Sfogliato da
Mese: Marzo 2008

Cinque lettere che sembrano vernice fresca (Rosso)

Cinque lettere che sembrano vernice fresca (Rosso)

Avete pagato caro non avete pagato tutto. Minacciosa sintesi di una  deriva del Presente. Ovvero un messaggio respinto dal destinatario, ma anche  sottotitolo del libro  Rosso (1973 – 1979). A trent’anni dalla fine delle pubblicazioni esce la raccolta completa dell’omonima rivista che faceva capo all’area dell’ autonomia milanese , approdo di trasmigrazioni e diaspore:  dal Gruppo Gramsci a Potere Operaio dopo lo scioglimento del Convegno di Rosolina. Vista la pletora di pubblicazioni  commemorative su sessantotto e seguenti, vale forse la pena di recuperare i documenti, gli scritti, i periodici di una stagione , sotto questo aspetto, estremamente prolifica , non fosse altro per allontanare il rischio che mediazioni tardoromantiche, o iperpoliticizzate o nostalgiche o apocalittiche stravolgano gli eventi , li assoggettino rovinosamente al punto di vista dei vari autori, spesso invadente nell’esercizio dello spiegare più che in quello  del raccontare . Quegli anni visti attraverso i linguaggi, le immagini, i disegni, gli articoli di un gruppo di intellettuali e militanti appassionati, attenti ai fenomeni, ai cambiamenti,  appaiono in una luce del tutto differente rispetto alle abituali rappresentazioni . Rosso, in tal senso, è uno strumento conoscitivo ricco e sofisticato,  perché, al di là di una una disinvolta enfatizzazione dell’uso della forza come elemento di ricomposizione politica, ha intuito nelle sue analisi molto di ciò che sarebbe stato del mondo a venire. Le lotte operaie contro la ristrutturazione industriale  post autunno caldo, la talpa femminista che evidenziando contraddizioni , minava  gruppi  e  partitini nati nel 68 , il proletariato giovanile in fermento nelle periferie delle città trovarono in Rosso un contenitore sensibile per essere ampiamente raccontate e analizzate. Rosso era la rappresentazione di un universo variegato, conflittuale, sulfureo con il quale il riformismo di allora aveva perso i contatti. Una lettura retrospettiva troverà  un filo conduttore  nella fine dell’operaismo con la conseguenziale esigenza del rapporto con un Politico da ridefinire, in quella di convogliare in una forma organizzativa (Partito non Partito ) che ;s’incaricasse della mutata  composizione della forza lavoro, tutti i temi che in quegli anni animavano il dibattito all’interno di un movimento che parallelamente cercava altri punti di riferimento e li rinveniva  in Deleuze, Guattari, Focault. Poi l’accelerazione della storia trascina il discorso altrove  e sono l’ illegalità armata e la critica alle brigate rosse a tener banco. Un’altra stagione di esodi e trasmigrazioni, poi ancora la repressione che significherà la fine dell’esperienza e per molti redattori cattura ed esilio. Rosso era tutt’altro che  una formazione combattente era solo un laboratorio in grado di leggere quello che succedeva nel mondo : la fine della centralità della fabbrica, il proletariato sociale, l’intellettualità di massa,il precariato in bianco e al nero,le periferie che si ribellano,il black out di New York.

«Rosso» dell’estraneità   operaia», delle lotte in fabbrica e poi della produzione che si rovescia sul territorio. “Rosso” delle occupazioni, delle autoriduzioni, dell’illegalità di massa. “Rosso”  del perché a Lenin non piaceva Frank Zappa. «Rosso  di Pat Garrett e Billy Kid. «Rosso delle pellicole crepuscolari di Sam Peckinpah, nell’aurora del proletariato giovanile. «Rosso della fabbrica diffusa e dell’operaio sociale. «Rosso che sulle gradinate dello stadio Meazza, Milano, San Siro, intravede «guerriglieri  e non più «foche ammaestrate». «Rosso; di nuvole e chine, caustiche come vetriolo. «Rosso  delle foto in bianco e nero di Aldo Bonasia: niente distanza di sicurezza, prego, e sempre a un metro dal cordone più duro del corteo. “Rosso” del «Riceviamo e pubblichiamo». «Rosso” dell’Avete pagato caro. E anche del Non avete pagato tutto. Secondo Lea Melandri, « Rosso» giornale dentro la confusione». «Rosso”contro la metropoli, alla ricerca d’un altro Che fare? “Rosso” dimenticato, seppellito da quintali d’incartamenti giudiziari, cancellato da anni di galera e decenni d’esilio.
“Rosso ” ritrovato

