Te Deum

Te Deum


Foto Frédéric METGE
Région de Paris, France

Che poi, dopo le prime volte, tiri dritto per Quai de la Tournelle, al più uno sguardo distratto alla guglia o alle Chimere. C’è sempre troppa fila per entrare e con la scusa che La Sainte-Chapelle, poco distante, in Boulevard du Palais è moooolto più bella, eviti di metterti in attesa con i turisti. E così può succedere che della Cattedrale non ricordi molto. I rosoni certo, la pala di Guido Reni e il dipinto di Ludovico Carracci (che tanto piacevano a Napoleone), le statue o il suono delle campane.

Poi capita quel che è capitato e Nostra Signora diventa immediatamente il simbolo di Questo e la metafora di Quell’altro. Come se non bastasse il carico di Storia che si porta sulle spalle tra incoronazioni di re e imperatori, matrimoni di stato, riabilitazioni , rivoluzioni e stragi, persino suicidi in prossimità dell’altare. I momenti più cupi del disprezzo giacobino e della scampata distruzione e quelli più luminosi del Te Deum di ringraziamento per la fine dell’occupazione nazista (Te Deum e Marsigliese, ovvio)

Victor Hugo (soprattutto) e ancora Prevert, Benjamin e molti altri ne hanno celebrato il Mito. E dal Mito al Cinema è un passo : muto, parlato,in bianco e nero o a colori. Lon Chaney e Patsy Ruth Miller,  Charles Laughton e Anhtony Quinn, Gina Lollobrigida e Maureen O’ Hara, Anthony Hopkins e Disney. Persino un Musical di Riccardo Cocciante.

Non a caso si chiamano monumenti perché stanno lì a ricordare la Storia, le tribolazioni, i fasti, le vicende che, in questo caso, per oltre ottocento anni, si sono susseguite dentro e intorno a queste mura di pietra miracolosamente scampate al disastro. Non c’è bisogno di supplementi di retorica o di voli allegorici, men che meno di alimentare la già imponente mole di Letteratura con fantasie complottiste. Un po’ più di rispetto magari, a partire da quelli che tirano dritto per Quai de la Tournelle, vergognandosi un po’ di mettersi in fila con i turisti. Te Deum sì, per avere ancora con noi il Carracci e il Reni che tanto piacevano a Napoleone. E, immancabilmente, la Marsigliese.

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