conto della serva : i numeri dicono che il governo non è più autosufficiente. E che presto o (non tanto) tardi si tornerà a votare.


 

Comunque vadano le cose, la rutilante avventura del PDL finisce inciampando su uno dei valori, soi disant,  forti, fondativi .

Un grave errore strategico, lamenta  l’area più liberale del Fronte Interno che evidentemente non reputa prioritario l’aspetto strettamente politico dell’intera vicenda.


Data per scontata l’impossibilità  di manifestare dissenso all’interno di un partito detto delle Libertà aka dell’Amore, costituito  oltretutto  da forze  eterogenee, l’unica preoccupazione di costoro sembra essere il danno d’ Immagine per il  Capo che, nonostante le proposte dialoganti e pacificatrici di Fini, ha comunque ritenuto opportuno procedere all’epurazione.


Questione irrilevante, visto che mai come in questo caso, la figura di Silvio Berlusconi è apparsa per quel che realmente è : un autocrate stizzito.


Il secondo tempo resta tutto da scrivere ma sugli scenari futuri qualche previsione si può sempre azzardare.


Intanto nel parapiglia, quasi tutti si sono dimenticati del Presidente della Repubblica che potrebbe risolvere l’anomalia del Governo che – senza più prospettive di scudi giudiziari e col Legittimo Impedimento al vaglio della Consulta – vuole andare subito al voto, mentre l’Opposizione tutta –  vuoi per problemi di alleanze da mettere in campo, vuoi perchè con questa legge elettorale il voto sarebbe un inutile esercizio –  preferirebbe una fase di transizione.

Sciogliere le camere sarebbe nella disponibilità esclusiva del Capo dello Stato ma perchè ciò accada, bisogna che la situazione si presenti senz’altra via d’uscita che il ricorso alle urne. Di soluzioni ce n’è un assortimento. Magari sbaglio ma qualcosa mi dice che Giorgio Napolitano le proverà tutte.


Nelle more di queste eventuali formulazioni alternative, altro non v’è che  l’amaro calice del logoramento o come preferisce definirlo Berlusconi, dello stillicidio. Non una grande prospettiva per l’Esecutivo che vede seriamente compromesso il buon esito di provvedimenti per i quali ha investito gran parte della legislatura, ne’ per un Paese che avrebbe urgente bisogno di essere stabilmente governato.


Arrivati a questo punto, se davvero fosse un film  –  non lo è, anche se talvolta pare proprio d’essere al cinema – allo sceneggiatore potrebbero sorgere dubbi sul taglio da conferire al finale.


Abituati al peggio e demotivati  – per dirla con  Bertolucci – come siamo, happy end possibili  se ne intravedono pochi.

Sarà per via di questo spiazzante rimescolamento di buoni e cattivi o per il profilarsi all’orizzonte dell’eterno dibattito sulle alleanze, sul leader, sul programma che l’idea di togliersi Berlusconi dai piedi, da sola non basta a restituirci il sorriso.

Vada dunque per il (faticoso) finale aperto. A patto però che sequel e  remake siano categoricamente esclusi dai contratti.

 

Il mio post-it. Eventualmente.

Il mio post-it. Eventualmente.

Passino  moralismo, settarismo, misoginia e volgarità e passi pure – voglio ridere –  il processo alle intenzioni di ogni singolo convenuto alla manifestazione,  tutte pratiche antiche delle quali, oramai dispero, ci libereremo mai.


Ma in mezzo a tanta bella ideologia, purezza e propositi belligeranti di disobbedienza civile, mi devono spiegare come si fa a convocare una protesta contro la censura per poi insultare o dichiarare indesiderabile qualcuna che, peraltro, di essere in piazza contro i bavagli … mi pare proprio che ne abbia ben donde. Per tacer della disobbedienza poi.


Ad ogni buon conto, qualunque mestiere faccia o abbia fatto e quanti libri da promuovere abbia nel cassetto, non importa, quando si comincia a discriminare tra chi sia più o meno titolato a mettersi di traverso, mi viene voglia di girare i tacchi, ovvero, come in questo caso, di affidare a lei, la reietta, la non gradita, l’escort di merda, il mio post – it.