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Anno: 2009

Tutta l’erba del fascio

Tutta l’erba del fascio

Vorrei tanto dire che la fine di Stefano Cucchi mi lascia esterrefatta ma così non è. Superflue si rivelano sin le registrazioni – vere o inventate – su quale sia il luogo più idoneo per eseguire un pestaggio a regola d’arte, a sfatare eventuali dubbi.

Qualcuno mentre infuriava il dibattito sull’indulto scrisse che le pareti del carcere sono normalmente sporche di sangue. Non era una metafora. E non solo di autolesionismo, fenomeno comune tra i detenuti,  si tratta.

Non c’era dunque bisogno di aggiungere onta al disonore –  tanto più se ci sono indagini in corso, se autopsie sono state eseguite, se una famiglia soffre, e da ultimo, se i cittadini che avrebbero diritto ad una corretta informazione, vogliono sapere – con dichiarazioni opinabili sulle presunte cause della morte.

Anoressia, tossicodipendenza, sierpositività. Alla faccia della riservatezza, seppure fosse vero . Ma il co-autore di una delle leggi riempigalera più inutili e dannose d’Europa non si smentisce mai quanto a modalità di approccio scientifico al problema : di tutta l’erba un fascio, è la sua griffe.

E pensare che l’erba oramai la fumano solo i nostalgici, data la vasta gamma di prodotti da sballo offerta dal mercato, in pochi si rivolgono ad una variante così obsoleta. Resta inteso che quel mercato, questa legge così saggia, severa e punitiva, non scalfisce minimamente.E che secondo quello stesso articolato,  cocaina e Hashish non c’è differenza, come pure tra spacciatore e consumatore.

I risultati di una buona legge subito si vedono. Trentamilacinquecentoventotto sono i tossicodipendenti in carcere. Più, ventiseimilanovecentotrenta incriminati per spaccio. Un incremento del 6% in un solo anno. Ma magari questa è una buona notizia per i fautori della galera come misura unica di contenimento dei problemi.

 

Muri, fili spinati, reti, check point

Muri, fili spinati, reti, check point

Berlin,_Brandenburger_Tor_mit_Berliner_Mauer

Tra Ceuta e Melilla ci sono 223 km di barriera volute da Aznar e potenziate da Zapatero. Dividono l’Africa dall’Europa.Con tutto quel che significa.

Nel Sahara occidentale una massicciata lunga 2.570 km segna l’appropriazione – illecita – del territorio saharawi da parte del Marocco.

Tra il Botswana e lo Zimbawe 500 Km di  rete elettrificata impediscono l’ingresso illegale degli zimbawesi in fuga da fame, miseria e persecuzione.

Tra Messico e Arizona, California, Nuovo Messico e  Texas, una barriera di 550 km variamente composta ( muri in cemento, fili spinati, reti elettrificate) protegge gli Usa dall’immigrazione clandestina.

E ancora in North Corea, Bangladesh, Tibet, Birmania, Kashmir, Afghanistan, Uzbekistan Khazakistan, Yemen, Gaza, Cipro e nelle città di Baghdad e Padova –  via Anelli, persistono muri, superstrutture, recinzioni, barriere già costruite o costruende,  per proteggersi dall’immigrazione, dal terrorismo dalla Paura.

Nel giorno in cui si celebrano la Caduta del Muro e la rinascita di un sogno di democrazia, è giusto ricordare le  migliaia di muri sparsi in tutto il mondo che restano ancora da abbattere.

I like baseball, movies, good clothes, whiskey, fast cars… and you. What else you need to know?

I like baseball, movies, good clothes, whiskey, fast cars… and you. What else you need to know?

L’ennesima rappresentazione del gangster gentiluomo, si potrebbe pensare, ovvero un’ ulteriore celebrazione dell’impresa criminale selettiva, all’epoca, già abbondantemente rivisitata, della Grande Depressione. Quando cioè svuotare il caveau della banca distruggendo i registri dov’erano annotate le somme in carico ai piccoli debitori, era considerato un atto eroico. E lo sarebbe probabilmente anche oggi se non fosse per il fatto che i criminali hanno preso tutt’altra strada.

Ma qui abbiamo la puntigliosa eleganza – uncompromised  and committed si autodefinisce il regista – di  Michel Mann e la precisione interpretativa di Johnny Depp, dunque piuttosto che alle mitragliette e al jazz, la narrazione ruota, pur senza tralasciare una certa accuratezza delle ambientazioni, intorno al rapporto tra la Legge e il Ribelle.

