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Tutti sanno benissimo

Tutti sanno benissimo

Gianni Alemanno sa benissimo che lo stupratore di Fiumicino, scontando la misura cautelare a casa propria, è tecnicamente in stato di detenzione, sottoposto cioè a limitazoni quali il divieto, ovviamente, di uscire di casa ma anche di ricevere visite, telefonare, usare internet. Non gli pioverà nella cella, ma questo, io spero  sia (ancora considerato)  inauspicabile per qualsiasi detenuto. Comunque l’indagato non si trova in Hotel e men che meno a piede libero come ambiguamente ha lasciato intendere qualche giornale e lo stesso sindaco che nondimeno tralascia occasione pubblica  per lamentarsi del lassismo e della manifesta ingiustizia della decisione del magistrato. Un’istituzione che si schiera contro un’altra istituzione. Alè.

Angiolino Alfano sa benissimo che gl’ispettori, inviati presso il tribunale, battendo con scrupolo la grancassa, altro compito non hanno se non di verificare sulla correttezza procedurale, dunque NON entreranno nel merito delle scelte, ma i passaggi di natura tecnica che quelle scelte hanno contribuito a determinare, controlleranno. Questo vuol dire che a meno di grosse castronerie, le decisioni assunte,  rimarranno tali. Cionondimeno, dichiarandosi anch’egli assai preoccupato per l’avvento di tutto  questo clima da manica larga, lavora su impossibili aspettative mentre,  invece di riflettere su possibili modifiche alla legge, corre in Parlamento, insieme ad altri preoccupatissimi, per far approvare la legge sulle intercettazioni. Che poi è quel che più interessa in questo momento.

Franco Frattini sa benissimo che una volta acclarata la colpevolezza dei cittadini romeni indagati per lo stupro di Guidonia, gli stessi potranno scontare la pena in Romania, a patto che consentano al proprio trasferimento in quelle carceri. Cionondimeno con molta enfasi annuncia che appena possibile – cioè dopo tre gradi di giudizio – i colpevoli saranno accompagnati oltre frontiera, come se il trattato di Strasburgo del 1983, non esistesse.

Antonio Di Pietro sa benissimo che le eccezioni di incostuzionalità  sollevate sul Lodo Alfano non sono affatto scontate, che in merito pende il parere della Consulta e che il Capo dello Stato, per quelli che sono i suoi poteri,   non poteva far altro che promulgare quella legge. Sa anche che, in altra circostanza e precisamente in occasione della bagarre tra le Procure di Catanzaro e di Salerno, l’intervento di Giorgio Napolitano, che sarà pure un uomo d’età ma appare tutt’altro che sonnecchiante, è stato salvifico di una situazione che già deteriorata, rischiava il parossismo.  Cionondimeno non gli pare il vero, quando è possibile, di attaccare il Presidente, spesso con espressioni offensive ed ambigue. Stessa sorte subiscono il CSM organo di autogoverno e l’ANM ente di tutela e rappresentanza, per aver disposto il trasferimento del magistrato Apicella, gli uni e per non essersi opposti al medesimo provvedimento, gli altri. La Consulta curiosamente viene lasciata fuori dalle invettive . Tornerà buona per un’altra volta.

Si dirà che in politica è scontato seppur riprovevole, l’uso strumentale della mezza verità – quando non del falso – per il raggiungimento di un tornaconto. Nei casi in questione, il tentativo di speculare sul clima d’incertezza è evidente. Chi è al governo e sta per varare una riforma della Giustizia che presumibilmente vedrà limitata l’autonomia della magistratura e chi è all’Opposizione ed è sempre in famelica ricerca di facili crediti.

 Qui però non si tratta in nessun caso di tutelare l’interesse dei cittadini alla sicurezza o ad una giustizia che funzioni, ma in maniera poco responsabile di aumentarne le ansie e le paure.

Poichè nessun provvedimento si sta assumendo ne’ è in calendario, sulla misura cautelare, ne’ sulla velocità dei procedimenti, ne’ sulla riforma del codice. Quanto alle Forze dell’Ordine, dati i consistenti tagli alle risorse loro destinate, c’è da credere che più di quel che fanno, sarà difficile riescano a fare.

Ergo, i cittadini – e ahimè le vittime – dovranno accontentarsi delle dichiarazioni di Alemanno, di Alfano e di Frattini. Al più potranno consolarsi, accendendo il televisore che a getto continuo rimanda  le sequenze del tentativo di linciaggio di Guidonia. Anche quello sapientemente utilizzato per reclamare una severità che si sa in partenza impraticabile, nei confronti dei colpevoli s’intende. La folla inferocita serve.

