Johnny canta (meglio di tanti altri)

Johnny canta (meglio di tanti altri)

La vendetta è un sentimento nobile per Oscar Wilde e un piatto freddo per altri. In questo caso la vendetta è un pasticcio di carne ( una delle poche pietanze edibili della tradizione britannica ) per cui va pazza tutta Londra, e che la signora Lovett, lunare imprenditrice gastronomica, vende nella sua bottega, presumibilmente rifiutando di rivelare l’ingrediente segreto. 

Un libro, attribuito  a Malcom Rymertre ma probabilmente scritto collettivamente in una bottega ottocentesca, due versioni cinematografiche e una televisiva (Schlesinger alla regia e Ben Kinsley, fantasticamente istrionico, ai rasoi ) , un musical che Stephen Sondheim mette  in scena a a Broadway (567 repliche e 8 Tony Awards) con Angela Lansbury e Len Cariou, che diventò meta dei pellegrinaggi di famiglie in vacanza. Il tutto per raccontare la storia di un killer seriale, già uomo risolto e felice, divenuto incompreso e disperato per colpa del  giudice Timothy Spall che, innamorato della di lui moglie,  gli ha inflitto un’ingiusta condanna al solo scopo di allontanarlo e usurparne sposa e  figli.

Un soggetto che Tim  Burton,  al quale Sweeney è sembrato avere un che di  Edward Mani di Forbice, ha rimaneggiato con estrema cura, senza dimenticare i maestri di riferimento Mario Bava e Vincent Price e i disegnatori americani Chas Addams e Edward Gorey. Risultato : uno shock culturale dove il macabro diventa un inconsapevole simbolo ( Burton dice che non fa apposta ma che l’accostamento è fatale ) di tragica contemporaneità. Cosa non si farebbe  per amore e per vendetta  e così Sweeney, reduce dalle colonie penali  australiane, trovando la sua famiglia distrutta, cambia nome e mette su una barber shop  dove,  con calma e metodo, aspettando che anche il giudice vi  faccia tappa, per ingannare l’attesa , sgozza i suoi clienti, li getta   in una botola che comunica direttamente con il laboratorio di cucina,comparto lavorazione delle carni,   della  signora Lovett, cadaverico feticcio erotico , che nel frattempo è divenuta sua amante. Lei divorata dalla passione e lui dalla vendetta. Non rimane loro gran tempo per comunicare, per questo Lovett si concede il sogno dell’esistenza di una coppia qualsiasi cantando By the sea o Little Priest. Anche Depp – Sweeney, canta  praticamente per tutto il tempo, avendo Burton ridotto i dialoghi all’osso (quasi un film muto, ha osservato) e mentre il sangue che dalla sottile striatura dell’inizio, diventa quasi un fiume che scorre sotto la città, si materializza più di un’intuizione geniale , non ultima  quella di dare ad un lavoro orrorifico e feroce ,le sembianze del classico musical natalizio.

Il passaggio dal palcoscenico allo schermo non è dei più semplici,anche se la critica americana ha insinuato essere quest’opera degna dei musical di Vincente Minnelli.Burton riesce perfettamente nell’opera di trasposizione e soprattutto in quella di far cantare tutti (non professionisti) in modo impeccabile.Qui sopra un esempio classico di come il regista inseritosi nel set per dirigere Depp  ( o farsi dirigere, non è chiaro) sembra, anzi è , parte del film, nonostante l’abbigliamento contemporaneo e il fatto che trattasi di una pausa della lavorazione.Oscar a Ferretti e Lo Schiavo per la scenografia.

Sweenwy Todd il diabolico barbiere di Fleet street è un film di Tim Burton. Con Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Laura Michelle Kelly, Timothy Spall, Anthony Stewart Head. Genere Musical, colore 116 minuti. – Produzione USA, Gran Bretagna 2007. – Distribuzione Warner Bros Italia

Il romanticismo del Male ( Oil !!!)

Il romanticismo del Male ( Oil !!!)

