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Un caso di regressione istituzionale

Un caso di regressione istituzionale

Beppino

Vincenzo Carbone,  primo presidente della Corte di Cassazione, sceso in campo di recente per il caso Englaro è stato netto  : La Corte si è espressa nell’esercizio della sua funzione giurisdizionale , affermando un principio di Diritto,  sulla base  della interpretazione costituzionalmente orientata della legislazione vigente. Mentre la Corte d’ Appello di Milano, nella sua autonomia e valutando in concreto le prove raccolte, ha deliberato che potessero essere sospese alla Englaro, l’idratazione e l’alimentazione forzata. Insomma, sostiene giustamente Carbone, in entrambi i casi, i giudici hanno svolto scrupolosamente il proprio lavoro. Non sono stati dello stesso avviso  i 40 senatori ( Quagliarello, Cossiga e altri)  firmatari di una mozione  che chiede al  Senato di sollevare un conflitto tra Poteri dello Stato nei confronti della Corte di Cassazione. La mozione assume  che il giudice  abbia violato il Principio della Separazioni dei Poteri e abbia leso le attribuzioni del Parlamento Legislatore, adottando una pronuncia creativa, nel vuoto normativo conseguente alla mancanza di una legge applicabile. La questione discussa dieci giorni fa in Commissione Affari Costituzionali, è stata posta ai voti quest’oggi in Aula, ottenendo l’approvazione. Se, come prevedibile, il Senato confermerà il voto della Camera, sarà compito della Corte Costituzionale appurare l’esistenza o meno di un Conflitto tra poteri dello Stato. Siamo ad una iniziativa senza precedenti all’interno della quale, per sovrapprezzo,  è annidata una tale forma di cieca e subdola violenza da non giustificare nemmeno il più innocuo atteggiamento interlocutorio. Eppure quella sentenza, lungi dal aver creato Diritto, ruota intorno a Principi e Norme presenti nel nostro Ordinamento ed esplicitamente  vi si riferisce  : gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina del Consiglio d’ Europa, la Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea, la legge sul Servizio sanitario nazionale del 1978, gli articoli del Codice di deontologia medica con richiami a sentenze della Corte Costituzionale e della Cassazione. Dove sarebbe il vuoto normativo? Dove l’indebita supplenza? . I giudici si sono mossi con coerenza su di un percorso quasi obbligato, se  si fossero rifiutati di decidere, vi sarebbe stato un caso clamoroso di “denegata giustizia”. Essi non hanno “condannato a morte” Eluana. Hanno adempiuto al loro difficile dovere, applicando principi e norme generali ad un caso concreto, così come, prima di loro, avevano fatto giudici di corti nazionali e internazionali, dagli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, alla Germania (tutte decisioni scrupolosamente ricordate dalla Cassazione). Beppino Englaro non meritava  quest’aggressione ne’ che il suo dolorosissimo caso fosse materia per un ennesimo conflitto tra Politica e Giustizia. Egli chiede solo che di  Eluana siano rispettati i voleri e la dignità ma ogni volta che nella sua pluriennale battaglia per i Diritti, riesce a conquistare una parvenza di risultato, infiniti ostacoli vengono posti sul suo percorso. La novità  dei giudici costituzionali, non avrebbe influenza diretta sulle scelte di Beppino che comunque sta già combattendo altre guerre per rimuovere altri impedimenti ma certo ci piacerebbe che su questa investitura popolare che ultimamente sembra autorizzare tutto, finanche il  conferimento all’Assemblea Parlamentare della  natura di giudice di estrema istanza, la Corte si esprimesse con nettezza onde evitare che un caso di corretta amministrazione della Giustizia venga ricordato come un caso di regressione culturale e istituzionale. 

 

Nessuno lo ferma ( teorema due)

Nessuno lo ferma ( teorema due)