Diplomazia al lavoro

Diplomazia al lavoro

Oggi il problema è Hamas. Capisco chi vorrebbe negoziare ma l’Unione europea e Israele giustamente non l’hanno fatto….Dopo cinque minuti dalla fine della tregua Hamas ha ripreso a lanciare razzi contro Israele continuando un’azione francamente sconsiderata……
Se Hamas avesse detto sì
” al cessate il fuoco “Israele si sarebbe già fermata“, ma “la disponibilità di Hamas non c’è stata e per ora non c’è. L’organizzazione terroristica palestinese non è un interlocutore politico e rifiuta tutto quello che la comunità internazionale propone”.

Franco Frattini

Nel momento in cui l’impegno dei negoziatori è teso – come sempre in questi casi – a ricercare, in calce ad un difficile accordo, formule  che non urtino le suscettibilità e non umilino l’orgoglio delle parti in conflitto, sembra impossibile che un ministro degli esteri possa usare espressioni di tale disinvolta parzialità. Eppure Franco Frattini queste parole ha pronunziato in sede di Audizione, all’indomani del bombardamento israeliano della scuola ONU dei profughi – 42 morti da aggiungersi agli altri, oltre 600, dei giorni scorsi,  e manco l’ombra di un terrorista o di una rampa di cosidetto missile in quelle aule – consegnando così il nostro paese al ruolo meschino, defilato e poco dignitoso, sul piano internazionale, di cieco supporter. Nemmeno gli americani, impegnati con Mubarak a scambiare il controllo del valico di Rafah e dei tunnel scavati sottoterra contro lo stop dell’avanzata di terra di Tsahl, osano un simile linguaggio. Le responsabilità hanno un peso differente a seconda dei punti di vista, ma comunque la si pensi, la tregua è obiettivo minimo ed indispensabile, ottenerla importa un lavoro in cui è necessario rimuovere dalla trattativa ogni elemento di partigianeria ad evitare che il dialogo degeneri creando un ulteriore zona di conflittualità. A meno di credere nella bontà  della prova di forza, della lezione da infliggere ai terroristi, analisi spicce e giudizi sommari andrebbero evitati. Umiliare Hamas o peggio, auspicarne lo sterminio significa assottigliare le possibilità  dei moderati di Fatah. Significa gettare le basi per non finirla mai.

Dunque, dimentico oltretutto, di quanto è in gioco su quel palmo di terra, origine di tutti i conflitti con il mondo islamico e incurante delle minacce costituite da Hezbollah o delle centinaia di martiri pronti a intervenire, il problema, secondo Frattini, è Hamas al quale non è nemmeno sufficiente aver vinto le elezioni per essere definito  interlocutore politico. Che acume.

 

Palati fini ( non sparate sul pianista)

Palati fini ( non sparate sul pianista)

Allevi

Ci sono critici musicali celebratissimi, veri conoscitori della materia che considerano Tchaikovsky e Rachmaninov roba da trogloditi. Immagino perchè la  musica di questi due compositori, semplice, anche se solo all’apparenza, risulta  orecchiabile e dunque destinata ad incontrare il favore del grosso pubblico.

Non sono musicista anche se – in virtù di reminescenze ;varie – conosco le note e leggo gli spartiti. Dunque potrei esprimermi forse su di un’esecuzione ma francamente ho sempre pensato che se Luciano Berio a me dice poco, forse il  problema è mio, non di Berio.

La quasi totalità del pubblico affida le proprie scelte musicali alla gradevolezza o meno che un ascolto puramente sensoriale restituisce – che altro sennò? Forse che insegnamo educazione musicale nelle nostre scuole? – Per questo le consonanze sono più in auge delle contemporanee dissonanze, l’irrompere di archi come se piovesse, vende più della spinetta e gli ottoni sparati a mò di contraerea, più dell’arpa birmana. Anche per questo la Patetica va a ruba e i Kindertötenlieder fanno la muffa sugli scaffali. Non solo Berio è negletto ma per l’appunto anche Mahler, Alban Berg e tanti tanti altri. 

Qualcosa di simile vale per il giovane Allevi che in realtà ha quarant’anni ( c’è speranza per tutti) e che di recente ha fatto drizzare i capelli alla nobile schiatta dei Critici, dei Musicisti di Stato, dei giornalisti e dei blogghisti per aver diretto e interpretato al pianoforte musiche proprie (e forse altrui) durante l’annuale concerto di Natale del Senato della Repubblica.

Allevi mi risulta essere uno che vende molto, non posseggo i suoi dischi ma ho ascoltato superficialmente qualche brano utilizzato dalla pubblicità, non è Liszt, mai potrebbe divenire il mio preferito, ma nemmeno mi è  sembrato l’emblema di questo capitombolo agl’inferi del Buon Gusto Nazionale.

