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Tag: La fabbrica del cinema

Save Harry

Save Harry

 

Sette libri di successo con inclinazione alla Saga non sono uno scherzo e anche se si tratta di letteratura per ragazzi, l’impalcatura narrativa, in tal caso robusta e strutturata, rende oneroso  il governo delle storie che vi s’intersecano. In quel di Hogwarts poi, ce n’è un assortimento .Tant’è che J.K.Rowling, l’ immaginifica autrice di Harry Potter, avverte che le incongruenze della narrazione, debitamente elencate nei siti dei fans, sono tutte vere,talmente inevitabili che nemmeno se ne scusa ma, britannicamente, rimanda i cultori delle incoerenze drammaturgiche ,dal suo sito a quello degli esegeti.

Stanca, dev’essere stanca, seppure in  buona, (letteraria) compagnia di illustri predecessori,da Doyle a Camilleri a Simenon ,tutti sono passati per questa insofferenza da lunga coabitazione con la propria creatura. L’autore del resto, è una specie di padreterno che fa e disfa e come niente, distrugge, con buona pace dei lettori e degli editori che, a diverso titolo, si appropriano dei Personaggi.Dunque,informano le agenzie, a ridosso dell’uscita dell’ultimo film, Mrs Rowling, sarebbe intenzionata a farla finita con Harry Potter.Prevedibilmente i lettori, che per la maggior parte sono ragazzi con uso di Internet ,scatenano una campagna per salvare Harry da morte sicura. La Crudele Rowling si sarebbe in seguito a ciò dichiarata possibilista  ma –  e qui le cose si complicano – ci sarebbe un altro problema: l’immagine di Harry è strettamente legata a quella di Daniel Radcliffe, non più adolescente e sempre più lontano, fermoml’impegno professionale della regia e del trucco, dalla grazia inquietante del giovane Potter tutto occhioni, occhialoni e ciuffo. Ci siamo già passati con 007-Sean Connery,dopo di lui, solo legnosità (Roger Moore) e  piacionismo  (Pierce Brosnam).Non potremmo sopportare altri succedanei. Continuino pertanto i racconti, unico luogo in cui the wizard boy, potrebbe essere concesso di avere eternamente dodici anni ma appare inevitabile la fine (o il decadimento) dell’esperienza cinematografica.

Da una parte è un peccato : il meglio del cinema (e del teatro) inglese da Emma Thompson a Maggie Smith a Imelda Staunton a Kennet Branagh a Julie Christie si è cimentato in queste produzioni diverse da quelle loro abituali .I film (l’ultimo più degli altri) sono giocattoloni ben confezionati, dalle scenografie mirabolanti come del resto gli effetti speciali.Buoni prodotti commerciali, coerenti e non privi di grazia, di messaggi positivi e di occasioni di puro divertimento.Tutto lì però.Dall’altra non si può pretendere che una medesima formula funzioni in eterno, con lo stesso campus gotico,le stesse scale (deliziose) che amano cambiare e gli stessi quadri alle pareti che improvvisamente si animano.Il cinema è più stereotipizzato, meno duttile della letteratura che invece contempla infinite soluzioni ed – è il caso – infiniti stratagemmi e magie.Non amo l’happy end e nella struttura narrativa, preferisco semmai il manifestarsi di un tenue filo di speranza,per questo the wizard boy non deve morire, come è giusto che non vinca, ma rimanga in vita, tu -saichi. Entrambi dovrebbero però rinunciare al cinema,lasciando così   un ricordo gradevole e divertito delle reciproche performances.

Harry Potter e l’ordine della Fenice è un film di David Yates prodotto dalla Warner Bros

Orso d'oro (meritatamente)

Orso d'oro (meritatamente)

il matrimonio di Tuya2Il mondo che scompare  e il nuovo che, inesorabilmente, avanza, sono tematiche centrali in gran parte del cinema asiatico (cinese,indiano) che,mi convinco sempre più, fa razzia di premi in Europa, perchè sa parlare con coraggio ed efficacia straordinari, del proprio contesto sociale.Qui abbiamo i tormenti (ma anche la volitività,la concretezza,il fascino) di Tuya, contadina in Mongolia, alle prese con le difficoltà dei sopravvissuti agli stravolgimenti dell’urbanizzazione dalla quale discendono  l’impossibilità di far convivere costumi arcaici e modernizzazione con  conseguente perdita d’identità.La narrazione,in aperto contrasto con lo sfondo tragico sceglie la modalità della commedia lieve ed elegiaca.Nella sfilata dei pretendenti di Tuya,sposa per necessità,gli arricchiti,gli ambiziosi, gli emblematici del Nuovo.Nella figura di Tuya il reverente e pregevole omaggio alla dignità e alla vitalità  delle culture marginali nonchè alla fiera resistenza all’omologazione.

