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Anno: 2013

Atmosfere curiali e vedovili (a tempo di rock)

Atmosfere curiali e vedovili (a tempo di rock)

C’era una volta la Democrazia Cristiana .Qualcuno con riferimento ai recenti fatti dirà ” ma c’è ancora” .Non date retta. La storia ultimamente non riesce a ripetersi nemmeno in forma di farsa : la DC finì col settimo mandato del Divo Giulio. Che se ne è andato proprio oggi a distanza di quattro anni da questo appunto di Cannes 2008 il 25 di maggio,  quando cioè Sorrentino con il Divo  e Garrone con Gomorra riuscirono nell’impresa di renderci entusiasti. Che film si fanno in questo Paese,alle volte :

 

 

 

 

Chissà il divo Giulio, quello vero, cosa penserà di questo inatteso successo del film di Paolo Sorrentino. Dell’anteprima di Roma, privatissima – tre,  forse quattro persone – si sa che è rimasto fino alla fine della proiezione ma che si è indispettito non riconoscendosi –  troppo cinismo – nel personaggio interpretato da Toni Servillo.

 

E pensare che Sorrentino al biopic,  all’inchiesta, alla stesura da  fim politico convenzionale, ha preferito l’astrazione, puntando direttamente a definire dell’uomo politico, un ritratto grottesco, mefistofelico e surreale. Una metafora del potere come si conviene al personaggio in questione che però riesce a non essere egualmente  generica e di maniera. Una scelta questa che sottrarrà, di sicuro, consenso almeno da parte di chi si aspettava un’ elencazione di fatti, qualche rivelazione e magari un giudizio sulla colpevolezza o l’innocenza.

 

Sorrentino del resto, di tutti i registi della sua generazione è il più innovatore, vuoi per tematiche, che per uso spericolato della macchina, il suo cinema è bellissimo dal punto di vista estetico e assai  curato ma non ammicca mai allo spettatore con l’offerta di soluzioni facili o ruffianesche. Qui abbiamo per sovrapprezzo un ritmo incalzante scandito  da mirabolante colonna sonora che a tratti segna l’andamento da clip rockettara.

 

Ma un’altra grande metafora – Todo modo – di Elio Petri, è nascosta tra le pieghe di questo film  che seppur non manifestata sottoforma di esplicita citazione ne incarna pienamente lo spirito. Il periodo che va dal 1991, data di avvio del settimo mandato da presidente del consiglio, al 1995 col processo di Palermo per collusioni mafiose, è quello che segna il declino della DC, dal punto di vista narrativo è il momento più denso di opportunità per raccontare, con la fine di un’ epoca, di mafia, strategia della tensione, omicidi eccellenti, in un intercalare di flash tra orribile passato e non meno orribile lascito nel presente, lasciando libero lo spettatore di riannodare tutti i fili della trama. 

 

Il film si apre con un ralenty, i fedelissimi Paolo Cirino Pomicino, Vittorio Sbardella, Franco Evangelisti, Giuseppe Ciarrapico, Salvo Lima, avanzano circondando il Capo, ignari  del terremoto che sta per travolgere la Prima Repubblica. Prologo di grande impatto. Ma di tutta quella lieta brigata, solo il Divo Giulio si salverà. Epilogo non meno drammatico.A Sorrentino va dato merito del tentativo riuscito di reinventare il cinema politico o civile e del duplice coraggio sia nel portare sullo schermo un potente (e vivente) uomo politico sia della scrittura anticonvenzionale . Efficace – al solito – interpretazione di Toni Servillo : inespressivo, silente, impassibile, rigido, ingobbito, notturno, più diabolico che mai e delle sue mani. Parlanti. (nelle interviste, sia Servillo che Sorrentino, hanno citato Giorgio Manganelli al quale si deve l’espressione curiale e vedovile riferita all’atmosfera di un congresso Democristiano. Il libro da cui è tratta si chiama Mammifero Italiano)

(Sed, 25 maggio 2008)

 

 

Il Divo è un film di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giorgio Colangeli, Piera Degli Esposti, Alberto Cracco, Lorenzo Gioielli, Paolo Graziosi, Gianfelice Imparato, Massimo Popolizio, Aldo Ralli, Giovanni Vettorazzo. Genere Drammatico, colore 110 minuti. – Produzione Italia 2008. – Distribuzione Lucky Red

Proviamo

Proviamo

 

