Coco (Profumo & Castigo)

Coco (Profumo & Castigo)

L’immagine di Gabrielle Coco Chanel cominciò ad appannarsi nel 1936 quando la crisi economica e sociale che sconvolse la Francia, raggiunse la Chanel Modiste che nella sua sede al 31 di rue de Cambon, impiegava oltre 300 addette. Del tutto inaspettatamente una mattina di giugno, sulla facciata dell’edificio comparve uno striscione con la scritta “occupato".Il confronto con le dipendenti che rivendicavano più correttezza e salari adeguati  fu molto duro. Allo scoppio della guerra, quando le cose sembravano essersi risolte, Mademoiselle si vendicò, chiudendo l’atelier senza apparente motivo. Fu però l’inizio di una parabola discendente che la vide prima dedicare la propria esistenza a quel che rimaneva della mondanità parigina, poi dal 1943, ossessionata da un possibile ruolo da ricoprire nella risoluzione del conflitto cercò in tutti i modi d’incontrare Churchill che era un suo vecchio amico, per convincerlo ad accettare colloqui anglo tedeschi. Nonostante l’avallo di Himmler, ottenuto tramite il suo amante l’ufficiale tedesco Von Schoenbeck,l’Operazione Cappello pur curata nei minimi particolari,non riuscì.In compenso gli ozi del Ritz  e le affettuose amicizie con i diplomatici tedeschi , le costarono, all’indomani della liberazione, il marchio più infamante : quello di collaborazionista.Seguirono la prigione, il discredito e l’abbandono degli amici di sempre.Solo nel 1954 fu possibile rimettere in piedi l’atelier ma la cerchia di amici si era irrimediabilmente assottigliata,un po’ per i suoi trascorsi,un po’ per il carattere che con il passare del tempo era divenuto insopportabile.

coco apartments 1445996645_2c3e1a83c5_oUna bella biografia racconta la vicenda di Mademoiselle ed è di Paul Morand, l’Allure de Chanel ,tradotta in Italia da Maurizio Ferrara e intolato  Chanel ,Morand che conosceva assai bene Gabrielle, sostiene che in lei  la sofferenza segreta era un tutt’uno con l’arrivismo sociale dato da infanzia oscura, vissuta tra orfanatrofi e cittadine di provincia con lavori umilianti e malpagati  e come  queste tristi esperienze si risolvessero nel desiderio di far male, una sorta di  bisogno di castigare, alludendo con ciò anche alla rivoluzione operata nel Costume attraverso l’invenzione di abiti dall’aria dimessa, destrutturata soprattutto se  paragonati a quelli che la moda imponeva in quegli anni e in un atteggiamento senza scrupoli e riguardi che si divertiva a inventare la povertà per miliardari  e la semplicità dispendiosa. Che dire poi del rivoluzionario Numéro 5, un profumo totalmente chimico,costruito in laboratorio negli anni 30 e per di più da un’azienda non professionalizzata,non dedicata  cioè esclusivamente al Profumo come era d’obbligo allora.Uno schiaffo ai Nasi di Francia,  alle tonnellate di gelsomini, iris e rose messi a macerare per confezionare le essenze tradizionali.La definizione di  angelo sterminatore dello stile del diciannovesimo secolo , per dirla ancora con il suo amico Morand, allora le si attaglia. E probabilmente anche nel rapporto ambiguo con il nazismo ci sono tratti di segreto e inconfessato  revanchismo rispetto a quegli amici, da Cocteau a Colette a Paul Reverdy che formavano il Gruppo dei 6 e che, dopo la prima guerra mondiale l’avevano introdotta nel bel mondo,sostenendo di fatto la sua ascesa, un evento  senza precedenti. Gabrielle Chanel morì l’11 gennaio 1971 dopo aver riportato in auge la sua azienda e la sua griffe. Si trovava  nella sua mansarda al Ritz dove  visse oltre quarant’anni  e dove ancora sono custoditi  i suoi arredi sfarzosi .Era una domenica,il giorno più odiato da questa donna per la quale il lavoro era diventato la sola ragione di vita. Il giorno in cui capitava  talora d’incontrarla sola su una panchina dei giardini del Palais Royale,sotto le finestre dietro le quali credeva d’intravedere le sagome di Cocteau o di Colette che l’avevano già lasciata molti anni prima.