Il matrimonio di TuyaIl matrimonio di Tuya è un film di Wang Quanam interpretato da Yu Nan.Prodotto da Maxyee Culture Industry.Distribuito da Lucky Red

Fenomenologia del pidocchietto* e dell’exploitation

Fenomenologia del pidocchietto* e dell’exploitation

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Inutile andare al cinema a vedere Grindhouse – A prova di morte – e poi torturarsi con il vecchio interrogativo se sia Tarantino un genio o una sòla, poichè in questo,come in altri casi, la terminologia e le definizioni  si sovrappongono sino ad assumere un unico significato.Alla fine un genio è quasi senpre una sòla.Narrano le leggende,numerose intorno alla realizzazione di questa pellicola, che durante il primo week end di programmazione , Quentin  abbia attraversato Los Angeles a bordo della sua Mustang gialla e nera, in lungo e in largo per spiare le reazioni del pubblico dislocato in ben otto zone della città.Il film sembra sia piaciuto molto ma ciò non è stato sufficiente a rimpolpare il vorace box office, reso ancor più esigente dai 55 milioni di dollari impiegati per confezionare il film.Cosa che ha indotto Tarantino a tornare alla moviola per rimaneggiare il montaggio, reinserendo una serie di spezzoni scartati in prima battuta.Va subito detto che i Grindhouse sono i cinema in cui negli anni settanta si proiettavano i B e anche C movies a due per volta, abbinando generi quali il catastrofico,l’erotico,l’horror ,il fantascientifico,lo splatter .Tutta la filmografia di Tarantino risente delle visioni di questi giocattoloni senz’arte ne’ pretese,prodotti di pura evasione, totalmente privi di qualsiasi senso e sceneggiatura coerenti e, come se non bastasse, somministrati al pubblico in  proiezioni che spesso s’interrompono,saltellanti e con pellicole rovinate, effettacci che il regista addirittura riproduce qua e là combinate ad inserti di biancho e nero.Libero sfrontato ed anarchico assolutamente fuori da ogni schema ,questo film è la storia di uno stuntman, Kurt Russel,grandissimo attore

– ancorchè orgoglioso elettore di Bush  – nessuno è perfetto  – ma serial killer sui generis di ragazze pettinate e abbigliate come nei 70th, tutte shorts e sandaletti.Nata come opera a quattro mani ,il secondo regista è Rodriguez, se ne sono, alla fine, fatti due film – Death Proof appunto di Tarantino e Planet Terror che sarà proiettato alla fine dell’estate.Tarantino è il più cinefilo dei registi,non c’è cultore o filmofago che si rispetti che non eriga in cuor suo un altarino ai pidocchietti,ai filmacci e alle maratone  a perdifiato – Fulci – Corman -Bava – Gordon Lewis senza le quali mancherebbero i Fondamentali,le Basi  per comprendere i rocamboleschi snodi narrativi del cinema impropriamente definito “d’autore”

* pidocchietto è il cinema di periferia con poltrone di legno ed altre scomodità

Grindhouse è un film di Quentin Tarantino. Con Kurt Russell, Sydney Tamiia Poitier, Vanessa Ferlito, Jordan Ladd, Tracie Thoms.Titolo originale Grindhouse – Death Proof. Horror, durata 116 min. – USA2007.

Il cinema italiano a Cannes

Il cinema italiano a Cannes

Negli anni 70 portammo sulla croisette i contadini de l’Albero degli zoccoli  e quelli di Padre e Padrone.Nel 1977, presidente della giuria che, tra aspre polemiche, premiò il film dei Taviani, era Roberto Rossellini.Su Paese Sera un suo articolo precisava :  Il film premiato a Cannes è stato prodotto dalla Televisione Italiana. Esso rappresenta la parte più avanzata, più rigorosa e coerente e di più alto livello civile e culturale del cinema italiano. E’ la prima volta che in un Festival come quello di Cannes vince un film prodotto al di fuori dei gruppi di potere del cinema commerciale. A Cannes 2007 non abbiamo film in concorso (non succedeva dal 2000) ma le proiezioni di Centochiodi  di Ermanno Olmi e Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti nella giornata dell’Hommage au cinema italien hanno riscosso oltre dieci  minuti di applausi e standing ovation da accapponare la pelle.Da mesi ci viene riferito che il nostro cinema sta vivendo un momento felice grazie al box office che finalmente rende  merito alle fatiche di chi fa questo mestiere.Certamente questo discorso vale per la commedia generazionale ma il cinema d’autore quando c’è ,soffre e le produzioni sono fragili e discontinue.Ora che anche Cannes, escludendo i nostri film dalla competizione, conferma questa stortura, vanificando i facili trionfalismi,viene spontaneo di guardare ai film in concorso ai Tarantino ai Coen ai Kusturica ai Wong Kar -way,grandi realizzatori di prodotti di qualità ,popolari e ad un tempo sperimentali.L’esclusione ha indignato molti qui da noi,ma se è vero che non tutti i mali vengono per nuocere,autori,produttori ,imprenditori, politici, dovranno trarre le opportune conclusioni.Abbiamo bisogno di una legge che sostenga il nostro cinema nella non facile impresa di ritrovare la sintesi tra la cultura di questo paese e la sua gente.Com’era nella metà degli anni settanta quando quello stato di grazia ha generato Opere  alle quali oggi, sarebbe impossibile finanche pensare.

