Se il fine giustifica i mezzi

Se il fine giustifica i mezzi

 

Il presidente palestinese Abu Mazen, con una mossa forse non del tutto  illecita sotto il profilo della costituzione approvata al tempo di Yasser Arafat ma certo molto poco rispettosa della volontà liberamente espressa dal popolo, vuole indire nuove elezioni con l’obiettivo dichiarato di scalzare dal potere Hamas. Non hanno tutti i torti i dirigenti di quel partito di gridare al golpe (ovviamente non di sparare colpi di mortaio sull’ufficio del presidente a Gaza).
La mossa di Abu Mazen corrisponde agli orientamenti (se non ai desideri e alle pressioni) degli attuali governi degli Usa e di Israele, di una parte dell’opinione pubblica e dell’establishment europeo  i quali ritengono che lo scontro in atto nella regione sia, fondamentalmente, uno scontro tra democratici per definizione filo-occidentali e non democratici per definizione anti-occidentali.Agli occhi di costoro  l’intenzione poco democratica di Abu Mazen ha la salvifica connotazione del fine che giustifica i mezzi. Se serve a far trionfare la “parte giusta”, anche su uno strappo alle regole della democrazia si possono chiudere gli occhi. È apparentemente la logica che fu dietro al consenso generale con cui, salvo pochissime eccezioni, fu accompagnato il colpo di stato che mise in mora il risultato che aveva premiato gli estremisti islamici del Fis nel ’91 in Algeria: piuttosto che vedere dei tagliagola al governo di un paese importante e con una classe dirigente di tradizioni laiche, meglio accettare come male minore una “provvisoria" sospensione della democrazia.
Ma a differenza di quanto avvenne con l’Algeria quindici anni fa, lo strappo non conterebbe su un consenso internazionale quasi unanime. Al contrario: una buona parte del mondo islamico lo considererebbe un atto di ostilità, la prevaricazione di una parte contro un’altra, degli epigoni di un regime corrotto sui difensori del popolo e, soprattutto, di una classe dirigente troppo propensa al compromesso “con il nemico” sui più intransigenti paladini dell’indipendenza palestinese. Date queste premesse, non è difficile immaginare con quanta virulenza la lotta si riaccenderebbe, tanto fra le fazioni a Gaza e in Cisgiordania, quanto tra i moderati palestinesi e i regimi, e le forze, dell’Islam più radicale.

Poiché Abu Mazen ha dimostrato di essere un politico molto accorto, è impensabile che non abbia calcolato la diversità con il caso algerino e i rischi di una ulteriore radicalizzazione dei contrasti, in Palestina e fuori. L’unica spiegazione è perciò che dietro la sua intenzione ci sia la speranza, se non la certezza, che Fatah possa vincere nelle urne contro Hamas. Presupposto di una simile convinzione è che i fondamentalisti siano divisi e profondamente indeboliti dal loro fallimento politico: la bancarotta dell’Anp, l’evidente delusione in quanti avevano creduto alle lusinghe di quella sorta di welfare d’ispirazione religiosa che Hamas prometteva e in qualche modo già praticava, l’isolamento internazionale.
Ma è fondato questo pregiudizio del presidente palestinese e dei vertici di Fatah? Molti dubbi sono leciti. Divisioni all’interno di Hamas certamente ci sono, e Abu Mazen cerca probabilmente di metterle a frutto. Ma l’isolamento del movimento è molto relativo. Inoltre, tutta la storia del Medio Oriente (e non solo) dimostra che nei processi di radicalizzazione sono proprio le componenti più radicali ad avvantaggiarsene fin dall’inizio a , a dispetto dell’approccio razionale ai problemi. L’approfondirsi delle divisioni all’interno del campo palestinese, così come del campo arabo e islamico in generale, non hanno mai avvicinato di un passo né la pace, né, più modestamente, un approccio più realistico e positivo al confronto. Per dirla in un altro modo, una guerra civile aperta e dura in campo palestinese indebolirebbe sicuramente l’Anp ma non rafforzerebbe certo Israele, né aiuterebbe gli occidentali che per esercitare la loro mediazione hanno bisogno di interlocutori anche ostili ma comunque il  il più possibile rappresentativi.
È una lezione, quest’ultima, che i dirigenti israeliani non sempre hanno mostrato di recepire giocando spesso sulle divisioni nel campo palestinese, e della quale dovrebbe essere capaci di tener conto anche gli americani e gli europei. Dove ha fallito l’esportazione della democrazia con le armi, sono destinati a fallire anche i distinguo nell’applicazione della democrazia formulati in base alla considerazione se i protagonisti siano “amici" o “nemici"

76 pensieri riguardo “Se il fine giustifica i mezzi

  1. Ormai i confini tra democrazia e illecito, libera volontà espressa e interpretazione della volontà popolare, sono estremamente labili.

    Lo dice uno che vive in un Paese dove ancora si contano le schede elettorali.

  2. ….e in cui, esattamente come in Palestina, si ha il dubbio di governare oramai, senza consenso.E’ questo il terzo millennio?

  3. mi piaciuto molto il post.

    la co’ in gita…ma non ho capito dove. Speriamo non venga rapita da qualche malintenzionato!

