Sfogliato da
Mese: Novembre 2008

Il negativo della pellicola

Il negativo della pellicola

 

Manco si fosse trattato del componimento di uno scolaro, a Cannes, la critica criticante non badò a spese. E fu così che dopo la visione di  PalermoShooting,  : fumoso, velleitario, noioso, confuso e saccente. Eppure basterebbe  che la stessa meticolosità con la quale talvolta i critici si industriano a trovare del buono in  lavori di poco conto, fosse investita nel vedere i film solo  quello, niente – si fa per dire – più. Un’ operazione indispensabile, prioritaria rispetto all’abituale rincorrere quadrature in schemi narrativi ellittici, ovvero l’individuare i generi, o l’interpretare misteri che misteriosi non sono affatto. Il che si rivela vieppiù inutile, se applicato al modo di fare cinema di Wenders che intenzionalmente conduce a perdersi in luoghi spazio-temporali mai visitati, più percorsi mentali che veri e propri tragitti.

Insomma, certe forzature esegetiche richiamano l’idea della Morte al Lavoro assai più  di quanto  faccia Wenders nel suo racconto. Che in fin dei conti, ruota intorno ad un dipinto – Il trionfo della Morte  – custodito in palazzo Abatellis a Palermo – raccontando  il regista, prima di tutto, con altre immagini, quell’immagine. Chi ce lo ha detto? Wenders stesso, in millanta interviste. Atteniamoci dunque ai fatti o quantomeno approfittiamo del filo conduttore che ci viene generosamente offerto:

Miracolosamente sfuggito ad un incidente stradale, un fotografo di successo, roso da insostenibili malesseri, arriva a Palermo da Düsseldorf e vede in uno scatto, le proprie persecutorie ossessioni, incarnate da un arciere incappucciato. Il dialogo che ne seguirà,  imprevedibilmente sereno e senza paura, sarà rivelatore dell’intero impianto. E tra realtà e visione, resurrezione e morte possiamo goderci l’elegante fotografia, una splendida colonna sonora e le belle immagini dei sogni e dei fantasmi risolte in digitale.

Detto questo però è importante puntualizzare che anche se faccio un largo uso delle nuove tecnologie, l’importante è che la loro funzione resti quella di guardare e capire la realtà. Mi fa orrore pensare che fra qualche anno nessuno ricorderà più cosa sia un negativo. Credo di non esagerare nel dire che questa è una delle rivoluzioni più radicali del nostro tempo, perché con il digitale è mutato anche il nostro approccio alla morte e alla mortalità. Ormai percepiamo ogni cosa come immortale e abbiamo perso completamente coscienza del nostro essere mortali. Personalmente ho visto la morte due volte da vicino e ho provato una sensazione di attesa. La morte è un punto di vista privilegiato per guardare la propria vita, l’unico che consente di farlo in modo radicale. È questo il messaggio del film: rivedere la propria vita. Spero che le frecce del mio affresco “colpiscano”anche voi.

Wim Wenders

 

 

 

Palermo Shooting è un film di Wim Wenders. Con Campino, Giovanna Mezzogiorno, Dennis Hopper, Olivia Asiedu-Poku, Letizia Battaglia, Harry Blain, Sebastian Blomberg, Inga Busch, Alessandro Dieli, Melika Foroutan, Irina Gerdt, Gerhard Gutberlet, Francesco Guzzo, Wolfgang Michael, Anna Orso, Jana Pallaske, Lou Reed, Udo Samel, Axel Sichrovsky, Giovanni Sollima. Genere Drammatico, colore 124 minuti. – Produzione Germania 2008. – Distribuzione Bim –

 

 

Chi sei

Chi sei

Mumbay5

Di lui e dei suoi compagni – circa duecento, più o meno della stessa età –  conosciamo la fisionomia e degli attentati di cui si sono resi responsabile a Mumbai , siamo stati informati, in alcuni casi in tempo reale, grazie ai media mainstream, alle tecnologie e alla Rete ( twitter, blog, persino flickr ).

C’è tuttavia uno scarto enorme tra la possibilità di conoscere e divulgare particolari, anche i più  infinitesimali, e il fatto che di tutto il resto, cioè di quel che è dietro questi giovani terroristi,  non si sappia praticamente nulla. Come se quegli stessi  particolari, il kalashnikov, lo zainetto, lo sbarco dal gommone, la precisione simultanea degli attacchi, fossero inutili ai fini della quadratura del cerchio. In questo contesto,  persino l’aver individuato un  braccialetto arancione al polso dei componenti il  Commando, è risultato fuorviante.  

Rivendicano la strage i Deccan Mujaheddin, sigla fin qui sconosciuta, con tipico linguaggio jiadista. Così giovani. E pronti a morire. Per cosa? C’entra Al Qaeda? Fanno parte di una comunità locale? Sono sovvenzionati dal Pakistan? Dove si sono addestrati?

Nessun meticoloso citizen journalism, nessuna Intelligence, nemmeno quelle più equipaggiate, sembra essere in grado di dare una risposta. Solo congetture.