L’altra faccia del Sogno Americano  è un Incubo che  da Cimino a Huston a Ford a Griffith, senza tralasciare  James Dean e Spencer Tracy,  il cinema ci ha servito in differenti versioni . Nel caso del temerario There will be blood, uscito in Italia col titolo Il petroliere,  lo spirito intrinseco dell’esperienza americana, è incarnato dall’infernale protagonista Daniel Plainview che, ossessionato dalla ricchezza intraprende la sfida del petrolio con una tensione non dissimile da quella con la quale Achab  s’incapriccia e tartassa Moby Dick. Una tale mefistofelica impresa, ovviamente non può essere condotta attorniati da famiglie e affetti ma esige assoluta solitudine onde poter coltivare in pace, le  classiche, maniacali ossessioni di contorno. Capitalismo ed Evangelismo ,forze portanti dell’epopea a stelle e strisce sono coprotagoniste di questo bel colosso minimal  tratto dal libro    Oil !  anno 1927, scritto dal  giornalista muckraking, Upton Sinclair. Se qualche morboso spettatore, dopo aver visionato il terzo o quarto film americano della stagione ,sta chiedondosi se per caso non  sia in atto da quelle parti, un processo di romanticizzazione del Male, la risposta è senza ombra di dubbio : SI. Prova ne è che interrogati sull’argomento ,registi,sceneggiatori e produttori rispondono senza timidezza che poichè l’epoca è di transizione e l’orrore impazza,tanto vale indagarne gli anfratti con la massima cura. E indagando indagando…Grazie tante signori, ci state regalando splendide emozioni attingendo spesso da buona letteratura ma…la sensazione è che abbiate bisogno di una nuova stagione. Hillary o Obama, fate voi. Noi incrociamo le dita. Per voi e per noi.

 

IL PETROLIERE è Un film di Paul Thomas Anderson. Con Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin O’Connor, Ciarán Hinds, Dillon Freasier, Colleen Foy. Genere Drammatico, colore 158 minuti. – Produzione USA 2007. – Distribuzione Buena Vista

Vince il caschetto

Vince il caschetto

Non ci sono nomination  per le pettinature, se ci fossero state, il parrucchiere di Bardem  se ne sarebbe aggiudicate un paio di cui una, in contumacia,  per Mireille Mathieu ispiratrice della coiffure qui sopra . Al cospetto di questo  caschetto ben appiccicato, carrè , con tirabaci appena accennati , l’arma micidiale di cui si serve lo psicopatico omicida, diventa acqua fresca. Ed è così che il cattivo moltiplica le sue possibilità  interpretative  guadagnando un posto nell’Olimpo dei Perversi, gomito a gomito con Charles Laughton. Che dire dunque, di questo film dei Coen bello desertico e sanguinolento ? Tutto è stato scritto la settimana scorsa , comprese le laudi sperticate per il ritorno dei fratelli ad un cinema meno mainstream ( ma che c’era di male in Ladykillers e in Prima ti sposo e poi ti rovino?) e più nei registri dell’autorialità spinta. Eclettici, ironici, depistanti, cinefili ( e non è facile trovarne tra i registri) fino al midollo, anarchici nella caparbia determinazione di non voler rispettare le regole di alcun genere cinematografico, i Coen celebrano la loro rinascita artistica ( ma che c’era di male in Ladykillers etc…) portando sullo schermo un romanzo di Cormac Mc Carthy No country for old men (leggere anche quello ) e a casa, quattro statuette che,  di sicuro, non saranno che l’inizio di una lunga teoria di premi. Storia di una valigetta dei sogni scovata in un mucchio di cadaveri , piena di quattrini e di un marchingegno che segnalando la posizione  si tira dietro  folli e multipli  inseguimenti. Magnifica, poetica carneficina . Vista due volte di seguito.Che il distributore sappia.

Non è un paese per vecchi è un film di Ethan Coen, Joel Coen. Con Tommy Lee Jones, Javier Bardem, Josh Brolin, Woody Harrelson, Kelly MacDonald, Garret Dillahunt, Tess Harper. Genere Thriller, colore 122 minuti. – Produzione USA 2007. – Distribuzione Universal Pictures

