Il giorno di Gordon

Gordon Brown non ha nessuna delle qualità esteriori del leader : non è un grande comunicatore,non è simpatico e a dirla tutta,non è nemmeno cordiale.Come se non bastasse, è caparbiamente convinto, in barba alle preoccupazioni che la stampa internazionale instilla nei suoi collaboratori, di essere nel giusto e che l’opinione pubblica dovrebbe interessarsi più alle sue idee che al suo carattere. Non a torto, poichè del carattere e delle capacità strategiche di Gordon è lastricato il suo percorso politico.Noto a Bruxelles e nel mondo come prestigioso rappresentante della Gran Bretagna nei negoziati internazionali ha messo a segno una serie d’imprese – dall’ottenimento della concessione alla Banca d’Inghilterra del potere di fissare liberamente i tassi d’interesse all’elaborazione di una strategia per evitare che la Gran Bretagna adottasse subito l’euro, alla capacità di assicurare crescita costante,bassi livelli d’inflazione e alto tasso d’occupazione che altro non sono se non l’esito di una indubbia e rigorosa preparazione filtrata da notevoli capacità personali.Altro che affabilità.Tuttavia a Gordon toccherà un compito probabilmente più arduo quello di fronteggiare i Tories guidati da David Cameron, in totale rimonta,gli stessi cioè che in occasione delle elezioni amministrative e del rinnovo dei parlamenti di Scozia e Galles hanno conquistato il 40% dei consensi contro il 27 ottenuto dai Labour.Il rischio vero è che Cameron si aggiudichi anche le elezioni del 2010.Gordon Brown dovrà affrontare obbligatoriamente il nodo della guerra in Iraq e del rapporto con Washington oltre alla questione morale e alle inchieste giudiziarie sul finanziamento del partito.C’è poi il non piccolo problema di riconquistare l’opinione pubblica riallacciando i contatti tra politica e cittadini.E’ possibile che la sua figura di burbero benefico sia un antidoto necessario alla diffidenza crescente che ha accompagnato gli ultimi due anni della gestione Blair e che ha riguardato anche le manifestazioni di affettuoso entusiasmo dell’ex Premier nei confronti di Bush.Il ritorno del tradizionale riserbo britannico,sotto questo aspetto,non potrà non essere colto come un segnale di discontinuità.



Fissate le regole delle Primarie dell’erigendo Partito Democratico – tra le quali l’ elezione diretta del leader – I Democratici di Sinistra calano l’Asso Veltroni, opzione che immediatamente si aggiudica entusiasmi un po’ dappertutto , casa Margherita compresa (buon segno) accompagnati da rinunzie a candidarsi di vario calibro (meno).Invocata da mesi e da più parti, la candidatura forte, ora ci si preoccupa del determinismo e del plebiscito,problemi democratici,indiscutibilmente.Decidiamoci però.Walter Veltroni , in un Paese che al più esprime il duce o il capo, mai il leader, è una buona idea.Garantirebbe soprattutto quella laicità di cui c’è urgente bisogno, vuoi per la risoluzione di temi specifici ( dico,testamento biologico etc )vuoi per il modo d’intendere la politica e le alleanze improntato ad una costante ricerca di dialogo e armonia.Un metodo che a Roma ha pagato.