 

Siamo ad uno dei capitoli cruciali della storia americana.  Nel midwest  duramente colpito dalla crisi,  rapine a mano armata e  rapimenti, soprattutto di bambini, a scopo di estorsione, erano frequentissimi. I fuorilegge si chiamano Bonnie and Clyde, Machine Gun Kelly, Pretty Boy Floyd, John Dillinger.

Ma benché si trattasse di un fenomeno  circoscritto, regionale, il Governo vide la possibilità di farsi buona stampa in un momento difficile, coinvolgendo l’intera nazione in una sorta di crociata contro la criminalità.

L’ascesa di J. Edgar Hoover, controverso capo dell’FBI, non sempre al servizio della nazione, per ben otto presidenti – da Roosvelt a Nixon – e del suo fido collaboratore Melvin Purvis qui interpretato da Christian Bale, comincia proprio con Dillinger. 

Il dispositivo del controllo sociale  parte dalla manipolazione dell’opinione pubblica, dal definire Nemico Pubblico Numero Uno un audace teppista che grazie agli otto anni – un po’ troppi – di carcere per tentata rapina, aveva studiato metodo, tattica e strategia di assalto alle banche, dal detenuto ex militare tedesco Dietrich, che si era reso protagonista di evasioni clamorose ed irridenti, che faceva fare la figura dei Keyston Cops ai poliziotti.

 Dunque con una squadra speciale anti Dillinger e l’ ordine di sparare e poi contare fino a dieci, Edgar Hoover affronta il Nemico che intanto acquista via via popolarità – anche Johnny sapeva manipolare i media – il suo arresto in buick fra ali di folla plaudente, ne sono l’inconfutabile prova.

Grande prova d’attore per Johnny Depp particolarmente preso dal personaggio, ma soprattutto magnifica regia che sceglie non l’andamento e la coloritura nostalgica  da film d’epoca ma i reali luoghi dove sono accaduti i fatti per far sì che la storia sia immersa nel reale e  il movimento, la velocità dell’azione. Dunque gran schieramento di macchine digitali – Mann continua con le sperimentazioni già avviate col bellissimo Alì – e sovrapposizione di immagini tra passato e presente per il racconto dell’icona popolare del solitario, audace, generoso, elegantissimo criminale.

Degno finale al cinema Biograph – e dove sennò ? – in un gioco di specchi con Clark Gable – il film è Manhattan Melodrama – mentre la musica allude – Bye Bye Blackbird – al nomignolo con cui Johnny chiamava la sua ragazza.

Nemico pubblico – Public Enemies è un film di Michael Mann del 2009, con Christian Bale, Johnny Depp, Channing Tatum, Billy Crudup, Marion Cotillard, Leelee Sobieski, Emilie de Ravin, Giovanni Ribisi, David Wenham, Stephen Dorff. Prodotto in USA. Durata: 140 minuti. Distribuito in Italia da Universal Pictures

It’s ok, we’re Americans, we’re here to help you!

It’s ok, we’re Americans, we’re here to help you!


A chi sostiene che la riforma sanitaria costa troppo, Obama – destinatario, in questi giorni, di precoci e, manco a dirlo, iettatori de profundis, per via di due staterelli in cui i democrats hanno preso la tranvata – abitualmente risponde : mai come una guerra.

Un metodo meno dispendioso delle trovate del Pentagono, vedi bestie di Kandahar e altre simili miliardarie diavolerie, tuttavia ci sarebbe. D’acchitto può sembrare più strampalato di una comune teoria del complotto – altra specialità made in USA – ma Jon Ronson autore, mai smentito,  del libro Capre di Guerra che ha ispirato il film assicura che nell’esercito degli Stati Uniti c’è  stata, probabilmente c’è e ci sarà, apposita sezione per la messa a punto di tecniche di potenziamento delle capacità di leggere nel pensiero, attraversare i muri da parte a parte, uccidere gli animali con lo sguardo e via dicendo .

Attività  paranormali dunque in luogo del più classico percorso di guerra, con l’aggiunta di quel tanto di venatura sciamanica da indurre qualche perplessità, ma  solo per un attimo. Poiché tutto è meglio  della tortura e dell’uranio impoverito, vada pure per la corrente di pensiero militar-castanediana. Magari funziona come diversivo.

 

Nel film, il giornalista McGregor, in vena di sensazionalismi da fronte bellico – siamo in Iraq – inciampa in Lynn Cassady, un militare che rivela essere del New Earth Army Usa, un corpo speciale istituito dopo la fine della guerra in Vietnam per la sperimentazione di nuove tecniche di combattimento.

