La grande aventure d’être moi
Castor ( à cause de son esprit constructeur) ha compiuto cent’anni in gennaio, qui da noi è stata distrattamente ricordata per la sua relazione con Sartre, mentre ha fatto gran parlare la pubblicazione di una foto di Art Shay che la ritrae nuda, di schiena, in una stanza, presumibilmente da bagno, in quel di Chicago. Correva l’anno millenovecentocinquantadue. Shay era amico di Nelson Algren, lo scrittore americano con il quale Simone de Beauvoir aka Castor ebbe una, chiamiamola movimentata, storia d’amore. Tanto bastò per autorizzare i contemporanei a concludere che la furia astiosa de Le deuxième sex , si doveva al risentimento nei confronti dell’amante. I posteri non furono da meno. Castor del resto, era una figura votata allo scandalo, le definizioni – frigida, ninfomane, manipolatrice, Notre Dame de Sartre, e poi ancora troppo femminista, troppo misogina, fragile, vendicativa – l’hanno trafitta per l’intero arco della vita, mentre la tendenza a leggere il contributo intellettuale delle donne alla luce dell’avvenenza o delle frequentazioni maschili di un certo rilievo, ha completato l’opera, curando bene che il suo nome non fosse mai citato senza essere disgiunto da quello di Sartre. In Francia comunque, il centenario è stato occasione di numerose iniziative, gran parte incentrate sul suo On ne naît pas femme, on le devient , la premessa cioè di tutta la sua indagine, una sorta di mutazione antropologica in cui tra sesso e genere non c’è causalità ne’ relazione mimetica. Un concetto chiave questo, al quale è stata dedicata la giornata dell’8 marzo. Si deve invece a Gallimard la ristampa del suo saggio del 1948 titolato L’esitenzialismo e la saggezza delle nazioni ma soprattutto l’edizione de Les Cahiers de jeunesse (1926 – 1930) una raccolta di diari inediti che differentemente dalle ricostruzioni autobiografiche a posteriori, hanno il pregio di essere un resoconto senza filtri, delle sue giornate da studentessa nella Parigi degli anni venti. Chi è già abituato allo stile memoires di Simone, troverà in queste pagine una differente verve e la felice scoperta di un panorama culturale raccontato con l’entusiasmo di una giovane donna, vivace e assai dotata. Sono enumerati elenchi impressionanti di opere filosofiche e letterarie, i pomeriggi al cinema a vedere Man Ray o più modesti film d’avventura, la passione per Sophie Tucker, regina del ragtime. Ma il tema centrale del libro è soprattutto la riflessione meticolosa e sempre attenta alle dinamiche di costruzione del sé, è qui che si sviluppa la fatica consapevole di parlare con la propria voce e non con quella dei genitori, della classe sociale alla quale si appartiene o dell’epoca in cui si vive . Per Castor crescere significava liberarsi dall’impostura dell’ io fittizio ereditato. E scegliere . Ciò importa la necessità della decisione – sempre onerosa – che individua e segue desideri e valori . Decisione che dilaga in queste pagine esuberanti e dalla quale prende forma la “certezza di una vocazione” al pensiero e alla libertà. Una bella introduzione al percorso intellettuale di Simone della quale emerge da queste pagine un ritratto vivo e credibile. Donne, le dovete tutto scrisse Elisabeth Badinter dopo la morte di Simone De Beauvoir ed è sicuramente vero che nelle elaborazioni di Simone rimangono tutt’ora intatte potenzialità politiche e filosofiche, soprattutto le va dato merito di aver inaugurato una nuova era. Il pensiero delle donne non aveva mai smesso,nei secoli, di prodursi : scrittrici, mistiche, suffragette, anonime….un magma in ebollizione che aveva però la necessità di essere meditato, chiarito, proclamato. Aveva bisogno che fossero trovate le parole per dirsi. Simone de Beauvoir è riuscita nell’impresa e i prodromi di questa ricerca sono contenuti in questi diari.
