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Mese: Maggio 2009

Sotto..sotto…strapazzato da analogo destino

Sotto..sotto…strapazzato da analogo destino

SOTTO-SOTTO-STRAPAZZATO-DA-ANOMALA-PASSIONEBella la fotografia di Dante Spinotti, belle le scene di Job e azzeccata la scelta delle locations –  l’area intorno al Teatro Marcello, una specie di zona franca, antica per sovrapposizione di varie epoche,  incastrata nel traffico tra il Ghetto, le Botteghe Oscure e la via, allora detta del mare, oggi Petroselli e poi ancora gli studi di  Cinecittà e il giardino dei mostri di Bomarzo –  Bellissima la musica di Paolo Conte.

Bella la rappresentazione dell’aria  che tirava a Roma agl’inizi degli anni 80, con l’Effimero di Nicolini, Massenzio, i teatri e i film sperimentali, le scuole di samba brasiliane in parata ai Fori Imperiali,  la discussione delle femministe sull’estasi di Santa Teresa e infine una delle stazioni più controverse e delicate della rivoluzione cultural – sessuale, giunta dopo un’irresistibile avanzata, a riflettere sui rapporti amorosi tra persone dello stesso sesso.

Bella anche la regia di Lina Wertmüller e bravi gli attori, Montesano un po’ sopra le righe mentre Luisa de Santis, Isa Danieli  e Veronica Lario che con  voluta cadenza bolognese interpretava il ruolo della moglie sognatrice e cinefila, erano talmente efficaci  da riacchiappare le sorti di un film che tra tante cose buone  aveva un unico imperdonabile difetto : i dialoghi,  in alcuni momenti talmente straripanti da invadere campi minati di noiose e cervellotiche considerazioni.

Anche in quel caso Esterina – Veronica, metteva a soqquadro il tran tran coniugale rivelando ad Oscaretto – Montesano che la persona – tipica e pudibonda espressione d’epoca – protagonista delle sue fantasie erotiche , non era un uomo ma una donna, provocando così nel coniuge comunista doc, le reazioni inconsulte e perbeniste tipiche della virilità dell’orgoglio offesi. 

Nessuno dei capisaldi comportamentali della pratica maschilista – dalle botte, alle coltellate, passando per gl’insulti più volgari ed infamanti – veniva risparmiato ad Ester, colpevole nemmeno di vero e proprio adulterio ma soltanto di essere stata sincera. Evidentemente senza accorgersene aveva mirato diritto al cuore del problema. Secca e precisa, come solo una moglie sa fare.

A vederla così, Veronica Lario, allora come ora, non sembra proprio di quelle che senza  matrimonio  con un uomo ricco ed importante, si sarebbe persa. Non come i detrattori ed i teorici dell’ingratitudine – sono un tipico di ogni divorzio – vorrebbero far credere. Alla fine comunque la si pensi, tra le tante lezioni di questa vicenda che quanto a volgarità, prepotenze ed insulti, è solo all’inizio, una soprattutto brilla ed è quella che oltre i soldi e il potere c’è ancora vita. E dignità. Non poco in epoca di asservimenti di tutte le specie.

 

Sotto… sotto… strapazzato da anomala passione è un film di Lina Wertmüller del 1984, con Enrico Montesano, Veronica Lario, Luisa De Santis, Mario Scarpetta, Massimo Wertmüller, Alfredo Bianchini, Sergio Solli, Jole Silvani, Dario Cantarelli, Umberto Zuanelli. Prodotto in Italia. Durata: 105 minuti.

Finchè la rotativa va ( c’è speranza )

Finchè la rotativa va ( c’è speranza )

 

 

 

 

Kevin Mc Donald deve aver avuto il suo bel dafare con tutti quei classici del giornalismo investigativo da visionare prima di mettere mano a State of play.  Pakula, Howard, Brooks, Hawks tanto per citare a caso qualche autore. Una filmografia di genere piuttosto vasta  con qualche capolavoro e diversa  paccottiglia imbastita su luoghi comuni, tra esercizi retorici e tonanti invettive. E come se non bastasse, la stessa serie televisiva inglese su cui è basato lo script che poi ha finito per  rivelarsi un temibile termine di paragone per il film.

Quanto agli attori, sono stati mandati  a balia, per qualche tempo, in redazione al   Washington Post. Così, tanto perchè fosse loro chiaro come funziona un quotidiano, cosa ogni giorno viene stampato e perchè. Dunque, già in fase preparatoria, eravamo in piena atmosfera di meticolosità hollywoodiana, la stessa in virtù della quale De Niro non avrebbe potuto  interpretare credibilmente The racing bull   prima di essere ingrassato 30 chili e di aver condiviso per sei mesi  lo stesso tetto con  Jack Lamotta. Niente che la coppia Helen Mirren and Russel Crowe, attori da sempre abituati a dissolversi nei personaggi, più che a rendersene interpreti, non potesse sopportare. E poi nel cinema – come del resto nel giornalismo – la pignoleria ai limiti della nevrosi ed oltre,  paga in termini  qualitativi e di fedele rappresentazione del Vero. 

