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Mese: Novembre 2010

The paranoid style…

The paranoid style…

E’ possibile che quanto accade in questi giorni tra  tetti,  cupole,  binari e  tappeti rossi e – ovviamente – per le strade di Napoli, prima che gettare discredito, offra al mondo la misura di come siamo combinati ma  soprattutto che gli esiti dell’inchiesta su Finmeccanica oltre che le annunciate rivelazioni di Wikileaks, facciano fibrillare un governo che,  parte  di suo, parte per ragioni strettamente dipendenti da quanto sopra, è arrivato al capolinea.



E che siamo infine giunti a redde rationem, si capisce da certi  atteggiamenti poco istituzionali di alcuni esponenti di spicco. Metti le performances della Gelmini – sempre più antropologicamente vicina ad un genere in via di estinzione : la colf padana – che per difendere una riforma fatta praticamente di soli tagli di spesa, agita i fantasmi di parentopoli e baronie, avverso i quali, se davvero fosse questa la preoccupazione principale, non avrebbe nemmeno messo in campo misure efficaci e che invece di opporre argomentazioni alle argomentazioni o battere cassa sul finanziamento ordinario 2010, non ancora pervenuto alle Università, non trova di meglio che prendersela con studenti e ricercatori.


Oppure l’implorante Bondi, il trasvolatore Larussa, il perorante Stracquadanio  e tutti coloro i quali, rispetto ai rifiuti di Napoli o alla ricostruzione dell’Aquila, raccontano falsità recitando le date di impossibili scadenzari – tre giorni, dieci, quindici –  minimizzando taluni eventi, amplificando a piacimento la portata di altri  o rimpallando le responsabilità a chi ha governato  la Campania o ancora governa nel residuo perimetro della città di Napoli.


Tutto ciò ovviamente dal punto di vista del  fare o meglio del programmare le soluzioni, non serve a un bel niente ma potrebbe essere parte di una normale attività di propaganda se non vi si aggiungesse una tale ansia di manipolare il Racconto,  da tentare con ogni mezzo l’appropriazione sistematica di spazi di dibattito o d’intrattenimento televisivi.

E questo un po’ per marcare il territorio e un po’ per  piazzare improbabili versioni dei fatti.Vedi telefonate in diretta del Premier o pretese di stravolgere la scaletta delle trasmissioni, inserendo contenuti non previsti e che comunque c’entrano come i cavoli a merenda.


Come se non bastasse tutto ciò, il ritorno in grande stile, sabato scorso –  in conferenza stampa del governo, sostenuta con convinzione da Frattini,  della vecchia, cara Teoria del Complotto, quella che tutto spiega, dalle catastrofi naturali a Pearl Harbour fino alle Twin Towers e oltre, arricchisce la strategia comunicativa di un insostituibile strumento per buttare fumo agli occhi.


Non si può non pensare a quelle dichiarazioni come ad un ombrello pronto ad aprirsi anche in vista dei dispacci diplomatici diramati da Wikileaks che, per quanto nella gravità del loro contenuto, non rivelino, al momento, alcuna  particolare novità, sono destinati ad avviare un dibattito insidioso alla vigilia del voto di fiducia.


Non era forse questo il governo con la miglior politica internazionale mai avuta ? Il G8 dell’Aquila non era la prova provata della nostra capacità di essere al tavolo con i Grandi, avendo acquisito finalmente quel particolare posto nel mondo a noi destinato ?


Sarà più difficile continuare a sostenere una simile tesi dopo aver letto su di  un report diplomatico che il Premier, in odore – secondo i sospetti di Hillary Clinton e non di un’oscura passacarte  –  di interesse privato in atti pubblici, è considerato poco più dello scendiletto di Putin o di Gheddafi.

Si aspettano ulteriori sviluppi vuoi sul fronte dei report, vuoi su quello del dibattito politico nazionale ovvero su come saranno giocate le carte in questione.In ogni caso The paranoid style è destinato nei prossimi giorni a fare la parte del leone. Per ora il Premier consegna alle agenzie la sua risata di commento ai fatti. Atteso che ci sia ben poco da ridere, come reazione governativa (e non solo) non sembra troppo normale.



Il potere rende nervosi ( coloro che ne temono la perdita)

Il potere rende nervosi ( coloro che ne temono la perdita)

Mentre l’effetto dissolvenza sfuma sui numerosi – abbiamo imparato di recente – significati del verbo interloquire, i riflettori si accendono sull’ Elenco che  Maroni ha finalmente ottenuto di leggere, a mò di contraddittorio, nel programma di Fazio e Saviano

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Ora il messaggio  del Ministro è per tutti più chiaro: se tu racconti, in televisione, di un’inchiesta che lambisce il Mio Partito, io ti squaderno cinque minuti di pura propaganda filogovernativa.


