A noi si schiude il ciel

Certo, pretendere da Zeffirelli un allestimento dell’Aida sobrio ed essenziale, sarebbe stato come sperare che Letizia Moratti avesse presenziato all’Evento priva delle cotonature e dei volants d’ordinanza (niente a che vedere con lo smoking di Penati o con la grazia un po’ passè della signora Borrelli, perfetta con la sua piccola broche decò di diamanti a trattenere la sciarpina in velluto di seta ).

Quindi non si capisce bene perchè, stamane i giornali dedichino tanto spazio a demolire il glitter,gli scaloni, i simulacri dell’antico Egitto sparsi un po’ per tutta la scena, per non parlare degli stendardi dei gonfaloni e delle colonne istoriate, una vera orgia del trovarobato con il quale Zeffirelli, che si tratti di film di opere o del salotto di casa,lenisce il suo horror vacui.

Chi ricorda altri allestimenti (Otello,Traviata,Cavalleria Rusticana) non può che confermare che questa Aida sia in tutto e per tutto allineata con lo stile della casa.D’altro canto, si sa, il pubblico dei melomani,è un po’ conservatore e quando qualcuno s’è provato a piazzare Butterfly in un bordello o su una livida spiaggia con finto mare,le critiche e i mugugni si sono sprecati.Bene dunque ha fatto Zeffirelli a somministrare al pubblico, l’Esasperazione che tanto piace e cioè quel che l’immaginario ottocentesco in pieno delirio esotico, vedeva nell’Antico Egitto.Non ci siamo mossi di lì?Parrebbe proprio di no.Anzi abbiamo titillato ogni fantasia con spruzzate di effetto Las Vegas.Anche Vittorio Sgarbi del resto lo ha detto “Non c’è altro modo di fare un’opera come Aida”.Magari non è proprio così..ma la tentazione di dare addosso a Borrelli che aveva trovato un po’ kitch la messa in scena,è stata troppo forte.

Una simile operazione, non poteva non essere accompagnata che dal talento e dall’estro di un costumista del calibro di Maurizio Millenotti ma dalle immagini, si ha la sensazione che la bellezza dei costumi un po’ si perda tra l’oro e l’argento,i bracieri sempre in attività e gli angeli della morte o pipistrelli che in due circostanze si sono messi a svolazzare per la scena.

Ma venendo al dunque, cioè all’opera che Radio 3 ha trasmesso in diretta ieri sera,si può dire che Riccardo Chailly ha diretto un’ orchestra (e un coro) che ha ben assecondato con suono, precisione e rispetto dei particolari che spesso vengono taciuti (bellissimo il preludio nel clima notturno del terzo atto), il desiderio del maestro di realizzare un’Aida in cui si lavora di fino se la partitura lo consente(terzo e quarto atto) e si bombarda quando la partitura lo esige (primo e secondo atto).Un po’ deludenti i cantanti che pur possedendo, come nel caso di Violetta Urmana, una voce assai bella e raffinata, hanno reso un’interpretazione un po’ incolore e a tratti finanche noiosa.Roberto Bolle, non era previsto che cantasse e così, per radio, non lo si è potuto nemmeno ammirare ma dalle cronache e dalle immagini del telegiornale apprendiamo che ,quanto a prestanza perlomeno, era da togliere il fiato

Che la sua interpretazione della coreografia di Vassiliev ,fosse stata tra le più apprezzate si è ben compreso dal silenzio perfetto in cui si è svolta.La sua quasi totale nudità ha rapito il pubblico, offuscando a tratti le grazie della ballerina afro-americana Myrna Kamara che nonostante l’andazzo erotico e audace delle movenze,s’è dovuta accontantare stamane, di brevi e distratti accenni della stampa.

Apprezzamenti senza riserve alle comparse, numerosissime, che hanno dovuto sobbarcarsi per tutta la durata dell’opera, di lance ,archi ,frecce, alabarde, lumini e ammennicoli vari (a nessuno pare sia stato consentito di essere a mani vuote) e ai maxischermi distribuiti in Galleria e in alcuni teatri, per poter consentire la visione ai cittadini
che come è noto, a Milano, non possono fruire di grande offerta culturale a prezzi accessibili. Sgarbi e Moratti, appesi nell’ armadio gli abiti da cerimonia, si stampino bene in mente le immagini di queste attente spettatrici sedute sul pavimento della Galleria Vittorio Emanuele. Non c’è niente di male ad allestire passerelle, ogni tanto, ma per il resto,si dovrebbe lavorare per loro.

