Il sorriso del vincitore ( ten)

Il sorriso del vincitore ( ten)

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L’ultima volta che mi è capitato di vedere Obama in un programma televisivo, l’ho trovato attraente e davvero friendly mentre portava ad uno dei seggi  di Washington DC una scatola delle (immangiabili) ciambelle di Dunkin’ Donuts. Di lì a poco, avrebbe stravinto il Potomac, costringendo Hillary Clinton, addirittura ad un cambio di staff. Ma nel preciso istante in cui la camera, ne riprendeva  le immagini, Obama altro non avrebbe potuto fare se non compiacersi dell’eccezionale affluenza e del fatto di essere riuscito a stanare i giovani dai campus portandoli  a votare. Il Barack Obama che percorre il vialetto antistante la scuola-seggio a fianco di un  amico infatti, non ha niente di trionfale , è un giovane uomo con un bel po’ di responsabilità sulle spalle. Non avendo ancora nozione della vittoria, non si sente obbligato a gesto plateale o largo sorriso in favore di camera alcuno. Le ali plaudenti di supporter arriveranno ma adesso c’è solo gente che dopo aver votato, viene via dal seggio alla spicciolata. Obama sorride brevemente, qualcuno gli chiede come va ” sto andando!” risponde, parafrasando uno dei suoi slogan.  A vederlo però si capisce subito perché nonostante il suo programma sia meno strutturato di quello di Hillary  e tutti i media gli rimproverino di avere poca esperienza, abbia fatto egualmente man bassa di voti e perché, nel luogo simbolo dello schiavismo sudista, abbia riportato più di un  risultato inatteso : hanno preferito lui anche le donne e i bianchi , voti in parte sottratti al bacino elettorale di Hillary. In questa marcia trionfale lo hanno soccorso di sicuro il desiderio – sin repubblicano – degli elettori  di liberarsi di Bush, la paura della recessione, il desiderio di uscire dal disastro dell’Iraq ,  ma soprattutto la sua grandissima capacità di trasmettere entusiasmo e di rinfocolare le speranze. Era così diverso Robert Kennedy, per storia , estrazione sociale, stile e linguaggi  ma aveva un talento speciale. Quel talento era però riflesso sui volti delle persone che lo andavano ad ascoltare, un talento che ricorda, molto da vicino quello di Obama. Dopo Robert Kennedy, i più sostengono, l’America smise di sperare, di coltivare il sogno che qualcosa potesse cambiare

Niente di importante è mai accaduto in questo Paese se non quando qualcuno, da qualche parte, è stato disposto a sperare . Ci sono persone disposte a lottare quando si sentono dire «No, non potete», e loro rispondono invece «Sì;, noi possiamo». È così che questo Paese è stato fondato. Un gruppo di patrioti che dichiarava l´indipendenza contro il potente impero britannico; nessuno pensava che avessero la minima chance, ma loro hanno detto: «Sì, noi possiamo». È così che schiavi e abolizionisti hanno resistito a quel sistema perverso, ed è così che un nuovo presidente ha tracciato una strada per fare in modo che non rimanessimo metà schiavi e metà liberi. È così che la più grande delle generazioni ha sconfitto Hitler e il fascismo, ed è riuscita anche a tirarsi fuori dalla Grande Depressione. È così che i pionieri sono andati ad ovest quando la gente diceva che era pericoloso; loro dicevano: «Sì, noi possiamo». È così che gli immigrati si sono messi in viaggio da Paesi lontani quando la gente diceva che il loro destino sarebbe stato incerto, «Sì, noi possiamo». È così che le donne hanno conquistato il diritto di voto, i lavoratori il diritto di organizzarsi, è così che giovani come voi hanno viaggiato verso sud per marciare, fare sit-in e andare in galera, e qualcuno di loro è stato picchiato e qualcuno è morto per la causa della libertà. Ecco così  è  la speranza.

Ha ragione Obama, niente di importante può accadere in politica senza una forte spinta ideale e una buona dose di coraggio.Peccato che Hillary Clinton che pure è una delle teste politiche più brillanti di ambito democratico – basta leggere i suoi progetti di legge sulla Sanità Pubblica o le sue proposte di riforma sociale – non riesca ad ispirare gli stessi sentimenti. Colpa dei pregiudizi di genere o del fatto che la sua candidatura non viene vissuta come un elemento di vera discontinuità con l’establishment, quindi non in linea con l’idea di cambiamento che anima, a destra come a sinistra, il voto di queste primarie. Fatto è che le ultime due prove Hawaii e Wisconsin le infliggono una perdita secca , lo sfaldamento progressivo del blocco sociale  che la sostiene -donne ,anziani e bianchi – sembra inarrestabile. Vero è che le Hawaii sono il paese natale di Obama  e che il Wisconsin è considerato in America  lo stato progressista per eccellenza ma questo non basta a spiegare la misura del successo di Obama che evidentemente conta anche su una sorta di effetto trascinamento secondo il quale le vittorie alimentano nuove vittorie ed entusiasmi.Se così fosse Hillary – battagliera più che mai durante un confronto televisivo con il rivale di questa notte – sarebbe sull’orlo del tracollo anche se i prossimi Stati in calendario – Texas, Ohio e Vermont – che assegnano al vincitore un consistente numero di delegati, potrebbero contribuire a raddrizzare la situazione.Qualcuno già le consiglia il ritiro ma questo è accaduto anche dopo il primo insuccesso in Iowa.Pensare al ticket con Obama sarebbe la cosa più naturale ma il partito Democratico si troverebbe di fronte al problema di scegliere se andare alla sfida finale con una sommatoria di razzismo e misoginia da servire sul piatto dell’avversario e poi Hillary non è tipo da mollare la sfida in corso d’opera anche se le cattive notizie si susseguono senza sosta : ultima la defezione del sindacato dei camionisti i Teamsters guidato da James Hoffa Jr che si è schierato con Obama.ma vista lo scarsissimo seguito delle indicazioni di voto e il fallimento dei sondaggi in diversi stati,la partita si prospetta ancora aperta.(qui si ammira Obama, ma si fa un tifo sfegatato per Hillary)