Non male. Soprattutto dopo il sacrosanto martellare di precisazioni circa le attività investigative e di contrasto che proseguono – e ci mancherebbe altro – indipendentemente dall’avvicendarsi dei governi.


L’ansioso Ministro dunque, al culmine della sua settimana itinerante nei talk show che vanno per la maggiore, conferma l’impressione che segnali di nervosismo da barca che affonda, oramai nel PDL si sprecano . Vedi pure i contenziosi sul marchio di fabbrica  – un classico ! – e  le reazioni delle signore, già simbolo della Scorciatoia e Ornamento dell’Ascesa, che più di ogni altro sembrano subire l’effetto del mare in tempesta.


Non sono un caso  l’incontro a teatro  Gelmini – Brambilla, suggellato dall’ insulto – cagna – dell’una all’altra,  certificato da Signorini su Chi e ripreso dal Riformista, ne’ le minacciate dimissioni del ministro Carfagna dopo l’aggressione fotografico-verbale da parte della  Nipotissima, ne’ l’attivismo sfrenato  del sottosegretario Santanchè testimonial/emissaria nell’operazione recupero parlamentari dispersi, pro-fiducia del 14 p.v.


Ora, è possibile che gli scricchiolii di bordo non determinino necessariamente il naufragio. Un mese è un tempo abbastanza lungo  e soprattutto nessuno dei motivi di fibrillazione interna, corrisponde a fatti del tutto inediti : non lo sono i comitati d’affari, ne’ la gestione Verdini denunziata dal Ministro Carfagna, ne’ le preoccupazioni per l’affidamento dei termovalorizzatori in Campania, ne’ le ostilità personali a vario titolo.

L’ unica vera novità del panorama è la vistosa messa in discussione della leadership di Berlusconi da parte di un pezzo del PDL, poi divenuto FLI. Il resto ne è solo la logica conseguenza.

Il tentativo di svilire il carisma del capo, in genere,  funziona come una sorta di rottura dell’incantesimo anche tra i fedelissimi, dopo la screpolatura,  ognuno si sente meno vincolato al Patto e forse più libero delle proprie reazioni.Salvo atteggiamenti protettivi o da quadrato dei puri e duri, è esattamente quel che sta accadendo.


Tuttavia SB è un uomo che dispone di risorse nel senso più ampio del termine e  magari riuscirà – e non è solo questione di denaro – a rinserrare le fila di un fronte un  po’ scompaginato, riacquistando quel che gli manca per restare in sella.


Sarebbe un risultato strabiliante, dal quale però il governo non potrebbe uscire rafforzato. Se le ragioni del dissenso restano irrisolte, il futuro sarebbe segnato dalla continua  ricerca di un’impossibile quadratura, provvedimento per provvedimento, emendamento dopo emendamento, postilla dopo postilla . Altri mesi di logorio, inevitabile preludio di immobilismo .

Poichè è chiaro, nonostante la pletora dei reggicoda si ostini ad affermare il contrario, che qualcosa è davvero cambiato e non prenderne concretamente atto, equivale in politica, ad uno degli atteggiamenti più rovinosi .

Nelle more, da un ministro sinceramente dispiaciuto per come il proprio partito è stato rappresentato , ci si sarebbe aspettati un elenco di Valori ma per la titolare delle Pari Opportunità che ha messo il dito nella piaga –  gl’insulti sanguinosi, l’accusa di  tradimento e la presunta intelligenza col nemico, sono stupidaggini, pettegolezzi, sfoghi di nessun conto – non esistono altre  strade se non le dimissioni

Lo faccia nell’ambito di un recupero di dignità, di abbondono di un ruolo deprimente.  Molli il simbolo che è stata ed esca da questa scena al più presto. Possibilmente sbattendo la porta.

(Foto in alto sottratta con l’inganno a  Jeneregretterien)





Noi, dolce parola. Noi credevamo…

Noi, dolce parola. Noi credevamo…

Differentemente dai libri di scuola, dalla Versione Ufficiale e dal presumibile spirito di  celebrazioni a venire, il cinema con Blasetti, Vancini, Rossellini, Lizzani, Visconti, Soldati, Taviani,  aveva già fatto del Risorgimento l’occasione di un racconto antiretorico e senza rimozioni.


Declinando in chiave di rivoluzione tradita, il tema della Storia che logora i Valori, mutando in Male anche l’azione più nobile, Mario Martone si inserisce nel tracciato dai predecessori col suo Noi credevamo, film in parte tratto dall’omonimo libro di Anna Banti e che, tra gli altri, vanta il merito, di averne ben individuato lo spirito.