 La ;base irachena di questo corpo è  un segretissimo campo pieno di capre mute, prigionieri in tenuta arancione e soldati strafatti, guidati da un ex hippy che li  addestra, nel più puro stile  New Age, a scambiarsi fiori, a pregare il Sole e a vincere la guerra con baci e tenerezze. Trattasi di individui, in grado di diradare le nuvole col colpo d’occhio e di piegare le forchette con la forza del pensiero ma soprattuttodi ridurre in cenere, qualsiasi forma di militarismo, disciplina, gerarchia, machismo. Quando gli americani sono in guerra tutto può succedere sembrano recitare il sopra, il di lato, e il sottotesto.

 

Ben congegnato il gioco dei flashback e brillante la sceneggiatura . Cosa c’entrino però  le capre e che fine faranno, lo si saprà vedendo questa corrosiva – una gag via l’altra –  commedia antibellica, perfettamente diretta da Grant Heslov coproduttore insieme a Clooney, per la di loro ( e d’altri amici)  Smokehouse, impresa friccicarella ( lunga vita!) che prende il nome dalla tavola calda vicina alla Warner Bros, meta abituale di Clooney ai tempi di ER.

E a proposito di Clooney che abbandonate le facce e faccette delle conferenze stampa e le risposte spiritose a certe;grossolanità di alcuni intervistatori, diventa un attore al servizio delle storie che racconta, pieno di talento, sensibilità e sfumature – qui fa un gioco d’occhi memorabile, o di Jeff Bridges – il grande Lebowski – perfetto nella parte dello Jedi – il saccheggio di  Guerre Stellari è poi accuratamente spiegato in sceneggiatura – e degli altri, da Kevin Spacey a Ewan McGregor – tutti compenetrati nel ruolo di soldati,  pronti a salvare il mondo attraverso questa sorta di guerra telepatica, strafalciona e un po’ sui generis….

L’uomo che fissa le capre è un film di Grant Heslov del 2009, con Ewan McGregor, George Clooney, Kevin Spacey, Robert Patrick, Jeff Bridges, Stephen Root, Stephen Lang, Glenn Morshower, Rebecca Mader, Nick Offerman. Prodotto in Gran Bretagna, USA. Durata: 93 minuti. Distribuito in Italia da Medusa

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In croce

In croce

crocefisso Mathis Gothart Grunenwald

Quanto chiasso. Se in un’ aula scolastica gli orientamenti religiosi sono molti – o inesistenti – e il simbolo uno solo, quale potrà essere il responso di una Corte di Giustizia che si rispetti? Avallare la tesi della religione o della cultura prevalente, emarginando i diritti delle minoranze?

Impossibile che un organismo internazionale possa esprimersi in tal senso. Nemmeno qui da noi del resto potrebbe esistere legge che impone il crocefisso nelle scuole, tant’è  che per giustificarne la presenza, spesso si ricorre all’escamotage del simbolo culturale arcaico. Ma non funziona lo stesso, se la religione di stato è un istituto obsoleto ( oltre che abolito) figuriamoci la cultura.

La Corte si è pronunziata sul ricorso di una privata cittadina insoddisfatta – è un suo diritto –   delle sentenze emesse in Italia, deliberando sulla scorta di quanto disposto dalla Convenzione e dai Protocolli. Inutile far passare quei giudici per laicisti assatanati.

E comunque stiano tranquilli i fanatici dei simboli dell’appartenenza culturale, già pronti a dar battaglia su futuri presepi e recite scolastiche alla porporina. Risarcimento della ricorrente a parte, nulla può accadere, i crocefissi non saranno rimossi d’autorità.

Tuttavia, ogni occasione sembra buona per affermare una supremazia religioso- culturale che vista la temperie, pare semplicemente ridicola. La risoluzione dei problemi andrebbe affidata al buon senso degl’interessati –  insegnanti, famiglie, studenti –  senza avere la pretesa  del Dettato Universale e soprattutto senza conflitti, animosità e guerre sante. La vera laicità risiede nelle regole che, nel rispetto delle Leggi, una comunità può darsi.

Le scelte del cuore come le chiama Fo sul Manifesto di oggi, mal si adattano alla protervia. Converrebbe lasciar libere le classi di trovare ciascuna  la propria soluzione. Altrimenti si sa quanto siano puntigliosi i magistrati, leggono nei loro libri, poi traggono via via conclusioni che non possono non apparire tranchant. Non sempre ci azzeccano ma, direi, che non è davvero questo il caso.