Avete pagato caro non avete pagato tutto. La rivista “Rosso” (1973-1979),  è un libro di Tommaso De Lorenzis, Valerio Guizzardi, Massimiliano Mita 109 pp.+DVD con la raccolta completa della rivista editore DeriveApprodi,

In mid career ( e scusa se è poco )

In mid career ( e scusa se è poco )

Lui , i personaggi dei suoi film, prima  li disegna , un po’ come faceva  Fellini con la Saraghina o la Gradisca. Il tratto è bello nitido, entusiasta,  i colori brillanti e accanto ad ogni figurina, in tutto e per tutto somigliante all’attore cui sarà destinata quella  parte, annotazioni e freccette puntate su  particolari – colorazione innaturale –  e la freccetta è orientata  su  una coda di cavallo biondo periferia di tutte le città – piercing al belico – (Livorno Livorno) – tatoo tribale tipo Michelle Huntzinger – e vai su un  braccio esile –  e poi ancora – borse sotto gli occhi – e finanche, meticoloso come si conviene ad un regista che tutto vede e al quale nulla potrebbe sfuggire – neo sopra le labbra –  Là.. ecco definita nel miglior modo possibile,  tal  Sonia ragazza madre,  impiegata in un call center . Sartoria, trucco e acconciatori  possono dirsi a metà dell’opera. Ma  Lui , non è abile solo a disegnare , è gaiardissimo  pure con la scrittura. Dice una delle sue attrici preferite, ed è vero,  che i suoi copioni sono pagine di letteratura. Che volemo de più? Niente. Magari solo avvertire che Lui  è Paolo Virzì e che chi scrive ama molto il suo Modo di fare Cinema. Anche agli americani, del resto,  non dev’essere sfuggita la cifra di un talento che si percepisce generoso in ogni sua manifestazione  se il Moma di New York,  ha allestito una mostra – Paolo Virzì in Mid-Career – dei suoi film,  tutti meno l’ultimo su Napoleone, ma solo perchè era in programmazione nelle sale . Nessuna meraviglia dunque  e  in forza della stessa ragione per la quale  se si volessero spiegare a chi non sa, vicende del nostro Paese quali la dismissione delle acciaierie di Piombino o definire il clima che ha spianato la strada a Berlusconi ovvero quanto sia senza scampo la trasversale crudeltà di certi ambienti borghesi differentemente orientati  o ancora  quanto subdolamente seducente sia la  Logica del Tiranno, sarebbe decisivo, per una migliore comprensione, mostrare i film di Paolo Virzì che di tutto ciò raccontano,  senza nulla omettere , semplicemente attraverso l’evolversi di piccole ma emblematiche storie.

Un grande cartello pubblicitario –  Pellizza da Volpedo, il Quarto Stato – in una rivisitazione interpretata dagli attori del film  Tutta la vita  davanti  suggerisce –  e so anche perché –  un ‘Idea di Futuro, quella attuale,  resa irriconoscibile da radicali stravolgimenti socio economici. Per questo una qualsiasi Rappresentazione del Presente non può prescindere dall’indagine sulle  Ricadute che  questa epocale mutazione  ha comportato : una Precarietà che diventa condizione esistenziale di individui e collettività, che tracima e dilaga contaminando qualsiasi settore . Vittime e carnefici in questo film, a ragione definito corale, sopraffatti dalla vita, sconfitti sin nelle aspirazioni più elementari , sono costretti a rimanere a galla nemmeno nella prospettiva di un contratto a termine ma per l’ottenimento del punteggio, del risultato, del premio . E mentre si consuma questa sorta di dramma generale del lavoro in cui centrali sono la Prestazione e la Gara, l’atmosfera è tutta un risuonare di canzoncine incentivanti , di applausi e riconoscimenti a quello che ha raggirato il maggior numero di vecchiette rifilando  loro  inutili elettrodomestici. Il film si apre con il sogno della protagonista :  un mondo danzante che saltella al ritmo della musichetta del call center dove lavora e si chiude con un’ immagine di recuperata e vera serenità. In mezzo il racconto di un universo senza regole e certezze che in una lenta progressione di cinismo e crudeltà genera disperazione e follia. Salvi saranno solo quelli che avranno saputo far prevalere un briciolo di coscienza e di integrità : il sindacalista irriso da tutti e la laureata in filosofia che riesce a recuperare una visione più realistica delle cose. Si è scritto di  citazioni da I Compagni di Monicelli, o da Viale del Tramonto di Wilder e in definitiva di quale strumento irrinunziabile d’indagine sociale sia  la commedia e quale ruolo abbia svolto in passato, la commedia all’italiana in particolare . E’ tutto vero, ma altrettanto importante è mettere in luce, più che l’eredità acquisita,  il tratto originale dell’Erede che qui realizza un film politico adottando registri comprensibili e alla portata di tutti. Attori bravissimi, a loro agio e  in grande spolvero, perfettamente tratteggiati . Eccezionale Sabrina Ferilli nel ruolo (ingrato) della donna in carriera, abbigliata fetish – dominatrix , forse il più drammatico fin qui interpretato..

