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Mese: Dicembre 2008

In paradiso tu vivrai

In paradiso tu vivrai

 

 

 

Ci siamo. E’ arrivato il momento di mettere mano alla Giustizia. Da largo Chigi a piazza del Quirinale, si va per vie maestre denominate del Corso, Quattro Novembre e Nazionale, ma ci si può arrivare anche percorrendo un dedalo di stradine laterali. Lo aveva pur dichiarato all’indomani delle elezioni : e adesso nessuno mi ferma. La partenza fu l’Immunità. Quando sarà completata l’Opera – di smantellamento  dell’obbligatorietà dell’azione penale e di separazione delle carriere –  comunque Silvio Berlusconi si sarà avvicinato al traguardo un po’ di più.

Del resto ieri, ai margini della presentazione dell’ennesimo libro di Bruno Vespa, il Premier è stato cristallino, quantomeno nell’esposizione del tragitto : nessun dialogo con i (riesumati per la circostanza) Marxisti trattino Leninisti dell’Opposizione. Per cambiare la Carta Costituzionale faremo da soli, poi ci rivolgeremo al Popolo (alludendo al referendum confermativo dell’art 138). Dunque nessun contributo della minoranza sarà valutato. Forte dei sondaggi – manco dei consensi – saranno sufficienti gli esiti contabili del quesito binario: SI o NO.

L’antietica al potere esige meccanismi penali regolabili  al variare del tornaconto. L’azione penale obbligatoria – Incubo Berlusconiano, così come la separazione delle carriere ne rappresenta il  Sogno – sta per divenire discrezionale, cioè asservita al potere politico che presumibilmente stilerà l’elenco – quel reato sì e quello no – Nella prospettiva di una lunga stagione di occupazione del Potere, torna utile la possibilità di rimuovere ogni fastidioso impedimento.

Il referendum  elimina l’impaccio di ottenere la maggioranza dei due terzi del parlamento ma è anche un’incognita. Si tratterà di spiegare agli elettori come stanno le cose.  

I caudatari sono già all’opera. Prontuario alla mano – la Giustizia non funziona! E’ lenta. Farraginosa Politicizzata Vendicativa.. a Orologeria ! – ed ecco a voi la Panacea, il Paradiso in terra. Come accadde già per la Scuola e per la Sicurezza, molto sarà nelle mani di chi racconta il Paese. E di chi detiene i mezzi diffusione del Racconto.

Per la separazione delle carriere invece non serve nemmeno scomodare il Popolo, si fa tutto  da noi. Inquadrati i pubblici ministeri in una carriera separata dai giudici, ridotti a  organo requirente puro e semplice, operativi su materiale raccolto dalla  polizia, l’esecutivo avrà pieno controllo sull’amministrazione della giustizia. Il gioco è fatto.

Bene ha concluso Ezio Mauro nell’editoriale di oggi su Repubblica  : Siamo quindi davanti non a una riforma, ma a una modifica nell’equilibrio dei poteri, che va ancora una volta nella direzione di sovraordinare il potere politico supremo dell’eletto dal popolo, facendo infine prevalere la legittimità dell’investitura del moderno Sovrano alla legalità. Eppure, è il caso di ricordarlo, la funzione giurisdizionale è esercitata “in nome del popolo” perché nel nostro ordinamento è il popolo l’organo sovrano, non il capo del governo. Altrimenti, si torna allo Statuto, secondo cui “la giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo nome”.

Question time ( tra suicidio e pc)

Question time ( tra suicidio e pc)

Matteo_Salvini

Matteo Salvini, estromesso –  quale offesa ai Diritti – da Facebook,  luogo virtuale in cui ogni politico che si rispetti ha un account e tramite quello, mantiene vivo il dialogo con le masse – Second Life no, dilaga di meno,  a scanso di figuracce, bisogna conoscere, parlate e scritte,  un paio di lingue e usare con un minimo in più di perizia il pc – ha immediatamente predisposto un’interpellanza parlamentare al Ministro delle Comunicazioni per conoscere più da vicino alcuni numeri di questa realtà. Chiedo quanti italiani risultano iscritti a Facebook, se e quale tipo di controllo risulti al ministero essere effettuato e da parte di chi, dove risultino le sedi operative del social network in questione e chi ne siano i legali rappresentanti, se e quanti siano i casi segnalati di censura e di eliminazione di iscritti, gruppi o altro in rete.