Così è anche di questo giallo investigativo old fashioned way, un’americanata ben messa, sul giornalismo che mette i bastoni tra le ruote al potere politico rivelandone le dinamiche e sulla missione del cronista pistarolo che tra commissariato, obitorio e ministero, tesse una rete di utili fonti su cui basa le sue inchieste. Tutto ciò all’epoca di internet – cioè del magma incontrollato di notizie spazzatura –  e  della crisi della carta stampata.

Film, dunque,  inevitabilmente epico : il 2043, data in cui l’ultima sgualcita copia su carta del “New York Times” sarà acquistata, è alle porte e bisogna correre ai ripari :

Accade che a Cal McAffrey, nobile e stropicciata figura di giornalista all’antica, quasi un dinosauro, trasandato, sovrappeso e brontolone,  venga affiancata una giovane blogger,  metodologicamente sprovveduta e  poco abituata ai controlli e alle ricerche. I due – intreccio scontro irresistibile di visioni del mondo agli antipodi – seguono le indagini di omicidio in un quartiere malfamato, un rompicapo di eventi apparentemente scollegati che tra tangenti sesso e omicidi andrà via via configurandosi come una storia di vizi privati e pubblica corruzione in cui è coinvolto un giovane deputato in ascesa che è anche compagno di college di Cal.

Ma nei trent’anni che ci separano da Watergate inteso come caso scuola  ( e da Tutti gli uomini del presidente)  l’universo dell’informazione si è completamente rivoluzionato. I media sono divenuti scrupolosi amministratori del consenso mentre la carta stampata vive un momnto di profonda crisi. Le Proprietà esigono risultati rapidi in termini di quadratura di bilancio e non c’è più tempo per mettere insieme le inchieste di un tempo. Per di più, paradosso dei paradossi,  la presenza istantanea di notizie in rete, si rivela, almeno in questo caso,  un intralcio ben più cospicuo di tradizionali reticenze e depistaggi. Morale : la vera professionalità non disgiunta dall’etica professionale e fondata su regole ferree, si nasconde nelle redazioni e viaggia sulla carta stampata.

Riflessione amarissima e analisi veritiera sullo stato delle cose realizzata da un team di sceneggiatori di prim’ordine. Finale amarcord/tipografico con gran carrellata tra le rotative al lavoro. Visione nostalgica di un mondo in probabile estinzione. ( che ha commosso la quasi totalità dei critici, anche quelli cui il film non è piaciuto troppo


 

 

 

State of play è un film di Kevin Macdonald. Con Russell Crowe, Ben Affleck, Rachel McAdams, Helen Mirren, Wendy Makkena, Katy Mixon, Viola Davis, Jeff Daniels, Maria Thayer, Harry Lennix, David Harbour, Rob Benedict, Zoe Lister Jones, Gregg Binkley, Arabella Field, Cornell Womack, Robert Bizik, Dan Brown, Eileen Grubba, Brennan Brown, Jason Bateman, Robin Wright Penn. Genere Azione, colore 125 minuti. – Produzione USA 2009. – Distribuzione Universal Pictures

Venne maggio

Venne maggio

sponsor

Cartello : Il mondo che vorrei . E di seguito i logo di una caterva di sponsor. Impossibile non pensare a Naomi Klein (e a chi ha impostato la grafica). Visti i fatti comunque, il mondo che vorrei, pare proprio che non possa fare a meno di finanziatori, ancorché meritevoli di lode per impianti fotovoltaici e munifici in compagnie assicuratrici di bandiera. Senza il loro apporto, il concerto sarebbe stato a rischio. Era dunque nelle cose che la scaletta e le star di punta fossero in armonia con quello che è stato definito il maggior impegno degli sponsor.

Solo non mi è mai chiaro se questi divi che percorrono le generazioni senza saltarne nemmeno una,  procurando in egual misura grappoli di extrasistole alle bisnonne e scariche d’adrenalina ai pronipoti, siano un segnale di qualità che prescinde dallo scorrere del tempo o di cattivo stato di salute della capacità di rinnovarsi della musica catalogata leggera rock pop o quel che è.

Certo, ma che senso ha cantare sono un ragazzo di strada adesso che ragazzi di strada lo sono diventati un po’ tutti ?

Conosco poco Vasco Rossi, non fosse stato per De Andrè e per la premiata ditta Castellitto & Mazzantini che ha impiegato un suo brano in Non ti muovere, non mi sarei mai soffermata ad ascoltare la sua musica. Per il resto – ma è un mio limite – le sue canzoni, come quelle di altri pur celebratissimi, sono del tipo  da un orecchio mi entrano e dall’altro mi escono. Non mi è sembrato tuttavia così sconveniente affidare a lui il ruolo di testimonial di importanti iniziative. Con i tempi che corrono e le difficoltà che si trovano a trasmettere idee di vera solidarietà, una platea di ottocentomila presenti e qualche milione a casa, diventa un’occasione preziosa.

Sia lodato dunque il fotovoltaico che ci ha permesso di ascoltare anche Marina Rei e Avitabile – eh si, le percussioni – quest’ultimo investito dell’importantissima missione di riscattare Portici. Non solo Orfane – belle- di- Papi- da quelle parti.