  4. Quegli springcosi credo dipendano dalla rete alla quale mi connetto…penso che appartenga alla scuola di coreano; quando sono in linea capita che le lettere cambino carattere :)

  5. ma non avere paura, tanto quando li incontro in ascensore faccio finta di non conoscerli. Non sospettano nulla (forse!)! ;p

  6. Gentile signorina, la scelta tra la Corea del Sud o quella del Nord non è cosa di poco conto.

    Personalmente le consiglierei la Corea del Nord. Non hanno quelle microscopiche macchinine con cui “lampeggiare” i vecchietti, ma in compenso ci sono degli splendidi campi di rieducazione, privi di qualsiasi comfort.

    (altro che Ginostra!)

  7. Non sono abituata a commentare blog.

    Ricapitolando:

    -La co’ non andrebbe mai in palestina.

    -In ascensore incontro i coreani a cui (forse) appartiene la rete wifi alla quale mi connetto.

    Ora siamo in regola con i soggetti, i predicati e i complementi.

    Gentile Signore …che differenza c’è tra la lingua coreana del nord e quella del sud? In questa scuola insegnano il coreano, ma non è specificato quale. Cosa intende per “lampeggiare i vecchietti” è un altro di quegli strani nuovi sport, tipo carling?

  8. “Lampeggiare i vecchietti” è un’attività transitoria (sarebbe anche intransitiva) alla quale si dedica Piccerella nel tempo libero.

    Credo che Asietta (nomen omen)abbia per l’appunto un’auto coreana (del Sud).

    Se n’è lungamente discusso su questo blog in passato e io ho colpevolmente dato per scontato che fosse cosa risaputa.

    Chiedo scusa.

  9. buona sera!

    la mia auto è coreana?mi hanno detto che è giapponese!

    la co’ sa della mia yaris_uccia…ma io non sapevo dei coreani che affollano il suo palazzo…

    è morto il mio cane…aveva solo 4 mesi e gli avevo messo come nome,un nick…ovviamente taccio per questioni di praivaci ma di sicuro il nick non frequenta questo blog.

    sono molto dispiaciuta.

    asietta

  10. solo quattro mesi, e che aveva? (ha altri tre canie ti garantisco che alcuni ricorsi i cani li scriverebbero meglio, che vergogna…)

  11. Cara Lilas, non son voluto intervenire per non infierire.

    Essendo non già un fai-da-te, ma uno che nella vita ha fatto di tutto per campare, compreso l’imbianchino e i lavori di idraulica, non posso che guardare con compassione quella distesa di giornali che avvolge casa tua.

    A Napoli c’è un detto un po’ volgare che attiene ai calzolai e alle semmenzelle (i chiodini per le suole)

  12. no,non mi sdoppio mica!nhuada mi chiama co’ ed io chiamo lei co’ perché siamo conterranee anche se lei preferisce conterronee!

    il piccolo cane aveva smesso di mangiare da una settimana…ho chiamato il veterinario e ha prestato le cure ma niente…

    secondo me il cane si è ammalato di malinconia..lui aveva 3 fratelli e una sorellina e si è ritrovato solo perché ho dovuto regalare gli altri 4…

    non potevo tenere 7 cani (insieme ai genitori).

    asietta

  13. ma non tutti i tappeti colorati sono andini,ci sono anche i tabliz e nahin,sono colorati e le ande le hanno viste col binocolo…tutto questo succede perchè ho tirato un sospiro di sollievo quando è morto Pinochet

  14. Siamo ai dispettucci.

    Quest’anno per problemi organizzativi qui si scusano, ma il consueto pacco panettone+spumante si potrà ritirare in magazzino solo a partire dal giorno 21 (venite nei giorni di sciopero a ritirarlo)

    Comunque come previsto mi ha chiamato Charlie Brown in persona, mi ha mandato un pezzo da commentare e mi ha detto che vuole tutte le vignette per domani.

    Quelle del pezzo e quelle della mia rubrica.

  15. Ma qui non ci facciamo più prendere dal panico. Complice una insospettata vena creativa pomeridiana, ho sfornato dieci vignette. Sei le ho messe in pulito, una l’ho scartata e altre tre le disegno domani. Wow!

  16. ma poi scusa …uno così alto ha una mano trooooooppo piccola: è sproporzionato (se diciamo male della prestanza fisica del figlio forse compare)

  17. io a quelli di Time gli mando la foto di marais,hanno compilato la lista “person of the year” con tutti i webbaroli e hanno dimenticato i disegnatori di comics… pure i soldati ci hanno messo…

  18. Avessero avuto più coraggio potevano scegliere come uomo dell’anno tutti quelli che indossavano quelle elegantissime tute arancioni con un sacchetto nero in testa lì a Guantanamo.

  19. ma com’era la storia i presidiava a mani nude o con quelle bandiere infinitesimali arrotolate sugli stalin (manico di piccone)

  20. Gli Stalin erano un’invenzione di Lotta Continua.

    Noi presidiavamo a mani nude, ma per l’occasione c’era sempre un compagno gonfio e metallico nel mezzo del corteo.

  21. no, pensavo lo si potesse adoperare al posto del martello. Anche come schiaccianoci farebbe bene, sai .. con la frutta secca a Natale.

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