Non mi unisco ai profeti di sventura quantunque un governo Letta-Alfano desti in me perplessità a grappoli solo a nominarlo,né ai detrattori di Giorgio Napolitano i cui eventuali progetti si sono realizzati  non certo per incontenibili quanto anticostituzionali e senili forme di cesarismo ma per il lavorio di cospicue ed attrezzate sponde interne al PD, nondimeno mi sento di essere dalla parte dei richiedenti,in queste ore, la testa di Garcia  ovvero dei 101 misteriosi tiratori che hanno fatto secco Prodi, né di altre teste devote al divieto di mandato imperativo. In un caso è irrealistico sperare in un’aperta confessione, nell’altro urgerebbe un chiarimento tra esponenti dello stesso gruppo parlamentare e non solo sui temi del voto di coscienza.Ciò detto non c’è bisogno del consolatorio lanternino per rinvenire nel lavoro di Enrico Letta qualcosa di positivo.Sarebbe ingeneroso non rendergliene atto e autolesionista non affidare ai pochi elementi in possesso un tenue filo di speranza.

 

 

Via Schifani, Gelmini,  Gasparri,  Brunetta, via le amazzoni e i supporters più sfegatati e affidato in solide mani  il Ministero di Giustizia,qualche altra buona nuova,oltre il ricambio, le donne, i giovani  e l’assenza di attaccabrighe televisivi, sopravvive col quintetto Saccomanni,  Moavero, Bonino, Zanonato, Trigilia, una squadra credibile per affrontare eventuali rinegoziazioni UE e i nodi della crisi , mentre con Kyenge Idem, Carrozza e Bray possiamo sin osare cauti entusiasmi.

 

 

Ora si tratta di mettere  a profitto questo Ricamo a punto Cencelli il cui criterio di formazione non è nemmeno disprezzabile : Letta ha lavorato alla discontinuità cercando di non ritrovarsi tra i piedi le dinamiche di sempre, per fare ciò ha eliminato leader storici e padri della patria, badato alle competenze oltre che alle appartenenze.Affidato dicasteri a significative presenze di donne e giovani .Dimostrato che l’identificazione rinnovamento e qualità della legislatura non è impossibile.

 

I duelli che deve aver sostenuto per ottenere  questa sorta di azzeramento, con Berlusconi preoccupato delle proprie vicende processuali a reclamare per i suoi – ma sostanzialmente per sé –  il Ministero di Giustizia e i capi storici del PD  praticamente esclusi da qualsiasi dicastero principale, noi li possiamo solo immaginare.Se sia o meno la fine di un ciclo sapremo in seguito.Certo è che la sfida di mettere insieme una squadra di conservatori e progressisti,non è da poco.

 

Né  sta scritto in alcun luogo che la ricetta seppur sapientemente preparata funzioni.Quantunque strutturato,il nuovo governo ha fragilità date da mille variabili che possono risiedere nelle volubilità strettamente legate all’esito dei processi di Berlusconi ma anche in un elettorato di centro sinistra comprensibilmente disorientato, in una base del PD in continua ebollizione,Tutto questo  mentre i sostenitori di centro destra si aspetta la restituzione dell’IMU o di veder onorate le mille altre promesse di campagna elettorale.

 

Ma la riuscita di questo governo è soprattutto legata alla capacità di  soccorrere disagi,favorire l’occupazione alleggerire la pressione fiscale e, dopo le deprimenti esperienze dei predecessori,comunicare efficacemente con i cittadini.Un’impresa ardua. Letta,in questo momento,meriterebbe ogni rispetto.

The spring rain

The spring rain

 

 

 

 

 

 

Stai a vedere che siccome la vittoria è di misura e la disaffezione rasenta livelli di guardia, non ci si dovrebbe entusiasmare per il risultato ottenuto da  Debora Serracchiani in Friuli. Atteso che gli ultimi disastri  sconsigliassero il voto al Centro Sinistra anche ai più devoti esponenti dello zoccolo duro  e che la politica nazionale accaparrandosi tutta l’attenzione offuscasse le campagne locali  con i poveri candidati costretti a far da sé – astenersi facili ironie – il tonfo che tutti si aspettavano  non c’è stato.

 

Debora e i suoi hanno saputo marcare la distanza dagli sfracelli ultimi scorsi ispirando affidabilità  in un momento difficile. Un po’ di pioggia di primavera è infine arrivata.

 

Nondimeno il discorso d’insediamento di Napolitano che non ha mancato di suscitare entusiasmi a tutta l’aula per il semplice fatto che nessuno vi si è davvero  riconosciuto, preso com’era a individuare nell’altro malefatte e sordità e questo nonostante il Presidente – che non è nato, come tutti amano ricordare fino alla nausea, ieri – abbia riconosciuto il tratto auto-assolutorio degli applausi Il fendente più raffinatamente violento andrebbe ricercato in quel passaggio.