Questione di vitale importanza sul fronte dell’Evoluzione Culturale del Paese. Investire gli uffici del Ministero  delle necessarie ricerche, onde poter consentire al ministro pronta ed esaustiva risposta, deve essere sembrato a Salvini più che  doveroso.

Poi però, nemmeno troppo tra le righe delle dichiarazioni rese ad Affaritaliani.it, si può leggere come Salvini stesso ipotizzi essere alla base dell’estromissione, non una violazione della netiquette, ma un eccesso di interattività.

E dove sarebbe accaduto tutto ciò? Che domande. Ma in Parlamento! La sinistra ha fatto ostruzionismo alla Camera dei Deputati, e ha parlato per cinque ore filate. Le alternative erano il suicidio o il computer. E quindi io sono stato lì, ad ammazzare il tempo, smanettando con la mail e con Facebook. Sono stato collegato un sacco di tempo, e magari avrò fatto troppe robe. Però cavolo, che almeno ti avvisassero.

Inutile ricordare a Salvini che tra suicidio e computer ci andrebbe giusto giusto lo spazio per espletare il compito istituzionalmente assegnatogli : seguire i Lavori. Compresi quelli con i dibattiti meno eccitanti. Ciò, in nome e per conto degli elettori che fiduciosamente hanno votato Lega. Che poi in materia di efficienza e fannullonismo, dimostrano essere sempre i più esigenti.

Come la giri la giri, questa storia può ben figurare nella nota dei  tristi segnali di decadimento. Ma davvero per recuperare notizie come quelle richieste da Salvini c’è bisogno del question time? Se penso alla lentezza con la quale procedono i lavori parlamentari, su ben altre faccende, mi viene voglia di suggerire a certi rappresentanti dei cittadini di migliorare il proprio umore semplicemente cambiando mestiere.

C’erano una volta i presidenti della Camera che governavano l’assemblea muniti di binocolo. Odioso strumento di controllo, si dirà, anche se non precisamente a quella bisogna era destinato. Però funzionava : meno pianisti, meno cappi, meno telefonisti, meno pacchetti del salumiere.Lo sa Matteo Salvini che nelle Aule di Tribunale sono proibiti i telefonini e che anche il tener aperto il giornale sul banco, in attesa che si celebri il processo, è considerato sconveniente e passibile di reprimenda da parte dei Presidenti?

Anche lì si lavora in nome e per conto di Qualcuno a cui si deve rispetto. Qualcuno che oltretutto quegli operatori di Giustizia, non ha nemmeno eletto.

 

Evviva Stella !

Evviva Stella !

La lettura di Duras, Cocteau e Balzac , come scoperta entusiasmante dell’adolescenza, ma soprattutto come  antidoto sicuro e sostegno a superare  una condizione culturalmente svantaggiata, deve aver innervosito i censori italiani al punto di infliggere a Stella, film di Sylvie Verheyde ( distribuito in Italia da Nanni Moretti), il divieto ai minori di quattordici anni.

Altri motivi non se ne scorgono in questa scelta francamente ridicola, avverso la quale la Sacher  ha fatto ricorso (previo pepatissimo comunicato stampa ). Ciò detto – e auspicando un felice esito a tutto l’iter –  eccoci a  Stella, ragazzetta di periferia cresciuta nel bar dei suoi, catapultata armi, bagagli e finta pelliccetta al collo della giacca, in una scuola del centro in cui coetanei du genre protégé non le risparmiano atteggiamenti  di sufficienza.

Stella in realtà, non partecipa al  confronto tra differenti stili di vita come una ragazza del tutto sprovvista di argomenti. E’ sveglia, intelligente e poi nel bar ha imparato un sacco di cose sul calcio, sui cocktails e sulle regole della belote – la briscola francese – o su quelle del biliardo, conosce a memoria le parole delle canzoni  del juke box – Sheila, Eddy Mitchell, Daniel Guichard, siamo negli anni 70 – e tirando tardi davanti alla televisione, ha scoperto i  vecchi film di culto del  programma Le ciné-club.

Tutto questo naturalmente non è sufficiente alla formazione di  una ragazzina che sta maturando mentre  scopre l’amicizia, l’amore e – quando un avventore del bar che l’ha vista crescere tenterà di abusare di lei –  persino il tradimento  Sarà una compagna di scuola  du genre protégé ma un po’ meno imbecille degli altri ad offrirle amicizia e l’occasione per impossessarsi di buone letture e buona musica.

