From the halls of Montezuma to the shores of Tripoli?
Impegnati come siamo, chi con lo scacchiere, chi a mettere insieme la contabilità dei tomawhks con quella dei rischi e dei vantaggi, chi a raccontare l’abilità strategica di cui disponiamo – o meno, chè tanto è lo stesso – o a interrogare le stelle su quanto durerà o a spremere le meningi sui trattati internazionali e sulle risoluzioni (auguri) Onu, nessuno più si cura del popolo libico, nè degli shabab, i giovani combattenti , che poi dovrebbero essere la vera ragione, o se si preferisce, il senso di Odissey Dawn.
A dire il vero qualcuno che ogni tanto se ne ricorda c’è. Giusto il tempo di insinuare dubbi su possibili peggioramenti della situazione, ove mai Gheddafi dovesse cadere o se si dovesse scoprire che i ribelli, di cui effettivamente, poco si sa, altro non sono se non agenti al servizio di oscure forze del male, presumibilmente russe o cinesi, forse talebane.
Del resto, all’incredibile temporeggiamento va pur addotta una giustificazione e non potendo vantare attività diplomatiche di rilievo, il solito fumo dato dalla complessità della situazione libica diventa ottimo soccorso per i balbuzienti.
Senza contare l’aplomb da perfetto statista con il quale il ministro della Difesa oggi ci ha spiegato che la partecipazione italiana trova una sua ragione nel fatto che, cessato il fuoco, chi ha contribuito alla missione avrà diritto di parola su immigrazione, sbarchi e respingimenti. Curioso modo d’intendere le missioni a protezione delle popolazioni civili.
Taccio, infine per carità di patria, sulle posizioni dei pacifisti o non interventisti o quel che è, non quelle rispettabili del dubbio ma quelle dei fautori dell’inviolabilità dello Stato Sovrano con tanto di pezze d’appoggio, Diritto Internazionale imparato per corrispondenza, alla mano.
Posso capire tutto, non l’indifferenza al cospetto del sistematico massacro, magari in nome dell’autodeterminazione dei popoli. A difesa poi di chi? E in quale buona compagnia ? Sono posizioni queste troppo strampalate per essere definite ideologiche.
La sensazione dominante è che Gheddafi abbia più amici di quanto egli stesso possa credere.
10 pensieri riguardo “From the halls of Montezuma to the shores of Tripoli?”
che poi una parte degli non intervenzionisti dice “lasciateli ammazzarsi tra loro”, e il bello che è gente di chiesa con il sacro santo valore della vita…
Tanto sono arabi, infedeli, che gl’importa.
E’ così comodo lavarsene le mani seduti sulle brutte poltrone delle loro brutte case.(la gente brutta ha tutto brutto, pure lo spazzolino del cesso)
Come scrivo da me, è difficile sostenere che questo intervento militare sia sbagliato. Ma è sufficiente stare sotto il cappello dell’ONU per legittimarlo? Forse una decisione così importante avrebbe dovuto esser presa con una maggioranza un pò più ampia, ma sopratutto: come può esser legittimato quando l’ONU in precedenti gravissime crisi umanitarie non ha dimostrato un’analoga solerzia? Perchè in Libia si, e in Ruanda, in Darfur, in Cecenia – per fare qualche esempio – no? Tutto ciò rende purtroppo lecito il sospetto che a muovere questa operazione non sia tanto la preoccupazione per le sorti dei ribelli libici, quanto piuttosto le mire sui giacimenti di petrolio e gas…
Diciamo che il Consiglio di Sicurezza è l’unica organizzazione internazionale che legittima e stabilisce le modalità degl’interventi.Sulle votazioni non mancano certo le cautele :
Dei quindici stati membri, cinque (Cina, Russia, Gran Bretagna,Stati Uniti e Francia) hanno diritto di veto (basta uno solo a impedire sin la discussione) ed ecco spiegato facilmente come, per esempio, in Cecenia, dove una risoluzione di condanna c’è pur stata da parte dell’Assemblea Generale, non si è andati oltre.Ce lo vedi Putin…etc etc
Negli altri casi ha giocato un pessimo ruolo, l’attendismo, le lungaggini, la poca convinzione degli stati membri.
Ogni sospetto, come tu lo definisci, è tuttavia fondato e ogni dubbio lecito, ivi compreso quello sulla sostanziale inutilità di un’Istanza che si blocca per la contrarietà (sempre pelosa) di uno solo.