Emma

Emma

Emma Bonino nelle liste del Partito Democratico è un valore aggiunto al quale mi spiacerebbe, rinunziare . Non so (e non voglio sapere) quanto valga il suo apporto e quello del Partito al quale appartiene, in termini di voti, seggi, rimborsi. Non perchè voglia disprezzare considerazioni aritmetiche di cui conosco benissimo l’importanza ma perchè in questo caso, si tratterebbe di una perdita  in termini di Qualità Politica ed Umana di difficile rimpiazzo.Con tutto il rispetto per chi la trattativa sta conducendo in queste ore . Con tutto l’affetto e la stima per lei : Emma.

Parla per te

Parla per te

Amo i cantori della mia generazione . Ogni tanto,  è  vero, mi tocca di fare il triplo salto mortale con avvitamento perchè il Mito supera la Leggenda, la Fantasia, la Proiezione e il Sentito Dire e io stento a riconoscermi in alcune “esperienze” ma poi penso che ognuno le cose, le vive a modo proprio e anche se ho la netta sensazione che mentre tutti noi correvamo da qualche parte, altri si sono limitati a fare il tifo per chi correva, passo oltre. Poco importa se l’esperienza femminista diventa un gruppo di donne che parlano dei casi loro rivendicando a tratti , il diritto di liberarsi di gravidanze indesiderate o se  una stagione di lotte ambosessi  si riduce ad una serie di puntate di Giochi senza Frontiere, guardie contro ladri, con fughe, sortite, agguati e via, via, la polizia . Io mi ricordo soprattutto di aperture di consultori, asili nido e conquiste sindacali o di spazi di libertà (faticacce immonde, altro che fidanzati infedeli , coppie aperte , prezzemolo o scontri in piazza) e altri invece esclusivamente il versante folclorico. O peggio sono dediti al pentitismo e all’autoflagellazione. Per qualcuno essere testimone attivo del proprio tempo equivale ad autoreferenzialità . Percezione soggettiva.Le proprie storie che devono essere per forza la Storia . Contenti loro. A patto che non si esageri però. Per esempio, domenica scorsa in tivvù,  il Bulimico Crociato®, per avvalorare la tesi della spensieratezza generazionale che,a suo dire, tutti condusse ad efferati delitti contro la specie, ha colorito la descrizione dell’ambiente di provenienza .. borghese, romano, tronfio…renitente alla leva per vocazione oltre che per raccomandazione e laureando in filosofia per ripiego….Ma insomma. A tutto c’è un limite. Che ci si penta, che ci si mondi la coscienza  diventando conservatori della più bell’acqua mediante battaglie, apparentamenti  e civetterie elettorali , che si portino in piazza l’8 marzo  monache e poetesse, passi . Ma quando ci si riferisce alla propria vita, al proprio ambiente, alla propria famiglia , si eviti di tirare in ballo un’intera generazione  e tutta la città. Si parli per sè . Noi si era romani ( non è illegale) borghesi (molto , ebbene sì), critici verso la leva, a buon diritto ( ma la maggior parte dei maschi poi, è andata militare ) probabilmente in discreto numero a frequentare la facoltà di filosofia ( ma non tutti e non perchè tanto poi un lavoro si trova visto che , per i comuni mortali , solo insegnamento, era la prospettiva di quegli studi  e a finire a scrivere sui giornali furono una minoranza e a dirigerli ,  non ne parliamo ) ma non tronfi, quantomeno non al punto di evitare gli accorgimenti necessari, o di girarsi dall’altra parte in caso di gravidanze indesiderate. Quella era una prerogativa della schiatta trasversale dei padroncini del vapore,dei maschietti arroganti, delle puzze sotto al naso senza talento e soprattutto senza retroterra. Le femministe non hanno da pentirsi in tal senso di nulla Dramma era allora e dramma è oggi. E il diritto d’aborto non è mai stato nella cultura e nel lessico, tantomeno nel dibattito  di quegli anni, attestato in larga parte su temi quali la sessualità, la maternità ,i figli,il rapporto tra libertà femminile e legge.Noi eravamo contro l’aborto clandestino come eravamo contro l’aborto di Stato. Angolature diverse ancora da indagare ma, e  con decisione, da sottrarre alle strumentalizzazioni.Chi ricorda cose diverse era altrove.Come lo è oggi del resto, e dunque correttezza imporrebbe  che parlasse, rigorosamente, per sè.