Di lì a capire che la cultura è importante, aiuta ad affrontare la vita con le sue sfide e le sue brutte sorprese è un attimo. Sono tutti lì Les quattre cents coups di Stella, la botta di vita. La grande occasione. 

Ma c’è un aspetto del tragitto di questa ragazza che rende ancora più incomprensibile il divieto della censura italiana : la scoperta che l’apprendimento matura solo nella dimensione collettiva del confronto che solo la scuola può consentire. Dunque niente abbandoni scolastici, è l’invito che sotterraneamente,  il film rivolge ai giovanissimi. Resistete!

Un piccolo gioiello, un film con qualche imperfezione ma  edificante senza l’impiego  di retorica e luoghi comuni. Sguardo incantato e grinta. Come Léora Barbara, la bravissima interprete.

Stella è un film di Sylvie Verheyde. Con Leora Barbara, Karole Rocher, Benjamin Biolay, Guillaume Depardieu, Thierry Neuvic, Jeannick Gravelines, Valérie Stroh, Johan Libéreau, Melissa Rodriguès, Laëtitia Guérard, Anne Benoît, Christophe Bourseiller, Yolaine Gliott. Genere Drammatico, colore 102 minuti

Natale in casa Vuillard

Natale in casa Vuillard

 

Settimo film di Arnaud Desplechin,  regista ;che possiede il talento di concentrare anche la  trama più complessa e articolata, in sequenze brevi, dunque particolarmente versato a raccontare storie – come questo suo Un conte de Noël -  familiari , ovvero per dirla con i Cahiers che questo film molto hanno elogiato, di delirio genealogico.

Benvenuti dunque a casa dei Vuillard, famiglia altoborgese colta e numerosa. Siamo a Natale cioè nel momento più adatto per cogliere, tra albero, presepe e messa, esplosioni di tranquilla crudeltà da psicosi autodistruttiva che si  manifestano in termini di assoli, lampi onirici, voci fuori campo, dialoghi abrasivi, scontri frontali (e fisici).

Dramma psicologico più melò, in partitura a più voci,  ma la forma è ineccepibile nel racconto che si dipana intorno ad una malattia devastante che molti anni prima aveva ucciso il bambino di Abel e Junon – i padroni di casa – e che sta per colpire di nuovo quest’ultima. Allora, sarebbe servito un trapianto di midollo osseo compatibile che nemmeno l’apposito concepimento di un altro figlio potè offrire. Oggi un nipotino dei due, a rischio della propria, potrebbe salvare la vita di Junon….

Attori – recitanti, e di brutto – che sfiorano il sublime. Un contropanettone potente quanto un mezzo da sbarco.

 Racconto di Natale è  un film di Arnaud Desplechin. Con Catherine Deneuve, Jean-Paul Roussillon, Mathieu Amalric, Emile Berling, Françoise Bertin

Drammatico, durata 150 min. – Francia 2008

 

 

 

 

La fabbrica dei tedeschi

La fabbrica dei tedeschi

Va reso merito a Ballarò e a Giovanni Floris di aver messo insieme, ieri sera,  una trasmissione sulla Thyssen Krupp misurata e di notevole  impatto. Raccontando di quell’episodio gli aspetti civili, richiamando ognuno alle proprie responsabilità e mostrando del  dolore gli aspetti meno spettacolari e più controversi –  i retropensieri, le ricadute, l’insito e crudele bisogno di rivalsa –  ha sottratto lo spettatore al rischio quotidiano di vedersi scorrere sotto agli occhi, immagini codificate della Tragedia e del Lutto, mentre è comodamente seduto sul divano di casa, oramai anestetizzato dalla ripetitività e dalla retorica delle narrazioni.

Scarnificata dal superfluo, emerge con nettezza l’immagine di una drammatica impotenza : correggere il nostro atteggiamento troppo distratto, sollecitare le istituzioni, soccorrere chi è rimasto, ma ognuno di questi compiti richiama un’altra immagine: quella di ostacoli difficili da rimuovere.

Presenze appropriate e non abituali in televisione –  nessun politico a promettere o a esecrare ma su tutti, la nobiltà dell’autocritica di Guglielmo Epifani –  hanno conferito all’insieme, sobrietà. Degna di nota anche la lettura che Valerio Mastandrea ha offerto del brano di Ezio Mauro Gli operai di Torino diventati invisibili .

Domani anche l’Infedele di Gad Lerner ricorderà i morti della Thyssen  con la proiezione del film di Mimmo Calopresti  La fabbrica dei tedeschi.