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Anno: 2013

La mossa del cavallo (vien di notte)

La mossa del cavallo (vien di notte)

 

 

 

 

 

Qualcosa di nuovo – si diceva – ma soprattutto qualcosa d’altro. E così, dopo elaborate trattative finite in overdose di tristissime schede bianche, nottetempo è arrivata la mossa del cavallo che spiazza, crea quel tanto di  scompiglio nelle fila dell’ avversario e infine si rivela vincente soprattutto per il tramite di due candidature che, al di là di ogni aggettivo – nuove, non d’apparato e, ahimè, fresche  –  hanno entrambe il pregio del particolarmente significativo.

 

E adesso che la strategia orgogliosa dell’arrocco –  non c’interessa, noisolopresidentedellarepubblica (a destra) e di  votiamo solo i nostri (su, tra i controllori in piccionaia) – con riproposizione last minute di antichi personaggi, ha prodotto risultati pari a zero, gli appassionati dell’arrampicata sugli specchi  scatenino pure l’inferno dell’occupazione militare, delle quote, dell’equilibrio tra le cariche istituzionali ,dei tradimenti,delle epurazioni e dello sconcio – questa è la più carina – del voto segreto.E la Boldrini comunista? Non può mancare.E Grasso che non s’intende di politica? Ma prego.E Bersani che se continua così va a sbattere? Un must.

 

I toni trionfalistici non si addicono a questa stagione che rimane problematica, è vero, ma che la lunga teoria degli strepiti,appartenga ad altre e più remote ere geologiche, è un fatto.Se ne faccia una ragione chi deve.

 

 

Tutti gli altri comincino a ragionare in termini di condivisione di obiettivi.Se hanno davvero voglia di combinare qualcosa sfruttando l’occasione di un  parlamento diversamente composto e l’opportunità di mettere a profitto volontà dialoganti e numeri.O così oppure ogni santo proposito di rinnovamento si trasformerà magicamente in nobile quanto inutile testimonianza.E questa, c’insegnano, è pure politica ma solo a metà.

 

(Intanto Laura c’è  e Pietro pure)

 

In che direzione (di nuovo e d’altro)

In che direzione (di nuovo e d’altro)

 

 

 

 

 

Siccome pare brutto parlare della sciatteria e dell’impreparazione dei Nuovi Eletti, non ne dirò più di tanto . E, a patto che non mi si ripeta che il linguaggio approssimativo, una certa qual propensione alla dietrologia e al luogo comune, significhino freschezza – beneducata e piuttosto in auge definizione dell’infantilismo galoppante –  mi asterrò anche dal calcolare quanto tutto questo nuovo in irresistibile avanzata, ci costerà in termini di qualità della legislatura.Sempre che ne avremo una.

 

Restano, è vero, alcune inquietudini sulle tesi del Futurologo, proprietario del Marchio e del Vapore, maître à penser di riferimento, e, su alcune affermazioni captate in televisione dalla testimonianza di un fedelissimo – ed eletto –  circa l’uso statunitense di microchip sottocutanei,ma questo devo ammettere è un problema di personale avversione per l’apocalittico,l’esoterico, il magico, il complottistico e i fiori di bach. Tutta roba che mi fa pensare,so anche perché, alla triste fine dell’impero romano.Vero è che della forza dirompente di questa cospicua materia,  pochi hanno capito la portata e soprattutto la capacità di rappresentare, unitamente agli strilli, agli insulti, al turpiloquio e alle teorie da bar, un disagio e un malessere sociale diffusi.

 

Ciò detto,recuperato un barlume di pensiero positivo, bisognerebbe appuntare l’attenzione su ciò che sarà di questa complicata vicenda data l’attendibilità delle forze in campo, evitando accuratamente la lunga teoria di possibili scenari ,alcuni dei quali improponibili, che in questi giorni tra televisione e giornali animano un dibattito ora futile, ora fantascientifico.

 

Ieri il PD durante i lavori di Direzione Nazionale ha approvato con un solo astenuto  la proposta Bersani : otto punti programmatici e il tentativo di cercare di avviare la legislatura con l’accordo del Movimento 5 Stelle che peraltro, pur cambiando formule e gradazioni del diniego,continua a sottrarsi.

 

L’unanimità tuttavia, lungi dall’offrire una  sensazione di compattezza, insinuava il dubbio che tutto quel consenso fosse direttamente proporzionale all’impossibilità di realizzare il programma.Nessuna seconda o terza proposta, a parte il doveroso rimettersi al presidente della Repubblica, è stata elaborata.