 Un attentato l’anno, negli ultimi tre anni, nella sola Mumbai. In questo caso  però sappiamo, analizziamo, commentiamo ed esecriamo,  solo per la presenza nei luoghi delle stragi, di cittadini occidentali.

Ci sono stati attacchi, tuttavia,  anche in  Bangalore, Jaipur, New Dehli, Rajastan. Una carneficina fitta di luoghi, se la guardi su di una mappa, ma che spesso finisce nelle pagine interne dei giornali.

 A meno di potersene servire per agitare Mostri e chiedere misure restrittive nei confronti dei cittadini di religione islamica che vivono qui da noi, in genere, tutto tace.

Siamo nelle mani di  questi figli di un temporale, come li avrebbe definiti qualcuno? Probabilmente,  ma soprattutto sono state  politiche internazionali perdenti e  sconsiderate ad accentuare i drammi e a buttare benzina sul fuoco, negli ultimi anni. E ad esporci. Speriamo sia finita quell’epoca.

Trasgressione a buon mercato

Trasgressione a buon mercato

Cayo paloma 3

Qui non si arriva alle siderali distanze che Cacciari pone tra sè e il  Palinsesto –  Isola dei famosi? E che è? – e qualche puntata del reality a cura della premiata ditta Endemol, la si è pur vista. Abbastanza per farsi un’idea.

Confesso che mi sarebbe piaciuto osservare di più  la Luxuria alle prese con l’abituale clima improbabile e sgangherato dei realities, lei che quando faceva spettacolo, aveva spesso rivisitato  Trash e Kitch in chiave di intelligente ed ironica parodia ( c’è anche una dignitosa filmografia in cui è  interprete) .

Anche per questo mi era spiaciuto il taglio sociopoliticoculturalmilitante che alla vigilia della partenza per l’Honduras, la Vladimir aveva inteso conferire alla sua partecipazione. Era un po’ come rinnegare le sue indubbie doti artistiche in favore di un non meglio identificato messaggio politico, in quel caso ritenuto - non si capiva bene  per quale motivo – intrinsecamente più nobile.

Tuttavia, per quel che ho visto del programma e per quel che se ne è scritto, mi sentirei di escludere che la connotazione politica, sia stata al centro dell’essere naufraga tra i naufraghi, di Vladimir . Ma ora che si è aggiudicata il premio, il di lei successo, torna ad assumere la valenza di fenomeno socialmente rilevante.

Le associazioni gay e transgender esultano strillando al cambiamento epocale, Ferrero le offre candidature europee,  e specularmente, i detrattori dichiarano che senza ombra di dubbio, questo è l’ennesimo segnale della morte della sinistra. Come da copione.

Per quel che ne so io,  non è inusuale in questi format che il pubblico prediliga la persona che mostri più intelligenza o buon senso, fu il caso di Lori Del Santo –  una finta tonta con molto più sale in zucca di quanto possa apparire – o di Sergio Múñiz o Walter Nudo, modelli – comportamentali,  oltre che per professione –  che all’interno della dinamica del gioco, avevano dimostrato  una certo senso della misura tanto più marcato quanto più  messo a confronto con le modalità sguaiate ed urlanti del resto della compagnia. 

Credo che però,  nel caso di Luxuria, nemmeno questo tipo di  savoir faire abbia giocato un ruolo centrale nell’acquisizione del consenso. Piuttosto Vladimir,  dal quale ci si attendevano esplosioni, cinguettii e trasgressioni, si è distinta per il suo comportamento del tutto normale.

Il che ha significato sfiorare il moralismo facendo la spia su presunte liaison e corna che  compagni di gioco avrebbero inflitto a rispettivi inconsapevoli partners nella vita, ovvero ingaggiare dispute verbali con Patrizia, contessa De Blanc, sul fatto che l’Italia è una Repubblica e non una Monarchia e che dunque si decida anche lei a cedere un po’ delle sue  brioches al popolo , oppure sentenziare sul significato di  espressioni in slang col marito di Ivana Trump,  un giovanotto,  che pur avendo in quel caso ragione, è antipatico e poco televisivo a prescindere.

Insomma Luxuria ha dimostrato in tutto e per tutto di poter essere la concorrente ideale. Votarla in massa deve aver avuto  lo stesso significato  che assume l’amico gay, quello che tutti si vantano di avere ed esibiscono come prova inconfutabile di tolleranza & liberalità.

Salvo poi inorridire e dar battaglia se costui  pretenda la reversibile o l’ eventuale intervento chirurgico pagato dalla mutua, mai sia, se vuole adottare un figlio, fulmini e saette se lo desidera avere con l’eterologa nel senso di inseminazione. O più semplicemente se vuol essere libero di indossare l’abbigliamento che crede, che si tratti del gay pride, dell’abito nuziale col velo per andare a sposarsi o del foureau per prendere il the con le biscugine monarchiche , poco interessa.

Luxuria in proposito non  ha dimostrato di sostenere le grandi rivendicazioni della Prima Ora. Così, è divenuto più facilmente il simbolo della trasgressione alla portata di tutti.  Ha convinto e vinto. Di qui però a festeggiare l’avvio di un processo di grande  mutazione sociale, ce ne corre.