 

Per il resto, tirato malamente per la giacca,il Presidente bis non poteva che assumere i toni del castigamatti che in alcun modo vuole repliche di scenari già visti pena scioglimenti di assemblee o dimissioni.I termini del mandato sono serviti. Di nuovo applausi.E allora inutile recriminare : ce lo meritiamo il patriarca con il suo autunno di intese larghe o strette che siano.Ahimè.

 

Ultima annotazione : mentre va in scena quel melodramma a tinte fosche denominato  crisi del PD con gli infiniti corollari sfascio, dissoluzione morte e decadenza si spera di non fornire ulteriore materiale ai numerosi estensori di feuilleton, auspicando che un conflitto di impostazioni  politiche non si trasformi in conflitto generazionale ovvero che i contendenti non si calino troppo in ruoli sclerotizzati  di vecchi e giovani diventando invece che persone con idee differenti in cerca di quadratura del cerchio,i personaggi di se stessi.

Pena la dissociazione e la nevrosi collettiva che ci destinerebbero invariabilmente al caos, sarebbe bene auto – imporsi questo tipo di cambiamento prima di ogni altro. Perché è indubbio che i giovani provvisti di capacità neuronale attiva siano più in grado di progettare il futuro ma è altrettanto vero che i meno giovani abbiano dalla loro parte il know how – possibilmente da non usare come una clava – indispensabile a qualsiasi futuribile progetto. Su tutti poi dovrebbe prevale il tratto umano e personale  che ogni cosa filtra determinando la differenza. Vecchi e giovani hanno idee e visioni del mondo da mettere a confronto,l’anagrafe a quel punto diventa solo un impaccio.Quanto al pervicace attaccamento alle leve del potere, promuovendo il medesimo esclusivamente ricambi fatti di giovani teste docili e fedeli – lo vedi che l’anagrafe non c’entra? –  chi se ne lamenta ha ragione da vendere.

Ma noi stiamo procedendo a grandi passi verso un confronto e una conta.Diamoci regole e che nessuno si muova.Almeno per il momento.

 

Infine : Francamente sentir parlare di espulsioni nel terzo millennio e in un partito che ha l’ambizione di chiamarsi democratico provoca attacchi di fou-rire ma altrettanto piacerebbe a molti che i destinatari di  futuro anatema rispondessero alle minacce energicamente e una volta per tutte :

 Mbè provaci può essere il prototipo di un’utile soluzione.Spiace dirlo, ma se anche stavolta la montagna dovesse partorire il sorcetto, una  depressione  che non conosce età s’impadronirebbe dell’intero corpo elettorale.Con prevedibili quanto infausti risultati.

 

Nell’illustrazione dall’Unità : la Serracchiani vincente

 

 

 

 

 

Solo tu

Solo tu

 

 

 

 

Alla fine s’è tornati da Napolitano, non credo ci fossero alternative possibili vista la determinazione del PD a non convergere su Rodotà, professore di Diritto dall’esposizione giurisprudenziale elegante  – ma che sul proporzionale non m’ha mai convinto – europeista da sempre opportunisticamente designato da Grillo come candidato alla Presidenza. Assai più vicino per storia e cultura  al PD che al Movimento 5 stelle.Insomma il candidato ideale.Non a caso.

 

I fatti sono noti nel momento in cui i tentativi di dare risposta alla martellante domanda  perchè non Rodotà non sono stati convincenti e le giustificazioni addotte sulla necessità di  ricercare il più ampio consenso per le funzioni di garanzia, seppur non peregrine, sono apparse speciose sia per una parte degli eletti nel PD che ha lamentato mancanza di discussione interna  sia  per parte degli elettori che ha giudicato incomprensibile il senso dell’intera manovra.

In effetti bruciare due candidati differenti per mano degli  opposti dissensi e non sceglierne uno con requisiti degni può sembrare paradossale e lo è unitamente al  rifiuto di alcuni di votare Romano Prodi che poteva costituire un’ottima soluzione all’impasse. Il fatto è che anche Rodotà avrebbe messo in moto ulteriori dissensi, dunque non ci sarebbero stati in alcun modo i numeri perché venisse eletto.E questo nonostante il generoso tentativo di alcuni di convincere gli altri.L’impasse generata dall’arrocco ha suggerito di ricorrere a Napolitano come unica via possibile.Se sia stato o meno un errore lo si vedrà alla prova dei fatti, atteso che ogni attuale considerazione sull’età – piantiamola – o sulla consuetudine costituzionale – ma quando mai – appaiono capziose.Tanto per continuare inutilmente la tiritera delle contumelie.

