Parliamoci francamente,questa storia del partito di lotta e di governo era già discutibile ai tempi di Togliatti.Non so più quante volte mi è capitato di assistere agli equilibrismi più sfacciati, nel vano tentativo di spiegarne il senso.Facciamola finita, dunque.Lotta e Governo sono i termini di un’antitesi.Il senso critico,la funzione di stimolo,gli infiniti versanti della dialettica interna rimangono un patrimonio prezioso ma non sono che l’esercizio di un diritto che con la lotta ha poco a che spartire.Sotto questo aspetto, il ruolo della sinistra di governo si è rivelato impopolare e nel nostro caso, non ne ha accresciuto la credibilità.Si perdono consensi in Italia ma anche in Francia e in Scandinavia,con la non lieve differenza che i paesi che sono Democrazia e Stato da molto più tempo,si sono aggiudicati conquiste inimmaginabili per chi come noi, ancora è alle prese con l’affermazione della Laicità dello Stato.Se sia la sconfitta, causata da una sorta di conservatorismo dal quale è invariabilmente segnata la sinistra, gli strumenti d’analisi della quale, non riescono più a contenere le complesse problematiche del mondo che cambia, non è dato sapere.Qui da noi,nei mesi antecedenti le elezioni politiche, si è molto lavorato intorno ad un Programma che avrebbe dovuto costituire impegno e criterio guida del governo a venire.Una sintesi tra diverse sensibilità,culture,ideologie : tutte quelle che sarebbero state capaci di esprimere le componenti di una coalizione vasta, l’elaborata ricchezza della quale, avrebbe dovuto essere messa a profitto per il raggiungimento dell’obiettivo comune : una coraggiosa stagione di riforme per un paese allo sfascio.L’alchimista Prodi da una parte, e il Nemico da abbattere dall’altra, hanno compiuto il miracolo di una vittoria di misura sì,ma non del tutto impossibile da gestire in termini di governabilità.Alla luce di quanto è accaduto dopo,non possiamo pensare a quell’incrocio di sensibilità se non come ad un boomerang fatto di paletti e divieti.Qualcosa di molesto che ad ogni passaggio importante (politica estera,finanziaria,diritti ) ha puntualmente presentato il conto con effetti disastrosi di provvedimenti spesso pasticciati da troppo rimaneggiamento.L’azione di governo non ne è risultata sempre limpida .Non credo sia soltanto un problema di poca fedeltà ai patti, la vera causa della litigiosità.Tornando al Programma, è possibile che ci si sia accordati sul ruolino di marcia ma che il punto di partenza,cioè una differente analisi della società,da parte delle forze costituenti la coalizione,abbia infine giocato un ruolo decisivo, assai più di quanto si sarebbe potuto prevedere. Oggi la sinistra dovrà analizzare la propria crisi senza ipotesi consolatorie di spallate che in fondo non ci sono state, ne’ celebrazioni di piccoli trionfi – Genova è ancora nostra!- ci sarebbe mancato anche che non lo fosse stata.Da più parti,tra ieri e oggi si sono avvicendate le esortazioni a Prodi a portare a termine il programma di Riforme senza mediazioni, anche a costo di sacrificare in tutto ciò la tenuta del governo.Ne cito due tra le più distanti una dall’altra ed al contempo autorevoli, a mio avviso,Michele Salvati e Valentino Parlato.Può essere una strada per finire onorevolmente,non certo per ottenere ciò di cui il Paese ha bisogno:Senza numeri (o senza mediazioni) sarà difficile che oltre la metà dei provvedimenti licenziati dal consiglio dei ministri,trovi il consenso delle camere.Una delle condanne del governo Prodi temo sia quella di andare avanti a condizioni pressocchè immutate,quanto a equilibri interni.Fino a completamento di una riforma elettorale credibile.Finchè dura.