Risultato : quasi tre ore di grande cinema rigoroso ed emozionante per questa vera e propria Nascita di una Nazione, raccontata attraverso le vicissitudini di tre giovani patrioti del Cilento, disposti a tutto pur di perseguire l’Utopia unitaria. ( la visione meridionalista, unica possibile, a proposito di rimozioni ed omissioni, costituisce valore aggiunto all’intero lavoro. )


Storia che giunge a proposito – non solo degli anniversari – per una migliore comprensione di insospettabili dinamiche del presente. L’Italia di oggi gretta superba ed assassina, per dirla con Anna Banti, è nata non tanto – o non solo –  da acute trame diplomatiche, epiche battaglie e Contesse di Castiglione – finalmente assente assieme a suo cugino il Conte –  ma da atti veri e propri atti terroristici, stragi, complotti, tradimenti, sospetti e grandi trasformismi.

Film corale nel senso stretto del termine e cast superlativo, affresco marcatamente contraddittorio tra racconto di ciascuna visione dell’Ideale e anacronismi disseminati per tutto lo svolgersi della narrazione. Il miglior film italiano di Venezia 2010 e, in genere, di quest’anno.


Ma io non conto, eravamo tanti, eravamo insieme, il carcere non bastava; la lotta dovevamo cominciarla quando ne uscimmo.

Noi, dolce parola

Noi credevamo

Anna Banti – Noi credevamo. Mondadori





Noi credevamo è un film di Mario Martone del 2010, con Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Guido Caprino, Renato Carpentieri, Ivan Franek, Andrea Bosca, Edoardo Natoli, Luigi Pisani, Stefano Cassetti. Prodotto in Italia, Francia. Durata: 204 minuti. Distribuito in Italia da 01 Distribution



The revolution will not be televised…

The revolution will not be televised…

The revolution will not be televised .Questo è certo, come pure è sicuro che non ci sarà rerun e che il  be will live del finale speranzoso,  è pura illusione.

Il mezzo magari si presta pure ma è chi lo governa che non consentirebbe mai di mostrare per esempio  pictures of pigs shooting down brothers in istant replay. Masi docet.


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Eppure Vendola col suo catalogo di sinonimi  e  comportamenti a rischio, l’altra sera, mi è sembrato perfetto nel ruolo. Richiamava alla mente gli anni cinquanta, Tea and sympathy o giù di lì.


Anche in quel caso Deborah Kerr/ Mrs Reynolds tentava di spiegare ad un giovanotto molto compreso della sua virilità, che  l’identità sessuale non può risiedere in una postura.


Ora, a sessant’anni di distanza dal film di Minnelli, il mondo si è praticamente rivoltato : usi, costumi e assetti politici, quasi niente è come allora.

In molti paesi, compreso il proprio, Mrs Kerr potrebbe tranquillamente godersi il suo tea senza essere costretta ad impartire lezioni subliminali di convivenza civile. E quasi ovunque gran parte dei cambiamenti, in bene e in male, li ha veicolati proprio la televisione.


Non qui da noi, dove le pari opportunità sono un fatto puramente teorico e gli omosessuali  sono tollerati a patto che adottino atteggiamenti sobri  e soprattutto siano privi di ambizioni civili di tipo matrimoniale – e dunque patrimoniale –  ergo che non si sognino mai di mettere le mani sulla sostanza :   welfare, sistema pensionistico etc.


Un problema di discriminazione dunque che origina da un fatto culturale. Un’arretratezza che investe molti settori : qui non se la cavano meglio le donne, gl’immigrati, i minori.


Allora perchè tanto chiasso se un politico, un rappresentante dei cittadini, piuttosto che fare un comizio  o mettere mano ad un voluminoso pamphlet, usa il palinsesto e la propria  notorietà per leggere, ridicolizzandolo, un elenco di comportamenti ritenuti ambigui?

Una goccia nel mare? E vabbè intanto mettiamocela : lavorerà.


E pazienza pure se qualche bello spirito liberal ai Diritti c’era già arrivato fin dai tempi di Deborah Kerr. Buon per lui. Si tratterà di  fare un ripasso in attesa che anche gli altri arrivino a capire. Chiedere maggior complessità ad un programma televisivo in  prima serata e che per di più chiama in causa problematiche ancestrali però significa aver preso atto solo superficialmente di come stanno davvero messe le cose.


The revolution will not be televised è  una bella canzone che Gil Scott Heron ha scritto in tempi meno televisivi di questi. Non so se a distanza di trent’anni  abbia modificato le proprie  opinioni ma è probabile che lo stile Vendola piaccia anche a lui.