Anche questo è un teorema e postula il conflitto tra  legittimità e legalità. Sembra un rompicapo e invece non lo è. Basta guardarsi intorno : da un lato l’indifferenza per l’universalità dei diritti, per il rispetto delle regole e delle procedure che oramai trova cittadinanza in territori insospettabilmente trasversali,  dall’altro il sostegno alle maniere forti, alla concentrazione dei poteri, all’antiparlamentarismo, al decisionismo (alla semplificazione !).  La sintesi ci viene somministrata quotidianamente : gli elettori si sono espressi e tanto basta. Ed è per questo che qualunque richiamo, per esempio, al rispetto della Costituzione è nullo : voi avete giuridicamente torto perchè noi abbiamo politicamente ragione ci viene ripetuto. La forza del consenso rende nulla la forza del diritto : lo sfregio più grande da infliggere ad una democrazia. Ma la Costituzione non ammette simili ragionamenti non c’è consenso che possa giustificare la violazione di forme e limiti che essa stabilisce. E forme e limiti realizzano un sistema di equilibrio tra poteri che garantisce democrazia. Da una parte il Potere rafforzato dal consenso, dall’altra Regole improntate a Principi universalmente condivisi la cui salvaguardia è posta nelle mani dell’indipendenza della magistratura. Abbandonando il filo conduttore rappresentato dalla Carta, il cerchio potrebbe chiudersi con un conflitto insanabile tra una legittimità illegale e una legalità illegittima. Ancora un apparente rompicapo ma basta pensare agli ultimi provvedimenti varati dal governo e tutto diventa più chiaro. Ma oggi  la Costituzione è in difficoltà non perchè sia vecchia ed obsoleta ma perchè la società, immersa com’è nel  senso d’insicurezza che determina diffidenza e frantumazione dei rapporti, non riesce ad intravedere futuro ed è in questa assenza che si determinano  orientamenti ad esiti autoritari. L’Opposizione a questo punto non può solo invocare la legalità, non basta. Il senso della sua missione da un lato  è più evidente dall’altro più difficoltoso se deve devolvere ogni energia a dissipare il sentimenti radicati e convinzioni collettive, a promuovere solidarietà, in una parola : a ricostituire il legame sociale frantumato. D’altro canto, sostenere la legalità traballante nella sua legittimità, significa rinunziare ad opporsi alla deriva autoritaria.O l’opposizione riprende il filo di una critica della società impietosa o le truculente affermazioni di richiesta del sangue dell’antagonista  si materializzeranno e passando dalle parole ai fatti, diverranno ulteriore pretesa del nostro sangue.

Nell’illustrazione Pace e giustizia di Giovambattista Tiepolo

Nessuno lo ferma ( teorema )

Nessuno lo ferma ( teorema )

Il teorema ha una premessa che vede il capo del governo perseguitato dalle Toghe, pertanto da un Potere, come si affrettano a rimarcare i caudatari e gl’intellettuali organici, nemmeno eletto dal popolo. Inutile precisazione, ma tanto per valorizzare ulteriormente quell’ampio consenso di cui gode la compagine governativa . Per contrappeso si potrebbe dire che la Giustizia è anche l’unico territorio che il Governo ancora non controlla e nemmeno saremmo pari.  Dunque, in una tale situazione qual’è la priorità  per un paese democratico ? Aver ragione del fumus persecutionis ? Celebrare i processi? Macchè. Il bene supremo è non intralciare l’attività di governo, non distogliere il Premier  dal suo compito istituzionale. Tanto basta ad affermare  che il Lodo Alfano non confligge con  l’assioma degli eguali sancito dall’articolo 3 della Costituzione, essendo la possibilità di guidare il paese in tutta tranquillità,  un interesse che sulla bilancia metalegislativa vale più dell’eguaglianza . Quindi – si sostiene sempre da parte dei reggicoda – è sufficiente una legge comune. Possiamo immaginare ipotesi costituzionali invalide, ma tant’è: il cerchio si chiude. E dentro al cerchio  abita la copertura per ogni sorta di reato, ivi compresi quelli incompatibili con l’ufficio governativo. E poichè, come promesso, adesso nessuno lo ferma,  il lodo altro non è se non  la prima tappa verso lo sconcio dell’impianto giurisprudenziale, normativo ed organizzativo. Poi si annunciano separazione delle carriere –  ovvero procure governative – e abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale. La riforma del CSM fa ovviamente parte della cura. Il governo che doveva  ridare la vista ai ciechi smaterializzare i rifiuti ( pluf ) di Napoli, arricchire tutti e spezzare le reni alla Cina, s’incammina verso la costruzione di una  repubblica autocratica e presumibilmente del malaffare senza nemmeno bisogno di riforme ne’ di leggi costituzionali. Speriamo che l’ascesa sia – almeno – resistibile.

L’agguato, la vendetta ( e la sentenza)

L’agguato, la vendetta ( e la sentenza)