Tutta la vita davanti è un film di Paolo Virzì. Con Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Elio Germano, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti. Genere Commedia, colore 117 minuti. – Produzione Italia 2008. – Distribuzione Medus

L’élégance du hérisson

L’élégance du hérisson

 

So poco di Muriel Barbery se non che insegna filosofia a Bayeux (patria dell’omonimo arazzo) e che il suo ultimo romanzo L’eleganza del Riccio – L’élégance du hérisson -  ha vinto tutto quello che c’era da vincere in materia di premi letterari francesi e non , venduto cinquecentomila copie e i diritti al Cinema e che tutto ciò le è valso in Francia la definizione di  fenomeno letterario dell’anno. Il suo editore Gallimard,  ha  fasciato il  libro con una striscia di carta rossa, con su scritto  “Le Q.I de la Concierge” E la concierge che si presenta fin da subito come l’archetipo della portinaia, è  la protagonista principale  del racconto. Così esordisce :  Je m’appelle Renée, j’ai cinquante-quatre ans et je suis la concierge du 7 rue de Grenelle, un immeuble bourgeois. Je suis veuve, petite, laide, grassouillette, j’ai des oignons aux pieds et, à en croire certains matins auto-incommodants, une haleine de mammouth. Mais surtout, je suis si conforme à l’image que l’on se fait des concierges qu’il ne viendrait à l’idée de personne que je suis plus lettrée que tous ces riches suffisants. C’è dunque un’ apparenza che inganna e come se non bastasse, un secondo personaggio che pure non la conta giusta : Je m’appelle Paloma, j’ai douze ans, j’habite au 7 rue de Grenelle dans un appartement de riches. Mais depuis très longtemps, je sais que la destination finale, c’est le bocal à poissons, la vacuité et l’ineptie de l’existence adulte. Comment est-ce que je le sais ? Il se trouve que je suis très intelligente. Exceptionnellement intelligente, même. C’est pour ça que j’ai pris ma décision : à la fin de cette année scolaire, le jour de mes treize ans, je me suiciderai. Altre apparenze ingannevoli : un’adolescente superficiale, scioccherella  che in realtà è intelligentissima, molto brillante e ha deciso di suicidarsi  il giorno del suo tredicesimo compleanno. La conciergerie di Renée  è un punto di osservazione privilegiato sull’andirivieni  del condominio fatto di ministri, industriali, banchieri e ricchi borghesi , più  i di loro  servitori , resi in tutto e per tutto simili ai padroni dall’ossessionante passione per la scalata sociale. A tutti questi personaggi dei quali conosceremo via via l’ottusa volgarità, Renée ha deciso di offrire un’immagine di sè quanto più vicina a quella che ognuno si aspetta  e per rendere più credibile il travestimento,  non esita ad abbrutirsi, adotta un linguaggio volutamente  sciatto, pur scandalizzata degli svarioni lessicali dei vari padroni di casa , tiene la televisione accesa tutto il giorno ma segretamente ascolta Mahler , cucina pietanze nauseabonde al solo scopo di inondare l’androne del tipico odore dei portierati. Insomma per niente al mondo rivelerebbe di essere una raffinata intenditrice di cinema giapponese o una studiosa appassionata de  L’ ideologia tedesca di Karl Marx  ma soprattutto per niente al mondo smantellerebbe  quella costruzione dell’ Immaginario  secondo la quale i portieri sono esseri insignificanti, figure di totale ignoranza e assoluta  marginalità . Analogamente si comporta  Paloma, l’adolescente che ostenta stupida mediocrità .Due esistenze clandestine espresse in forma di diario che procedono parallelamente seppur diversificate dai rispettivi linguaggi e da  un espediente  editoriale : nell’edizione francese,  a seconda che si tratti del racconto dell’una o dell’altra, i caratteri sono diversi , in quella  italiana oltre a questo, il personaggio di Paloma è affidato alle cure di una traduttrice – Emanuelle Caillat – e quello di Renée a un’altra, Cinzia Poli. Alla fine ogni segreto sarà svelato grazie all’irruzione sulla scena  di un ricco giapponese Monsieur Ozu, l’unico che alla luce di sensibilità e cultura tutte orientali, saprà entrare in relazione con Renée  e capire ciò che ad altri è sfuggito per indifferenza e superficialità.Così  Paloma, abbandonati  i propositi suicidi potrà annotare nel suo diario : Madame Michel ha l’eleganza del riccio fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti. Bel ritmo nella versione francese, appena meno in quella italiana. Ironia e disincanto, colte citazioni e rappel  in quantità, per quel tanto di indispensabile snobismo dotato  di solido retroterra.Niente di eccessivo, stonato o saccente. Interessante ed allusiva un’altra scoperta : al numero 7 di via de Grenelle a Parigi non c’è un condominio di lusso ma la boutique Prada.