Allontanamenti da Oscar

Allontanamenti da Oscar

Peccato che Julie Christie, attrice di riferimento del free cinema inglese degli anni 60, lavori oramai assai poco . Per scelta di sicuro e per dichiarata idiosincrasia nei confronti di  Hollywood i cui metodi non assolve nemmeno quando si tratta di film indipendenti o che affrontino temi politici e sociali. In questo elogiatissimo ma occasionale, a sentir lei, ritorno con Away from her si dedica con cura e abilità al ruolo di una donna colta,raffinata ed ironica che progressivamente perde la memoria a causa di una devastante quanto incurabile malattia, l’alzheimer. Brava lei, bravo lui, Atom Egoyam ,lo sposo che asseconderà la consorte per quel che sarà a lui  possibile, quindi  oltre l’immaginabile, con amore e dedizione. Ma brava soprattutto l’esordiente alla regia Sarah Polley, ventottenne di talento, dallo sfolgorante curriculum di attrice per Terry Gilliam e David Cronemberg. Sceneggiatura che procede in controtendenza rispetto ai passaggi classici dell’innamoramento nel momento in cui disegna le tappe del distacco, inevitabile, dovuto alla malattia e, in senso traslato, alla morte. Nomination all’Oscar come migliore attrice protagonista per Christie che, come assolutamente tutta la critica ha tenuto a sottolinere, sfoggia impudente come di consueto, una luminosa bellezza.

 

 

 

Away from her – Lontano da lei (Away from Her) è un film a colori di genere drammatico, romantico della durata di 110 min. diretto da Sarah Polley e interpretato da Julie ChristieMichael MurphyGordon PinsentOlympia DukakisKristen ThomsonWendy Crewson,Alberta WatsonThomas HauffKatie BolandDeanna Dezmari.
Prodotto nel 2006 in Canada e distribuito in Italia da Videa-CDE 

Si può fare? (di laicità e strumentalizzazioni)

Si può fare? (di laicità e strumentalizzazioni)

pd costituenteInutile girarci intorno, da quando sono stati presentati  i dodici punti di Programma, l’interrogativo è uno solo e riguarda la totale assenza dall’elenco dei temi cosidetti sensibili. Può un Partito Democratico candidarsi a governare il paese disegnando un progetto di rinnovamento della società senza sfiorare l’intera partita della Laicità e dei Diritti che ruotano intorno al rispetto della dignità della persona?Certamente no.Tuttavia la settimana che è alle nostre spalle, contrassegnata da un grave episodio, quello di Napoli, di violazione dello Stato di Diritto e conseguenti reazioni istituzionali e di piazza inducono a molteplici riflessioni. Una concerne il versante altamente provocatorio del gesto, maturato in un clima odioso di attacco alle libertà civili e di gravi ingerenze di stampo  clericale nella vita pubblica. L’altra più corposa e meno scontata, riguarda il dibattito che ne è seguito e che invece di appuntarsi sulla violazione, sull’accertamento delle responsabilità e sull’azione punitiva ed eventualmente risarcitoria dei soggetti coinvolti è scivolato nel merito della legge 194, sulla sua possibile rivedibilità.Faccenda che non risulta essere tra le priorità  del dibattito politico nazionale, essendo la legge, largamente monitorata (sicuramente più della legge 30),avendo prodotto buoni risultati sul piano della diminuzione complessiva delle interruzioni volontarie ed essendo la questione dell’aborto terapeutico largamente all’attenzione degli enti scientifici preposti  e irrilevanti dal punto di vista statistico i fattori di criticità .Cose che succedono in campagna elettorale, dove per qualcuno è più conveniente parlare di vite potenziali che di vite in atto, di etica piuttosto che di precariato,di grammatica piuttosto che di pratica.Sono stata contenta che Veltroni abbia pronunziato un giudizio definitivo sulla 194 e , non m’interessa a quali scopi e con quanta sincerità, che altettanto abbia fatto Berlusconi. Nessuno può mai dirsi al sicuro in tal senso ma passi importanti sono stati compiuti . Con tutti i dubbi che il caso comporta, credo che la decisione di non comprendere nei dodici punti programmatici i temi sensibili, sia stata la più saggia possibile, trappole provocatorie disseminate per ogni dove, avrebbero ridotto temi fondamentali della nostra vita  ad un vuoto contendere per fruitori di programmi televisivi elettorali. Impossibile affrontare tali argomenti col metro della semplificazione senza scadere nella banalità.Impossibile altresì far fronte ad inevitabili integralismo e strumentalizzazioni. Meglio evitare, anche se appare chiaro che la scelta ubbidisce anche ad un’esigenza del PD di non scompensare un fronte interno con il quale però  il dialogo sui temi della laicità dello Stato non può che essere rimandato.