 

Certo non sono mancati coloro che velatamente hanno accennato alla possibilità di un accordo col PDL magari senza Berlusconi – da neutralizzare non vedo come – ma il senso del pudore deve aver prevalso.E così niente Koalition né   große né kleine ( respiro di sollievo).

 

Eppure deve esserci un modo per non sprecare  l’occasione di avere per la prima volta, dopo anni, i numeri per combinare qualcosa di buono nell’interesse del Paese : una legge sul conflitto d’interessi, una nuova legge elettorale, una sui partiti, un’altra sulla corruzione,provvedimenti per il lavoro,per le imprese e via discorrendo.Cose di cui parliamo da anni che certo non sarebbe possibile realizzare con un altro governo tecnico.Si troverà una figura fuori dai partiti che trovi d’accordo  anche il Movimento 5 stelle per guidare un governo magari a tempo e senza troppi aggettivi?

 

Non so se tra un’analisi raffazzonata del ventennio,un microchip e una ripassata al manuale di educazione civica, i neo eletti riescano ad avere contezza dello sciupìo che deriverebbe dal loro mettersi di traverso.Fossero davvero freschi,non avrebbero indugi, perché il sogno della maggioranza ottenuta attraverso la strategia  del non mettersi in gioco – più prima repubblica di così.. – potrebbe naufragare nella disillusione degli elettori che si aspettano miglioramenti. A breve sapremo.

 

Al PD invece non rimane che attraversare questa fase con dignità,avviando le procedure per un nuovo congresso, perché dalle otto ore e passa d’interventi, tra cui alcuni molto efficaci,è emerso con chiarezza che ci sarebbe bisogno non solo di nuovo ma anche d’altro.Un problema di rinnovamento al quale è oramai difficile sottrarsi.Una lettura da eseguire non superficialmente e che non riguarda solo l’età ma la sensibilità,la sintonia e in generale un approccio con la realtà e una capacità di progettare il futuro oramai invariabilmente scoloriti.

 

 

Foto Ansa da Huffington Post dell’insegna al Nazareno con i messaggi dei militanti

 

 

 

 

 

 

Le fou de guerre

Le fou de guerre

 

(Dino Risi diceva che Grillo s’era buttato in politica  perché come attore valeva poco  :  Ha capito cosa rende e se la sta inventando. Ha intuito che dire le cose da bar è un’attività redditizia. Niente di meglio per gli italiani, che aspettano sempre il capopopolo di turno. Ha fatto un po’, con maggior successo, quello che hanno tentato Celentano e tanti altri. Anche Umberto Bossi, se vogliamo. Ma state tutti attenti: Grillo non è pazzo, fa il pazzo) Tutto questo cappello tanto per ricordare il Maestro Risi, un grande comico francese e  il Cinema (che c’entra sempre)

 

Vincere platonicamente cioè senza aver vinto. Perdere e caricarsi tutte le responsabilità dei vincitori. E’ andata  come peggio non si sarebbe potuto ovvero con una camera che contraddice l’altra in un ‘asimmetria che in regime di bicameralismo perfetto determina lo smottamento  e la tanto evocata, temuta – e da alcuni sperata –  ingovernabilità. 

 

Il rischio, seppur attenuato dalla speranza di un miglior risultato della lista Monti,era nel conto. Non lo è stato probabilmente il successo del Movimento di Grillo,non  nella misura in cui si è poi manifestato e che a sentire gli esperti si è avvalso di un cospicuo contributo di consensi last minute.(in fuga da sinistra, pare)

 

Questo non significa che i risultati dei sondaggi non andassero letti tenendo sempre in gran conto politico e aritmetico il dato dell’indecisione.Ciò detto, è fin troppo ovvio che chi perde ha sbagliato la campagna.Nel caso del PD la volontà di rappresentare una valida alternativa allo spettacolo d’arte varia del PDL ha prevalso sull’indicazione di prospettive di uscita dall’impasse – che pure erano presenti nel programma – che animassero fiducia, ciò ha finito col vanificare il lavoro di Bersani che, smacchiature di felini a parte, molto si è adoperato nella costruzione di una proposta e di una coalizione credibili.

 

Come lui nessuno mai. Se ciò non è bastato, l’ultima cosa da fare è prendersela con un elettorato stranito da un anno di cura Monti col sovrapprezzo di doversi sorbire una sequela di scandali al ritmo di un paio a settimana e che non hanno contribuito certo a rafforzare la fiducia nell’intero Sistema.

 

Ora,a parte il (dilagante) senno di poi, i livori da redde rationem o lo strisciante incensare il vero vincitore, esercizi rispetto ai quali bisognerebbe chiedere, anche supplicando gli analisti, una moratoria, ci si trova oltre che nella spinosa situazione di cui sopra anche nella assoluta necessità di dare un governo a questo paese prima che sia divorato dagli speculatori.