La tesi di fondo è che la cultura italiana specie quella “alta” oramai fa ridere. Fanno ridere i film leccatissimi di Bertolucci, il soprannome Asor Rosè e fortemente si sospetta che Umberto Eco sia invidioso dei successi economici di Dan Brown.Finiscono per diventare comiche anche le suggestioni ultraviolette del catalogo Adelphi,le scomuniche intellettuali de il Foglio,i testi misteriosofici di De Gregori,l’imperituro birignao sinistrese e i crociati della domenica che il Professor Pera ha immerso nel gran bagno della Controriforma post-moderna.Beato il popolo che non ha bisogno di maitres à penser ma siccome in Italia ce n’è un sacco e una sporta,tanto più attirano gli sberleffi quelli che grazie al “conformismo diffuso”,ancora credono poveracci,di fare moda,tendenza,opinione.Di qui la necessità di guastare la festa all’ipocrisia inaugurando un genere d’iconoclastico divertimento.Arbitrario per sua natura è il lavoro di scuoiamento e destrutturazione dell’oligarchia culturale ma lungi dall’ingaggiare dispute soporifere,l’idea di Edmondo Berselli,autore di questo irresistibile “Venerati Maestri” è che questa operazione si possa fare tra amici,in sguaiata letizia,all’osteria o magari intorno ai tavoli di quei caffè dell’Emilia Profonda dove spaccare il capello e la conseguente virtù denigratoria raggiunge il sublime,recando seco soggetti e canovacci,personaggi e interpreti,tiritere e tormentoni,mosse e ingegni di scena.E dunque a proposito dell’egemonia ci si può immaginare e sceneggiare una molto severa riunione all’Einaudi dei tempi d’oro,oppure affidarsi al professor Sartori per squadernare lì per lì una pìece sulfurea sulle cattedre e i pulpiti del liberalismo fasullo.Ricco è l’elenco delle vittime raffigurate con pregiudiziale irriverenza dal naso grifagno di Bobbio alla bianca acconciatura elegantissima di Giulio Einaudi,alla faccia gialluta di Renzo De Felice.Ampia è pure la gamma dei trattamenti, dalle astruserie esoteriche di Battiato a quel catologo ambulante di citazioni e battute che è l’ex ministro Martino.Il punto è che i metri di giudizio critici non sono più quelli di una volta ed è qui che Berselli lascia irrompere sulla scena gomito a gomito con Venerati Maestri i finti intrusi e cioè gli eroi casuali dell’Immaginario Pop : I Pooh,l’intercettese di Ricucci,Dolce & Gabbana le dinamiche relazionali di Moggi e la sovrarealtà di Dagospia.Questo perchè nella vita collettiva l’auctoritas fa oramai cortocircuito con i “messaggi” della cultura di massa e non c’è più nemmeno tanta differenza tra la finta gravidanza della Bertè a Sanremo e l’estro apocalittico dell’economista Modigliani tra il sorriso di Cacciari che cita Goethe e quello che muove la saga Sottile-Gregoraci. Chi e cosa si salva? Flaiano,Amarcord,Dino Risi,,Guccini;Monicelli,la Provincia Avveduta e dimenticata,un po’ di Montanelli,il keynesismo di Fantozzi e Nicola Matteucci.Personaggi comunque che non si prendevano e non si prendono troppo sul serio ma soprattutto quelli che sia pure per un attimo per la loro vita abbiano avuto un guizzo antiretorico e gridato Il Re è Nudo! smontando così la prosopopea irriflessiva dei Venerati Maestri.Di assoluto buonsenso d’altra parte è l’invito a considerare le differenze che passano in campo intellettuale tra genio e talento e di farsi venire il dubbio che molti talenti si esprimono al culmine di inconfessabili problemi personali egocentrismi,debolezze,folgorazioni.Molti hanno cominciato a sentirsi maestri quando “hanno visto la Madonna” e alcuni come il sacro elefante Giuliano Ferrara,continuano a vederne troppe .Il che può sempre accadere,il fatto è che ogni volta succede con immenso fervore e apocalittica gravità.Tanto vale prendersi un po’ in giro e citare Arbasino secondo cui nel mercato truccato dei supposti “influenti” si passa fin troppo agevolmente dalla categoria giovanile bella promessa a quella di solito stronzo.Sul tutto la fine dei codici estetici condivisi e la norma che al giorno d’oggi vale soltanto ciò – che – piace.Bella la conclusione del libro :