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Anno: 2011

The talking cure

The talking cure

Atmosfera checoviana, tutta mussole, orologi da taschino e pince-nez. Salvo poi scoprire che le tradizionali efferatezze cronenberghiane vivono egualmente – e nemmeno troppo tra le pieghe – in questo suo  The dangerous method ovvero :   The talking cure dal lavoro teatrale di  Hampton  a sua volta  riadattato da un libro di  Kerr.


Dove si narra della triangolazione, non propriamente  amorosa tra  Freud,  l’allievo prediletto Jung e la di lui paziente Sabine Spielrein la cui schizofrenia, sottratta alle infernali terapie dell’ospedale Burgohzli, sarà trattata appunto con la emergente talking cure:  riesumanti confessioni in luogo di immersioni in acqua gelida e chissà cos’altro.


La Spielrein, com’è noto funzionerà da detonatore nel  contrasto per divergenze  scientifiche dei due psicoanalisti, provocandone la rottura definitiva. Cronenberg si adopera a dar conto di tutto : dal poco deontologico rapporto erotico sentimentale tra medico e paziente, alle differenze d’impostazione tra maestro e allievo, comprese rivalità di generi diversi e del contesto, tra vendicative mogli tradite e poligamici  uffici dell’amico Otto Gross ( Vincent Cassel, sempre perfetto nel ruolo dello sciupafemmine, qui anche  ingravidatore seriale).


L’epilogo racconta  l’inevitabile fine del rapporto d’amore  ma soprattutto il gioco di sponda del terzetto con Sabine che si confida con Freud – e quest’ultimo, manco a dirlo,  severamente la rimprovera – mentre Jung coraggiosamente nega ogni addebito.


Non stupisca la dimensione miserevolmente umana soprattutto dei due conoscitori dell’anima, le cose andarono esattamente così : Sabine cui, tra una disputa e l’altra, furono  persino sottratte (da Freud) intuizioni scientifiche , una volta guarita, diverrà psichiatra – ovviamente freudiana, alla faccia dell’ex – costringerà il reprobo ad ammettere la relazione e infine prenderà il tè con la di lui moglie.


Ogni cosa al suo posto grazie ad un tragitto e ad un metodo pericolosi. Sembrerebbe.


Si attendevano polemiche e smentite dagli addetti che per fortuna non sono arrivate. Meglio così : le visioni, non funestate da chiacchiere sull’intangibilità del Genio, risultano più interessanti e a questo film, dall’accuratezza-  nonostante i territori decisamente ostici –  dei dialoghi alla consueta perfezione formale, non manca nulla per esserlo davvero.





A Dangerous Method è un film di genere drammatico della durata di 99 min. diretto da David Cronenberg e interpretato daViggo MortensenKeira KnightleyMichael FassbenderVincent CasselSarah GadonAndré HennickeArndt Schwering-Sohnrey,Mignon ReméMareike CarrièreFranziska Arndt.
Prodotto nel 2011 in USA e distribuito in Italia da Bim Distribuzione

Il dio della carneficina (e quello della regia)

Il dio della carneficina (e quello della regia)

Niente in Carnage è del tutto sconosciuto : Non la storia, da una pìece teatrale, ovunque e con successo, rappresentata,  di Jasmina Reza, (qui anche co-sceneggiatrice),  né la messa in scena dell’ipocrisia borghese o della labile inconsistenza di Principi solo orecchiati ed esibiti alla maniera del mazzo di tulipani gialli che Tavoularis ha piazzato al centro della scena.

Tantomeno  il racconto del massacro senza spargimenti di sangue, tema assai caro a Polanski, o la dimestichezza con la quale  l’unità tempo spazio –  complessa da rendere al cinema – viene assoggettata a  cambi di inquadrature frequenti ma disciplinate da un montaggio cui l’intero film deve molto.


Eppure per ognuno dei  novantasette minuti, opportunamente sforbiciati da un testo  forse troppo parlato, niente riesce ad essere prevedibile. L’incontro tra i Cowen e i Longstreet genera una dinamica feroce, tra scontri verbali e mutevoli alleanze,  prima di coppia, poi di genere, infine tutti contro tutti. E mentre l’aggressività monta, la camera si muove lasciando intravedere gli scorci di un appartamento newyorkese tipicamente upper class : Polanski ha trasferito la vicenda dalla Francia in America (Variety, seppur sommessamente, non ha gradito).Una piccola vendicativa deroga alla fedeltà del copione.Come dargli torto.

Finale affidato non tanto ai giovanissimi Cowen e Longstreet, i ragazzini che dopo essersele suonate e aver involontariamente provocato l’incontro massacrante  tra le rispettive famiglie, tornano a giocare tranquillamente ma ad un piccolo animale domestico abbandonato che scappa via, felice di non dover avere a che fare con gli orridi padroni.

Attori molto bravi e compenetrati nell’indispensabile sopra le righe.Bravissimo anche il vicino di casa che ad un certo punto si avvicina alla porta incuriosito dagli strepiti  nell’appartamento accanto. Un’intrusione alla Hitchcock. Piacevolmente appropriata.