Guarda caso, nelle ore in cui Luxuria festeggiava la vittoria, un transessuale veniva assassinato a Roma, mentre qualche giorno prima, alcuni gay, avevano denunciato l’impossibilità di prendere in affitto appartamenti, per i ripetuti dinieghi di padroni di casa. Pretesto addotto : la diversità degli aspiranti inquilini.

Altre storie. Differenti da Vladimir che ha sostenuto di meritare il cospicuo premio per essersi messa in gioco fisicamente, esteticamente, con i capelli bianchi e i difetti fisici. Mediti pure chi questa impresa compie ogni giorno, con l’aggiunta di abilità conquistate a costo di sacrifici, ma senza enfasi ne’ medaglie, e per soprattutto per compensi di gran lunga inferiori.

Dice Paolo Ferrero con ardita acrobazia  lessicale che Vladimir Luxuria è un modello antropologico molto positivo . A me sembra solo l’ennesimo personaggio che va ad accomodarsi buon ultimo nel rutilante mondo del similvero, quello in cui vince chi si mette più in evidenza, chi sa farsi valere. Qualcosa che col valere non ha niente in comune. La cultura di riferimento è quella solita : puntare tutto sull’essere diversi, somigliando però il più possibile alla figlia della portiera. Un po’ di qua e un po’ di là.

Crederci sempre. Arrendersi mai.

Il lato chiaro di questa società

Il lato chiaro di questa società

La pazienza l’emo persa, essendo questo uno striscione romano, in altre città l’eventuale perdita della virtù dei forti, può essere declinata a piacimento

La violenza sulle donne non è l’esito di una devianza eccezionale, ne’ responsabilità di degenerati. E’ il lato chiaro di questa società, della sua cultura, della sua organizzazione e di politiche che, umiliandone la condizione, ricacciano le donne in casa, il luogo meno sicuro, quello in cui sono più esposte.

Ce lo hanno chiarito sabato scorso anche le studentesse dell’Onda : tra i disoccupati, le donne sono le ultime a trovare un lavoro, tra le precarie le prime a perderlo, ma staranno a casa anche quelle che non potranno più usufruire del tempo pieno per i loro figli . Le donne, pagano la crisi – slogan caro alle surfiste – più di tutti gli altri.

Necessariamente insostenibile

Necessariamente insostenibile

Il bambino che credeva  vittima di un rapimento e che le viene restituito non è suo figlio. La polizia di Los Angeles, spregiudicata e corrotta, vuole risolvere le indagini a tutti i costi e  insiste fino a rinchiudere in manicomio lei, Christine Collins –  la madre del piccolo – dopo averla  bollata come persona difficile  e questo   solo perchè si oppone alla versione degl’investigatori. Sarà sottoposta a terapie violente ed umilianti, somministrate senza particolari formalità, così come consentito dalla legge di allora. 

Il caso specifico non sarà risolto, ma indagando sul mistero della scomparsa del bambino, si scopriranno gli omicidi seriali di un pedofilo che sarà poi mandato a morte, come una sorta di colpevole predestinato però, dunque senza che in tutto questo si possa rinvenire  la benchè minima idea di giustizia.

Tratto da una storia vera, resa la sceneggiatura  ancor più aderente alla realtà da un’indagine accurata su materiali d’epoca – ma la verità è la virtù più importante del pianeta, ama dire  Eastwood – questo film si colloca sulla direttrice tracciata da una produzione che con Mystic River, Un mondo perfetto etc,  nell’analisi impietosa della società americana, racconta  i passaggi dolorosi della  perdita d’innocenza di quel  paese. Mischiando i generi, senza tralasciare l’ horror e finanche lo splatter,  in un crescendo di atrocità  che comunque preludono alla sconfitta, Eastwood scrive un altro capitolo sulla fine del Sogno Americano. Un film straziante, di indispensabile violenza in ogni suo passaggio. Particolarmente  nel racconto dell’esecuzione del pedofilo.

Di quale pace parlate? – si chiede Eastwood – Dopo uno spettacolo simile, quale tranquillità sperate di ritrovare? È per questo che ho voluto filmare questa scena con il più grande realismo, il rumore del collo che si spezza quando il corpo oscilla nel vuoto, i piedi che si agitano al momento dell’agonia… è insopportabile da vedere, ed è questo l’effetto che cercavo.

Impeccabile Malcovich nella parte del predicatore radiofonico che sosterrà, la battaglia di Christine. Toccante Angelina Jolie e, manco a dirlo, straordinario, lucido, indipendente tessitore, Clint Eastwood. Nessuna Palma a Cannes ( altre ingiustizie)  ma meritatissimo premio alla carriera, per il regista.

Changelling è un film di Clint Eastwood. Con Angelina Jolie, John Malkovich, Jeffrey Donovan, Colm Feore, Jason Butler Harner, Amy Ryan, Michael Kelly, Devon Gearhart, Kelly Lynn Warren, Gattlin Griffith, Michelle Martin, Frank Wood, Devon Conti, J.P. Bumstead, Debra Christofferson, Russell Edge, Peter Gerety, Pamela Dunlap. Genere Drammatico, colore 140 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Universal Pictures