Chanel è un libro di Paul Morand edito da Novecento

Coco Chanel è un libro di Henry Gidel edito da Lindau

Nelle illustrazioni Coco Chanel ritratta  da Horst P Horst  nel 1936. 

Contropanettone (nel segno di Cronenberg)

Contropanettone (nel segno di Cronenberg)

Londra senza Big Ben, Trafalgar, Millennium Dome, lady Diana e senza inglesi, così è chiaro da subito che la famiglia della mafia  russa Vori v Zakone (ladri della legge) vi si è trasferita armi (è il caso ) e bagagli senza  lasciarsi contaminare dal  mondo esterno,riproducendo in terra straniera lo  stile di vita patrio ed eleggendo a  quartier generale, nella gestione di affari criminali, un ristorante.Via dunque l’oleografia londinese ma via anche i tratti stereotipizzati dei mafiosi russi, cari al cinema di maniera . Ciò detto, la scena è pronta per essere invasa da magnifiche ossessioni. Quelle di Cronenberg e cioè ancora una volta la carne, la violenza , il  delitto nelle rappresentazioni più brutali ed  estreme che tali sono perchè sia interdetta ogni possibilità di  compiacimento ed automatica ne derivi , la presa di distanza.


L’apparizione dell’ostetrica Naomi Watts squilibra gli uomini della gang come è giusto che sia quando un corpo estraneo s’introduce in una dinamica consolidata,producendo esplosioni di sensulità animale e cuori in tumulto da ambivalenze strutturali , personificate soprattutto da Viggo Mortensen  e da Vincent Cassel , attivo per il versante psicotico. Raramente il cinema ha raccontato con tale forza la volontà di non morire.E di affrancarsi dal Male.

Contropanettone come antidoto non tanto ai film di Natale ma alle atmosfere precotte di pastorellerie struggenti in qualunque salsa o antagoniste alle medesime.Contro lo Spettro dei Natali Precedenti.Comunque si manifesti. Per il cinema che mantiene le promesse.

La promessa dell’assassino è un film di David Cronenberg con Viggo Mortensen,Vincent Cassel e Naomi Watts.Distribuito dalla Eagle

Quei ragazzini sulle tavole volanti

Quei ragazzini sulle tavole volanti

Il prototipo è Dogtown and Z – Boys, documentario che raccontò lo skateboard e la sua filosofi affascinando gente del calibro di Sean Penn e David Fincher nonché le
giurie del Sundance Festival e degli Independent Spirit Awards, il regista invece è  Gus Van Sant , tra i narratori più convincenti del disagio dei giovanissimi. Paranoid Park si avvale di una linea narrativa continuamente spezzata che crea un doppio effetto di suspence e straniamento fornendo a poco a poco allo spettatore, elementi di ricostruzione della trama mentre cresce l’empatia con il protagonista, un adolescente borghese appassionato di skateboard che ha compiuto una bravata dalle drammatiche conseguenze.Nessun giudizio etico accompagna la storia ma un senso di malessere dato da inquadrature che indagano i giovani con manifesta ed intensa curiosità .Alex è solo un adolescente di fronte ad un punto critico della sua vita mentre guarda  il mondo adulto come una giungla dal quale difendersi. Per rendere il tutto – empatia, malessere, giovani scatenati,delitti senza Dostoevskij –  efficace quanto mai , Gus Van Sant passa alle vie di fatto : cinepresa super 8 montata sullo skate  mentre disegna spirali sequenze mixate con sequenze girate in 35 mm , immagini di fantastici (veri)  ragazzini volanti a suon di musiche by radio Portland, il tutto suggellato dalla fotografia di Chris Doyle che molto del suo talento ha profuso in opere di cineasti cinesi dai nomi irricordabili.Interprete principale angelico arruolato su my space e tanto per essere in tema ,strizzate d’occhio qb ai nuovi media e ai videogame.Sfida al presente armati di uno skate. Centesimo film dell’anno per me (compresi corti documentari e tour de force romano venete.Escluse home vision)