 

Le vie d’uscita a parte alcune impraticabili  ipotesi di scuola – sono scuole evidentemente lontane dalle nostre – non sono tantissime e tra le poche,comunque la si pensi, appare ineludibile il coinvolgimento del Movimento 5 stelle il quale probabilmente pensava di stabilizzarsi su un ruolo di comoda  e proficua opposizione e al quale invece toccherà accettare o rifiutare di far funzionare in primo luogo le istituzioni.

 

Il primo banco di prova sarà verificare la loro disponibilità a lavorare per il bene comune.Progetto ambizioso e ampiamente sventolato nelle campagne e nei comizi,all’interno del quale però non sono compresi atteggiamenti narcisistici o distruttivi. Il dicano quel che vogliono fare di Bersani seguito da un’ipotesi di appoggio esterno su una serie di punti di programma del tutto rispettabili necessari e condivisibili ,questo significato aveva.

 

Del resto per portarsi a ridosso di nuove elezioni,la sola riforma elettorale non basta.Urgono misure per il lavoro,la crescita,l’economia oltre che una legge sul conflitto d’interessi e un serio articolato anti- corruzione. Non so se questa possa chiamarsi pomposamente Fase Costituente o più semplicemente governo di minoranza che realizza cose che da troppo tempo tutti reclamiamo.

 

Quanto a le fou de guerre, la ricreazione è finita anche per lui, visto che il tempo delle decisioni si appresta. Coluche bravissimo attore, seppe fermarsi in tempo mostrando  senso di responsabilità ed  intelligenza non comuni.Confidando nella capacità introspettive del Maestro Risi, nella speranza di un rinsavimento.

 

 

 

 

Ci sono palchi e palchi

Ci sono palchi e palchi

 

 

La brutta campagna  – non che se ne ricordino di propriamente belle ma fin dal primo momento s’è deciso che questa dovesse essere la più brutta e così si è continuato a definirla – si conclude con anziani  predicatori e inappropriati slogan di gioventù – la loro –  innanzi a piazze  arrabbiate ed osannanti. Così persino l’Immagination au Pouvoir irrompe sul sagrato della Basilica  di San Giovanni strappando la lacrimuccia ai nostalgici – che non mancano mai – e strabiliando gli ultimi arrivati.

 

Incredibile :  stiamo affondando e c’è ancora qualcuno che non s’è accorto che dell‘Immagination, riveduta e corretta, s’è, da lunga pezza, appropriato le Pouvoir, mostrando  a tutti  visionari, immaginifici, rivoluzionari  (e non) i classici sorci verdi.

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Mi astengo dallo spalancare la finestra strillando all’indirizzo della rivoluzione che avanza il Rentrez chez vous: un jour, vous serez tous notaires!  (del povero Ionesco che pur rivoluzionario, notaio  non divenne mai) . Un po’ perchè i cento – centoventi eletti che quella piazza si appresta a spedire a Montecitorio non meritano né il triste copione dei corsi e dei ricorsi né che si sciupi loro l’entusiasmo, un po’ perché  nessuna rivoluzione avanza, è avanzata, avanzerà.E non mi si venga a dire che governare un movimento via web o organizzare spettacoli in piazza sia qualcosa di autenticamente rivoluzionario. 

 

 

La miglior sintesi elettorale invece l’ha trovata chi, qualche ora prima, da un palco meno isterico,  ha chiesto ai futuri eletti di liberare 60  milioni di italiani dal condizionamento di uno solo, finanche suggerendo un modo : la legge sul conflitto d’interessi. Ma lui, si sa, non aveva pretese  rivoluzionarie manco da ragazzino ovvero all’epoca in cui entrò a far parte della storia del cinema italiano passando dalla porta principale.

 

Ognuno  cerca di compiere scelte il più possibile in armonia con la propria storia. Mi rimane difficile però credere che chi in questi anni  ha,da progressista, seguito l’evoluzione delle cose possa pensare che la soluzione sia nell’avventurismo o nel voto di protesta,che di tutte le misure, quella di buttare all’aria il tavolo sia la più efficace, che una casalinga sia in grado di governare il paese più di un politico, che basti una telecamera a garantire trasparenza.

 

Vent’anni dopo le monetine  del Raphaël e i propositi missini di  circondare il Palazzo per fargliela pagare,siamo allo stesso punto.Di tutte le considerazioni questa resta la più terribile.Partire o rimanere lì per un tempo indefinito dipenderà da noi.Che ieri almeno un dubbio lo abbiamo risolto : si nota più se c’è (ed è un bene che ci sia)

 

Foto dall’Unità