L’eleganza del Riccio è un libro di Muriel Barbery edito in Italia da e/o

L’élégance du hérisson in Francia è invece edito da Gallimard

 

A touch of bling

A touch of bling

Alla prima tappa della campagna pour  se représidentialiser , Niko approda dopo aver letto con attenzione – pena l’incidente diplomatico – la nota del Cerimoniale di Sua Maestà Britannica che quanto a complicanze è secondo solo a quello dell’Imperatore del Giappone. La  première dame de France pure ha avuto  il suo bel dafare  tra approvvigionamenti di guanti e cappellini obbligatori – tutto scritto e prescritto,  dall’abito al mouchoir – ( e chi se la scorda Danielona Fini, in analoga circostanza, con la caciottella piumata in testa, accennare una riverenza imparaticcia). Il presidenziale impegno, non ha però sortito esiti rimarchevoli, un po’ perchè les bonnes manìeres allignano in animi predisposti e dunque non s’improvvisano e poi  perchè, come osserva Libération, – in questi giorni incredibilmente in vena di social e bon ton –   al cospetto di veri  re, regine, carrozze, cavalli e valletti, le magagne vengono fuori . Per fortuna c’è  Carla  en robe de Dior  che  a colpi di discrètes chaussures plates et sac à main posé sur du rouge ( la moquette di Westminster)  e  jambes légèrement inclinées, nella perfetta seduta della ragazza che nasce bene e meglio prosegue il suo percorso,   tutti ci incanta. Tutti. Persino Libération . Ed intanto che a profusione se ne parla e se ne scrive, i francesi  avranno agio di tirare il fiato, ovvero distrarsi  da quel che li attende a partire da lunedì : provvedimenti e stangate    su economia, sanità, pensioni e nuove leggi sul lavoro. I giornali  britannici, per parte loro, compiaciuti del discorso anglofilo  – ancorchè tenuto in lingua francese – di Niko alla Camera, hanno potuto, in un sol giorno, passare dalla sostanziale diffidenza di ieri  alle lodi sperticate di oggi , doveroso  omaggio allo stile di Madame . Una nuova Jacqueline Kennedy ! – E come ti sbagli ? –  Chissà che di questa pioggia  torrenziale di crème chantilly  non si avvantaggi anche Gordon Brown, ai minimi storici nei sondaggi del gradimento popolare,  con il quale però a Downing Sreet ,  il parlare è stato tutt’altro :  nucleare, immigrazione, incremento delle truppe in Afghanistan. Tutta roba dalla quale non ci salverebbe nemmeno l’Educazione Asburgica di Maria Antonietta rediviva,  col suo seguito di coutourier, calzolai, gioiellieri e addetti alle parrucche. Niko con le sue strategie mi fa tornare in mente La presa del potere di Luigi XIV di Rossellini , un film in cui si spiega come il  corto circuito  ostentazione – emulazione, uccida  lo spirito critico e le istanze di libertà dei potenziali avversari del Sovrano che ne impegna scientemente le energie  in una competizione impari e distruttiva. Spero in tutto ciò, non sia sfuggita la regale indifferenza per le mode  di Elisabetta II.  Sempre perfetta nelle sue improbabili mise. Del resto Elizabeth the Second, by the Grace of God, of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland and of Her other Realms and Territories Queen, Head of the Commonwealth , Defender of the Faith , il bling bling lo conserva nella Torre di Londra a beneficio dei turisti, quando si mostra in pubblico, nella gloria dei sui ottanta anni e passa, brilla di suo.  