Per piacere non chiamatela icona

Per piacere non chiamatela icona

..perché  è   viva e senza languori o cedimenti verso il passato, diva  antagonista e non riconciliata. Marianne Faithfull non è stata . E’ ancora . E non puzza di naftalina come i miti ribolliti  dei 60th e dei 70th che non conoscono rassegnazione ne’ pudore . E a sessant’anni manco le passa per il capo di continuare a cantare come quando ne aveva diciassette As tears good bye  ammiccando al pubblico nostalgico, ma è ancora in gioco interpretando film pregevoli in ruoli congeniali al suo temperamento e alla sua estrema duttilità di attrice, A chi dunque affidare  l’interpretazione di Maggie, una casalinga solitaria, una  nonna che ha bisogno di soldi per curare il nipotino e che all’uopo ,dopo essersi trascinata alla ricerca di un lavoro che nessuno le offre , diventa pornostar ? A lei, a Marianne Faithfull che conferirà al personaggio tutte le perplessità, la rabbia ,la determinazione e l’ironia che occorrono. Nessuna vicenda al limite del sordido e dello scellerato può sembrar tale se è lei a porgerla, a  maneggiarla al punto di renderla delicata e per niente melensa, storia di quasi amore.Irina Palm è tra i migliori film della stagione, grazie anche ad un regista bravo e intuitivo  Sam Garbasky e ad un efficace coprotagonista , Miki Manoilovich.

Tina

Tina

Tina, ospite di Matrix in collegamento dalla sua abitazione ,  racconta la sua storia con la schiena appoggiata ad un mobile sul quale è stato sistemato un presepe che i bambini le avevano chiesto in anticipo sulla data prescritta. La sua severità non lascia spazio ad indagini inappropriate sugli stati d’animo che accompagnano il lutto. Così, tirerà diritto fino alla fine della trasmissione con gli occhi asciutti parlando il necessario, dunque dicendo molto con quel porre al centro del suo racconto i fatti. La condizione di Tina, vedova recente di Antonio, e della sua famiglia, a noi viene generalmente  raccontata per spot ripetitivi ai margini di talk show di ministri ed esperti  – salari i più bassi in Europa ! La benedetta quarta settimana. Dismissioni. Flessibilità. Precariato. Sicurezza . Ecco perchè, da ieri sera ,  al di fuori degli enunciati e delle semplificazioni, la strage alla Thyssenkrupp assume altri connotati. Ed è Tina con la sua rinuncia alla terminologia e agli atteggiamenti di circostanza a tirarci per la manica e a ricondurci alla realtà delle cose, per fare questo sono sufficienti la sua compostezza ed  alcuni stralci di vita quotidiana : dai contrasti col marito che lavorava troppo alle apprensioni per il rientro o l’andata sul tratto di strada che separa casa sua dalla Thyssenkrupp. Settanta chilometri . Le conclusioni di chi sta ad ascoltare sono semplici : Da qualche parte, noi consentiamo che la dismissione di un impianto delle acciaierie , avvenga senza alcuna programmazione, come fosse un’attività  da poter destinare a  naturale esito senza procurare danno. Eppure sono note ai dotti capitani d’industria tedeschi  e non e ai loro consulenti, le ricadute che insistono su simili eventi, sfilacciamento dell’organizzazione del lavoro,quantitativi di ore di straordinario dissennate fino al raddoppio del singolo turno,abbandono di ogni pratica di manutenzione e sicurezza anche la più elementare.Tanto si deve chiudere, a che serve investire ? Così come stanno i fatti sarebbe stato un miracolo se l’incidente NON fosse avvenuto. Allora un Consiglio dei Ministri, i decreti attuativi, l’inasprimento delle pene ai trasgressori , lo stanziamento di fondi per le famiglie delle vittime, non bastano.Ai tavoli e ai tavolini governativi manca il Convitato di Pietra, il maggior interlocutore e in molti casi Responsabile : manca la Confindustria alla quale rammentare che i benefits ricevuti  da questo Governo, erano destinati alle Imprese per creare Sviluppo, non funerali. Sotto questo aspetto il lancio di uova all’indirizzo dell’Unione Industriali ieri a Torino è francamente il minimo che potesse accadere .Tina ha fatto bene a mostrarsi in pubblico e a dire dolorosamente la sua, compresa,allentato solo per un attimo il riserbo, l’unica preoccupazione : quella di essere dimenticata.