Piuttosto per come  son messe le cose, non mi stupisce che la scelta sia caduta su di lui. Quale migliore emblema dell’air du temps,  di un quarantenne che ancora viene annoverato tra i giovani, che vende abbastanza,  è telegenico e suona il piano.. benino per quel che suona : cioè musica commerciale. Qualcuno dice classica? Mi sfuggono i criteri di catalogazione, in questo momento.

Quante storie. Cosa ci si aspettava dal Governo Berlusconi ? Il clavicembalo ben temperato? Ma quello è roba noiosa, non è ottimista, il popolo poi si deprime. Nel concerto di Natale 2008,  è racchiusa esattamente l’idea di cultura di questo governo. E nella risposta scandalizzata, specularmente, la puzzetta sotto al naso di chi a questa Idea si oppone.

Se ne faccia una ragione Uto Ughi e prima ancora di sparare sul pianista, riconsideri l’idea di reindirizzare i sacri furori verso altri obiettivi….facciamo…chessò…il Presidente del Consiglio? Il  Ministro della Cultura ?  Quello che sega i contributi e a cui piacciono tanto le Commissioni Censorie? Quello che Allevi o non Allevi, se ne frega dei Conservatori? Ecco proprio lui. Altrimenti  diventa una questione di gusti, terreno spinoso, perche  se è vero che non sono tutti uguali, cioè tutti sullo stesso livello, indistamente tutti sono degni di rispetto.

Ne’ con Allevi ne’ con Ughi, con la convinzione che uno rappresenti un’Idea, nella migliore delle ipotesi, sballata e ambigua   e nell’altro siano malriposte le nostre speranze di contrastare quell’Idea opponendone un’Altra.

Essere Mara

Essere Mara

Carfa

Va da sè che l’imperativo categorico sul far della mutazione, dev’essere stato : scordatevi del calendario, delle chiome fluenti, delle curve pronunciate e dell’effetto bagnato. Quale altro motivo al mondo potrebbe spingere una donna di trentadue anni a combinarsi come sua zia, se non l’esigenza di  rendere inequivocabili, i tratti di un cambiamento a trecentosessanta gradi ? Annullare il proprio passato. Che tema avvincente. Al cinema.  

Siccome però il cambiamento è tutto di facciata, lo spettacolo continua,  solo che al posto della scollatura profonda e della bigiotteria vistosa, oggi c’è di nuovo  che non si esce di casa senza una camicetta, un maglioncino, un foularino  che sottendano, costi quel che costi,   riservatezza e compunzione. Un monumento all’Inappuntabile. Una sorta di total look da personcina seria e perbene. Magari un po’ troppo total,  per essere vero, soprattutto per essere davvero il suo.

Anche da Stefania Prestigiacomo ci si sarebbe potuto aspettare  uno stile ministerial tranquillo, ma in quel caso, forse perchè meno integralista – e decisamente più intelligente e appassionata – qualche smagliatura nel Progetto, chessò un orecchino un po’ troppo colorato e pendente, una ciocca fuori posto, una nota vivace,  denotano umana presenza dietro l’attenzione alla mise.

Qui invece niente : dal caschetto integrale, al broncio, all’occhio sgranato, al colletto irreprensibile, pare tutto dipinto. E tutto rigorosamente in stile, come si dice in questi casi. Il fatto è che Mara Carfagna non deve solo esibire una nuova identità ma deve soprattutto dimostrare di essere preparata e adatta al ruolo che ricopre.

E qui è un po’ più complicato. E siccome dimostrare di essere – qualsiasi cosa –  è una tale fatica da non lasciar libere energie  per altre attività, gli scivoloni si susseguono. Non tanto quando si tratta di declinare i propositi di questo governo in merito ai servizi – l’ultima in ordine di tempo è la disinvolta proposta degli asili nido condominiali  e il cielo sa cosa ci volle per aprirne 18 a norma in luoghi di lavoro, figuariamoci nelle abitazioni – quanto fronteggiare impreviste domande da parte degl’interlocutori.

  Ed è esattamente questo il momento in cui l’aplomb comincia a vacillare. Ne sa qualcosa Ritanna Armeni che sere fa, tentava di piazzare un concetto e che è stata più volte interrotta dalla stizzita ministra, con espressioni del tipo lei dice sciocchezze ! Già. L’abito fa di sicuro il monaco, ma per i miracoli ci vuole il know how.  Oppure quando tratta di difendere il perimetro in cui crede di aver infilato se stessa. Allora no : Allora a domanda (di Mentana ) risponde a campanello e senza gobbo :  Veronica Lario mica alludeva a lei, in quella famosa lettera aperta al consorte. Ma ad altro. 

Pur  di tirarsi fuori d’impaccio, nega l’evidenza e  inguaia ulteriormente lo sponsor, così galante con le signore e così cortese. Oh finalmente la nebbia si dirada, e nella classica riproposizione di un ruolo già noto , si può rinvenire un briciolo di verità. Gratta gratta riemerge la soubrette della commedia all’italiana anni 50  – pur senza la magia dei suoi artefici –   E con Mara non bisogna nemmeno grattare troppo.