Un esercito all'altar ! (vecchia canzone in onore di Pio XII)

Un esercito all'altar ! (vecchia canzone in onore di Pio XII)

baptpiero della francesca

Mi piacciono tutti quei laici, atei, agnostici e senzaddio che, per coglierne le contraddizioni, mai perdono l’abitudine di spiegare ai cattolici intransigenti quale sia la reale essenza del cristianesimo, religione di pace, fratellanza e amore le cui manifestazioni , retaggio di intimi rapporti col Trascendente, pretenderebbero più adatte alle Porziuncole che al Colonnato del Bernini. Un bell’ardire con un Pontefice che non manca di sollecitare la Presenza Cristiana nella vita civile e che a Regensburg, più che dare del malvagio a  Maometto,  ha precisato che il sentimento religioso non è un’esperienza privata e che i cattolici ne devono rendere testimonianza pubblica, altrimenti cattolici non sono. E la pubblica testimonianza non è affare da luoghi del silenzioso meditare. E’ roba da piazza, da aule  parlamentari, da campo di Marte. Così, più che stupirmi della solennità – Durante le celebrazioni pasquali! In San Pietro! Officiante Sua Santità! – e del rilievo mediatico – se non fosse stato decisamente pericoloso oltre che  fuori stagione, il catecumeno avrebbe trascinato Benedetto sulle rive del Giordano e vi si sarebbe immerso nudo e crudo – , mi meravigliano le altrui meraviglie . Cosa ci aspettavamo? Una cerimonia in famiglia? Con tutto quel trambusto che storicamente ha sempre accompagnato la conversione dell’ Infedele ? Evvia.. ora becchiamoci questo neo investito combattente dello scontro di civiltà. Posso immaginare cosa farà quando riceverà – se non l’ha già ricevuta – la Cresima . Soldato di Cristo. Mica bruscolini. Qualcosa però non va per il verso desiderato  se ne’ Haaretz,  ne’ Al Jazeera,  concedono il benchè minimo spazio agli entusiasmi neofiti del giornalista più scortato in Europa. Come se non bastasse, Mario Scialoja consigliere della Grande Moschea di Roma e  Izzedin El Zir portavoce di quell’Ucoii spesso tacciata di oltranzismo, hanno entrambi dichiarato di rispettare la libera scelta del convertito. Ancora un po’ e gli regalavano la medaglietta commemorativa. Non sono poi tutti uguali, questi seguaci del Feroce Saladino.  Una vera disdetta per chi non aveva fatto in tempo a detergersi l’acqua santa dalla fronte  che già correva a far professione di vittimismo preconizzando reazioni sconsiderate del mondo arabo e, a cascata,  future persecuzioni e prossimi martirii (altri privilegi, altre scorte…) . E vabbè.. la sua paranoia dovrà accontentarsi di Al Quds al Arabi,  quotidiano panarabo di Londra che per la verità ce l’ha più col Papa che con altri  o dell’egiziano  al  Masri el yom  che fedele alla linea editoriale consueta, ha confermato che Magdi Allam è una spia dei servizi segreti e buona notte. Altri furori –  Al Arabiya o Asharaq Alawsat – si sono potuti registrare ieri l’altro…ma insomma niente di particolarmente sulfureo. Sono, tutto sommato, assai più minacciosi gli argomenti esposti sul Corriere dallo stesso Allam, che poi , musulmano o cristiano, restano quelli di sempre.

In alternativa possiamo contemplare la bellezza di questo Piero della Francesca