Carnage è un film a colori di genere drammatico della durata di 79 min. diretto da Roman Polanski e interpretato da Jodie FosterKate WinsletChristoph WaltzJohn C. Reilly.
E’ anche noto con gli altri titoli “God of Carnage”.
Prodotto nel 2011 in Francia, Germania, Spagna, Polonia e distribuito in Italia da Medusa il 16 settembre 2011.


Cose di questo mondo

Cose di questo mondo



A proposito della nutrita lista di film sull’ Immigrazione sparsi un po’ per tutte le Sezioni della Mostra,  non potevano mancare ironie – l’espressione istituiamo il premio gommone d’oro, sarebbe degna di Abatantuono/Patierno se non fosse stata davvero pronunciata – nè conclusioni tirate per i capelli sul fatto che il cinema italiano  sarebbe ossessionato dai Migranti. Ma visti i cartelloni dei concorsi internazionali  in cui film ad analogo tema, per di più provenienti da paesi – Francia o Stati Uniti – che con l’integrazione fanno i conti da decenni, trovano ampio spazio, il problema non si dovrebbe nemmeno porre.

Resta il fatto che qui da noi siamo semplicemente afflitti dalla Bossi Fini, madre di tutti i disastri legislativi , da una politica che – parola di Olmi – non è più degna di rispetto e da un’informazione che distorce fatti e numeri alimentando paure e xenofobia .

Seppure fosse ossessionato, il nostro cinema ne avrebbe ben donde.


Dunque Olmi,  Crialese, Lombardi, Patierno, Cupisti, Segre, Gipi. Ciascuno con il mezzo che gli è proprio  –  l’apologo, la commedia, il dramma,il racconto fantastico, il documentario –  ma tutti lodevolmente intenzionati a resistere alla tentazione del lacrimevole, a scantonare il didascalico, la lezioncina, il luogo comune per mettere in scena, dell’immigrazione, il punto di vista di chi attraversa il mare in cerca di futuro ovvero gli sconquassi che il fenomeno determina nelle comunità di eventuale accoglienza. Ultimi e penultimi non sempre solidarizzanti in situazioni di sfruttamento, schiavitù, criminalità, assenza di valori.



Approcci differenti,  e mentre Patierno citando  Un dìa sin mexicanos – un mondo senza migranti non è nemmeno concepibile – ridicolizza l’imprenditore del nord est che invece vorrebbe spedirli tutti a casa, Olmi restituisce un senso e una funzione ad una chiesa abbandonata che riprende vita accogliendo una comunità di clandestini e  Crialese tocco lieve – anche troppo – ma gran partecipazione emotiva nel descrivere cosa davvero succede nell’isola degli sbarchi  tra pescatori,clandestini, turisti.


E poi c’è Là Bas,  lavoro  riuscitissimo sull’educazione criminale di un giovane migrante di Castelvolturno sullo sfondo della strage del 2008. Racconto veritiero, onesto, quasi in presa diretta, recitato in francese inglese e dialetto del luogo – ci sono i sottotitoli – da un cast all black di attori non professionisti. Lombardo mette a servizio della verità la sua esperienza di cameramen  conferendo alla narrazione l’immediatezza che le è indispensabile. E se è consentita una nota personale, a me ha ricordato, in più tratti , il miglior cinema italiano.


Ma la buona notizia, è un’altra : oltre il Leone per la migliore opera prima, Là Bas a Venezia ha trovato persino un distributore.All’ultimo all’ultimo…e pensare che nessuno voleva crederci




Cose dell’altro mondo è un film a colori di genere commedia della durata di 90 min. diretto da Francesco Patierno e interpretato daDiego AbatantuonoValerio MastandreaValentina Lodovini,Sandra CollodelGrazia SchiavoMaurizio DonadoniVitaliano Trevisan, Riccardo Bergo, Sergio BustricFulvio Molena.
Prodotto nel 2011 in Italia e distribuito in Italia da Medusa


Là-bas è un film a colori di genere drammatico della durata di 100 min. diretto da Guido Lombardi e interpretato da Kader Alassane,Moussa MoneEsther ElishaBilly Serigne FayeFatima Traore,Salvatore Ruocco.


Terraferma è un film a colori di genere drammatico della durata di 88 min. diretto da Emanuele Crialese e interpretato da Filippo Pucillo,Donatella FinocchiaroMimmo CuticchioBeppe FiorelloTimnit T.Martina CodecasaFilippo ScarafiaPierpaolo SpollonTiziana LodatoRubel Tsegay Abraha.
Prodotto nel 2011 in Italia, Francia e distribuito in Italia da 01 Distribution


Il villaggio di cartone è un film a colori di genere drammatico della durata di 87 min. diretto da Ermanno Olmi e interpretato da Michael LonsdaleRutger HauerMassimo De FrancovichAlessandro Haber.
Prodotto nel 2011 in Italia e distribuito in Italia da 01 Distribution

Clooney believe

Clooney believe

Passa George finalmentesolo Clooney  e tutto è dimenticato : la pre-inaugurazione – che non s’è capita –  e finanche l’infiorata di amianto impacchettato e  nascosto dietro  quinte di cartone, a pochi metri dalla passerella.