Temperie culturale

Temperie culturale

min 4

Da quando ho assunto la responsabilità di ministro ho avanzato alcune proposte per cambiare uno stato di cose non più tollerabile. Voglio ricordarne alcune. Voto di condotta, divisa scolastica, insegnamento dell’ educazione civica, ritorno al maestro unico, rilancio degli istituti tecnici e della formazione professionale. Autorevolezza, autorità, gerarchia, insegnamento, studio, fatica, merito. Sono queste le parole chiave della scuola che vogliamo ricostruire, smantellando quella costruzione ideologica fatta di vuoto pedagogismo che dal 1968 ha infettato come un virus la scuola italiana.

Mariastella Gelmini Quarant’anni da smantellare Corriere della Sera 22 agosto 2008

Mentre il ministro Bondi con spensierata civetteria si vanta di non capire nulla di arte moderna e annuncia l’istituzione del solito comitato censorio sul contributo pubblico alla cinematografia  – alle volte qualche spettatore, stanco delle mistificazioni televisive,  dovesse rivolgere al cinema la propria ansia di sapere come stanno le cose – il ministro Gelmini dirama il suo progetto di riforma della scuola, com’è nella migliore tradizione delle accademie militari : in termini di guerra batteriologica, tracciando inoltre un percorso che ricalca in tutto e per tutto il più classico dei discorsi da bar. Come  dire : a noi c’hanno rovinato il dottor Spock e il 68 invece che la guera ( una sola r) e le donne . Mica i governi che abbiamo avuto nel quarantennio successivo. Ora, se il vuoto pedagogismo, consta del principio democratico del diritto alla formazione, il ministro non si disturbi a includere nella sua lunga marcia verso il futuro, l’insegnamento dell’educazione civica. Data la patente contraddizione, a qualche meritevole discente potrebbero non tornare i conti. Col successivo rischio che intorno alle scuole si ricominci a disselciare, poi me la saluti la gerarchia e soprattutto l’ineffabile e ardito distinguo :  autorità slash autorevolezza – qui invece che al bar, siamo saliti sul tram – Senza considerare che tutta questa logica da castigamatti,  fatta di voti di condotta e divise, fatica e smantellamenti, lascia poco spazio all’affermazione di un principio sovrano : apprendere dovrebbe essere soprattutto un (impegnativo) piacere. Da un ministro, in genere, ci si attendono progetti strutturali, informazioni sui finanziamenti, indirizzi guida, qui, mai sia, ci si discosta dal tema disciplinare ci s’imbatte in concetti di recupero della tradizione che manco la destra più convinta oramai legge in questi termini :
Noi vogliamo una scuola che insegni a leggere, scrivere e far di conto. Una scuola in cui si torni a leggere I Promessi Sposi e dove non si dica più che lo studente dovrà “padroneggiare gli strumenti espressivi ed argomentativi indispensabili per gestire l’ interazione comunicativa verbale in vari contesti”
Di favorire la formazione di uno spirito critico, non si parla. Un po’ asfittico come progetto ministeriale del terzo millennio per la formazione culturale e professionale dei giovani e, insieme, la costruzione del futuro di una nazione. Leggiamo pure i Promessi Sposi ma facciamone un uso migliore di quello prospettato dal ministro.
C’è poco da scherzare : che si tratti di istruzione, di  sicurezza, di immigrazione, di sviluppo, di tasse o di stato sociale, nessuno dei provvedimenti di questo esecutivo, scalfisce davvero la sostanza delle cose, tantomeno ne rimuove le storture. Gelmini non fa eccezione, qualitativamente non propone nulla diverso dai soldati nelle strade o dal presidio delle frontiere o dal licenziamento dei fannulloni nella pubblica amministrazione. Guai però a sottovalutare la cultura che sottende la politica degli annunci roboanti e dei provvedimenti shock. Dietro al fumo, c’è un progetto consistente di smantellamento di un sistema di Diritti che oggi vengono spacciati come la palla al piede di questo paese. Qualsiasi progetto autoritario comincia a lavorare così :  prima la cultura ivi compresa la libertà di stampa messa in seria crisi dall’abolizione indiscriminata dei finanziamenti all’editoria, poi la scuola e a seguire tutto il resto finchè dell’ ideologia politicamente corretta come la chiama il ministro nel suo  dizionario dei luoghi comuni, non rimarrà  che un ricordo. Queste le idee di modernizzazione. Ai tempi del colera.

Nell’illustrazione : il Ministero della Pubblica Istruzione ( anche se pare il Mocambo, con palmizi e tutto)