 

Errori a raffica,si dirà, da parte del PD (la dirigenza del quale nel frattempo si è dimessa in blocco). Non a torto.Non saper governare le diversità, ragione sociale di questo partito,manco nei momenti di emergenza è il primo.Lasciare spazio alla semplificazione consentendo che una vulgata rozza e scriteriata attribuisse  in automatico  ad ogni candidatura futuri comportamenti presidenziali, il secondo, mentre sottovalutare l’elemento comunicazione abbandonando nelle mani dei retroscenisti l’interpretazione dei fatti il terzo.Ultimo ma non meno importante e grossolano: prendersela con i telefonini e con la Rete attraverso  i quali gli eletti nuovi arrivati si terrebbero in contatto con la mamma e il territorio senza aver spiegato loro doverosamente che la democrazia è bella delegata, partecipata, tranquilla e che non definire i termini corretti del rapporto elettore – eletto significa consegnarsi al caos.Esattamente quello che è successo.

 

E ora teniamoci quest’aria vivificante da pompe funebri e fine del mondo che tanto piace all’avversario politico e ai Demolitori di professione,  ben sapendo che nessuna scissione organizzata ci sarà e che pertanto i nodi da affrontare resteranno i soliti.Benedetta coazione a ripetere.E manco male che con la parola d’ordine cambiamento abbiamo portato gli elettori alle urne promettendo sfracelli di novità.

 

E teniamoci pure l’allegra parata dei possibili premier e governi  con allegati dibattiti, liti, melodrammi, e cortei.Come dire continuare discutere sul nulla visto che il Presidente deve ancora recarsi alle camere. (Prossima tappa : che avrà voluto dire Napolitano.A seguire  : Ah se ci fosse stato Rodotà (interpretazione ed ermeneutiche a go-go, politica quasi mai)

 

 

Nell’illustrazione Giorgio Napolitano (lunga vita!)

 

 

Aprile è il più crudele dei mesi

Aprile è il più crudele dei mesi

 

Al netto dello psicodramma tuttora in corso, tra interpretazioni psicanalitiche – anche quelle andrebbero rinnovate visto che con maggiore frequenza delle metodologie politiche tendono ad essere messe in discussione – incendi di tessere – che sono di plastica,quindi piano con i seppur piccoli spargimenti di diossine – e cavalli da abbattere, non è chiaro se per pietà o sadismo, la domanda epocale sarebbe la seguente :  

 

Se il vero problema è una cultura politica al tramonto, perché  Bersani non è  stato fermato prima delle consultazioni col PDL specificando a chiare note  a lui e a quelli che gli sono vicini  che qualunque candidatura fosse emersa da quegli incontri non sarebbe stata votata per il semplice fatto che non si riconosce più nell’identificazione unità della nazione – patto tra forze politiche diverse, una strategia funzionale?E che in alcun modo e per alcun motivo si sarebbero accettati accordi con Berlusconi?

 

Non che si voglia qui tessere un vuoto e retorico elogio del coraggio che se non c’è non può certo essere inventato né dare spazi a malpensanti dietrologie che vorrebbero situazioni degenerate a bella posta ma sembra talmente impossibile che la situazione sia così sfuggita di mano che nessuna spiegazione logica viene in soccorso.Ergo :

 

 

Perché si è arrivati a poche ore dalle votazioni per fare tardiva, a quel punto, chiarezza?

 

 

Con tutto il rispetto – autentico – per la Dissidenza sciolta e a pacchetti che in queste ore sfila, esterna, si riunisce e vota come meglio crede, era proprio necessario offrire al paese l’immagine di un partito allo sbando?

 

 

E adesso che la frittata è fatta, il tempo stringe e grande è la confusione sotto il cielo, siamo in grado di porre necessario rimedio offrendo allo sconcerto collettivo un nome che non sappia di decadimento, oscure trame e sterili contese? Romano Prodi per esempio mi parrebbe una felice soluzione.

 

(perchè  è proprio vero aprile è il più crudele dei mesi salvo che la pioggia di primavera non arrivi a  svegliare le spente radici schiariendoci,speriamo definitivamente, le idee.Eliot, molesto mica poco)

 

 

April is the cruellest month, breeding

Lilacs out of the dead land, mixing

Memory and desire, stirring


Dull roots with spring rain.

Thomas Stearns Eliot

 

Nell’illustrazione da Repubblica : incendio della tessera