A Ciascuno il suo (cinema)

A Ciascuno il suo (cinema)

Tsai Ming Liang, Malesia , Gus Van Sant, America ,Roman Polanski  Francia,  Manoel de Oliveira, Portogallo , Amos Gitai, Israele, Atom Egoyan, Canada ,  Walter Salles, Brasile, Alejandro Gonzalez Inarritu, Messico , il presidente di Cannes Film Festival Gilles Jacob, Elia Suleiman, Palestina , Theo Angelopoulos,Grecia Takeshi Kitano, Giappone ,Michael Cimino America , Jane Campion Nuova Zelanda, Hou Hsiao-Hsien Taiwan , Raymond Depardon Francia ,  Bille August Danimarca , Wim Wenders Germania, Ken Loach, Gran Bretagna ,Ethan and Joel Coen America, Nanni Moretti Italia,Claude Lelouch,Francia , Andrei Konchalovsky Russia , Aki Kaurismaki,Finlandia , Chen Kaige Cina , Abbas Kiarostami Iran,David Cronenberg Canada,Jean-Pierre Dardenne, Belgio,  Luc Dardenne Belgio, Wong Kar-Wai, Cina , Olivier Assayas Francia, Raoul Ruiz,Cile.

Ritratta nella foto di gruppo, la crème de la crème dei vincitori  delle precedenti edizioni di Cannes .Sono loro i prestigiosi autori di un film a episodi dedicato al tema delle sale cinematografiche (casette in mezzo alla campagna, palazzi scintillanti).In tre minuti (formato obbligatorio) ogni regista  ha raccontato il luogo delle sue e delle nostre visioni. Le sale cinematografiche, quasi sempre vuote e  buie, rivivono attraverso, simbolismi, nostalgie, genialità burlesche, tenerezze, stramberie, dichiarazioni d’amore a Fellini, Chaplin e ai fratelli Lumière e citazioni prelevate da commedie americane ed elargite  a piene mani insieme a spezzoni della Giovanna d’Arco di Dreyer in un accostamento niente affatto casuale. C’è Jeanne Moreau che diretta da Anghelopulos cerca e infine  trova un uomo, uno spettatore che prende a martellate il vicino, un vecchio cinese che cerca di vedere un film che continuamente si rompe fino a prendere fuoco (la celluloide… ed è subito omaggio ai proiezionisti ) c’è Fred Astaire che canta Heaven danzando nella notte, ci sono padre e figlio che nel dubbio se andare o meno al cinema infine scelgono di andare allo stadio, c’è Nanni Moretti che parla di sè,di sua madre, del piccolo Pietro e del dismesso cinema Arlecchino di Roma. Una sarabanda di talenti, culture, modalità fanno di questo film dall’andamento necessariamente altalenante il migliore omaggio alle sessanta primavere del festival di Cannes. Chacun son cinéma :

Trois minutes de Theo Angelopoulos

Recrudescence d’Olivier Assayas

The Last dating show de Bille August

The Lady bug de Jane Campion

47 ans après de Youssef Chahine

No translation needed de Michael Cimino

World cinema de Joel & Ethan Coen

At the suicide of the last Jew in the world in the last cinema in the world de David Cronenberg

Dans l’obscurité de Jean-Pierre et Luc Dardenne

Rencontre unique de Manoel de Oliveira

Cinéma d’été de Raymond Depardon

Artaud double bill d’Atom Egoyan

Le Dibbouk de Haïfa d’Amos Gitai

The Electric princess house de Hou Hsiao-Hsien

Anna d’Alejandro Gonzalez Inarritu

Zhanxiou village de Chen Kaige

I travelled 9 000 km to give it to you de Wong Kar-Wai

La Fonderie d’Aki Kaürismaki

Where is my Romeo ? d’Abbas Kiarostami

One fine day de Takeshi Kitano

Dans le noir d’Andrei Konchalovsky

Cinéma de boulevard de Claude Lelouch

Happy ending de Ken Loach

It’s a dream de Tsai Ming-Liang

Diario di uno spettatore de Nanni Moretti

Cinéma érotique de Roman Polanski

A 8944 de Cannes de Walter Salles

Le Don de Raul Ruiz

Irtebak d’Elia Suleiman

First kiss de Gus Van Sant

Occupations de Lars Von Trier

En regardant le film de Zhang Yimou

Il cinema è un’avventura collettiva, perché  come ha detto molto bene  Walter Salles, un film viene fatto visto e giudicato insieme ad altri .Questo il senso dell’omaggio che Cannes Filmfestival ha voluto tributare alle sale cinematografiche come luoghi di aggregazione e di fruizione.Vedere o sentire qualcosa insieme a persone che non si conoscono, nello stesso luogo e nello stesso momento resta un’esperienza umana importante.Le belle parole di Roman Polanski non mancano di colpire nel segno,mentre a Roma stiamo per perdere,vittima della speculazione edilizia, il cinema Maestoso.