Les Cahiers de jeunesse ( 1926 – 1930 ) è un libro di Simone De Beauvoir edito da Gallimard, Francia 2008




So poco di Muriel Barbery se non che insegna filosofia a Bayeux (patria dell’omonimo arazzo) e che il suo ultimo romanzo L’eleganza del Riccio – L’élégance du hérisson - ha vinto tutto quello che c’era da vincere in materia di premi letterari francesi e non , venduto cinquecentomila copie e i diritti al Cinema e che tutto ciò le è valso in Francia la definizione di fenomeno letterario dell’anno. Il suo editore Gallimard, ha fasciato il libro con una striscia di carta rossa, con su scritto “Le Q.I de la Concierge” E la concierge che si presenta fin da subito come l’archetipo della portinaia, è la protagonista principale del racconto. Così esordisce : Je m’appelle Renée, j’ai cinquante-quatre ans et je suis la concierge du 7 rue de Grenelle, un immeuble bourgeois. Je suis veuve, petite, laide, grassouillette, j’ai des oignons aux pieds et, à en croire certains matins auto-incommodants, une haleine de mammouth. Mais surtout, je suis si conforme à l’image que l’on se fait des concierges qu’il ne viendrait à l’idée de personne que je suis plus lettrée que tous ces riches suffisants. C’è dunque un’ apparenza che inganna e come se non bastasse, un secondo personaggio che pure non la conta giusta : Je m’appelle Paloma, j’ai douze ans, j’habite au 7 rue de Grenelle dans un appartement de riches. Mais depuis très longtemps, je sais que la destination finale, c’est le bocal à poissons, la vacuité et l’ineptie de l’existence adulte. Comment est-ce que je le sais ? Il se trouve que je suis très intelligente. Exceptionnellement intelligente, même. C’est pour ça que j’ai pris ma décision : à la fin de cette année scolaire, le jour de mes treize ans, je me suiciderai. Altre apparenze ingannevoli : un’adolescente superficiale, scioccherella che in realtà è intelligentissima, molto brillante e ha deciso di suicidarsi il giorno del suo tredicesimo compleanno. La conciergerie di Renée è un punto di osservazione privilegiato sull’andirivieni del condominio fatto di ministri, industriali, banchieri e ricchi borghesi , più i di loro servitori , resi in tutto e per tutto simili ai padroni dall’ossessionante passione per la scalata sociale. A tutti questi personaggi dei quali conosceremo via via l’ottusa volgarità, Renée ha deciso di offrire un’immagine di sè quanto più vicina a quella che ognuno si aspetta e per rendere più credibile il travestimento, non esita ad abbrutirsi, adotta un linguaggio volutamente sciatto, pur scandalizzata degli svarioni lessicali dei vari padroni di casa , tiene la televisione accesa tutto il giorno ma segretamente ascolta Mahler , cucina pietanze nauseabonde al solo scopo di inondare l’androne del tipico odore dei portierati. Insomma per niente al mondo rivelerebbe di essere una raffinata intenditrice di cinema giapponese o una studiosa appassionata de L’ ideologia tedesca di Karl Marx ma soprattutto per niente al mondo smantellerebbe quella costruzione dell’ Immaginario secondo la quale i portieri sono esseri insignificanti, figure di totale ignoranza e assoluta marginalità . Analogamente si comporta Paloma, l’adolescente che ostenta stupida mediocrità .Due esistenze clandestine espresse in forma di diario che procedono parallelamente seppur diversificate dai rispettivi linguaggi e da un espediente editoriale : nell’edizione francese, a seconda che si tratti del racconto dell’una o dell’altra, i caratteri sono diversi , in quella italiana oltre a questo, il personaggio di Paloma è affidato alle cure di una traduttrice – Emanuelle Caillat – e quello di Renée a un’altra, Cinzia Poli. Alla fine ogni segreto sarà svelato grazie all’irruzione sulla scena di un ricco giapponese Monsieur Ozu, l’unico che alla luce di sensibilità e cultura tutte orientali, saprà entrare in relazione con Renée e capire ciò che ad altri è sfuggito per indifferenza e superficialità.Così