Non si commentano le sentenze . Non ci piove. E poi siamo solo al primo grado – 180 udienze, 360 testi, 155 parti civili con i loro 50 avvocati, più 60 difensori degl’imputati –  e l’appello è già  stato annunciato. Tempo verrà per ulteriori disanime. Nelle more però andrebb evidenziato che se a Genova – Bolzaneto si fosse potuto sostituire  il reato di abuso di autorità – già importante di per sè, viste le circostanze,  ma meno specifico – con il reato di tortura, le cose sarebbero andate diversamente, in termini di entità delle pene comminate, ma soprattutto  di significato complessivo dell’intero Procedimento. Ci sarebbe piaciuto che il disegno di legge relativo  approvato dalla Camera in dicembre 2007 con voto bipartisan (compreso emendamento di Forza Italia sull’ inapplicabilità dell’ immunità diplomatica) avesse potuto compiere il suo naturale iter. Così non è stato, la XV legislatura stroncata, più o meno , sul nascere, tra le altre buone cose, avrebbe da ascriversi anche questo tentativo di colmare una evidente, contraddittoria, lacuna del codice. Si ha un bel dire dobbiamo fare in modo che queste cose non accadano più ma poi in termini concreti una legge vale più di un lungo procedimento come Bolzaneto è stato e sarà. Ma non commentare la sentenza non ci esime dal valutare quanto va oltre il chi ha picchiato chi  e perchè o se ci fossero dietro quegli inqualificabili episodi di violenza morale e materiale, altrettanto inqualificabili regie o piani preordinati della mattanza. Questo, al momento non è dato sapere, anche se dai giornali trapela ( le motivazioni della sentenza non sono state ancora rese pubbliche ) che la Corte l’abbia, per Bolzaneto, escluso, appuntando com’era prevedibile l’ attenzione sulle responsabilità individuali. Ma in nessuna Corte potrà essere trascinata mai la Responsabilità gravissima della gestione dell’Ordine Pubblico di quelle giornate. Invece che regia, possiamo chiamarla Mario, ma quello è . Ed è che a Genova da parte delle forze dell’ordine, si è cercato lo scontro, la prova di forza, si sono  inseguiti manifestanti che ripiegavano, colpiti quelli che procedevano  con le mani alzate, sono stati selvaggiamente picchiati i passanti e i giornalisti, si è consentito a industurbati  provocatori e  black block di assaltare il carcere o procedere ad ogni sorta di devastazione, al preciso scopo di tendere la  trappola. Prima l’agguato, poi la vendetta. Queste sono state via Tolemaide, il Lungomare,  la Diaz e  Bolzaneto . E per questa insensatezza è morto Carlo. Se non c’è stata strategia preordinata, allora vuol dire – qualunque cosa sia scritta  nella sentenza che comunque riconosce l’abuso di autorità – che ci sono circostanze in cui le forze dell’Ordine hanno un margine di autonomia troppo ampio per un paese che si dice democratico. Un lungo e complesso procedimento come quello in questione, avrebbe potuto essere affiancato dall’ istituzione della famosa Commissione Parlamentare d’inchiesta, contro la quale si espressero con voto contrario il Centro Destra e l’Italia dei  valori, per l’appunto motivando con l’inopportunità di esporre le forze dell’ordine ad un possibile danno d’immagine. I conti tornano.

Il lodo alla gola

Il lodo alla gola

Condicio sine qua non, l’emendamento blocca processi sparisca dal decreto sicurezza, è l’approvazione in tempi rapidi del Lodo Alfano. Casini ieri ha definito  baratto l’astensione dell’UDC in sede di Commissione, promettendo ulteriori chiarimenti quest’oggi in aula. Presumibilmente dirà che la norma blocca processi, oltre a difettare di requisiti costituzionali,  comporterebbe gravi danni all’amministrazione della giustizia : migliaia di processi sospesi oggi, graverebbero tra un anno sulla già oberata normale amministrazione. Quindi la scelta dell’UDC sarà non ostacolare l’adempiersi di quello che viene considerato il  male minore : l’immunità sino alla fine del mandato per le alte cariche dello Stato. Quanto al PD, la posizione di netta contrarietà può essere attenuata dalla rinunzia all’ostruzionismo, se la blocca processi viene ritirata ed accolti due emendamenti a miglior chiarimento della non reiterazione dell’immunità. Siamo ad una delle pagine peggiori della vita politica in questi ultimi anni , non tanto per lo scambio che è una pratica consolidata, ma per l’entità del ricatto che sovrintende tutta l’operazione. Se sarà approvato il Lodo è possibile che si risolva  l’attrito tra magistratura e governo, tra Governo e  Quirinale e che i rapporti tra Opposizione e Maggioranza si normalizzino e con essi – si auspica – anche una ripresa dell’attività parlamentare fin qui, tutta incentrata a risolvere i casi giudiziari del Premier. Se fossimo in un paese normale anche lo scudo dell’immunità sarebbe, magari con qualche correttivo riguardante reati e cariche, un provvedimento normale. Se ne potrebbe parlare come di un istituto di  garanzia, un contrappeso all’indipendenza della magistratura. Così non può essere, segnati come siamo da questa quindicinale anomalia, non riusciamo nemmeno a pensare ad un provvedimento in astratto,come si dovrebbe. Ed è per questo che oggi la maggioranza si assume una grande responsabilità : quella di far approvare un provvedimento che  in molti ritengono addirittura di natura costituzionale, con il voto contrario dell’opposizione. Il Lodo in questione è una brutta legge, non ci sono paragoni ne’ analogie possibili con paesi che ne adottano di simili. Estende al presidente del consiglio  l’immunità che abitualmente è dei capi di stato, allarga la rosa dei reati non processabili, fino a comprendere quelli comuni. Siamo lontani da quell’idea di Politica che si vuole  immune perchè in grado di processarsi da sè. Siamo ad un’ipotesi truffaldina sostenuta da un  ricatto. Di questo almeno, si spera, che gl’italiani abbiano consapevolezza .