Peccato che queste discussioni avvengano solo in questi casi.Mai quando, fuori dall’urgenza, si potrebbe pensare a porre mano a qualche utile riforma.
Ovvio che con tutte le buone intenzioni, troppi interessi sono concentrati in quella zona.
Nessun organismo internazionale per quanto saggio e ben strutturato , potrà evitare la presenza di appetiti e secondi fini ,limitarne la portata però.. sì.
Ecco perchè ai libici serve di costruire una democrazia forte che sappia gestire quella ricchezza che li rende tanto interessanti.
Noi non possiamo regalargliela, possiamo, per dirla con Romano Prodi, aiutarli nell’opera di ricostruzione istituzionale.
Sono d’accordo con queste tue puntualizzazioni. Auspico che in sede internazionale si faccia tesoro di questa esperienza (certo non la prima del genere) per effettuare quelle riforme che citi. Penso che un’azione più cristallina, fuori da critiche e sospetti che oggi risultano fin troppo facili, possa conferire all’ONU una maggiore autorevolezza.
Detto questo, una considerazione di carattere più generale. Sebbene la speranza sia tanta, come possiamo essere sicuri che, una volta levato di mezzo il tiranno di turno, la Libia – ma anche l’Egitto e compagnia – abbiano quegli strumenti democratici che gli garantiscano di non cadere in un regime altrettanto (se non ancor di più) autoritario?
Dipenderà da loro e anche dalla nostra volontà di sperimentare nuove forme di collaborazione.
Uno spiraglio è dato dalla giovane età della popolazione e dal fatto che l’assemblea del governo provvisorio – che noi continuiamo a non filarci,ma che c’è, lavora, interloquisce – sia composta da persone colte che considerano le tribù un’autorità più morale e culturale che altro.
Per l’Onu la strada è lunga ma il bello è che anche per modernizzarne gli assetti ci vogliono stati membri meno condizionati dagl’interessi particolari.
Manca ancora l’idea di comunità internazionale.Ecco.
gli interessi economici sono troppo forti, non solo per il petrolio, ma la guerra e la ricostruzione fanno gola a tanti paesi solerti nell’intervenire con la guerra a portare pace e democrazia risolvendosi anche parecchi problemi interni, sul concetto di stato sovrano c’è da ridere o da piangere a scelta. Ma quelli come noi (tu, gli altri commentatori)che fanno il possibile per usare il cervello e si fanno domande chi li interpella? L’idea di comunità internazionale dici? Con gente alla Bossi, alla Le Pén padre e figlia ecc.
La comunità internazionale delle merci, quella sì che è un fatto.
Mi chiedo se è così impossibile cacciare un dittatore o se solo lo voglono far credere… Allende, che non era un dittatore è stato fatto fuori come spegnere la luce. mah, mi sento sempre più depressa nonostante gli antidepressivi… Se solo avessi immaginato 30 anni fa tutto questo non ci avrei creduto! Ciao è sempre un gran piacere leggerti e leggere chi viene a commentarti, un saluto a tute/i e speriamo che scoppi un’epidemia d’intelligenza
cris
scusate gli errori, ma da un po’ di tempo ne faccio parecchi, la foga o l’embolino che si è staccato, non so
non c’è giorno che io, da quando è iniziata la guerra in Libia, non pensi: anche oggi si commette un omicidio in grande. Frase che ho letto in un libro tempo fa e che mi trova assolutamente d’accordo.
Il “governo provvisorio” è consapevole di giocare una partita in cui sono in ballo interessi e affari.
La Francia, bombardando con qualche anticipo la colonna dei carri lealisti, pronti a invadere Bengasi, si è ben posizionata ma contemporaneamente ha evitato una strage (qualche minuto dopo e l’intervento aereo dentro la città, sarebbe stato impossibile).
Ogni azione sembra avere un rovescio, nessuna posizione contiene assolute verità per le quali battersi.
Che dire?Io spero solo che si tutelino gli esseri umani e un’esperienza, quella nord africana, assolutamente inedita per come si manifesta e alla quale guardare con attenzione, evitando pregiudizi in un senso o nell’altro.
Di fronte a simili eventi però, tutto si può fare meno che finta di nulla. E’ l’unico atteggiamento “giusto” che mi sembra di riconoscere nella confusione che sempre accompagna “il nuovo”.
E se di nuovo si tratta, che faccia il suo corso.