Con Z de Zapatero

Con Z de Zapatero

No es lo mismo . Il PSOE ha interamente fasciato un palazzo en la Gran Via di Madrid con questo slogan che punta direttamente ai disillusi e agli astensionisti che da quelle parti sono in prevalenza giovani.  Anche in Spagna si vota , con toni da tregenda tardofranchista , i vescovi sono sul piede di guerra, non fosse altro perchè il PP di Mariano Rajoi antagonista di Zapatero , ha esplicitamente rinunciato all’assist integralista dichiarando subito di essere favorevole all’aborto e di non voler smantellare l’impianto legislativo del precedente governo su divorzio breve e riconoscimento delle unioni di fatto. Come se non fosse bastato già l’atteggiamento niente affatto complice di sua maestà cattolica Juan Carlos I che dopo aver sistemato Chavez a Santiago del Cile, si è dedicato anche ai vescovi e al Ferrara spagnolo, Jimenez de Losantos – Ho detto a Rouco Varela ( l’arcivescovo di Madrid ) che preghino meno per me e la monarchia e si occupino più della Conferenza Episcopale che controlla la Cope – La Cope è la radio dalla quale de Losantos trasmette ogni giorno proclami, improperi e insulti  contro Zapatero definito ora come figlio dell’esorcista ora come  diavolo fatta persona e che tra l’altro, ha chiesto al re, colpevole di troppa condiscendenza verso il PSOE,  di abdicare . Juan Carlos aveva un rapporto amichevolissimo con Sandro Pertini che lo stimava profondamente. Ora se ne capisce fino in fondo il motivo. Ma, campagne denigratorie a parte,i cattolici sono in entrambi gli schieramenti e il voto potrebbe risentire del richiamo di Santa Madre Chiesa. Incrociamo le dita . Per il resto Zapatero imposta giustamente la campagna sulla valorizzazione dei risultati  ottenuti , in quattro anni di governo la crescita complessiva (economica ,culturale,politica) del paese è un dato inequivocabile e anche se rimangono sul piatto problemi irrisolti quali la riforma della legge sull’aborto, piuttosto antiquata e restrittiva ( è comunque ancora da depenalizzare il reato, per i casi non previsti) e quella sull’eutanasia,la Spagna ha acquistato sicurezza e dinamismo tali, da superare agevolmente l’Italia per reddito pro-capite e non solo. A Mariano Rajoi non rimane che la solita cantilena sui risultati che non sarebbero proprio tutti dovuti alla gestione Zapatero ma che verrebbero dalla buona conduzione precedente ,quella di Aznar.Ovvero tentare la Carta Universale della Sicurezza o del difficile rapporto con i separatisti baschi, un neo a dire il vero, quest’ultimo , nel generale successo della politica del PSOE. In vista della stretta finale , però , la sfida si è colorita di offerte a rilancio e mentre Rajoi promette aumenti delle pensioni e defiscalizzazione alle lavoratrici madri , Zapatero promette nuovi posti di lavoro con incremento di asili nido fino a 300.000 posti.Un palleggio destinato a farsi più serrato in vista dell’atteso faccia a faccia televisivo o cara a cara ,come lo chiamano loro.

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Elogio delle piccole resistenti (innamoratevi di Marjane)

Elogio delle piccole resistenti (innamoratevi di Marjane)

Ottantamila disegni tutti  rigorosamente realizzati a mano e tutti in bianco e nero ( tranne il corpo al presente di Marjane che è rosa e Parigi che è a colori ) in commosso omaggio al neorealismo Italiano. Niente ricorso al digitale ma il cielo sa, cosa riesce a fare e che ci tiene  quel carboncino, tra luci ombre, chiaroscuri  e  caratterizzazioni. Ben seicento sono i personaggi, tanti ne occorrono a definire il mondo di Marjane, bambina cresciuta in una famiglia benestante, colta, comunista, in conflitto col regime dello Scià prima e dell’Ayatollah che molte speranze iraniane disilluse, poi . Irresistibile la carica ironica e rivoluzionaria nella narrazione di alcuni  paradossi : ragazzini costretti a ricorrere al mercato nero per un disco degli Abba ,il maschilismo di certi fidanzati o la fuga in una comunità punk (ma poi Dio le appare in sogno ed ha la barba di Marx).Tra storia,autobiografia e  poesia, Persepolis è un film contro tutti gl’integralismi, non solo quelli tipici iraniani .Premio della giuria a Cannes lo scorso anno e nomination all’Oscar 2008 .Ira funesta del ministro della cultura di Teheran (e chissene frega).Versione originale in lingua francese doppiata da Chiara Mastroianni e Catherine Deneuve ( la mamma di Marjane) versione italiana doppiata da Paola Cortellesi e Sergio Castellitto ( il papà ).

Persepolis è un  film di Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud. Genere Animazione, colore 95 minuti. – Produzione Francia, USA 2007. – Distribuzione Bim

Nelle foto in alto : Marjane redarguita dalle maestre islamiche.

In basso : Marjane da piccola, cresciuta nel mito di Bruce Lee,tiranneggia la sua  ( rassegnata) famiglia