Symbole aussi d’une Italie berlusconienne à la dérive...  chiosa le Monde che aggiorna i lettori con gran precisione    –  prendete il numero e mettetevi in fila, carini, che tra symbole e altri disastri  c’è un vasto assortimento –  e particolari di costi, peripezie, cricche e malgoverno  a spiegare come del Palazzo del Cinema che doveva essere pronto per il centocinquantesimo compleanno della Nazione, non si veda manco l’ombra.


E meno male che proprio nel momento in cui sembra impossibile salvare la faccia, sempre ci soccorre  lo stile pezza a colore, genere per il quale non siamo secondi a nessuno. E la dichiarazione ( di Baratta ) Più che di monumenti abbiamo bisogno di sale pare fatta apposta a confortare – o distrarre da –  qualsiasi obiezione (vagli a dire che trasparenza e  buon governo  ci darebbero solo e semplicemente un  Palazzo del Cinema. Quello serviva. Mica la luna ).


Così anche Le Monde, il giorno dopo, può aggiustare di poco  il tiro : La Mostra a-t-elle parié cette année sur le glamour pour gagner en considération? Coincé entre Cannes, star des stars, et Berlin la nordique, aiguillonné par le jeune Toronto, le festival de Venise lutte pour rester un “moment stratégique” du 7e art. ( si, vabbè)


E dunque consoliamoci col bel restauro della Sala Grande,  in stile Volpi di Misurata  – il passato.. il futuro, oddio che strazio – faggio e velluto di lino marron. E naturalmente con Clooney .


Che qui – produttore, sceneggiatore, regista, interprete, oramai gli manca solo di fare il candidato –  presenta un lavoro ben scritto,  non troppo cliché –  un pregio, tenuto conto che con il tema del potere che trasforma ideali e aspirazioni in brutale cinismo, il cinema americano ha prodotto qualche capolavoro  ma anche molti luoghi comuni  –  e interpretato in maniera convincente dall’intero cast. La trama piuttosto densa, non è attraversata da profonde considerazioni né da particolari messaggi, scelta lodevole e vantaggiosa per la visione e  lo spettatore che, come pure è sostenuto da regista e interpreti variamente torturati dalle consuete domande,  sa benissimo tirare da sé le conclusioni .


Il racconto in compenso è realistico,  con numerosi richiami a quanto effettivamente accade o è di recente accaduto.  Clooney del resto non è Eastwood – come molti già gli predicono – né Ritchie  né altri,  è un fenomeno a sé, come pure  particolari sono  il momento storico e i guai in cui si dibatte Obama. In questo contesto, il coraggio di raccontare le cose come stanno senza retorica ed equilibrismi non è affare di poco conto. Esce a gennaio.

Le idi di marzo (The Ides of March) è un film drammatico diretto da George Clooney e interpretato da George Clooney, Ryan Gosling, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Paul Giamatti, Philip Seymour Hoffman, Jeffrey Wright, Max Minghella, Lauren Mae Shafer, Danny Mooney.
prodotto nel 2011 in USA e distribuito in Italia da 01 Distribution
Come on Irene

Come on Irene

Poiché quanto a  retorica della catastrofe , Hollywood aveva già mostrato il possibile –  non escluse navi russe alla rada della New York Public Library,  lato Quarantaduesima strada, statue della libertà  a zonzo  per la Quinta   o scenari di nubi dense a minacciare simboli e monumenti, –  molti notiziari  hanno ritenuto dover precisare che le immagini trasmesse non provenivano dagli Studios. Non si trattava di un film, insomma.



Poi,  immancabile,  quantunque –  che peccato –  senza avvertenze sovrimpresse,  è arrivata un’altra rappresentazione  classica  dell’ Attesa del Peggio, quella con il jogging in the rain, la  partitella  a hockey o calcetto  in Times Square e i surfisti  di Coney Island in significativa  – quanto vana – attesa dell’Onda Perfetta .

Niente di paragonabile, beninteso,  alla  poliziotta di colore, invariabilmente sovrappeso che sullo sfondo  dell’Hudson in piena, si definisce sopravvissuta all’11 settembre, pertanto non più disponibile ad impressionarsi. Figuriamoci per  un po’ d’acqua.


Se non ci fosse del vero (e del buono) in questo  modo  un po’ guascone e molto anglosassone di sfidare le avversità negando al nemico di turno qualunque chanche, tantomeno quella di modificare le abitudini più insignificanti, dopo l’indigestione di immagini e filmati, si potrebbe  concludere con un : aridatece the Green Berets.I soliti americani.


Invece più passa il tempo e più quello scrivere con la bomboletta Come on Irene sulle assi  inchiodate alle finestre, mi sembra l’approccio più logico ad affrontare il disastro. Ogni paragone con l’eterna lamentela, lo straccio delle vesti e l’immobilismo in altri luoghi della terra, è superfluo.

( foto Reuters )