Bye Bye Blair
Blair lascia la Gran Bretagna meglio di come l’ha trovata nel 1997.In dieci anni le tasse sono aumentate, è vero, ma gl’Inglesi sono diventati più ricchi, più ragazzi prendono il diploma e vanno all’università e grazie ad una politica sociale accorta (salario minimo, esenzione fiscale per i più poveri) le difficoltà economiche delle fasce più deboli, si sono attenuate. Una legge riconosce le unioni tra omosessuali e lo Human rights act recepisce la normativa europea sui Diritti Fondamentali. Se si considerano poi i successi ottenuti sul piano dell’autogoverno di Galles, Scozia e Irlanda del Nord, si può tranquillamente affermare che con Blair l’Inghilterra è diventata un notevole esempio di apertura. Nessun premier più di lui ha sensibilizzato i cittadini sul tema dei cambiamenti climatici e della povertà in Africa. Eppure la gestione del suo secondo mandato all’insegna della riforma del settore pubblico ma anche dell’11 settembre e dell’incondizionato sostegno all’invasione in Iraq,non ha convinto gl’inglesi che hanno inflitto ai labour una cocente sconfitta alle amministrative del 3 maggio. Il leader politico europeo più brillante che nel 1997 procedeva in sintonia con il paese del quale era alla guida, ha perso terreno. Colpa dei servizi pubblici che ha tentato di migliorare riuscendovi solo in parte e con gran dispendio di denaro e dei pessimi risultati nei campi della sanità e dell’istruzione. Colpa di una guerra che è costata alla Gran Bretagna molte vittime rivelandosi dannosa sul piano internazionale ma anche di un modo di essere fedeli alleati di Bush, del non aver saputo insistere affinché Rumsfeld fosse rimosso, perché la prigione di Guantanamo venisse chiusa. Colpa delle bugie sulle armi di sterminio di massa che Blair ha raccontato al popolo inglese a giustificare l’empito interventista. Eppure né il suo successore Brown né eventualmente il suo avversario Cameron, hanno intenzione di modificare troppo la politica estera ed è altrettanto improbabile che entrambi vogliano smantellare l’impianto delle riforme che Blair ha avviato. Non più tardi di un mese fa, The Economist affidava il giudizio dell’operato del Primo Ministro ai Posteri anzi, come avvertiva la copertina, alla Storia la quale lo giudicherà sicuramente meglio di come appare oggi. In attesa Tony potrà dare prova di sé come mediatore in Palestina, il suo nuovo incarico.
Un pensiero su “Bye Bye Blair”
Esattamente come da noi, nella seconda parte. Mo aspettiamo la prima.